Busetto (Anie): che cosa pensiamo della manovra economica e del nuovo 4.0 governativo

Giuliano Busetto, presidente di Federazione Anie

di Marco de’ Francesco ♦ Intervista a tutto campo con il presidente Anie e top manager Siemens: alcuni aspetti positivi nel nuovo piano del Governo Conte per interconessione e progresso tecnologico. Il mercato dell’ automazione  è in  rallentamento e il reddito di cittadinanza non risolve i problemi. La formazione e l’adozione delle competenze nelle aziende determinante per il futuro di Industry 4.0 in Italia

Nessuna calamità all’orizzonte del 4.0: la Manovra approvata dal Governo Conte presenta alcuni elementi di continuità rispetto al Piano Impresa 4.0. Primo fra tutti, l’iperammortamento, che è stato reso più conveniente per le piccole aziende e meno per le medie e le grandi. Il problema, però, è che ora non si tratta più soltanto di sostituire il parco macchine obsoleto, ma di permeare con il digitale l’azienda stessa, a vari livelli, e in processi paralleli allo shopfloor, come le vendite o la manutenzione. Pertanto, occorrono misure non più a breve scadenza, ma a medio e lungo termine, che possano consentire investimenti per cinque o dieci anni. Questo si chiede all’esecutivo.

E poi, si tratta di incidere con forza sulla formazione: uno dei grandi problemi della manifattura in generale e dell’automazione in particolare è la carenza di personale tecnico; e da noi gli Its, percorsi di specializzazione tecnica post diploma, attraggono 11mila ragazzi, mentre le Fachhochschulen tedesche sono a quota un milione. È l’opinione di Giuliano Busetto, presidente di Anie, una delle associazioni datoriali più coinvolte dal 4.0 e dai temi della digitalizzazione della manifattura. Anie (Confindustria) riunisce 1.300 aziende elettrotecniche ed elettroniche, che occupano 468mila dipendenti. Nell’intervista a seguire anche il punto sul settore dell’automazione, che da qualche mese sembra aver rallentato la corsa; Busetto parla come Anie, ma non va dimenticato che il suo incarico dirigenziale consiste nel guidare le divisioni industriali di Siemens in Italia.







 

Giuliano Busetto, Presidente Anie

 

D. Che giudizio dà sulla manovra economica?

R. «Ritengo molto importante la proroga del iperammortamento, e cioè la supervalutazione degli investimenti in beni dispositivi e tecnologie abilitanti la trasformazione in chiave 4.0 acquistati o in leasing. È stato rimodulato con aliquote decrescenti (270% per investimenti sino a 2,5 milioni di euro, 200% per quelli sino a 10 milioni, 150% per quelli tra i 10 e i 20 milioni; per quelli superiori a 20 milioni non sono previste maggiorazioni di ammortamento; ndr), ma c’è. Ciò consente l’investimento in beni durevoli e in tecnologie abilitanti: si applica infatti anche a beni strumentali come , sensori, macchine utensili e altro. È un volano, per la manifattura.

C’è poi la maggiorazione (140%) per il software e per i canoni del Cloud, che resta tuttavia sempre condizionata all’acquisto di almeno un bene materiale (tra quelli elencati nell’allegato A, ad esempio le macchine utensili per asportazione o quelle per la manifattura additiva utilizzate in ambito industriale). Inoltre avevamo spinto molto, come associazione, per l’investimento in formazione. C’è. Anche qui, un tetto massimo decrescente (di 300mila euro per le Pmi e 200mila per le grandi aziende; e una diversa misura del credito di imposta, dal 50% al 30% delle spese ammissibili; ndr).

Non c’è più il superammortamento, e cioè la supervalutazione (prima al 130%) degli investimenti in beni strumentali nuovi acquistati o in leasing. Ma viene introdotta una mini-Ires, quella ridotta dal 24% al 15% per la quota degli utili reinvestiti in nuove assunzioni o in acquisizioni di beni strumentali. È stata poi rifinanziata (con lo stanziamento di 96 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2023 e 48 milioni per il 2024) la Sabatini, misura a favore di Pmi e microimprese che sostiene gli investimenti per acquistare o acquisire in leasing macchinari, attrezzature, impianti, beni strumentali ad uso produttivo e hardware, nonché software e tecnologie digitali».

