Blockchain: tutto quello che avreste voluto sapere ma non avete mai osato chiedere

di Piero Macrì ♦ Si annuncia un futuro pervasivo per questa tecnologia, che interessa non solo il mondo finanziario, ma anche quello manifatturiero e che potrà risultare disruptive anche per la politica. Come funziona e quali sono le numerose modalità di utilizzo della “catena di blocchi”. Che nel 2021 conterà un mercato globale del valore di oltre 2 miliardi di dollari

Internet come rete globale, blockchain come registro dati e transazioni universale. La prima ipotesi si è avverata, la seconda? Non ancora, ma si accettano scommesse. C’è chi è convinto che blockchain possa determinare una sorta di big bang digitale così come è stato per internet. Tra questi Davide Casaleggio, numero uno della Casaleggio & Associati ed ispiratore della piattaforma Rousseau, che ha più volte auspicato che la catena di blocchi venga utilizzata non solo per creare un vantaggio competitivo per le aziende, ma per cambiare anche la vita democratica, prefigurando blockchain come piattaforma per operazioni di voto. Vedremo.

Intanto il mercato globale associato a tecnologie blockchain nel 2017 ha raggiunto quota 339,5 milioni di dollari e si prevede che per il 2021 superi i 2 miliardi. Non solo, in un rapporto pubblicato da Casaleggio Associati, si ipotizza che entro il 2025 il 10% del Pil mondiale possa essere generato da prodotti e servizi erogati tramite blockchain. Se la posta in gioco è alta ha però poco senso la comparazione con internet, per il semplice motivo che non potrà mai prendere forma una blockchain globale da cui possano emergere aziende che interpretino un ruolo di player over the top alla stessa stregua di quello che è successo con Google e Facebook; sarebbe necessaria una potenza di calcolo verosimilmente disponibile solo con una futuristica rete di computer quantistici.







In che modo si potrà quindi sviluppare il mercato blockchain? Come diceva Sherlock Holmes, quando hai escluso l’impossibile, ciò che resta, per quanto improbabile, è la verità. In questo articolo Industria Italiana ha cercato di esporre le opportunità, i vantaggi e i limiti dell’attuale sviluppo blockchain, mettendo in evidenza l’aspetto più rivoluzionario, ovvero quello legato alla decentralizzazione, l’elemento che ha il potere di creare le maggiori discontinuità.

Una delle più grandi innovazioni dell’ultimo decennio

Quali i settori che attualmente contribuiscono a produrre maggiore valore? In primis il finance (60,5%), a seguire il manifatturiero (17,6%) e la sanità. Ma basta fare una minima ricerca su internet per capire che blockchain sta diventando un’idea pervasiva; non esiste settore che non abbia avanzato una qualche iniziativa. Sull’importanza del futuribile database decentralizzato concorda anche la Commissione Europea. Dice Mariya Gabriel, commissioner for the digital economy and society: «Blockchain è una delle più grandi innovazioni dell’ultimo decennio ed è un’infrastruttura che ha il potenziale per abilitare un’economia digitale più inclusiva, sicura e democratica. Il nostro obiettivo – prosegue Gabriel – è arrivare a definire un Digital Single Market in modo che tutti ne possano beneficiare, evitando il proliferare di soluzioni frammentate e non standardizzate…Grazie al meccanismo implicito della decentralizzazione può diventare la leva per trasformare i fondamentali economici, sociali e politici».

Le potenzialità della blockchain

Quali gli ingredienti che fanno della blockchain la futuribile essenza del prossimo mondo digitale? Semplificando, la non modificabilità e immutabilità dei registri (utile per certificazioni di filiera ad esempio), token (per quanto riguarda l’utilizzo di monete digitali) e smart-contract (contratti che, una volta definiti, si autogestiscono). Una cosa è bene tenere presente fin dall’inizio. Parlare di blockchain non significa parlare di un’unica blockchain. Dal 2009 a oggi la tecnologia abilitante (Digitale Ledger Technology, Dlt) si è evoluta in una molteplicità di direzioni portando all’implementazione di soluzioni che si differenziano innanzitutto per essere private (permissioned) o pubbliche (permissionless, come il caso di bitcoin ed etheurum). In un contesto privato la blockchain può essere utilizzata per condividere dati e informazioni tra un numero noto di partecipanti.

