Industrie italiane, investite in Arabia Saudita! Focus su automotive, rinnovabili, petrolchimico

di Marco de' Francesco ♦︎ Competenze industriali e di servizi: è questo che possono offrire le aziende italiane nell’ambito del Saudi Vision. Automotive: elettrico di alta gamma. I casi Ceer, Lucid Motors, Pirelli. Rinnovabili e petrolchimica: nuovo mix energetico. I casi Italmatch, Versalis, Neom Green Hydrogen Company, Sabic, Alfanar Projects. Le opportunità per la filiera dell’idrogeno

Da una parte, produttori di cerchi in lega, di pneumatici, di compressori, di finitrici stradali, di radiatori, di cuscinetti a sfera, di cinture, di ganasce e di freni a disco. Dall’altra, montatori di condensatori solari, assemblatori di celle fotovoltaiche e di isolatori elettrici, costruttori di impianti green, Esco e aziende esperte in chimica di base e petrolchimica. Sono solo alcuni esempi delle chance di sviluppo internazionale e commerciale che le aziende italiane possono esplorare solo considerando tre settori del progetto Saudi Vision 2030: l’automotive, le rinnovabili e il petrolchimico. Il piano è più vasto, e riguarda 68 comparti economici e industriali; ma in questo articolo ci focalizziamo su quelli citati. In un articolo pubblicato qualche giorno fa e reperibile QUI avevamo approfondito in modo generale le varie opportunità e il progetto. Adesso ci concentriamo, appunto, su automotive, rinnovabili e petrolchimico.

Ma cos’è esattamente il progetto Saudi Vision 2030? Si tratta di un ambizioso piano promosso da Riyad che mira a una trasformazione economica e sociale di ampia portata. Nonostante il mantenimento dell’importanza del settore petrolifero e del gas, dai quali lo Stato ha tratto entrate per molti anni, l’obiettivo principale ora è orientato verso l’economia di mercato lontana dal modello dirigista statale, l’accelerazione dell’industrializzazione, la creazione di imponenti Smart City, lo sviluppo nei settori farmaceutico e delle biotecnologie, l’impulso alla chimica e ai servizi finanziari, la promozione dell’energia eolica e fotovoltaica, l’investimento nell’industria mineraria e metallurgica, il potenziamento del turismo e dei sistemi di trasporto, l’istituzione di reti logistiche internazionali e la costruzione di impianti militari e infrastrutture portuali. Riyad intende cavalcare le frontiere dello sviluppo economico. L’ammontare degli investimenti supera largamente i 500 miliardi di dollari.







In questo contesto, le aziende italiane hanno l’enorme opportunità di contribuire apportando le loro competenze industriali e di servizi. Infatti il ministro degli Investimenti saudita (Misa) Khalid Al-Falih afferma che rileva «l’eccellenza che le aziende italiane possono portare in Arabia; e non soltanto con le tre F, Food, Fashion e Forniture; ma anche con la quarta F, quella di Factory: e quindi tecnologia e innovazione». E Khalid Al-Falih è una figura di grande rilievo nel suo Paese: è un esponente della seconda linea di comando, subito dopo il premier e principe ereditario Mohammed bin Salman. Nei fatti, è l’attuatore del programma Saudi Vision 2030.

Il premier e principe ereditario dell’Arabia Saudita Mohammed Bin Salman

Quanto all’automotive, le richieste di trasporto in Arabia Saudita continuano a crescere costantemente, con una rete stradale che si estende per oltre 200mila chilometri e collega le diverse città del paese. Grazie a queste caratteristiche, il Regno si posiziona come il più grande mercato automobilistico del Golfo e rappresenta una significativa quota, pari al 50-60%, delle vendite regionali di veicoli. Sulla scorta di ciò, In Arabia si sta realizzando il carmaker locale, Ceer, e si punta sulla fabbricazione di auto elettriche di alta gamma. Solo che, ovviamente, occorre dar vita ad una forte supply chain di cui, ovviamente, il Regno non dispone. Di qui le tante chance per le imprese tricolori. Pirelli ha già un piede nel Regno; ma serve tutto il resto.

