Tra remanufacturing e intelligenza artificiale… tutti i progetti di Afil

di Marco de' Francesco ♦︎ L’Associazione Fabbrica Intelligente Lombardia, presieduta da Diego Andreis, punta tutto sul riciclo di componenti già utilizzati. Che porta vantaggi a produttore, consumatore, occupazione, creando nuovi modelli di business. La Roadmap 2021-2027 per la ricerca e l’innovazione

Come cambierà nei prossimi sette anni il tessuto industriale lombardo, dopo la redazione della Roadmap 2021 – 2027 della Regione per la ricerca e l’innovazione? Che cosa faranno di diverso le aziende del manifatturiero avanzato? Il cluster che sul territorio rappresenta queste imprese si chiama Afil (Associazione Fabbrica Intelligente Lombardia), ed è presieduto da Diego Andreis. Ha definito due pillar, due macro-priorità: l’economia circolare e l’intelligenza artificiale. La prima, declinata in più azioni prioritarie, è stata assunta e fatta propria dalla Regione. Per la seconda, i lavori di definizione delle priorità di ricerca e innovazione è in corso di svolgimento e il passaggio in Giunta avverrà nei prossimi mesi.

L’economia circolare è un sistema volto ad eliminare gli sprechi e il consumo continuo delle risorse. L’idea è che i “rifiuti” di un processo diventino “alimenti” per un altro. In questo modo, una materia trasformata in prodotto trova una seconda vita come sottoprodotto. Inoltre, con la riparazione e il ricondizionamento dei beni si mira ad allungarne la vita operativa. Attualmente, in Lombardia, è diffusa “a isole”. Si tratta di realizzare un circuito chiuso, operativo su tutto il territorio e completo in tutte le fasi di vita del bene. E se ciò avvenisse? La Lombardia è la prima Regione in Italia nel settore delle macchine utensili. I produttori di queste potrebbero servirsi delle loro competenze per realizzare macchinari per lo smontaggio, il “sorting”, la rifabbricazione e il riciclo  di prodotti e apparecchi di vario tipo (ad esempio apparecchiature elettriche ed elettroniche, parti di automobili, batterie, pannelli solari, ecc.) per il recupero dei pezzi ancora funzionanti e di materiali da riciclare; questi vengono riutilizzati da altre aziende per la produzione di un nuovo bene, immesso sul mercato possibilmente  a un prezzo più basso.







Ciò avrebbe un impatto sui locali costruttori di beni, che dipenderebbero meno dalle materie prime: ad esempio dai materiali preziosi e dalle terre rare presenti nelle strumentazioni elettroniche. E che potrebbero operare sulla scorta di nuovi modelli di business: con l’adozione dei principi di non-proprietà e di pay-per-use, resterebbero proprietari del prodotto durante i cicli di utilizzo, e si occuperebbero di manutenzione e del continuo aggiornamento, e potrebbero collezionare i prodotti a fine vita per gestire il le fasi di riciclo e rifabbricazione. Per sopperire alla frequente incompatibilità tra le caratteristiche del manufatto e il processo di smantellamento e riciclaggio, le aziende del territorio – costruttori di beni finiti e quelle addette all’End-Of-Life” – potrebbero adottare un nuovo approccio: il co-design: in pratica il bene viene progettato in modo collettivo, collaborativo, da parte degli ingegneri delle aziende interessate al prodotto e coinvolte nelle diverse fasi della catena del valore. È una forma di progettazione sistemica sostenibile.

Quanto all’intelligenza artificiale, si stanno raccogliendo le priorità settore per settore. Ne abbiamo parlato con Andreis e con il cluster manager di Afil, Giacomo Copani.

