Dalle macchine fisiche a quelle cognitive dotate di IA. L’industria sta andando verso un nuovo Illuminismo?

di Piero Formica* ♦︎ L’immaginazione pubblica sul tema dell’IA è stata sollecitata dalla fantascienza, a partire da Frankenstein di Mary Shelley. Decenni dopo, il test per l'intelligenza delle macchine di Alan Turing ha inaugurato una fase di ottimismo negli anni 1940-1950. L'IA è poi finita nel dimenticatoio, sino ai tempi recenti, quando ha aperto a una nuova era dell'Illuminismo

Il paesaggio delle macchine si è arricchito; alle macchine fisiche si sono aggiunte quelle cognitive dotate di intelligenza artificiale. Il viaggio in questo paesaggio è avventuroso con salite e discese, curve e sobbalzi. Durante il percorso si incontrano culture, invenzioni, innovazioni e trasformazioni dovute all’ingegno umano, ai desideri e ai bisogni individuali e sociali degli esseri umani. Questa una breve panoramica storica di una lunga sequenza temporale: asce, martelli, cunei e leve; rampe e ruote per le costruzioni; le macchine e la vite idraulica di Archimede; la macchina da stampa che avvia la rivoluzione della diffusione della conoscenza; i progetti visionari di Leonardo da Vinci: sebbene molti siano rimasti teorici, da macchine volanti, carri armati e robot di Leonardo, progetti visionari per realizzazioni future; motore a vapore, la scintilla che appicca il fuoco della prima Rivoluzione Industriale; macchine per la produzione di massa; macchine per l’automazione industriale; il computer che preannuncia l’età digitale con tecnologie volte a progettare macchine con un certo livello di capacità cognitiva. Immedesimandosi in questa storia, ci si prepara a costruire il futuro che non è la replica aggiornata del passato.

È in vista la fabbrica per la produzione di intelligenza artificiale…

Le fabbriche dell’età industriale – stabilimenti tessili, acciaierie, fabbriche automobilistiche, ecc. – realizzano prodotti tangibili, ospitano macchinari pesanti e catene di montaggio. I processi produttivi sono standardizzati. Ai lavoratori si richiedono competenze tecniche il cui risultati sono misurabili. Le competenze generaliste non sono in primo piano. Rispetto ai tecnici, è molto limitata la richiesta di filosofi e letterati non essendo direttamente misurabile il loro pensiero critico, l’esplorazione ad ampio raggio, la visione a lungo termine e le capacità comunicative. Il successo a breve termine che presuppone velocità si scontra con la cultura umanistica che valorizza il pensiero lento e meditato.







Le fabbriche digitali sono cognitive e immateriali. Creano conoscenze digitali, software, analisi dei dati, operando spesso da remoto anziché in strutture fisiche, in ambienti di cloud computing dove usufruiscono di risorse hardware e software.

Le fabbriche digitali sono cognitive e immateriali. Creano conoscenze digitali, software, analisi dei dati, operando spesso da remoto anziché in strutture fisiche, in ambienti di cloud computing dove usufruiscono di risorse hardware e software. In conseguenza di attività sempre più articolate che fanno lievitare la domanda di abilità oltre la pura competenza tecnica, le fabbriche digitali sostengono la conoscenza transdisciplinare e si affidano assiduamente alle competenze di filosofi e letterati intrecciate con quelle degli scienziati e tecnici. Pensando in modo non convenzionale – per esempio, che scienza e poesia siano intimamente legate, modi complementari di comprendere il mondo, come sosteneva il chimico e inventore inglese Humphry Davy (1778-1829) – filosofi e letterati insieme affrontano i problemi complessi proponendo innovazioni creative per risolverli. I letterati offrono pensieri innovativi per comunicarli e chiarirli. I filosofi li sottopongono a profondi esami e individuano i potenziali pregiudizi – ciò è cruciale per l’etica dell’IA, l’uso e lo sviluppo responsabile della tecnologia, la comprensione dell’impatto della digitalizzazione sulla società.

…mentre si tende ad alleggerire la vita, come nel mondo omerico

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Il test per l’intelligenza delle macchine di Alan Turing ha inaugurato una fase di ottimismo negli anni 1940-1950. Negli anni ‘60 e ’70 del secolo scorso, a causa degli ostacoli nella comprensione del linguaggio naturale è subentrata il disincanto per l’IA. Ai progressi nei due successivi decenni è seguito il boom di oggi alimentato dai big data e dal machine learning.

Nel cammino verso l’intelligenza artificiale si sono alternati momenti di entusiasmo e periodi di stallo tra coloro che hanno attraversato il confine della conoscenza consolidata, impegnati nel penetrare l’oscurità – ciò che è sconosciuto e si vuole scoprire. La storia dell’IA può essere fatta risalire alle antiche civiltà, tra cui i greci, i cinesi e gli arabi, che hanno esplorato concetti come gli automi, la logica e il ragionamento. Aristotele meditava su possibili dispositivi con mobilità autonoma. René Descartes (1596-1650), protagonista della “Rivoluzione scientifica” nel Seicento, e Gottfried Leibniz (1646-1716), con la sua Dissertatio De Arte Combinatoria del 1666, hanno contribuito a gettare le fondamenta del pensiero artificiale.L’immaginazione pubblica sul tema dell’IA è stata sollecitata dalla fantascienza: si pensi a Frankenstein di Mary Shelley ed a R.U.R. di Karel Čapek. Il test per l’intelligenza delle macchine di Alan Turing ha inaugurato una fase di ottimismo negli anni 1940-1950. Negli anni ‘60 e ’70 del secolo scorso, a causa degli ostacoli nella comprensione del linguaggio naturale è subentrata il disincanto per l’IA. Ai progressi nei due successivi decenni è seguito il boom di oggi alimentato dai big data e dal machine learning.

L’accelerazione nello sviluppo dell’IA negli ultimi anni è apparsa come un lampo di luce, un fulmine seguito da un tuono roboante che appesantisce la vita provocando un senso di oppressione e pesantezza non solo fisica. Ci si interroga sulla necessità dell’IA, un campo in continua evoluzione che apre nuove possibilità, pone interrogativi sul bene e sul male che può arrecare, sulle sfide etiche e sociali da affrontare da soli o, meglio, appartenendo ad un gruppo dal quale trarre e al quale dare supporto. Nel mondo omerico l’essere inseriti in una comunità per sostenersi reciprocamente rendeva lieve la vita. Nel nostro tempo, vorremmo che la l’IA e, più in generale, la tecnologia facilitasse la costruzione di comunità così da favorire autentiche interazioni umane.

Il mondo omerico incontra il mondo digitale, una vasta rete interconnessa di computer, server, database e sistemi di comunicazione. Man mano che la tecnologia digitale avanza e cresce la sua influenza sulle nostre vite, l’IA è un temibilissimo pericolo in agguato. Per distaccarsi da quella sorta di animalità che pare essere all’uomo la tecnologia, l’IA vorrebbe imitare il corpo degli umani e sottometterli ai suoi fini. A difesa della nostra autonoma comprensione della realtà, della coscienza e di cosa significa essere umani, interviene l’umanesimo digitale che si propone il rispetto dei diritti individuali, si avvale del potenziale della tecnologia e ne mitiga i rischi per aumentare le capacità intellettuali degli esseri umani indirizzate al loro ben-essere.

La missione dell’umanesimo digitale

La cultura umanistica deve essere protagonista nello scenario futuristico, minaccioso e controverso dell’IA.

Questi i princìpi fondamentali:

  • Rispetto dei valori etici.
  • Alfabetizzazione digitale.
  • Promuovere la capacità di pensare criticamente navigando online.
  • Accesso equo alla tecnologia.
  • Colmare il divario digitale tra individui e comunità.
  • Algoritmi imparziali per impedire le disuguaglianze sociali.
  • Protezione della privacy individuale.
  • Sicurezza dei dati.
  • Contrastare la disinformazione.

Il poliedrico Leonardo, il trasgressore Butler, il riformatore Wells, il grande maestro della fantascienza Asimov, il padre della linguistica moderna Chomsky, il pioniere dell’IA Hinton e il loro rapporto con le macchine hanno preparato il terreno fertile

il romanziere inglese Samuel Butler (1835-1902) nel Libro delle macchine, una sezione all’interno del suo romanzo Erewhon, segnalava il possibile pericolo che le macchine evolvessero tanto da superare il controllo umano.

È una questione molto dibattuta considerare le macchine come una specie e l’IA la più recente ed evoluta. Si sottolinea che nel corso della loro evoluzione le macchine hanno conseguito una crescente complessità, capacità di apprendere e adattabilità. Si prevede anche il venir meno dei confini tra gli esseri umani e le macchine. Da un’altra prospettiva si osserva che le macchine non sono presenti in natura, sono opera umana e sono loro estranei i processi biologici e l’eredità genetica. Resta sospeso in aria l’interrogativo sulle future basi biologiche delle macchine, in particolare sull’evoluzione biologica dell’IA con gli algoritmi genetici e le reti neurali che emulano i processi biologici. L’immersione nella storia favorisce la comprensione della complessa relazione in evoluzione tra gli umani e le macchine.

Genio multiforme, Leonardo da Vinci fu un protagonista del movimento umanista che celebrava le capacità e le realizzazioni umane da lui valutate tanto più potenti quanto meno compartimentalizzata la conoscenza. Leonardo fece uso della sua alta creatività e insaziabile curiosità per costruire ponti tra l’arte, la scienza e l’ingegneria; insomma, egli fu un edificatore della transdisciplinarietà che è stata un tratto distintivo dell’umanesimo. È in questo contesto culturale che Leonardo progettò una vasta gamma di macchine, strumenti a servizio del lavoro umano e dell’esplorazione dell’ignoto per conquistare territori della conoscenza al di là degli esistenti confini della comprensione umana.

Oggi e ancor di più in prospettiva, vediamo macchine con un corpo fisico ridotto e un numero maggiore di componenti intangibili, fino ad arrivare ai sistemi di intelligenza artificiale nei quali all’incarnazione fisica subentrano il software, i parametri programmati e gli algoritmi complessi per l’esecuzione di compiti. Esaminare l’intelligenza artificiale attraverso la lente dell’analogia con la macchina, ci aiuta ad assimilare l’eredità leonardesca che consiste nel cogliere le capacità ed i limiti della ‘macchina’ IA, e nel sollecitare pensieri e dibattiti riflessivi e critici sul suo utilizzo e sviluppo.

Satirico e iconoclasta, il romanziere inglese Samuel Butler (1835-1902) nel Libro delle macchine, una sezione all’interno del suo romanzo Erewhon, segnalava il possibile pericolo che le macchine evolvessero tanto da superare il controllo umano. La loro forza dominante sarebbe stata una minaccia per il futuro dell’umanità. Così argomentava Butler nel Capitolo XXIII del romanzo: «Il fatto che attualmente le macchine posseggano ben poca coscienza non ci autorizza affatto a ritenere che la coscienza meccanica non raggiungerà col tempo il massimo sviluppo….Pensate alla straordinaria evoluzione delle macchine in questi ultimi secoli, e osservate con quale lentezza progrediscono il regno vegetale e quello animale….Non è più prudente… impedire loro di progredire ulteriormente?».

Nel secondo dopoguerra, l’etica delle macchine ha preso l’abbrivo con lo scrittore di fantascienza e professore di biochimica Isaac Asimov (1920-1992) che tracciò linee guida etiche per lo sviluppo e l’uso dei robot.

Riflettendo sulla grande innovazione del suo tempo che rappresentò la locomotiva a vapore, immaginava che un giorno tra la macchina che in moto lanciava un grido acuto di allarme per avvertire un’altra non sarebbe stato più necessario ricorrere all’orecchio dei conducenti. L’evoluzione del loro linguaggio avrebbe consentito alle macchine di cogliere il suono direttamente, senza l’intervento umano.

Il romanziere e riformatore sociale Herbert George Wells (1866-1946) intravedeva sia il bene che il male nel potenziale delle macchine, puntando l’indice sul progresso scientifico e tecnologico a fini non etici. Nel secondo dopoguerra, l’etica delle macchine ha preso l’abbrivo con lo scrittore di fantascienza e professore di biochimica Isaac Asimov (1920-1992) che tracciò linee guida etiche per lo sviluppo e l’uso dei robot.

Con l’IA che è il nuovo vapore resta acceso il dibattito sulle sue implicazioni etiche e sulle macchine così perfezionate da sviluppare coscienza e volontà autonome il cui impatto potrebbe aumentare o ridurre la portata delle capacità umane. Su un versante, troviamo ricercatori che definiscono costosi trucchi statistici i modelli di intelligenza artificiale generativa e Noam Chomsky che ritiene gli esseri umani, a differenza dell’IA, geneticamente dotati di un sistema operativo per comprendere il linguaggio. Sul fronte opposto, nel su intervento all’annuale Romanes Lecture dell’Università di Oxford, Geoffrey Hinton, l’informatico britannico-canadese pioniere delle tecniche di “deep learning, ha sostenuto che quei modelli condividendo quanto hanno appreso sono in grado di creare un loro linguaggio, mostrare empatia ed essere anche sarcastici.

Un nuovo Illuminismo

L’Illuminismo ponendo grande enfasi sulla ragione, l’indagine scientifica e la sperimentazione creò un clima favorevole all’innovazione tecnologica che prese il nome di Prima Rivoluzione Industriale. Si presentarono nuove nuove opportunità economiche per gli imprenditori e si promise una vita migliore grazie ai progressi tecnologici. Sorsero, però, anche preoccupazioni per l’aumento delle disuguaglianze, l’alienazione e le ingiustizie sociali, il degrado ambientale. Di conseguenza, fiorirono accese discussioni sulle riforme da attuare nelle forme di governo, nell’istruzione e nelle istituzioni sociali per creare un mondo più giusto ed equo.

Nell’odierna età della conoscenza si è aperta una nuova stagione dell’Illuminismo, anch’essa complessa e sfaccettata, con analoghe speranze e inquietudini. L’IA ha disegnato un arco che va dall’eseguire un compito così speditamente da non permettere l’esercizio del nostro pensiero critico al potenziamento dell’estro creativo umano. La capacità dell’IA di essere sollecita nella risoluzione di problemi pratici è una forte tentazione a scapito della lenta e accurata riflessione umana sulla ricerca di nuove idee per soluzioni innovative. Stando entro il confine del breve termine si cade nella trappola dei risultati incrementali oggi che ci impediscono di entrare in spazi cognitivi inesplorati per ottenere risultati superiori domani.

Il nuovo Illuminismo inaugura una stagione di impegno critico verso la tecnologia. Il suo è il tempo dei pensieri, degli strumenti e delle azioni a lunga gittata per orientarsi nelle crescenti complessità del mondo allo svolgersi di successive e sempre più frequenti applicazioni tecnologiche. Affinché non sorga un’età in cui l‘Uomo diventa schiavo della Macchina, mentre si nutre con la tecnologia il terreno del progresso materiale non vanno trascurate le insorgenti questioni sociali che mettono a repentaglio la qualità della condizione umana contraddistinta da una vita migliore per tutti. Il pensiero corre alla quarta ecloga delle Bucoliche di Publio Virgilio Marone (70-19 a.C.). Ciò che il poeta romano auspicava per il nascituro vale tuttora. Alle nuove generazioni dovrà essere il progresso culturale ad assicurare che esse non vedranno quel lato del volto dell’età del ferro che mostra sconvolgimenti sociali e guerre a causa del progresso tecnologico.

* Piero Formica è Professore di Economia della conoscenza. È Senior Research Fellow e Thought Leader dell’Innovation Value Institute della Maynooth University in Irlanda. È inoltre docente nel Master “Open Innovation Management” (MOIM) dell’Università di Padova. Nel 2017 ha ricevuto l’Innovation Luminary Award dall’Open Innovation Strategy and Policy Group, sotto l’egida dell’Unione Europea.

Ill professor Formica fa parte dei comitati editoriali di Industry and Higher Education, International Journal of the Knowledge Economy, International Journal of Social Ecology and Sustainable Development, Journal of Global Entrepreneurship Research, Journal of Entrepreneurship and Innovation in Emerging Economies, South Asian Journal of Management e Frontiers in Education. Di prossima pubblicazione è il suo saggio Human Intelligence And Artificial Intelligence: Exhibition at the Mind Gallery (Edizioni Pendragon), anche in versione italiana.














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