Competence center: per le Pmi l’enciclopedia vivente di Industry 4.0

di Piero Macrì ♦ Creati dal Mise di Calenda con l’obiettivo di rilanciare la domanda di innovazione da parte delle Pmi manifatturiere, gli otto punti di riferimento nazionali per l’industria saranno operativi dalla fine di marzo. Ecco la loro carta d’identità, le singole caratteristiche e specializzazioni e le risorse economiche che avranno a disposizione. Vi partecipano attori principali del sistema industriale nazionale come Fca, Leonardo, Abb, Rockwell Automation, Schneider Electric, Siemens, STMicrolectronics, Sap e Ibm

L’Italia ha grandi eccellenze nel manifatturiero e nella tecnologia d’industria, ma le singole eccellenze non sono state finora sufficienti per dare slancio a un’innovazione diffusa. Adesso, siamo forse arrivati a un punto di svolta. Entro la fine di marzo saranno infatti operativi gli otto competence center che sono stati certificati dal Mise per rilanciare la domanda di innovazione da parte delle Pmi. Conclusi gli ultimi passaggi burocratici, i 73 milioni di euro stanziati a sostegno del progetto saranno disponibili per dare finalmente avvio al new deal di Industria 4.0.

Il super progetto, che nasce da quanto sottoscritto in legge di bilancio 2017 (il famoso “pacchetto Calenda”), pone le premesse per la valorizzazione di una rete ad alta tecnologia le cui priorità sono rivolte ad accelerare il processo di trasformazione digitale delle imprese puntando su più efficienti capacità di trasferimento tecnologico. Tra i big player ad avere condiviso il percorso d’innovazione spiccano i nomi di Fca, Leonardo, Abb, Rockwell Automation, Schneider Electric, Siemens, STMicrolectronics, Sap e Ibm. Il modello così definito, oltre ad incentivare investimenti a partecipazione mista pubblico-privata sul territorio nazionale, mira anche ad attrarre finanziamenti a livello europeo e internazionale.







 

Un momento di A&T, Automation e Testing Oval Lingotto-Torino

 

«Su questo fronte – dice Stefano Firpo, direttore generale del Mise – si gioca la partita dei bandi europei Horizon 2020 e Digital Europe. In ballo ci sono 60 miliardi di euro, fondi che potranno essere intercettati dai competence center nella misura in cui saranno in grado di esprimere una capacità progettuale orientata a soddisfare la domanda sollevata dalle nuove sfide con cui si stanno confrontando le aziende nel passaggio alla trasformazione digitale». Ecco quanto emerso dalla discussione relativa all’incontro con i competence cente,r che è stato moderato dal direttore di Industria Italiana Filippo Astone in occasione di A&T, la fiera dedicata alle tecnologie, competenze e formazione Industry 4.0.

 

A&T Torino: Stefano Firpo intervistato dal direttore di Industria Italiana, Filippo Astone

La copertura pubblica è di circa 10 milioni di euro per centro

Ciascun centro avrà a disposizione una cifra che si aggira intorno ai 10 milioni di euro. Di questi, il 65% servirà a coprire le spese di costituzione e avviamento del centro mentre il restante 35% servirà a finanziarie progetti di innovazione, ricerca e sviluppo presentati dalle imprese. La copertura finanziaria per ogni singolo progetto è nella misura del 50% per un importo massimo non superiore a 200 mila euro. A conti fatti, per ciascun centro, significa poter contare su una disponibilità di circa 3,5 milioni di euro per supportare nuovi progetti d’impresa, cifra che potrà essere incrementata dal contributo offerto dai partner industriali associati alle varie iniziative. Obiettivo è accelerare la velocità di cambiamento, ottimizzare processi e qualità di produzione, porre le premesse per nuovi modelli di business. Il successo della formula competence center dipende dalla capacità di diventare open center: fare in modo che tutti i soggetti del network siano tendenzialmente predisposti alla contaminazione di idee che può nascere da una struttura distribuita di competenze eterogenee poiché Industria 4.0 è in qualche modo la somma dei singoli nodi di eccellenza.

 

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Competence center e coperture finanziarie

Università degli Studi di Napoli Federico II (Industry 4.0) 12,5 milioni
Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa (Artes 4.0) 10,7 milioni
Politecnico di Milano (Made in Italy 4.0) 10,6 milioni
Politecnico di Torino (Manufacturing 4.0) 10,5 milioni
Alma Mater Università di Bologna (Bi-Rex) 9,2 milioni
Università degli Studi di Padova (Smact) 7 milioni
Università degli Studi di Roma La Sapienza (Cyber 4.0) 7 milioni
Consiglio Nazionale delle Ricerche (Start 4.0) 6 milioni

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Un modello basato su una logica partecipativa e condivisa a livello nazionale