 

La Roadmap della Regione Lombardia 2021-2027 per la ricerca e l’innovazione

In vista dello scadere del primo periodo di applicazione 2014-2020, la Regione Lombardia è chiamata a aggiornare la propria Roadmap sulla Ricerca e sull’Innovazione, nel contesto della citata strategia S3, di cui parleremo in un articolo collegato a questo e in modo approfondito. Così, la Regione «ha convocato i suoi 9 cluster, tra cui il nostro» – ha affermato Copani – e ha chiesto loro di definire le priorità di R&I. Attraverso il coinvolgimento degli stakeholder del territorio, Afil ne ha definite due: l’economia circolare e l’intelligenza artificiale.  Quanto alla prima, la Roadmap è già stata approvata dalla Giunta nella seduta del 5 maggio 2020. Quanto alla seconda, sarà presentata all’esecutivo lombardo prima della fine dell’anno in corso.

Priorità di ricerca e campi di applicazione

La Roadmap della Regione Lombardia per la ricerca e l’innovazione: l’economia circolare

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Diego Andreis, managing director di Fluid-o-Tech, presidente del Gruppo Meccatronici di Assolombarda e Vicepresidente di Federmeccanica, presidente di Ceemet e di Afil

L’emergenza Covid ha evidenziato la debolezza delle filiere “lunghe”, globalizzate: anche in fatto di resilienza, delle imprese e di sistema, l’economia circolare può arrecare dei vantaggi. In Italia, l’approccio industriale esiste già, vale 29 miliardi, tra il 2% e il 3% del Pil, e occupa quasi a 200mila persone. La Lombardia, secondo Copani, evidenzia una situazione avanzata, quasi «di frontiera» rispetto al quadro nazionale; «ma a ben vedere, seppure vi siano tante aziende che si occupano della materia, l’economia circolare, in Lombardia, si è realizzata solo ad isole, in territori particolari, e non riguarda l’intera filiera, quella che potrebbe coprire». Il problema è che per essere implementata a dovere, occorre superare una complessità enorme: tutti i passaggi del sistema devono essere collegati e operativi all’unisono, correre alla stessa velocità, senza che nulla sia trascurato. Perché il meccanismo funzioni, bisogna mobilitare e collegare in rete le parti interessate di tutti i settori relativi ad una certa risorsa. Va creato un “circuito chiuso”.  E sono coinvolte tecnologie diverse.

In Lombardia, quella più diffusa è legata al riciclo. Si pensi a quello della plastica, che viene raccolta e triturata per ottenere nuovi contenitori inerti, come bottiglie, taniche, vaschette, barattoli e altro. O alla fibra di vetro, che viene riciclata termicamente, portando la sostanza ad alta temperatura, e quindi liberando la fibra dalla resina che si brucia. Ma una tecnologia di economia circolare è anche il remanufacturing, un nuovo paradigma che cambierà i modelli di business di molti settori, a cominciare da aerospazio, automotive, componentistica, elettronica, mobili. Significa smontare un prodotto o un componente già utilizzato, rimetterlo a nuovo e riportarlo sul mercato. Con vantaggio per: il produttore, che guadagna di più rispetto alla fabbricazione ex novo e può più facilmente accedere a modelli di business 4.0; il consumatore finale, che spende di meno; l’ambiente; l’occupazione. «Non è molto praticato, come d’altra parte il riuso; mentre il riciclo è l’opzione di economia circolare più diffusa» – afferma Copani. C’è da aggiungere una certa incertezza regolamentare: anche la normativa europea non è completa. E così, tutta questa complessità, tutti questi fattori di incertezza fanno sì che non sia semplice per le industrie manifatturiere definire un modello di business vincente: «Non è chiaro a quali condizioni l’economia circolare possa essere profittevole» – sintetizza Copani.

La Roadmap lombarda dovrebbe servire giusto a questo: a chiudere il circuito, prendendo in considerazione tutti i passaggi e tutti gli attori. Per Andreis «l’unico modo per avanzare nell’economia circolare è quello di ragionare in ottica di filiera, che non solo va coinvolta, ma soprattutto va ripensata e riprogettata. Solo in questo modo è possibile ridurre la complessità che la trasformazione comporta. Comunque sia, Afil ha partecipato alla definizione delle priorità specifiche: ora spetta alla Regione allocare le risorse. Va peraltro sottolineato che la Roadmap lombarda, così strutturata, va nella direzione del Green Deal Europeo, il piano d’azione continentale volto a promuovere l’uso efficiente delle risorse, a ripristinare la biodiversità e a ridurre l’inquinamento».