Ovviamente, tra i settori che presentano le maggiori opportunità per le nostre imprese, le rinnovabili e il petrolchimico. Quanto al primo, Riyad intende anzitutto sfruttare i vantaggi derivanti dalla propria posizione geografica per dar vita ad un nuovo mix energetico: migliaia di ore di sole, il vento e il costo nullo dei terreni. Oggi la produzione di energia green è quasi trascurabile; tuttavia, l’Arabia Saudita ha fissato un obiettivo di 27,3 GW entro il 2024 e 58,7 GW entro il 2030. Ed è qui che potrebbero inserirsi i produttori del Belpaese, che hanno già sviluppato considerevoli competenze. Ma, per Riyad, le rinnovabili sono collegate alla chimica. Come? Parte dell’energia prodotta sarà utilizzata per dar vita ad idrogeno e ammoniaca verdi. L’Arabia Saudita è uno dei maggiori produttori chimici al mondo e contribuisce con circa il 10% alla produzione globale: vuol fare un ulteriore balzo in avanti con la generazione di questi elementi di base. Che sono però destinati all’esportazione: l’idea italiana è di creare un hub europeo nel Belpaese, sfruttando la propria posizione strategica di collegamento nel Mediterraneo, per mettere in moto un insieme di attività. Ovviamente, nel campo petrochimico vero e proprio, le chance sono innumerevoli. 

L’articolo prende spunto da due tavole rotonde tenute nel contesto del Forum Italo-Saudita sugli Investimenti, iniziativa organizzata a Milano da Mimit e Misa, in collaborazione con Assolombarda, Confindustria, Ice e The European House Ambrosetti. A quella sull’automotive hanno partecipato il Cfo di Ceer Joerg Schuessler, la direttrice dell’international policy and public affairs di Lucid Anna Bakola, il Ceo di Pirelli Andrea Casaluci, l’executive VP policies, study and innovation del Nidc Mohammed AlShaie, e la vice presidente per l’internazionalizzazione di Confindustria Barbara Beltrame Giacomello. A quella sull’energia pulita e sulla petrolchimica hanno invece partecipato il Ceo di Italmatch Chemicals Sergio Iorio, il Ceo di Versalis Adriano Alfani, il Ceo di Acwa Power Marco Arcelli, l’Esg Executive Director di Sabic Mustafa AlShehri, il Chief Investment Officer di Alfanar Projects Mishal Almutlaq, e il presidente dell’Enea Gilberto Dialuce.

Target della strategia nazionale degli investimenti

Le chance per le aziende italiane nel settore che non ti aspetti, l’automotive

Tra i tanti comparti indicati nel macrosettore Industria di Invest Saudi (https://investsaudi.sa/en/login), il portale a disposizione delle imprese estere per realizzare investimenti nel Regno, c’è anche l’automotive. Ad esempio, tra le opportunità segnalate, una che si riferisce agli “alloy-wheel”, e cioè ai cerchi in lega: si intende realizzare un impianto di produzione con un investimento di 16,7 milioni di dollari con una capacità di un milione e 200mila unità e 267 posti di lavoro; un’altra che si riferisce ai compressori per auto: si tratta di dar vita ad uno stabilimento di fabbricazione e di assemblaggio, con un investimento tra i 15,7 e i 16,3 milioni di dollari, e con una capacità di 100mila unità.

In ambito automotive, tra le opportunità segnalate, una si riferisce agli “alloy-wheel”, e cioè ai cerchi in lega: si intende realizzare un impianto di produzione con un investimento di 16,7 milioni di dollari con una capacità di un milione e 200mila unità e 267 posti di lavoro

 

  1. Ceer: anche l’Arabia Saudita ha il suo carmaker

Ceer è il primo marchio saudita di veicoli elettrici. L’azienda progetterà, produrrà e venderà un’ampia gamma di veicoli per i consumatori in Arabia Saudita e nella regione, e cercherà di innescare e accelerare la creazione di un’industria automobilistica nazionale nel paese. Immagine presa dal sito ceermotors.com

Si accennava a Ceer, il primo carmaker saudita: i veicoli elettrici a batteria saranno disponibili nel 2025. Secondo programma, Ceer attirerà oltre 150 milioni di dollari in investimenti esteri diretti, e creerà 30mila posti di lavoro: si stima che la società contribuirà con otto miliardi di dollari al Pil del Regno entro il 2034. Tempo fa, il principe ereditario e primo ministro Mohammad Bin Salman Bin Abdulaziz aveva affermato: «Non stiamo solo costruendo un nuovo marchio automobilistico, stiamo dando vita ad una nuova industria e ad un ecosistema». Ora il Cfo di Ceer Joerg Schuessler afferma che «grazie all’accordo di licenza per la tecnologia della piattaforma per veicoli elettrici di Bmw, avremo un ciclo di sviluppo accelerato e un time-to-market molto rapido. Tra i nostri partner, anche Foxconn, la multinazionale taiwanese di componenti elettrici ed elettronici». Foxconn, va ricordato, ha raggiunto notorietà mondiale per la sua attività in outsourcing per conto di Apple.

 

 

 

Ceer: Driving The Future

Ceer è il primo carmaker saudita: i veicoli elettrici a batteria saranno disponibili nel 2025. Secondo programma, Ceer attirerà oltre 150 milioni di dollari in investimenti esteri diretti, e creerà 30mila posti di lavoro: si stima che la società contribuirà con otto miliardi di dollari al Pil del Regno entro il 2034.