Una volta a regime, i centri potranno fare leva sulla partecipazione congiunta di università, centri di ricerca e partner industriali per attuare interventi di trasferimento tecnologico non più basati su logiche esclusivamente territoriali ma di competenze. Ciascuna realtà ha infatti l’opportunità di essere nodo nazionale in funzione di macro-specializzazioni. Un progetto ambizioso, che potrà funzionare al meglio se ciascuno sarà capace di coordinare le proprie attività condividendo esperienze, conoscenze e know-how in modo trasversale a tutte le componenti del network. Allo stesso tempo il modello cui si rifanno i competence center è articolato e collaborativo: prevede una stretta relazione con gli innovation hub, gli sportelli di territorio che avranno il compito di canalizzare la domanda verso il centro in grado di offrire le competenze necessarie alle trasformazioni richieste. «Se il modello funziona siamo pienamente disponibili a sostenere l’iniziativa con un rifinanziamento supplementare nel giro di uno o due anni», dice Firpo.

 

_Marco Taisch
Marco Taisch

Isole di competenze in un arcipelago 4.0. La tutela della proprietà intellettuale su registri blockchain?

I competence center diventano isole di specializzazione di un arcipelago che si estende a tutte le tecnologie abilitanti l’industria 4.0. Viene archiviata la vecchia formula di trasferimento tecnologico applicata in passato dalle Università: si passa a un approccio open innovation dove il valore risiede nella circolarità delle idee tra tutti i soggetti coinvolti. «La conoscenza – come affermato da Marco Taisch, docente del Politecnico in occasione dell’inaugurazione del Made 4.0 di Milano – è un qualcosa che nasce dalla possibilità di mettere a fattor comune esperienze che risiedono nelle imprese, nei centri di ricerca e nelle università e all’interno dell’ecosistema tecnologico dei grandi player del mondo dell’automazione industriale e dell’information technology». Considerato l’alto numero di soggetti coinvolti nei vari progetti nasce anche il bisogno di tutelare la proprietà intellettuale. Per risolvere questo problema all’interno del B-Rex di Bologna, è in discussione lo sviluppo di un sistema di notariato, basato su registri distribuiti di tipo blockchain, attraverso il quale tracciare le conoscenze rispettando il valore che ciascun elemento, persona o azienda, mette in condivisione.

 

Competence center blockchain per la tutela della proprietà intellettuale?
Milano in prima linea con Made 4.0

Con la nascita del competence lombardo guidato dal Politecnico di Milano, le imprese potranno accedere a servizi di orientamento, formazione e trasferimento tecnologico nell’ambito delle tecnologie che concorrono alla creazione di soluzioni di Industria 4.0. L’iniziativa è sostenuta da un finanziamento privato-pubblico di 22 milioni di euro: 11 provengono da imprese private e quasi 11 dal Mise. Oltre al Politecnico, esiste una partecipazione attiva da parte delle Università di Pavia, Bergamo e Brescia. Ogni soggetto coinvolto, impresa o istituzione pubblica, metterà a diposizione le proprie specifiche competenze per soddisfare un obiettivo comune: diffondere e capitalizzare il valore 4.0.

«Il centro (vedi Industria Italiana qui) si configura come una vera e propria piattaforma di risorse a supporto della trasformazione industriale», afferma Paolo Rocco intervenuto in rappresentanza del competence lombardo. «E’ un modello a rete con relazioni a livello regionale, ma anche a livello nazionale». E’ previsto, infatti, un tavolo di coordinamento con tutti gli altri 7 competence center in modo da poter calibrare al meglio gli interventi di ciascuno. L’iniziativa ha poi le ambizioni di estendere le relazioni a livello internazionale, cercando di condividere esperienze e know-know di altri paesi, sia a livello universitario che d’impresa.

 

tecnologie additive
Nel competence center di Torino focus sulla manifattura additiva
Torino capitale del manifatturiero 4.0

«Abbiamo lavorato per censire e mettere a sistema le competenze del territorio per esprimere una un esempio di fabbrica 4.0 che possa essere esportato su tutto il territorio nazionale», spiega Paolo Fino, presidente del competence Manufacturing 4.0 di Torino. «Nella nostra Regione sono presenti i quartier generali di aziende multinazionali dell’aerospace e dell’automotive – Fca, General Motor, GE Avio, Thales Alenia – con tutta una serie di co-partner fatto di medie e piccole e aziende.

Questo è il nostro punto di forza ed è l’elemento che ci permetterà di mettere a punto linee produttive 4.0 con l’obiettivo di rendere disponibile una piattaforma per processi industriali innovativi dove testare nuovi modi produzione di manifattura additiva e nuovi modalità di sviluppo prodotto basato sulla simulazione end-to-end e su nuove frontiere digital twin». Per le grandi aziende il competence center si traduce in un’opportunità per trasferire al mercato un modello di processo avanzato per le diverse filiere industriali.