In questo caso l’implementazione di una qualche soluzione blockchain diventa un processo di efficientamento all’interno del proprio ecosistema collaborativo, la supply chain per esempio, con tutto ciò che attiene alla tracciabilità delle merci e la certificazione delle transazioni. In una blockchain pubblica il discorso è diverso, in quanto la piattaforma è aperta a un numero indefinito di partecipanti, condizione che la espone a problemi di scalabilità, sicurezza e regolamentazione. Certo, in ambito pubblico blockchain potrebbe essere la leva attraverso la quale mettere fine alle mille acrobazie che in Italia si sono compiute intorno alla firma digitale, con soluzioni che possono prevedere embedded l’autenticazione delle transazioni.

 

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Dal 2009 blockchain è la tecnologia abilitante l’economia delle criptovalute

Decentralizzazione

L’utilizzo di una piattaforma blockchain si traduce in automazione e digitalizzazione di una serie di processi che all’interno dei vari contesti applicativi sono oggi gestiti da terze parti e governati e certificati da soggetti autorizzati. E’ il caso di banche, assicurazioni, notariato, enti amministrativi. In tutti questi scenari blockchain può imporsi come nuovo modello di relazione decentralizzata tra individui, imprese e istituzioni. Ciò significa che blockchain genera discontinuità. Si pensi alle banche: da un punto di vista puramente teorico, in uno scenario digital ledger, sono superflue poiché il ruolo di certificazione è embedded by design. Per capire la potenziale discontinuità che introduce blockchain è bene familiarizzare con il concetto di decentralizzazione che in definitiva è il fondamento esclusivo dell’architettura Dlt.

E’ questa la chiave interpretativa del sistema nato nel 2009 come tecnologia abilitante l’economia delle criptovalute, in primis il bitcoin e successivamente etheurum. La logica di decentralizzazione è infatti l’elemento che può scardinare regole ed ecosistemi che presiedono la gestione delle transazioni e del trattamento di documenti, dati e informazioni che sottostanno a obbligo di certificazione: nell’ambito delle transazioni economiche, dei rapporti tra pubblica amministrazione e cittadini, delle relazioni commerciali, di settori di industry.

L’attuale infrastrutttura che gestisce queste dimensioni di ecosistemi di relazioni prevede infatti al proprio interno un numero di intermediari variabili, ma sempre numeroso e soprattutto costoso. Ecco, blockchain potrebbe rendere lineari tutti questi processi, eliminando ridondanze, semplificando, rendendo più efficienti, meno costose e sicure e certe ogni tipo di transazioni. In pratica ciò comporta una sostanziale rivisitazione degli assetti attuali, poiché significa eliminare di fatto chi, all’interno di questi macrosistemi, esercita un ruolo che contempla funzioni che sono embedded nell’architettura blockchain. Si aprono quindi grandi sfide: nel mercato dei pagamenti così come in tutti quegli ambiti dove è richiesta identità digitale.

 

Fintech, incumbent e newcomer

Secondo recenti analisi di Pwc, il 56% dei player tradizionali ha incorporato strumenti fintech e l’82% prevede di aumentare le proprie partnership ancora di più nei prossimi tre-cinque anni. Per le banche introdurre blockchain significa ridurre costi, ma ovviamente nel lungo termine, quando questi sistemi saranno a regime, poiché significa affrontare i costi di progettazione e implementazione di nuove infrastrutture. Tuttavia, non è una questione di valutazione puramente economica. Il cambiamento potrebbe diventare inevitabile, considerato che in questo scenario sta rapidamente emergendo una generazione blockchain che non deve fare conti con processi e sistemi legacy, le cui soluzioni nascono from scratch, da un foglio bianco e che si fondano sui precetti esclusivi ereditati dalla tecnologia digital ledger.

Per tutti gli incumbent si prefigurano vantaggi e sfide; per tutti i newcomer emergono opportunità per scardinare modelli di business consolidati. Ma anche per questi ultimi il percorso non è lastricato di rose. Vi sono infatti innumerevoli resistenze. Per interesse o per naturale conservatorismo, c’è chi non accetta il nuovo che avanza ed erige muri che impediscono libero accesso ai territori presidiati dall’attuale establishment. Per dare vita a un nuovo mercato devono quindi essere individuati e approvati meccanismi e disposizioni inclusive per facilitare l’ingresso di nuovi soggetti nei mercati attualmente regolamentati. In altre parole: blockchain deve diventare parte integrante di processi trasversali a tutti i nostri ordinamenti societari e commerciali.