  1. Nel Regno sbarca l’americana Lucid Motors

Lucid costruisce auto green a batteria di alta gamma

Il motto di Lucid Motors è «Progettato in California. Assemblato in Arizona». Quanto alla proprietà, però, il 60,46% è ad oggi di Pif, il fondo di investimento pubblico saudita – quello da 620 miliardi di dollari che dovrebbe contribuire con 320 miliardi al Pil non petrolifero grazie alle sue società in portafoglio e creare 1,8 milioni di nuovi posti di lavoro entro il 2025. Lucid costruisce auto green a batteria di alta gamma: ad esempio il modello Sapphire, 1.234 cavalli, da 0 a 60 miglia all’ora in 1,89 secondi, 205 miglia di velocità massima, e 427 miglia di percorrenza con una ricarica, costa 249mila dollari. Tanti soldi: ma nel Regno non mancano. Naturalmente, l’idea del principe Mohammad Bin Salman non è quella di produrre solo negli Usa. Così, afferma la direttrice dell’international policy and public affairs di Lucid Anna Bakola «il nostro primo impianto di produzione è in Arizona e il secondo in Arabia Saudita e sarà operativo alla fine di questo mese». Riyad, d’altra parte, ha concordato con Lucid di acquistare fino a 100mila veicoli nel prossimo decennio; e Pif ha investito nel progetto 3,6 miliardi di dollari dal 2018.

 

  1. Pirelli rafforza la sua presenza nel Golfo

Il Ceo di Pirelli Andrea Casaluci

«Ci sono grandi opportunità per Pirelli nel Regno» – afferma il Ceo di Pirelli Andrea Casaluci. Pirelli, fra i più importanti produttori mondiali di pneumatici al mondo insieme a Bridgestone, Michelin, Continental, Goodyear, Sumitomo e Hankook, «è presente da 20 anni in Arabia Saudita, sia con il partner locale Petronim, che con gli uffici di Jedda». Ma dove sono le chance nel Regno per multinazionale milanese (controllata da ChemChina)? «Anzitutto – afferma Casaluci – nel fatto che il parco macchine saudita è destinato ad aumentare: attualmente conta 11 milioni di auto; ma c’è un piano chiaro di sviluppo per la produzione locale, con l’obiettivo di arrivare a 300mila auto realizzate entro il 2026, pari al 40% dell’offerta in loco. E in secondo luogo nella circostanza che si intendono costruire macchine esclusivamente elettriche e del segmento premium, come nel caso di Ceer», e cioè quei veicoli che richiedono pneumatici sofisticati e di maggior pregio. «Tutto ciò, peraltro, si incrocia con la missione di Pirelli, che è quella che è diretta alla sostenibilità. Dunque sì, le chance ci sono eccome, per noi» – termina Casaluci.

 

  1. Convergenza di interessi italo-saudita in materia di automotive

Interno stabilimento Pirelli. Photo credits pirelli.com

«Stiamo organizzando, per i prossimi mesi, il Supplier Day del settore automobilistico: credo che sia una grande opportunità per i fornitori italiani, che potranno esplorare nuove chance di investimento» – afferma Mohammed AlShaie executive VP policies, study and innovation del Nidc, il centro nazionale per lo sviluppo industriale, che guida l’evoluzione dell’Arabia Saudita in questi settori: operazioni minerarie, desalinizzazione e pezzi di ricambio energetici, prodotti chimici, industrie farmaceutiche, biotecnologia e ovviamente automotive. Per AlShaie «gli ultimi tre anni sono stati particolarmente intensi per il comparto delle quattro ruote, con la localizzazione di Lucid e Ceer. D’altra parte il programma saudita è in esecuzione. L’Arabia Saudita rappresenta il 6% del mercato del Gcc. È situata in un’ottima posizione globale per l’esportazione. Ora ci stiamo muovendo verso una seconda fase che riguarda lo sviluppo di tutta la catena del valore: con investimenti nella produzione, nella ricerca e sviluppo, nella progettazione e ingegneria, nel mercato post-vendita. Soprattutto, siamo interessati a realizzare una catena di fornitura completa». In tutto ciò, l’Italia può fornire componenti e tecnologie per la componentistica. Ma non solo. «Le esportazioni nazionali di macchinari ammontano attualmente a 28 miliardi: ma il potenziale è molto importante» – afferma il presidente dell’Enea Gilberto Dialuce.