In Emilia-Romagna il focus di B-Rex è su big data e meccatronica

«In una Regione dove si producono macchine per il packaging che si esportano in tutto il mondo e dove esiste l’eccellenza della Motor Valley era inevitabile che il centro si focalizzasse su big data e meccatronica», afferma Domenico Bambi di Sacmi, azienda di Imola che è parte integrante del competence B-Rex. «Mettere a fattor comune conoscenze e competenze in modo sistemico è l’unica strada per riuscire ad avere la giusta velocità d’innovazione che il mercato in questo momento esige. E’ una questione di sopravvivenza. E non parliamo solo di tecnologie, ma di competenze e di persone. Il nostro obiettivo è infatti riuscire a far crescere anche un mercato di talenti, siano essi neolaureati o persone che in questi anni sono andate all’estereo e che sarebbe bene riportare in Italia».

Uno dei maggiori sforzi di B-Rex sarà indirizzato verso la manifattura additiva per la quale si prevede di realizzare una linea pilota dove verranno integrate diverse macchine per la lavorazione di polveri di metalli e resine completamente automatizzate. All’interno di questo ambiente ci si potrà avvalere di sistemi di progettazione che prevedono l’utilizzo di software di simulazione in tutte le diverse fasi, dal design alla produzione.

 

Lavorazione all’interno dello stabilimento STMicroelectronics
La robotica di Artes 4.0 e le tecnologie abilitanti di STMicrolectronics

Artes 4.0, centro guidato dal Sant’Anna di Pisa, porta in dote competenze d’eccellenza nell’ambito della robotica avanzata con centri di ricerca e università che si estendono su 7 Regioni, dalla Toscana alla Liguria, dalle Marche al Lazio fino alla Sardegna e alla Sicilia. «All’interno di questa realtà articolata, STMicroelectronics si pone come abilitatore tecnologico di applicazioni 4.0 con capacità di creare ecosistemi e tool di sviluppo per il controllo d’attuazione», ha affermato Maria Letizia Petralia, technical manager della multinazionale.

L’offerta di chip e sensori del gigante di semiconduttori si sta rapidamente estendendo a tutti quei settori che vivono una profonda trasformazione dei mercati e che necessita di una rivisitazione dei processi esistenti, di nuovi modelli di business e di una rinnovata operatività improntata al paradigma digitale e all’implicita domanda di una maggiore autonomia funzionale dei sistemi fisici e logici. Per STMelectronics significa avere capacità di mettere a punto una logica di controllo in grado di interagire con il sistema fisico di riferimento, in modo da avere la possibilità di gestirlo in maniera appropriata. In buona sostanza, avere a disposizione i dati per interpretare l’ambiente circostante e sviluppare algoritmi che possano determinare le reazioni più appropriate in virtù delle variabili in gioco.

Napoli, il focus è lo smart building

Il Competence Center associato all’Università degli Studi di Napoli Federico II si occupa prevalentemente di Build Information Modeling che comporta l’applicazione di tecnologie digitali al settore delle costruzioni. E’ lo Smart Building il cui denominatore comune è costituito da sistemi e soluzioni che si basano sulla circolazione dei dati all’interno di ecosistemi digitali. Il tutto, facendo leva sui dati acquisiti e sull’analisi degli stessi, siano essi associati all’energy management, alla sicurezza, si pensi al controllo degli accessi e delle identità, così come al monitoraggio di tutti quei parametri funzionali e vegetativi di uno smart building anche in una logica digital twin.

Il Bim, come affermato dal portavoce del competence di Napoli, non è solo una necessità, ma un vero e proprio dovere imprenditoriale per adeguarsi a quel nuovo modello di business richiesto da un mercato in piena trasformazione digitale. Informazioni che possono essere analizzate con diverse finalità: diagnostica dell’edificio, comprensione delle soglie critiche, rilevazione di eventuali anomalie per realizzare manutenzione predittiva.

Schneider Electric, partner del polo Smact del triveneto

Schneider Electric, leader internazionale nell’automazione industriale, un fatturato italiano di 700 milioni di euro, ha aderito al progetto Smact del competence veneto. «La scelta di essere parte integrante del centro – ha spiegato Laura Bruni, direttore affari istituzionali della società – nasce dalla possibilità di applicare la nostra competenza e tecnologia a supporto dell’Iot trasversalmente a tutti i settori di industry: nella fabbrica, nei processi d’impresa e nello smart building». Smact, capeggiato dall’Università di Padova, è sostenuto da una rete di atenei del territorio (Verona, Venezia, Iuav, Trento, Bolzano, Udine, Trieste e altri) ed è focalizzato su agroalimentare, abbigliamento, arredamento e automazione.

«L’Iot è un’occasione straordinaria d’innovazione ed è l’elemento che può portare a un’integrazione sistemica delle due diverse anime d’impresa: IT e OT. Significa poter gestire le informazioni remotamente, creando le premesse per manutenzione predittiva o gestione di interi sistemi industriali. La nostra missione – conclude Bruni – è acquisire dati dal campo che, opportunamente elaborati, possano soddisfare esigenze diversificate a seconda del profilo di utente di riferimento».














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