 

Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte

D. Quindi secondo Lei la Manovra presenta aspetti positivi, in vista della trasformazione digitale.

R. «In effetti ce ne sono alcuni. Il problema è che le misure di maggiore impatto per l’industria (in particolare quelle relative all’iperammortamento) sono a scadenza, per investimenti che vanno effettuati entro la fine dell’anno in corso (o anche entro il 2020, se l’ordine è stato accettato entro l’anno prima e pagato per il 20% dell’importo; ndr). E non c’è ombra di dubbio che l’incertezza sul rinnovo degli incentivi abbia generato una decelerazione negli investimenti, negli ultimi mesi del 2018. È venuta meno la continuità della spinta, e ciò forse ha inciso sul Pil, data l’importanza del manifatturiero. E ora non si tratta più di sostituire un parco macchine obsoleto, ma di incidere sull’azienda in quanto tale, con la digitalizzazione di processi relativi a vendite, marketing, manutenzione e tanto altro».

D. Come valuta le misure in spesa corrente, come il reddito di cittadinanza?

R. «Forse incideranno sui risparmi, ma non credo sui consumi. In generale, non sempre le misure “popolari” ottengono il risultato immaginato da chi le ha ideate, pur comprendendone le buone intenzioni. Si pensi al “decreto Dignità”: secondo Federmeccanica 53mila contratti a tempo determinato non saranno rinnovati, e altrettante persone resteranno a casa. Com’è noto, la norma ha limitato la durata totale dei rinnovi, da 36 a 12 mesi, con un possibile ampliamento a 24 solo in caso di inserimento di una specifica causale del contratto. Il fatto è che ci vuole del tempo per formare una persona, e un anno non sempre basta a capire se quel lavoro faccia per lei.

D. Qual è la situazione dell’automazione in termini di vendite? Il trend è previsto in crescita?

R. «Purtroppo in questi ultimi mesi si è assistito ad una decelerazione del comparto dell’automazione manifatturiera e di processo, che vale circa cinque miliardi. Il 2017 si era caratterizzato come un anno importante, con una crescita del fatturato a 4,8 miliardi, con un incremento dell’11,6% rispetto al 2016, quota pari al 13,2% per il mercato interno. In realtà, l’aumento per fatturato, mercato interno, esportazioni e importazioni era stato almeno tre volte tanto quello tra il 2016 e il 2015. Sono numeri di rilievo, che si sono tradotti in macchine più efficienti, più veloci, più performanti, e in una maggiore competitività del sistema rispetto a quello di altri Paesi.

Nei primi sei mesi del 2018 si è assistito ad un rallentamento, con ulteriore brusca contrazione nel secondo semestre, che porterà presumibilmente la crescita finale al 7-8% annuo, sempre positiva ma la metà di quella del 2017. Insomma, il terzo e il quarto trimestre del 2018 sono in frenata. Varie sono le motivazioni di questo fenomeno. Anzitutto, questioni di carattere internazionale: si pensi alla guerra dei dazi in corso, con i due giganti dell’economia mondiale, Usa e Cina, ai ferri corti; e poi al rallentamento del settore auto-motive, impegnato peraltro nella transizione dai motori termici a quelli ibridi ed elettrici. E poi questioni interne che hanno determinato una certa incertezza e mancanza di fiducia nelle prospettive economiche –industriali: la manovra del governo preserva, per fortuna, l’iperammortamento, e questo è importante; ma non sembra prevedere misure strutturate e di ampio respiro per lo sviluppo».

 

Negli ultimi mesi si è assistito ad una decelerazione del comparto dell’automazione manifatturiera e di processo . Nella foto: automazione in fabbrica

D. Dunque, cosa vi attendete ancora dal governo?

R. In realtà, quello che il settore delle tecnologie presenti in Anie – Industria, Energia, Infrastrutture , Edificio, si attende è una visione dello sviluppo del Paese a medio o lungo termine, almeno dai cinque ai dieci anni. E questo non solo in vista della pianificazione degli investimenti di comparto. È una questione che riguarda il manifatturiero nel suo insieme e l’Industria in generale. Tecnicamente, noi siamo il secondo Paese d’Europa, da questo punto di vista e dopo la Germania; ma la verità è che altri Paesi anche di dimensione decisamente più contenuta, come la Polonia, la Repubblica Ceca crescono più di noi. Insomma, ogni macro dato conferma che l’Italia cresce la metà della media europea. Siamo perciò preoccupati: abbiamo chiuso il 2017 con un rialzo di tutti i settori del manifatturiero pari al 3,8%; probabilmente, il 2018 terminerà con un dato più contenuto, attorno al 2%.