Priorità ricerca e innovazione. L’economia circolare è un sistema volto ad eliminare gli sprechi e il consumo continuo delle risorse. L’idea è che i “rifiuti” di un processo diventino “alimenti” per un altro. In questo modo, una materia trasformata in prodotto trova una seconda vita come sottoprodotto. Inoltre, con la riparazione e il ricondizionamento dei beni si mira ad allungarne la vita operativa

Le priorità della Roadmap in termini di economia circolare

Anzitutto, si prende in considerazione la produzione. Sì, perché, ad esempio, il remanufacturing richiede in partenza che gli oggetti da disassemblare e rimontare siano studiati per questo passaggio. In generale, la sfida è definire nuovi metodi per progettare prodotti dove l’uso di materie prime critiche è limitato, e che sono disegnati per essere facilmente testati, e smontati e rimessi a nuovo sostituendo le parti necessarie; inoltre, i componenti devono essere studiati per essere rigenerati per più cicli di utilizzo e devono a loro volta contenere frazioni significative di materiali riciclabili. Uno dei problemi più grossi che si incontra è quello dell’incompatibilità tra le caratteristiche del manufatto e il processo di smantellamento e riciclaggio. Per questo, avanza un nuovo approccio, quello del co-design: in pratica il bene viene progettato in modo collettivo, collaborativo, da parte degli ingegneri delle aziende interessate al prodotto e coinvolte nelle diverse fasi della catena del valore; na anche in base alle indicazioni del cliente, che ne sarà l’utilizzatore e che pertanto deve accettarlo. L’obiettivo diventa dunque quello di una progettazione sistemica sostenibile. Ma non è un passaggio immediato: anzitutto perché comporta la rivisitazione dei processi, che da una parte devono mirare ad una produzione zero-rifiuti (paradigma che si collega ad un altro, quello “zero difetti”, che non è ancora a portata di mano: nell’automotive, il settore più avanzato da questo punto di vista, resta un “rumore di fondo”, e cioè una difettosità pari a 200 pezzi su un milione; ndr) e dall’altra devono soddisfare i requisiti dei beni così realizzati. E poi perché si tratta di portare ad un più alto livello altre attività collegate: si pensi alla tracciabilità. Anche qui, un modello di acquisizione, storage e sharing di dati relativi al ciclo vita non è stato adeguatamente sviluppato. Siamo ancora in fase embrionale. La Roadmap parte dal principio che la ricerca e l’innovazione debbano focalizzarsi sulla realizzazione di un sistema di piattaforma digitali multisettoriali, operativo sulla scorta di protocolli standardizzati. Da un punto di vista della produzione, assume un particolare rilievo la definizione di adeguati meccanismi di certificazione da applicare a prodotti, componenti e materiali in circolazione all’interno della catena del valore.

Il cluster manager di Afil Giacomo Copani

In secondo luogo, la Roadmap tratta la distribuzione del bene oggetto di economia circolare, che ricomprende la fase che va dal confezionamento alla consegna al consumatore. Attualmente, distribuzione e raccolta post-uso sono considerate due attività ben distinte e separate, spesso gestite da soggetti diversi. L’innovazione e la ricerca dovrebbero portare ad un modello che sincronizza la logistica dei flussi forward e reverse, contribuendo così a ridurre i costi, l’impronta ambientale, e in definitiva aumentando tassi di raccolta del prodotto post-utilizzo per catene del valore circolari più stabili. Si rientra però in quel genere di problematiche poc’anzi affrontate in tema di tracciabilità e di condivisione delle informazioni.

In terzo luogo, la Roadmap si occupa di uso e servizio. In una catena di valore lineare, le dinamiche dei cicli di innovazione del prodotto spingono il consumatore a liberarsi di beni ancora funzionanti e riparabili. La sfida qui è implementare strategie di mercato e servizi innovativi e redditizi che possano estenderne la fase di utilizzo, fornendo attrattiva commerciale ai produttori. Si pensi alla manutenzione predittiva in remoto, in grado di evitare il deterioramento delle funzioni e delle prestazioni del bene. Il passaggio cruciale è quello che prevede una totale mutazione del sistema attualmente diffuso: se fossero adottati i principi di non-proprietà e di pay-per-use, il produttore resterebbe proprietario del bene durante i cicli di utilizzo, e si occuperebbe di manutenzione, rigenerazione, riutilizzo e raccolta, riducendo peraltro il consumo di risorse.

Il quarto punto è la raccolta. La logistica inversa riporta alle questioni già affrontate in tema di distribuzione; ma qui, più che mai, l’attività dovrebbe essere guidata da protocolli dedicati, per migliorare il ritiro dei prodotti e dei rifiuti e per implementare misure di sicurezza efficace nel caso di trasporto di merci pericolose. Ma qual è il momento giusto per ritirare il bene? Lo sapremo quando saranno definiti specifici modelli economico-finanziari.

Il quinto punto si focalizza su Remanufacturing e Riparazioni. Quanto al primo, che abbiamo già citato, può essere d’aiuto l’intelligenza artificiale.  Come decidere se un prodotto è in condizione di essere rigenerato? Se il giudizio è errato, ciò può comportare perdite economiche. Ma se si combinano i dati raccolti durante l’utilizzo con quelli acquisiti durante i test, e si fanno analizzare queste informazioni da speciali algoritmi, la decisione non può che essere più accurata. Sempre in riferimento al Remanufacturing, c’è un altro grosso problema da risolvere: la catena di processo – che contempla fasi  di pulizia, smontaggio, ispezione, ritrattamento e rimontaggio – da una parte è assai complessa da impostare e da gestire, dall’altra non è flessibile, in termini di capacità di trattare prodotti che cambiano nel tempo. Per progettare e gestire nel tempo la migliore “configurazione”, sarebbe opportuno avvalersi di strumenti come i gemelli digitali.   Quanto al tema delle riparazioni, il ricondizionamento delle funzioni del prodotto può essere eseguito anche attraverso processi additivi che forniscono vantaggio della flessibilità nella lavorazione di geometrie a forma libera e della capacità di alimentare differenti materiali.

Il sesto riguarda il Riciclo. Innovazione e ricerca devono concentrarsi sulla possibilità di selezionare a monte i materiali da recuperare, in base alla qualità. Qui si parla di quelli dell’industria edile, dell’automotive, della plastica, tessile, navale, ferroviaria e aerospaziale: grandi masse, che non possono essere tutte riciclate. Bisogna identificare e smontare i materiali chiave del prodotto. Tuttavia, nonostante gli enormi vantaggi in termini di qualità delle frazioni recuperate, lo smontaggio selettivo attualmente è mal attuato essendo più costoso dei tradizionali processi di smantellamento distruttivo. Pertanto occorre sviluppare sistemi di visione per procedere alla selezione dei materiali chiave, e soluzioni tecniche per il macro-smistamento automatizzato dei componenti smontati. Si pensa che la robotica collaborativa possa rivelarsi utile.

Il settimo e ultimo punto riguarda il recupero delle materie prime con sistemi di tipo biologico.  Alcune, come le frazioni organiche dei rifiuti, possono essere convertite in energia. Ma come si possono estrarre, in modo redditizio? Occorre puntare sulle biotecnologie industriali: sono in grado di generare valore da ciò che è considerato inutile (per esempio, CO2 o acque reflue), trasformando i rifiuti in una risorsa, secondo i principi dell’economia circolare.

 

L’impatto della Roadmap sull’economia circolare sul tessuto industriale lombardo

Come diventerebbe il tessuto industriale lombardo, se “si chiudesse il circuito” e l’economia circolare diventasse una pratica diffusa ed avanzata? I cambiamenti sarebbero profondi. Basti pensare che attualmente la filiera presenta vaste lacune, che potrebbero essere coperte da nuove attività, da nuove industrie. Ma, secondo Copani, c’è un settore che potrebbe essere particolarmente interessato: quello dell’industria dei macchinari.  L’anno scorso la produzione italiana si è attestata a 6,4 miliardi di euro; il Belpaese è il quarto costruttore mondiale ed è il terzo per esportazioni, pari a 3,5 miliardi: vanno all’estero il 55,6% delle macchine realizzate in Italia. Queste macchine sono quelle adatte a mutare le dimensioni, la forma, la finitura superficiale dei pezzi meccanici, ad esempio con l’asportazione selettiva.  Ce ne sono di tipo diverso: tornitrici, fresatrici, trapanatrici, alesatrici, dentatrici, filettatrici, rettificatrici, molatrici affilatrici e superfinitrici. Il settore è stato interessato da un’automazione sempre più consistente. Ecco, la Lombardia ha contribuito per il 38% al fatturato totale nazionale di comparto. È senz’altro la Regione più importante del Belpaese.

«C’è una grande cultura nella lavorazione dei materiali, metallici in particolare. E c’è spinta verso l’innovazione, peraltro stimolata negli ultimi anni dal piano Industria 4.0 e dalle successive normative» – afferma Copani. Queste aziende potrebbero essere interessate al demanufacturing. Per Andreis «tutte le imprese della manifattura sono tenute ad interrogarsi in tema di economia circolare e in particolar modo di demanufacturing, per capire che cosa fare e come farlo. Prime fra tutte quelle che costruiscono impianti, e macchine da lavoro, perché possono immaginare, a causa della loro esperienza, nuove modalità costruttive e di smontaggio. C’è anche la necessità di affrettare il passo, perché sarebbe davvero un peccato stare a guardare una rivoluzione che a livello continentale potrebbe segnare una svolta nell’economia». Per Copani «la Lombardia potrebbe diventare leader nella realizzazione di macchine per il disassemblaggio, per il testing, per la rifabbricazione e per la separazione dei materiali. Le competenze di base ci sono». Peraltro, si legge nella Roadmap che la crescente attenzione alla sicurezza e all’ergonomia richiede innovazione nella progettazione dei processi di smontaggio; e sono necessarie nuove soluzioni tecniche e forme di automazione ibrida (uomo-macchina)  per una maggiore flessibilità ed efficienza. Le macchine dovrebbero essere costruite alla luce di queste raccomandazioni. Parallelamente, i costruttori di beni dipenderebbero meno dalle materie prime: ad esempio dai materiali preziosi e dalle terre rare presenti nelle strumentazioni elettroniche. E potrebbero operare sulla scorta di nuovi modelli di business: quello di fornire ai consumatori un prodotto costantemente aggiornato, così come previsto dalla Roadmap in tema di uso e servizio.

Value chain model economia circolare.

La Roadmap della Regione Lombardia per la ricerca e l’innovazione: l’intelligenza artificiale

Come si è detto, la parte sul secondo pillar, l’intelligenza artificiale, non è ancora pronta. Tuttavia, ricorda Copani, «per la sua realizzazione si è creato un gruppo partecipato e coeso, che riguarda soggetti diversi come Afil, il Politecnico di Milano, il Digital Innovation Hub Lombardia, il Competence Center Made, e il Jrc della Commissione Europea e diverse aziende. È stata definita una metodologia, un modo di procedere “verticale”: stiamo raccogliendo le priorità legate all’intelligenza artificiale nei vari settori, che hanno peculiarità applicative diverse. Ora si tratta di mettere tutto insieme».














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