Brembo frena (ma non si ferma) e accelera su nuove acquisizioni

di Filippo Astone ♦︎ Tutte le verità del numero uno Alberto Bombassei, che preannuncia scenari futuribili con l'auto elettrica. Senza risparmiare critiche alla politica e all'imprenditoria. Che ne sarà della manifattura italiana? Che cosa si dice a Viale dell'Astronomia?

Headquarters di Brembo, vicino a Bergamo
In Brembo la sostenibilità si esprime anche in progetti a sostegno di istruzione, formazione e ricerca, sport, arte e cultura, sociale e tutela dell’infanzia

Brembo? Nel 2019 rallenterà un pochino, ma comunque continuerà a crescere e si prepara a un’acquisizione importante, magari nel settore della motorizzazione elettrica. Nuovi azionisti di Brembo? Potrebbero arrivare. La famiglia Bombassei è pronta, se occorre, a cedere quote di capitale, passando dalla maggioranza assoluta a quella relativa. Giuseppe Conte? Per ora, piace. Il nuovo Governo? Dovrà avere come priorità occupazione e lavoro. Confindustria? Dovrà tornare centrale nel confronto con l’esecutivo. Parola di Alberto Bombassei, classe 1940, che in una intervista a 360 gradi con Industria Italiana si esprime sulle prospettive della sua azienda e sui maggiori temi di attualità economica.

La Brembo (1,6 miliardi di giro d’affari, 25 stabilimenti in tutto il mondo, 9mila dipendenti) è un campione del quarto capitalismo italiano. Si è praticamente inventata il settore in cui eccelle (i freni ad alto valore aggiunto), investe molto in ricerca e sviluppo, è fortemente internazionalizzata, poco indebitata e con una profittabilità significativa. Il rallentamento di cui parla Bombassei è comunque contenuto, e non prevede cali sostanziali in termini di redditività. Lo si può capire dai dati del primo semestre 2019, pubblicati a fine luglio.







I ricavi, a quota 1.323,8 milioni di euro, sono calati di appena l’1,2% rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente. L’ebitda (pari a ben il 20,4% dei ricavi, che per un’azienda meccanica non è poco) è aumentato del 4,1%, a quota 270,6 milioni di euro. L’ebit è sceso del 6,3% rispetto al primo semestre 2018, a quota 174,5 milioni di euro, pari al 13,2% dei ricavi. Anche l’utile netto (123,4 milioni) è sceso dell’11,9%, ma resta comunque pari al 9,3% dei ricavi (prima era il 10,5%). Infine l’indebitamento finanziario netto rimane assai basso: 434,5 milioni di euro, appena 1/4 dei ricavi. In calo il mercato italiano (-4,6%) e soprattutto quello tedesco (-13,6%). In crescita India (+18,2%) e Stati Uniti (+6,7%).

Sintesi del conto economico consolidato 2018. Fonte Brembo

«È proprio quando i mercati sono in difficoltà che l’innovazione continua di processo – da sempre un valore assoluto per Brembo – gioca un ruolo fondamentale per garantire il successo competitivo», ha dichiarato Bombassei a commento della semestrale. Per quanto riguarda l’elettrico, che potrebbe essere la specializzazione di una futura acquisizione, Brembo ha comunque già una sua soluzione, il Brake by Wire. Attualmente, le vetture elettriche montano ancora comuni impianti di frenata, e cioè sono dotate di sistemi idraulici. Il Brake by Wire prevede una connessione tra pedale e freno non idraulica ma elettrica, e con l’ausilio dell’intelligenza artificiale, agisce sulle singole ruote, migliorando la stabilità del mezzo in ogni condizione e consentendo un più ampio recupero di energia in fase di rallentamento. Una macchina elettrica acquista energia frenando, perché i generatori elettrici recuperano la coppia e ricaricano la batteria; con un sistema dissipativo evoluto, come il Brake by Wire, c’è maggiore efficienza, e quindi aumenta l’autonomia del mezzo.

