Divani come Toyota. Nuove tecnologie e Lean manufacturing nella Natuzzi che non si arrende alla crisi

Lean manufacturing

di Laura Magna ♦ La grande azienda italiana nel settore dell’arredamento e uno dei leader mondiali nei divani in pelle si affida anche alla nuova tecnologia manifatturiera.  Come funziona la moving line made in Santeramo in Colle. E per quanto riguarda le strategie future…..

Può aiutare una trasformazione in chiave Lean ad uscire da una crisi aziendale? Lo spera Pasquale Natuzzi, l’imprenditore pugliese che nel 1959 ha fondato l’ azienda omonima che disegna, progetta e vende divani (settore in cui opera con il marchio Divani & Divani), poltrone, mobili e complementi d’arredo per uso residenziale. Un’ impresa che Natuzzi ancora guida come presidente e amministratore delegato, un imprenditore, come ama ripetere, che non si è «mai arreso alla crisi, se non davanti alla soluzione». Ed è con questo spirito che la più grande casa di arredamento italiana e unico player globale del settore, con oltre 5mila collaboratori, 8 stabilimenti produttivi, 11 uffici commerciali, un capillare network retail, in 123 Stati in tutto il mondo, aumenta il suo impegno per risalire la china.







 

Pasquale_Natuzzi
Pasquale Natuzzi, Presidente e AD dell’ omonimo gruppo

Gli investimenti e i bilanci

Negli ultimi dieci anni Natuzzi, che è quotata al New York Stock Exchange dal 13 maggio 1993, ha investito oltre 550 milioni per rendere più efficienti gli stabilimenti italiani, con l’obiettivo di aumentare la produttività di questi impianti. I risultati consolidati per il secondo trimestre del 2017 hanno segnato un fatturato netto nelle vendite di 117,9 milioni di euro, in crescita del 7,3% rispetto ai 109,9 milioni registrati nello stesso periodo del 2016. Il giro d’affari generato dal core business (divani, letti e mobili) è stato pari a 109,1 milioni di euro, in aumento del 5%. In particolare, le vendite dei mobili sono cresciute del 15,3%, attestandosi a 7,4 milioni di euro.

Alla fine del secondo trimestre, le perdite nette sono state di 4 milioni di euro, e in tutta la prima metà del 2017 di 14,7 milioni. Da segnalare anche la posizione finanziaria netta positiva per 13,6 milioni: l’azienda non è indebitata e questa è sicuramente una buonissima notizia.

L’auspicio è che la seconda metà del 2017 porti a un risultato annuale con piccole perdite, come è già avvenuto nel 2016 che si è chiuso con 457 milioni di ricavi, posizione finanziaria netta positiva e perdite nette per appena 6 milioni di euro, praticamente niente rispetto alla crisi feroce degli anni precedenti. Sempre nel 2016, l’efficienza dell’approvvigionamento e il rinnovo della manifattura hanno generato l’incremento dei margini industriali dal 31,6% al 34,3%. L’azienda intende proseguire su questa strada.

I ricavi sono cresciuti del 4,1% a 79,6 milioni di euro, anche grazie a un incremento del 5,2% del prezzo medio. In particolare, sono cresciute le Americhe (+6.5%), e l’area Asia-Pacifico (+13.8%), mentre la zona EMEA ha registrato un leggero decremento (-1.1%) dovuto soprattutto al network Divani&Divani by Natuzzi, in fase di ristrutturazione. Gli investimenti messi in campo cui accenavamo sopra, hanno determinato nel periodo una perdita operativa netta di 2,9 milioni di euro, contro il milione di euro dello stesso periodo del 2016.

Le fabbriche Natuzzi in Italia e nel mondo

Ma veniamo ora ai temi manifatturieri, oggetto di questo articolo e, in generale, dell’interesse di Industria Italiana. L’auspicato cambio di marcia, secondo l’azienda, deriva anche dal ripensamento di tutto il processo produttivo non solo nell’headquarter ma in tutte le fabbriche. Quelle italiane sono collocate in Puglia e Basilicata per la produzione di divani, in Campania per il poliuretano e in Friuli Venezia Giulia per quello che riguarda la conceria: da queste sedi esce l’alto di gamma distribuito negli store monomarca. In Romania e in Cina invece prende forma la seconda linea private label/unbranded destinata al mercato dei mass market dealer, come Ikea.