Regolamentazione

Le istituzioni stanno diventando consapevoli delle potenzialità che possono derivare da un utilizzo estensivo della nuova tecnologia e stanno impegnandosi nello sviluppo di quadri normativi all’interno dei quali si possa fare un uso legittimo di registri pubblici condivisi. E’ essenziale che Il processo di standardizzazione si giochi su un piano internazionale. Siamo in un mondo globale e le relazioni economiche e commerciali hanno necessità di un impianto super partes; ragionare in una logica single country sarebbe limitativo. Perché questo processo possa compiersi ci vorrà tempo, molto tempo poiché i legislatori, una volta ricevuto l’input politico, il più delle volte si muovono a velocità opposta e contraria a quella tecnologica ovvero con lentezza.

Ma attenzione, chi rimane fermo è destinato a perdere, poiché blockchain può tradursi in un vero vantaggio competitivo. Non è un caso che i Paesi che stanno spingendo l’acceleratore siano quelli dove meno complessa è la macchina burocratica. In questi casi l’iter legislativo in funzione della metabolizzazione dei nuovi processi abilitanti blockchain è più rapido. La capacità di formulare ipotesi per un diverso funzionamento dei mercati e predisporre un quadro normativo a tutela dei soggetti che dovranno agire in contesti digital ledger diventa perciò prioritario. In assenza di questo sforzo, tutto è destinato ad aver un impatto marginale e non sostanziale.

 

politica industriale

Privata o pubblica?

In gioco sono due diverse visioni di mercato: una tradizionale, basata sulla centralizzazione, e una innovativa, basata sulla decentralizzazione; la prima caratterizzata da mancanza di flessibilità e burocrazia, la seconda trasparente, sicura ed efficiente (i dati sono disponibili alla consultazione e sono immutabili). A questo riguardo la domanda che ruota attorno al possibile sviluppo della blockchain è la stessa che ci si poneva ai tempi della nascita di Internet: privata o pubblica, chiusa o aperta? O ancora meglio, se volessimo trasporre il tutto utilizzando il gergo blockchain, permissionless o permissioned? Non è una domanda banale.

L’affermazione di blockchain private, così come si stanno configurando i vari progetti in corso in più settori di industry, in primis quello fintech, potrà infatti portare nuova efficienza e sicurezza nel mondo della gestione delle transazioni, ma non cambia di fatto il ruolo di coloro che sovrintendono l’ecosistema economico di riferimento. Diverso invece il caso in cui si affermino blockchain pubbliche, poiché in questo caso si prefigura un sovvertimento di modelli e ruoli da parte di coloro che fino a questo momento hanno controllato i sistemi di riferimento. Come sempre accade in occasione dell’emergere di nuove tecnologie disruptive, il vero limite non è quello tecnologico, sempre e comunque superabile, se ne esiste la volontà, ma normativo.

Azione politica, l’esempio degli Emirati Arabi

L’affermazione di un’economia fondata sulla blockchain si gioca quindi anche a livello politico. Negli Emirati Arabi per esempio. Negli scorsi mesi si sono susseguiti numerosi annunci di iniziative a livello governativo per rendere il Paese leader nell’adozione dei nuovi standard digitali della blockchain entro il 2021. Due mesi fa gli Ico sono stati approvati come metodo di raccolta fondi per le compagnie nazionali, con l’obiettivo di sviluppare regolamenti entro la metà del 2019 e concorrere con Malta in materia di regolamentazione degli scambi, che diventeranno sempre più puliti e trasparenti.

All’evento “The Global Blockchain Congress” tenuto lo scorso dicembre a Dubai erano presenti oltre 100 amministratori delegati e presidenti di fondi, multinazionali e compagnie statali. Tra i relatori, Davide Casaleggio. «La regolamentazione delle Ico – ha detto Casaleggio nel suo intervento – è un passaggio fondamentale che dovrà affrontare presto anche l’Italia per fermare l’emorragia di aziende che per accedere a questo mercato sono costrette ad andare all’estero. Il volume di investimenti in Ico raccolti all’estero da aziende che avrebbero potuto operare in Italia nel 2018 è stato pari all’intero ammontare del venture capital».

 

 

Blockchain e Iot

Se in prima battuta l’architettura a supporto del bitcoin è diventato il paradigma attraverso il quale interpretare il mercato fintech o la trasformazione digitale del mondo bancario, vediamo che ora l’attenzione e l’applicabilità si estende ad ambiti operativi del tutto diversificati dove esiste l’esigenza di implementare soluzioni di sicurezza in merito all’identità e agli accessi, anche in ambito Iot. La supply chain, la logistica e la movimentazione delle merci, nonché i veicoli a guida autonoma e monitoraggio e utilizzo di sistemi di produzione, sono diventati le aree per lo sviluppo di soluzioni convergenti blockchain-Iot. Ciò che ancora manca, sono protocolli comuni per soddisfare gli attributi unici degli ambienti Iot e l’esecuzione di blockchain in termini di interoperabilità, sicurezza, scalabilità, autenticazione dell’identità ed esecuzione di contratti intelligenti su più catene. La risposta che il mercato sta dando a questa necessità è quella di creare consorzi mirati a promuovere ambienti collaborativi per lo sviluppo di questi standard.

 

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La piattaforma Goliath dell’ Eni
Blockchain nel settore energia

Un esempio industriale di blockhain Iot nel settore energy nasce dalla collaborazione di Eni e Bp, che hanno deciso di testare l’utilizzo di una nuova piattaforma per il trading del gas. Nonostante la compravendita di gas avvenga da anni in formato elettronico il problema è verificare che i volumi venduti sulle piattaforme corrispondano a quelli effettivamente erogati attraverso le tubazioni. Grazie a blockchain è possibile installare un software su ogni dispositivo che controlla la rete di distribuzione del gas per misurare i volumi effettivi distribuiti e memorizzarli in un database distribuito centrale. In questo modo è possibile controllare quali volumi sono stati effettivamente distribuiti. L’uso di questo tipo di tecnologia – secondo quanto dichiarato dalle due aziende -contribuisce a snellire i processi di back office, riduce i rischi, offre maggiori garanzie contro eventuali attacchi hacker e in definitiva produce risparmi. E’ un modello di sviluppo che sta diventando comune tra le aziende che si occupano a vario titolo di distribuzione di energia perchè rende possibile un controllo diretto dei volumi distribuiti condividendo i dati raccolti da sensori nel in un ledger distribuito.

 

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Anatomia della blockchain

La futuribile sostenibilità e affermazione della blockchain è connaturata alla sua architettura ovvero una rete peer to peer che permette di mettere in condivisione un registro delle transazioni (Distributed Ledger) tra tutte le parti (nodi) o soggetti che interagiscono in un network senza che vi debba essere una parte terza che agisca come certificatore, in quanto questa funzione è embedded by design. La blockchain (detta anche Distributed Ledger Technology, DLT) è un database distribuito e decentralizzato, una sorta di grande libro mastro su cui sono registrati tutti i dati, un registro accessibile a tutti e in grado di memorizzare dati o transazioni tra due parti, in modo pubblico, permanente (non modificabile), verificabile, senza mediazione. I dati contenuti in un database sono radunati in blocchi e condivisi in tempo reale con gli altri nodi della rete; ciascun nodo riceve e convalida i dati attraverso complesse procedure di verifica crittografica; i blocchi di dati validi sono quindi archiviati in ciascun nodo, concatenandosi ai blocchi precedenti — da cui l’espressione blockchain, ovvero catena di blocchi.

Blockchain permissionless

Le blockchain permissionless sono piattaforme pubbliche che non richiedono alcuna autorizzazione per poter accedere alla rete, eseguire delle transazioni o partecipare alla verifica e creazione di un nuovo blocco. Le più famose sono bitcoin ed etheurum, dove non vi sono restrizioni o condizioni di accesso. Chiunque può prenderne parte. Si tratta di una struttura completamente decentralizzata, in quanto non esiste un ente centrale che gestisce le autorizzazioni di accesso. Nessun utente della rete ha privilegi sugli altri, nessuno può controllare le informazioni che vengono memorizzate su di essa, modificarle o eliminarle, e nessuno può alterare il protocollo che determina il funzionamento di questa tecnologia.

Blockchain permissioned

Le blockchain permissioned sono soggette ad un’autorità centrale che determina chi possa accedervi. Oltre a definire chi è autorizzato a far parte della rete, tale autorità definisce quali sono i ruoli che un utente può ricoprire all’interno della stessa, definendo anche regole sulla visibilità dei dati registrati. Questo tipo di blockchain introducono quindi il concetto di governance e centralizzazione in una rete che nasce come assolutamente decentralizzata e distribuita.

Blockchain private

Sono blockchain che condividono molte delle caratteristiche permissioned. Si tratta di reti private e non visibili, che puntano all’efficientamento di processi. Questo tipo di blockchain viene controllato da un’organizzazione che determina chi possa accedere o meno alla rete e alla lettura dei dati in essa registrati. Le blockchain private possono essere considerate le più veloci e le più economiche, in quanto le transazioni sono verificate da un numero limitato di nodi.

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