D. Cosa si può fare? Quale politica può incentivare la crescita del manifatturiero in Italia?

R. Anzitutto, bisogna ripensare il sistema di formazione, che dovrebbe essere più coerente con le necessità dell’industria. Personalmente, considero vincente il modello duale tedesco. Occorre rivalutare la cultura tecnica, di cui abbiamo estremo bisogno. Vanno rilanciati gli istituti tecnici e gli Its, che sono percorsi di specializzazione tecnica post diploma, riferiti a aree considerate prioritarie per lo sviluppo economico e la competitività del Paese. Un’alternativa all’università, per studenti interessati ad entrare rapidamente nel mondo del lavoro. Solo che l’equivalente tedesco, la Fachhochschulen, attrae un milione di studenti; da noi circa 11mila. Un problema, in un Paese a corto di tecnici. L’industria li cerca ma non li trova: e questo fenomeno è destinato ad ingigantirsi nei prossimi anni.Bisogna insistere sui giovani, sulle famiglie: col lavoro in manifattura non si diventa ricchi, ma il lavoro c’è di sicuro, c’è continuità di business per una vita, maggiore stabilità sociale. Dobbiamo far capire l’importanza di operare nel nostro settore.

 

Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Danilo Toninelli

 

Altro tema di rilievo, poi, è quello del gap infrastrutturale, sia materiale che immateriale. Anche qui c’è parecchio lavoro da fare. Ad esempio, uno strumento per aiutare l’avanzamento del Paese potrebbe senz’altro essere Edificio 4.0. Si tratta di procedere alla riqualificazione digitale del patrimonio immobiliare esistente: casa intelligente, quartiere intelligente e città intelligente. Federcostruzioni ha redatto un manifesto, in proposito. Con l’utilizzo di tecnologie digitali, e quindi sensori di sicurezza, rilievi laser, realtà aumentata, gestione intelligente e integrata delle apparecchiature elettriche e relativa impiantistica all’interno di un edificio, residenziale o commerciale, si possono realizzare case molto più sicure, economiche e sostenibili; raccogliendo i dati dagli edifici, più settori possono essere coinvolti nella gestione sostenibile del patrimonio immobiliare, in termini di energia, inquinamento, sicurezza strutturale ed altro.

Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Danilo Toninelli ha manifestato grande interesse sul tema, e la scorsa estate, all’assemblea di Federcostruzioni, ha garantito il massimo impegno. Noi siamo disponibili ad un confronto che possa portare beneficio al nostro Paese. Si tratta di ragionare sugli incentivi fiscali: se ne parlerà auspichiamo quest’anno con il governo. Federazione Anie, come ‘casa delle Tecnologie’, vuole portare il suo contributo per lo sviluppo del Paese».

D. Torniamo al problema delle competenze. Non è solo un problema di formazione scolastica.

R. Certo che no. Com’è noto, Siemens, nelle sue divisioni industriali, a Piacenza ha creato il Tac, centro tecnologico applicativo, con lo scopo di garantire alle imprese un’offerta formativa multidisciplinare con una forte componente applicativa. Rappresenta un modello di Smart Factory, dove le aziende manifatturiere hanno l’opportunità di aggiornarsi sulle innovazioni utili per attuare la propria trasformazione digitale. Macchine automatiche e macchine utensili, celle con robot , tutte equipaggiate con tecnologie abilitanti, isole digitali con applicazioni cloud ne rappresentato il contenuto oggetto anche di uno specifico accordo siglato con Confindustria, con il patrocinio del MISE, per offrire 100 giornate alle imprese manifatturiere che siano interessate a prendere coscienza dei benefici della digitalizzazione.

 

Il TAC di Piacenza

Il fatto è che gli imprenditori che intendono procedere lungo la strada del 4.0 non sempre trovano in azienda chi sia in grado di seguire queste vicende: si assiste, talora, all’emergere di una zona di ritrosia interna. La verità è che solo iniettando competenze in azienda si può suscitare interesse sull’argomento. Oggi la situazione è senz’altro deficitaria, e Anie lotta ogni giorno sull’importanza di intervenire, soprattutto da parte delle Pmi, su automazione e sviluppo. In quanto presidente dell’Anie, voglio dire che sempre più intendiamo utilizzare i servizi integrati per il training relativo all’industry 4.0 a favore delle Pmi associate».














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