Ricavi 2018 per area geografica. Fonte Brembo

 

La Brembo sta cambiando molto…

Negli ultimi anni è sempre cambiata, perché per fortuna è sempre cresciuta. Adesso un po’ di rallentamento lo accusiamo anche noi, anche se avendo delle applicazioni nel segmento medio-alto, risentiamo meno del calo delle vendite di automobili. Insomma, chi comprava la Ferrari, la comprava prima e la compra anche adesso. E la Ferrari ha sistemi frenanti Brembo….

 

Certo, i noti freni in carbonio ceramico, leggeri e dalle alte prestazioni utilizzati, oltre che da Ferrari, anche da Porsche, Mercedes e Aston Martin. Venendo alle sue strategie, Lei vuole crescere, e ha dichiarato la sua disponibilità a rinunciare alla maggioranza del capitale…

La Brembo è un’azienda media, forse medio-grande per gli standard italiani, ma non certo di grandissima dimensione. Ma in un mercato che diventa sempre più globale, anche la dimensione è estremamente importante. Dobbiamo crescere. Non abbiamo fatto mistero del fatto che stiamo cercando un’acquisizione, o totale o parziale, di un’azienda che sia complementare.

I freni in carbonio ceramico Brembo utilizzati da Ferrari

 

Complementare che significa?

Magari nel settore dei sistemi frenanti per auto elettriche. Del resto, non possiamo ignorare il cambiamento in atto dal motore endotermico a quello elettrico, che è epocale.

 

E quindi?

Siamo aperti a qualsiasi operazione che sia generativa di valore. Se per portarla a termine fosse necessario scendere nell’azionariato per far posto ad altri, siamo pronti a farlo. Ma attenzione, siamo disposti a rinunciare all’attuale maggioranza assoluta delle azioni, che è del 53%, ma non alla quota di controllo, che è del 30%.

 

Potrebbe essere la conseguenza di una fusione? Oppure dell’ingresso di un fondo che finanzi l’operazione?

Oggi non ci sono elementi per far propendere verso una soluzione o un’altra, anche perché l’operazione ipotizzata non è certamente imminente. Valuteremo le opzioni quando sarà il momento.

Disco in carbonio ceramico Brembo per Bmw

 

Avete fatto molti investimenti negli ultimi anni, per espandervi geograficamente, per esempio in Cina. Con quale logica e con quali effetti sul conto economico dell’azienda?

Abbiamo in Cina cinque stabilimenti tutti per servire il mercato locale, che in questi anni è cresciuto a due cifre ma che, anch’esso, chiuderà in calo, al -4% nel 2019 perché ha rallentato sensibilmente la produzione. L’economia del Dragone ha frenato anche a causa dei dazi imposti da Trump sulle esportazioni. Si tratta di un’economia ancora basata sull’export di prodotti di massa e dunque l’impatto del protezionismo Usa è stato più elevato delle attese e il potere di acquisto si è abbassato. Questo ha influito anche sulla vendita delle vetture, ma ciò non toglie che stiamo parlando di un Paese che oggi è il maggior produttore al mondo, in valore assoluto. Nel 2018 dalla Cina sono derivati 300 milioni di euro di fatturato per Brembo e riteniamo che in cinque anni sarà il nostro mercato più importante. Per questo nella prima metà di quest’anno abbiamo inaugurato il quinto stabilimento produttivo del Paese, a Nanchino, che impiega 450 dipendenti per produrre due milioni di pinze freno in alluminio all’anno.

 

Il passaggio dall’endotermico all’elettrico è una rivoluzione copernicana…

Indubbiamente. Per ciò che ci riguarda, noi la soluzione per le vetture elettriche l’abbiamo già. Ma bisogna fare attenzione a ciò di cui si parla. L’elettrico non è la panacea, neppure per quanto riguarda le emissioni inquinanti. La mobilità incide sull’emissione del CO2 per il 7% del totale, mentre il riscaldamento delle case per il 30%. Eppure non ho mai sentito un sindaco dire che si dovrebbero spegnere i caloriferi per migliorare la qualità dell’aria: bloccare il traffico è la soluzione politicamente meno costosa. O perorare la causa dell’elettrico. Eppure oggi un motore Euro 6 ha un’emissione di CO2 inferiore a quello di una vettura ibrida, a meno che non la si ricarichi con energia rinnovabile. Purtroppo le colonnine di ricarica sono ancora per lo più alimentata da energia prodotta da centrali a carbone che sono altamente inquinanti. Ma credo che come tutte le innovazioni radicali anche questa debba essere fatte con intelligenza e gradualità. Anche perché esiste un risvolto sociale che non può essere ignorato. Nei miei quattro anni da deputato alla Camera, a partire dal 2013, ho sentito parlare spesso di incentivi all’elettrico. Quasi nessuno però si poneva il problema dei 2,5 milioni di persone impiegate nella produzione dei motori in Europa: se sostituiamo il motore a scoppio con quello elettrico, per lo più di produzione cinese, otteniamo un’emergenza sociale.

Pinze fisse in alluminio Brembo

 

Come vede Brembo dopo di lei?

Direi che posso andare tranquillo in pensione. Mio figlio fa l’architetto e non partecipa alle decisioni dell’azienda, mia figlia Cristina invece fa parte del Cda e copre il ruolo di amministratore esecutivo insieme a suo marito Matteo Tiraboschi, che è il mio vice ed è una persona competente. Loro mi garantiscono la continuità, insieme al nuovo amministratore delegato, Daniele Schillaci, che prima di entrare in Brembo era il numero due della Nissan e aveva maturato un curriculum eccezionale nel settore.

 

Perché tanta disoccupazione in Italia?

La digitalizzazione sta trasformando le aziende e tutto il mondo per come lo abbiamo conosciuto. Questo sta cambiando in maniera radicale il lavoro e incide sull’occupazione, almeno nel momento di passaggio. Pensiamo solo al sistema bancario: che ha perso negli ultimi anni il 30-40% dei dipendenti, sostituiti dall’informatica. Certo, si creano anche nuovi posti di lavoro, ma oggi mancano le risorse da impiegare nelle nuovo posizioni che le aziende richiedono. A causa dell’atavico problema di formazione dell’Italia e della carenza di profili tecnici. L’Italia ha il più basso tasso di laureati in Europa e la più grave mancanza di competenze ingegneristiche e scientifiche. Ed è noto che i diplomati tecnici prodotti ogni anni dagli ITS siano 7mila, a fronte degli 800mila della Germania.

 

Come vede il nuovo Governo?

Penso che dovrebbe avere come priorità e occupazione e lavoro. Il tasso di disoccupazione italiano è fra i maggiori d’Europa e non è sostenibile. Gli incentivi agli investimenti produttivi e la detassazione sugli investimenti in R&S – il piano Industria 4.0 di Carlo Calenda, per intenderci – avevano fatto ripartire il Paese. Si dovrebbe proseguire su questa strada e ridurre il cuneo fiscale.

Impianto frenante integrato Brembo per Corvette

E di Giuseppe Conte che cosa pensa?

Mi piace, è persona per bene e capace. Spero di poter confermare questo giudizio anche fra sei mesi.

 

Lei ha avuto importanti incarichi nel mondo Confindustriale. È stato presidente di Federmeccanica e poi vice presidente nazionale per ben 8 anni. Nel 2012, dopo aver perso la gara con Giorgio Squinzi per la presidenza nazionale, è uscito da tutto. Come vede oggi Confindustria?

Dovrebbe recuperare un po’ di terreno nel confronto col Governo. Con gli ultimi tre esecutivi c’è stata una certa disintermediazione delle parti sociali, per colpa dei governi ma anche, in parte di Confindustria stessa. Questo non va bene.

 

Lei ha ancora grande fiducia nel sistema confindustriale, come dimostra una Sua recente donazione in favore di Confindustria Bergamo..

Ma certo! Il sistema confindustriale è una delle cose buone del Paese! Un asset fondamentale. Bisogna rafforzarlo.

 

(Ripubblicazione dell’articolo uscito per la prima volta il 17 settembre 2019)














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