Il gruppo ha poi una serie di altre filiali distributive in Svizzera, Spagna, Belgio, Gran Bretagna. E a High Point, in North Carolina; a Tokyo, a Shanghai, a Mosca, a Gurgaon in India e in Brasile. Sono braccia operative di un cervello che resta a Santeramo in Colle, nella provincia di Bari, dove un team di 130 professionisti è interamente dedicato alla qualità progettuale, allo studio delle tendenze e alla scelta dei materiali. A Santeramo viene controllato il 92% delle materie prime e dei semilavorati e la quasi totalità dei servizi. Un sistema che è stato completamente ripensato negli ultimi cinque anni.Vediamo come.

 

Antonio Cavallera_02
Antonio Cavallera, responsabile delle risorse umane del gruppo

La lean enterprise di Natuzzi

«Nell’ultimo piano industriale 2013-2018 abbiamo elaborato una visione che prevedeva la costruzione di una lean enterprise. Abbiamo cioè introdotto in una lavorazione artigianale il concetto di piattaforma, mutuato dall’automotive.», racconta a Industria Italiana Antonio Cavallera, il responsabile delle risorse umane del gruppo. «Nell’automotive tutto è pensato secondo piattaforme: si scompone l’auto in pezzi standardizzabili e poi si assembla. La scocca è la stessa per gruppi di modelli e su di essa viene montata una carrozzeria diversa a seconda della linea. Per il mondo dei divani è una rivoluzione copernicana.-sostiene Cavallera- Prima avevamo prodotti artigianali, pezzi unici che erano frutto dell’espressione artigianale del prototipista. Ora il prototipista parte dalle piattaforme esistenti per seduta, spalliera e braccioli, i diversi componenti del divano, e su quelle lavora.»La lean entrerprise di Natuzzi si snoda su tre pilastri: prodotto, processo e servizi.

Il prodotto

Il primo pilastro, quello relativo al prodotto, appena descritto, è particolarmente importante. La riprogettazione del prodotto in ottica industriale coinvolge anche l’innovazione delle competenze. «Per un prodotto non su scala industriale basta il designer e il prototipista, per uno su scala industriale c’è bisogno del designer industriale», dice Cavallera, che precisa: «questo tipo di standardizzazione ci consente di ottenere due benefici sul conto economico, il primo è frutto dell’economia di scala sui materiali, ovvero riusciamo ad acquistare in scala verso i fornitori, con cui ragioniamo in un’ottica lean integrata. L’altro beneficio è un miglioramento della produttività: perché abbiamo semplificato la complessità in produzione».

 

Natuzzi Italia: l’arredamento made in Santeramo in Colle, Bari
Il processo

E se prima il divano era progettato per essere assemblato in un’unica postazione da un unico operatore, oggi viene progettato per singolo componente (che viene utilizzato per più di un modello) e assemblato secondo un nuovo processo produttivo, la cosiddetta Moving Line, su cui lavorano in team più assemblatori, chiamati a montare in sequenza le varie parti del divano. Lungo la “Moving Line” si svolge il processo di costruzione dell’intero divano, partendo dall’assemblaggio dei componenti e dei semilavorati, passando per il cucito fino ad arrivare all’assemblaggio del prodotto finito, che a differenza del passato viene rivestito e montato – non più per intero – ma per singoli pezzi.

Il sincronismo delle attività è garantito da un dinamico lavoro di squadra teso alla riduzione degli sprechi e delle inefficienze. Non una catena di montaggio ma una catena del valore, che a parità di volumi occupa il 40% di spazio in meno e che si estende su una superficie lineare massima di 50 metri. Con diversi vantaggi: «Il primo sta nel fatto che si passa da un processo organizzato per reparti con postazioni di lavoro separate a un processo in linea, integrato, nel quale collaboratori, attrezzature e materiali sono posizionati in maniera contigua, in ordine sequenziale, e nel quale il prodotto nelle sue diverse fasi viene processato secondo un flusso continuo», spiega Cavallera. Il modo di lavoro dell’assemblatore sulla linea è mutato profondamente.

Divano alto di gamma Natuzzi Italia

«Questo ci ha permesso di cambiare il modello di programmazione della produzione. L’operatore lavora sempre la stessa piattaforma dello stesso pezzo dello stesso divano, con il risultato che la produttività sulla linea è migliorata». Senza danni per la qualità del prodotto che, anzi, se ne giova, essendo ogni singolo operatore sempre più specializzato. «L’innovazione di processo ha portato infine a un elevato miglioramento dell’ergonomia del lavoro perché mentre prima il singolo operatore doveva assemblare divano anche enorme ora ha solo un pezzo piccolo e lavora comodamente sulla linea, senza fare contorsioni». Non una catena d montaggio, ma una catena di valore. «La Moving Line non ha nulla a che vedere con la catena di montaggio d’ispirazione fordista e non si basa su un modello di lavoro ripetitivo e meccanico. Al contrario, valorizza in pieno tutte le potenzialità del capitale umano aumentandone le competenze e la motivazione», afferma Cavallera.

