Bianchi, Confindustria: lavoriamo a migliorare la sinergia fra Dih e Cc

di Roberto Castagnoli ♦︎ Digital Innovation Hub e Competence Center sono strutture molto diverse che devono lavorare assieme nell’ecosistema del piano Transizione 4.0 (ex Industria 4.0)

Andrea Bianchi, direttore politiche industriali di Confindustria

Andrea Bianchi, direttore politiche industriali di Confindustria, è intervenuto a un panel sull’ecosistema dell’Innovazione dell’Industria 4.0, tenutosi nel contesto della presentazione del nuovo bando di finanziamento del Made, e nel suo intervento ha chiarito alle numerose aziende presenti i differenti ruoli dei Digital Innovation Hub (Dih) e dei Competence Center (Cc) all’interno del piano Industria 4.0. E non si è lasciato sfuggire l’occasione per lanciare una frecciatina alla classe politica.

«Quando frequento questi ambienti, che in qualche modo hanno reso vivo il piano industria 4.0, e poi vado a Roma al ministero, noto la presenza di due spinte contrapposte. Da un lato il sistema delle imprese e della ricerca che punta molto sulla continuità, perché è stato messo in campo un programma e un lavoro cui bisogna dare continuità. Dall’altro invece a Roma c’è una tendenza alla discontinuità, nel senso che la politica in qualche modo tende ad avere elementi di riconoscimento. Ma queste due spinte vanno in qualche modo tenute insieme. Dico questo perché per parlare dei Digital Innovation Hub non posso non fare riferimento al piano Industria 4.0, visto che è lì che nascono. Tra l’altro, abbiamo cambiato nome tre volte al piano, prima Industria 4.0, poi Impresa 4.0, adesso Transizione 4.0 mentre per esempio in Germania il piano dal 2011 si chiama Industria 4.0 e a nessuno è venuto in mente di cambiargli nome – e questo fa parte dell’instabilità politica che spesso non aiuta ad andare avanti. I Dih nascono dentro al piano Industria 4.0 che si componeva di tre linee di azione. La prima è il sostegno agli investimenti sulle tecnologie attraverso strumenti di incentivazione, la seconda era il puntare sulle competenze e sulla riqualificazione. Quindi sia sulle persone che sono al lavoro, sia sulla creazione di nuove competenze, con Its e lauree Stem. La terza linea, l’obiettivo più ambizioso, era di creare un’infrastruttura nuova, una Rete per l’Innovazione. I due snodi fondamentali della rete erano i Competence Center e i Dih. In questo l’Italia si ancorava a quelli che erano i principi e concetti definiti a livello dalla Commissione Europea. L’intuizione particolare dell’Italia è stata che per i Dih il Ministero all’epoca decise di puntare sulle organizzazioni di rappresentanza. Nel senso che, nell’ambito del piano Calenda, era previsto che la responsabilità dei Dih sarebbe stata affidata in generale delle associazioni di rappresentanza. In particolare, Confindustria ha raccolto la sfida e ha creato all’interno del proprio sistema associativo 20 Dih, ovvero 20 strutture che dovrebbero aiutare le imprese ad accedere verso il sistema delle competenze. Tanto che abbiamo chiamato i Dih la “porta di accesso” per le Pmi verso il sistema delle competenze. Per questo perché abbiamo individuato tre funzioni fondamentali per i Dih. La prima era quella di awareness, che comprende la sensibilizzazione e la prima formazione delle imprese. La seconda funzione era di fare sulle aziende il digital assessment, ovvero verificare il grado di maturità dell’impresa rispetto alle tecnologie digitali. La terza funzione era quella di orientare le imprese verso il sistema delle competenze, composto in parte dal sistema pubblico, dove i Cc sono l’elemento determinante, in parte anche dal sistema privato. Quindi una cosa che abbiamo fatto come Dih è una serie di accordi anche con grandi imprese, che mettono a disposizione delle Pmi le competenze. Ora questa funzione è diventata centrale. Solo che prima non c’erano i Cc, che si stanno creando in questo momento, quindi abbiamo orientato le imprese più verso il sistema privato. Oggi stiamo lavorando per avere una sinergia strutturale tra Digital Innovation Hub e Competence Center».







 

Ma quali sono i criteri usati per indirizzare l’impresa verso il giusto Cc?

«Dovrebbero indirizzarle sulla base della specializzazione, nel senso che i Dih hanno per loro natura un radicamento territoriale, mentre i Cc hanno una natura nazionale. Quindi in teoria le aziende dovrebbero essere spinte in base alla specializzazione dei Cc. È chiaro che questo rapporto è in evoluzione, nel senso che stiamo in questo periodo lavorando per aumentare le sinergie. Ci siamo già visti tre volte tra il sistema dei digital e il sistema dei competence center per mettere a punto un sistema di regole o quanto meno di conoscenza reciproca che ci consenta di sostenere, di aiutare le imprese a scegliere il posto giusto. Non nego che ci sarà anche un tema forte di contiguità territoriale, nel senso che è evidente che c’è un’opportunità di contiguità territoriale da sfruttare, che verrà sviluppata in alcuni Dih, i quali dunque avranno un rapporto preferenziale con il Cc del territorio, però diciamo che questa non è la regola. L’ecosistema è stato pensato come un sistema di Competence Center di carattere nazionale e un sistema di Digital Innovation Hub che indirizzi le imprese sulla base non tanto della contiguità territoriale, quanto della specializzazione tecnologica o di offerta che i Competence Center possono mettere a disposizione. I Dih nascono con una forte autonomia nei territori, anche perché sono un’emanazione delle sedi territoriali di Confindustria. Però ritenevamo giusto che i Dih territoriali avessero degli elementi comuni, e quindi avessero anche una dimensione di rete nazionale che li caratterizzasse. Per questo abbiamo creato delle strutture centrali, in particolare il Digital Executive Team, che non è altro che l’insieme dei direttori e dei presidenti dei centri Digital territoriali, che mensilmente si riuniscono a Roma o in altre sedi per scambiare buone pratiche o per creare progetti comuni. Per esempio adesso stiamo facendo un progetto comune con Federmanager, grazie al quale abbiamo distribuito dei manager su tutti i centri Digital territoriali. E come rete abbiamo una serie di accordi di collaborazione con aziende multinazionali. Quindi il Digital Executive Team rappresenta la rete dei Dih, e ci consente di dialogare con i Cc, con il governo, con l’Europa come un sistema, che ha delle specificità territoriali che vanno mantenute e valorizzate, ma che ha anche dei tratti comuni – cosa che secondo me ha contribuito al successo della rete».














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