La confederazione guidata dal presidente Vincenzo Boccia appoggia il Gruppo siderurgico: «Pessimo segnale attenuare lo scudo penale per reati ambientali»
«L’attenuazione dello scudo penale per eventuali reati ambientali relativi alla bonifica e al rilancio dell’Ilva di Taranto è un pessimo segnale per la reputazione del Paese: non si rispettano i patti firmati, si inducono gli investitori ad abbandonare il Paese e si scoraggiano nuovi investimenti».
Così Confindustria ha commentato la disposizione del Decreto Crescita che mette a rischio l’impegno sullo stabilimento siderurgico da parte del gruppo Arcelor Mittal. Un impegno – fanno sapere da Viale dell’Astronomia – che è fondamentale per il Mezzogiorno e per l’intero Paese. «Non è una buona idea mettere in discussione una clausola centrale dell’accordo firmato meno di un anno fa da questo stesso governo – prosegue Confindustria – l’attuazione di un piano ambientale deve rispettare i tempi definiti e l’azienda acquirente Arcelor Mittal potrà assumersi tutte le responsabilità solo dopo aver avuto la possibilità di mettere a norma gli impianti».
Dunque anche Confindustria, così come Federacciai, si schiera dalla parte del colosso della siderurgia, che ha espresso preoccupazioni relativamente al testo dell’articolo 46 del Decreto Crescita: «Se il Decreto dovesse essere approvato nella sua formulazione attuale – fa sapere Arcelor Mittal – la disposizione relativa allo stabilimento di Taranto pregiudicherebbe per chiunque, noi compresi, la capacità di gestire l’impianto nel mentre si attua il Piano ambientale richiesto dal Governo italiano e datato settembre 2017. Lo stabilimento di Taranto è sotto sequestro dal 2012 e non può essere gestito senza che ci siano le necessarie tutele legali fino alla completa attuazione del Piano ambientale (cioè il 2023)».