L’automatizzazione del taglio della pelle

Un’ulteriore innovazione sulla linea è stata realizzata nel processo di taglio della pelle, anche questo reso quasi automatico. «Ritengo che in questo ambito abbiamo raggiunto il massimo: il sistema è diventato operativo nello stabilimento Natuzzi di Laterza (Taranto), dove ha sede il grande reparto di taglio centralizzato del Gruppo. Il progetto, che ha richiesto due anni di studio e circa sei mesi d’implementazione nel processo produttivo, è interamente digitalizzato, prevedendo, in aggiunta all’automazione del taglio già in essere, anche la digitalizzazione della fase di ispezionamento del manto pelle, nonché quella del nesting, ovvero del posizionamento degli schemi di taglio (dime “virtuali”) lungo cui effettuare il taglio».

Nel vecchio processo l’operatore ispezionava visivamente il manto, segnava con un pennello delebile le caratteristiche della pelle (zone di qualità ed eventuali difetti) e passava il manto alla fase di taglio. Nel nuovo processo l’operatore evidenzia le caratteristiche e segna difetti e zone di qualità con un pennarello elettronico assistito da un computer che, grazie ad un sistema di visione ad alta risoluzione, ricava l’immagine digitale del manto con le sue caratteristiche e la memorizza per la successiva fase di nesting. La digitalizzazione del manto è la fase più importante del processo: l’operatore classifica la pelle, ne riconosce la caratteristiche naturali e attribuisce i diversi livelli di qualità, definendo anche il livello di qualità del prodotto finito.

Dopo la digitalizzazione il manto viene gestito direttamente dai computer ed è pronto per la fase successiva: il nesting automatico (il posizionamento degli schemi di taglio, le dime, sul manto di pelle). Nel vecchio processo di nesting manuale l’operatore posizionava, tramite mouse, le dime virtuali assistito da un proiettore che ne fissava l’immagine sul manto. Nel Nesting Automatico, invece, il posizionamento degli schemi di taglio è totalmente digitalizzato. L’elaborazione è eseguita da server che “collaborano” tra loro e che attraverso un complesso algoritmo testano milioni di combinazioni possibili per ogni manto per scegliere, in un tempo compatibile con il processo produttivo, la soluzione ottimale per ottenere la migliore efficienza. Il processo impiega da 6 a 10 minuti per ogni manto ed è strutturato per processare circa 7.000 mq di pelle al giorno. Oggi Natuzzi dispone di una delle più grandi sale taglio pelle con nesting automatico a livello mondiale nel settore arredamento.

 

NatuzziItalia_LaScala
Natuzzi Italia: divano La Scala, per il taglio della pelle viene utilizzato il nesting automatico
Servizi

«E questo è il terzo pilastro, ovvero la LEAN applicata ai servizi. Tutti i sistemi di gestione a livello globale del gruppo sono stati integrati con l’implementazione di una suite Sap per mettere in rete le consociate commerciali con la capogruppo, andando a fare anche tutti i processi di digitalizzazione dei servizi, del ciclo passivo e attivo della parte di amministrazione e controllo. A Santeramo in Colle resta il centro di R&S sui materiali, dalla pelle, al poliuretano per i braccioli, al carbonio che può sostituire in certi i casi il legno nel fusto. Con l’obiettivo di trovare materiali sempre più ecocompatibili, per migliorare qualità e costo del prodotto».

Tutto perfetto? Ovviamente no. Manca un tassello ed è quello relativo alle competenze che Cavallera ha già citato all’inizio. «L’innovazione porta benefici nel processo miglioramento di qualità e produttività, ma al tempo stesso andando a innovare il modo di fare industria bisogna porsi il problema della riqualificazione delle competenze del capitale umano e nello stesso tempo della ricerca di professionalità nuove. Noi investiamo direttamente in formazione per riorentare le competenze e anche il minaste dei nostri dipendenti. Spesso però siamo in difficoltà nel reperire le nuove professionalità all’esterno. In loco stiamo provando a costruirci quelle necessarie: abbiamo stretto una partnership con l’Its Cuccovillo di Bari sulla meccanica del legno, che è una delle componenti di prodotto che stiamo innovando. Abbiamo istituito un corso biennale in alta formazione sul tema».














Articolo precedenteCooperazione allo sviluppo: al via l’Atlante ENEA
Articolo successivoLeonardo: nuova sede e una raffica di ordini






LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui