Arca Economia Reale: puntiamo sull’industria

di Luigi Dell’Olio ♦ Arca Economia Reale è il primo fondo di investimento specializzato sull’industria italiana. In questa intervista, la sua visione strategica, le prossime mosse e le istruzioni per chi vuole investire.

 “La lunga crisi e l’evoluzione normativa a livello europeo hanno fatto emergere in maniera drammatica il problema della sottocapitalizzazione diffusa tra le aziende italiane. In questo scenario non c’è altra strada che ridurre l’esposizione verso il debito bancario e puntare sul mercato dei capitali, per raccogliere anche capitale di rischio”. Marco Vicinanza, vice direttore generale di Arca sgr, non è pessimista sulle prospettive dell’economia italiana, che vede in ripresa, seppur lenta. Ma avverte sull’importanza di cambiare rotta rispetto alle abitudini consolidate per non restare indietro rispetto ad altri Paesi. Il grande popolo delle piccole e medie imprese manifatturiere italiane, insomma, deve aprirsi al mercato dei capitali. Arca crede che questo auspicio, in circolazione da almeno vent’anni, per dire la verità, presto si trasformerà in realtà. Per questo motivo, nel 2015 ha lanciato Arca Economia reale equity Italia, il primo fondo aperto italiano a specializzarsi su questi mercati.

Il Fondo Arca Economia Reale Equity Italia fa parte di una nuova gamma di prodotti dedicati al sostegno del sistema Italia. Si pone come obiettivo la valorizzazione delle aziende di piccole e medie dimensioni con elevate prospettive di sviluppo, ma anche di incidere sul sistema competitivo del Paese mediante la realizzazione di opere infrastrutturali e produzione energetica da fonti rinnovabili. Ha un gemello, il Fondo Arca Economia Reale Bond Italia, che investe sui bond di queste imprese (anche, ma non solo minibond) ma che è chiuso al retail.







Marco Vicinanza (Arca)
Marco Vicinanza (Arca)

Domanda. Dottor Vicinanza, la vostra Sgr ha lanciato lo scorso anno il fondo Arca Economia Reale. Perché avete scelto di andare in controtendenza rispetto a un mercato che tende a privilegiare il focus finanziario?

Risposta. Partiamo da un dato di fatto: ci sono tante aziende italiane che hanno saputo resistere anche nelle fasi più dure della crisi e durante questo periodo hanno saputo ristrutturarsi per ridurre i costi e recuperare valore. Penso non solo ai segmenti tradizionali del made in Italy, ma anche al manifatturiero, che oggi può contare su numerose realtà d’eccellenza a livello mondiale. E ve ne sono altre che possono ambire a questi risultati se sapranno cavalcare i trend emergenti.

D. A che cosa si riferisce in particolare?

R. Ci sono nuovi mercati da conquistare, soprattutto tra i Paesi emergenti, c’è una ripresa che sta prendendo piede a livello internazionale. Di certo non si può affrontare questo contesto se si è a corto di capitale.

D. E se le banche chiudono i cordoni della borsa…

R. Questo è uno scenario con il quale dobbiamo abituarci a convivere dato che non è legato solo all’enorme massa di sofferenze accumulate dagli istituti di credito italiani. La regolamentazione europea, in primis la struttura della vigilanza, evolvono in direzione di penalizzare sempre più le banche che prestano ad aziende poco capitalizzate. E l’Italia, su questo fronte, è indietro rispetto a tutte le altre economie continentali

D. Ma il mercato finanziario italiano non sembra molto ricettivo verso le piccole e medie imprese. I minibond stanno prendendo piede solo negli ultimi mesi e hanno costi molto elevati. Mentre l’Aimregistra scambi contenuti. Che cosa fare allora?

R. Occorre puntare con maggiore decisione sul mercato dei capitali, compreso quello del rischio. Sul listino di Piazza Affari ci sono numerosi titoli che hanno performato bene negli ultimi anni e altre che hanno un potenziale di crescita Il nostro fondo punta su realtà con queste caratteristiche, che in buona parte sono quotate allo Star, anche se non mancano casi interessanti anche all’Aim.

D. I titoli più rappresentati in portafoglio sono Brembo, Interpump e Marr: dunque l’industria e il food sono in cima alle vostre preferenze?

R. Scegliamo i titoli in base al potenziale di sviluppo delle società. Brembo e Interpump hanno saputo ritagliarsi un ruolo di leadership a livello mondiale, rispettivamente nel settore dei freni per auto e a pistoni professionali ad alta pressione. Un posizionamento che consente loro di tenere alti i margini rispetto alla concorrenza. Marr, che si occupa di commercio all’ingrosso di prodotti alimentari destinati al settore della ristorazione, ha come principale mercato di riferimento l’Italia e ci piace perché è una scommessa sulla ripresa dei consumi interni.

D. Il vostro fondo prevede un importo minimo di sottoscrizione di 10mila euro e un periodo di investimento raccomandato di otto anni. Possiamo definirlo un prodotto a metà strada tra i fondi retail e quelli per la clientela private?

R. La tipologia di aziende che entrano nel nostro portafoglio è esposta alla volatilità tipica del mercato azionario. Quindi si tratta di un prodotto adatto a chi ha un orizzonte di investimento a medio-lungo termine, non certo a chi punta a fare trading spinto. L’economia reale ha bisogno di capitali pazienti per crescere. Per questa ragione abbiamo deciso di limitare l’ammontare di riscatti mensili a un massimo del 2,5% del Nav, evitando quindi rischi di destabilizzazione. Quanto alle commissioni di sottoscrizione, non remunerano il nostro lavoro, ma quello dei collocatori, e in molti casi sono applicate per importi inferiori o non applicate.














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