 

Grandi potenzialità nell’energia pulita e nella petrolchimica

In Invest Saudi si reperiscono in questi due campi molteplici opportunità: ad esempio, in tema di energia pulita, “Manufacturing Plant For Solar Pv Cells”. Si tratta di realizzare un impianto manifatturiero per la produzione di celle solari fotovoltaiche. E quindi il processo riguarda il taglio di lingotti di cristallo per i wafer, la squadratura e l’affettatura); e la conversione in celle, con incisione, diffusione, colorazione e stampa. Si prevede che il mercato delle celle solari fotovoltaiche in Arabia Saudita crescerà da 89 milioni di dollari nel 2019 fino a raggiungere 990 milioni di dollari entro il 2030. Ciò equivale a una previsione cumulativa stimata per il 2019-2030 di 11.880 milioni di dollari. In tema di petrolchimica, in Invest Saudi è segnalata ad esempio la “Aromatic Hydrocarbon Resins”. In pratica, si tratta di creare un impianto di produzione di resine di idrocarburi aromatici in Arabia Saudita per soddisfare la domanda regionale e globale.

In tema di petrolchimica, in Invest Saudi è segnalata ad esempio la “Aromatic Hydrocarbon Resins”. In pratica, si tratta di creare un impianto di produzione di resine di idrocarburi aromatici in Arabia Saudita per soddisfare la domanda regionale e globale
  1. La chimica green di Italmatch

Il Ceo di Italmatch Chemicals Sergio Iorio

Nella faretra di Italmatch Chemicals ci sono frecce sia per l’energia pulita che per la chimica. L’azienda, nata nel 1997 con una management buyout dalla storica impresa di fiammiferi S.a.f.f.a. (ne abbiamo parlato qui) e oggi di proprietà del fondo americano Bain Capital assieme al management, è nota a livello globale per le applicazioni industriali del fosforo: ad esempio, gli additivi ritardanti di fiamma o quelli per ottimizzare le prestazioni dei lubrificanti, le soluzioni per migliorare il flusso delle acque o quelle per il petrolio e il gas. Tuttavia l’azienda intende cogliere le considerevoli possibilità del “trend green”, puntando sullo sviluppo di applicazioni sostenibili e circolari. «Ad esempio, focalizzandosi sulla realizzazione di particolari elettroliti per batterie a base solida (tecnologia futura) destinate ai veicoli green, più sicure e con più carica; ancora, sull’estrazione del fosforo bianco dai rifiuti solidi urbani o su quella di importanti e costosi metalli dalle batterie esauste. Ma anche su nuove sostanze eco-compatibili in grado di sigillare i pozzi petroliferi o di stabilizzare le isole flottanti per i parchi eolici» – afferma il Ceo di Italmatch Chemicals Sergio Iorio. Secondo il Ceo «l’impegno e la presenza di Italmatch risale a sei o sette anni fa, e quindi a prima di Saudi Vision 2030: si trattava di estrarre fosfato per produrre fosforo da convertire in elettricità. Una volta entrato in vigore il piano saudita, i ministeri competenti ci hanno chiesto di realizzare una completa catena del valore, con un progetto che prevede un investimento di 300 milioni di dollari».

 

  1. La chimica circolare e sostenibile di Versalis

Il Ceo di Versalis Adriano Alfani

Anche Versalis incrocia sia la chimica che il green. Versalis è un’azienda chimica di Eni. In quanto tale si occupa, a livello internazionale, di elementi di base, di intermedi, di materie plastiche e di gomme; ma anche di chimica da fonti rinnovabili, diventata particolarmente rilevante dopo l’acquisizione di Novamont, l’azienda fondata Katia Bastioli, leader nella produzione di biopolimeri per creare oggetti in plastica riciclabili, compostabili e ad impatto ambientale quasi zero. «Quest’ultimo è un tema che stiamo già affrontando, anche grazie alle nostre conoscenze di processo» – afferma il Ceo di Versalis Adriano Alfani. L’obiettivo di partire da fonti alternative per offrire prodotti decarbonizzati. Questa attività è svolta negli stabilimenti di Crescentino, Porto Torres, e nei Centri di Ricerca di Novara e Rivalta Scrivia. «Stiamo allargando questo impegno anche ad altri prodotti chimici, ma dobbiamo essere sicuri che la tecnologia funzioni in modo efficiente. Dunque monitoriamo l’intensità energetica e la riduzione del consumo unitario; e stiamo puntando in modo molto sostenuto sugli sviluppi tecnologici e sull’innovazione» – continua Alfani. Versalis è anche operativa nel riciclo dei polimeri. Quanto all’Arabia Saudita, «Versalis ha firmato un protocollo di intesa con Aramco per operare insieme su una soluzione di trasformazione digitale, e di abilitare un’economia net-zero su una piattaforma intelligente; e proprio oggi ne ha firmato un altro con Acwa per lavorare su idrogeno e ammoniaca verde» – termina Alfani.

 

  1. Intanto l’Arabia Saudita produrrà idrogeno e ammoniaca verdi

Il Ceo di Acwa Power Marco Arcelli

Neom Green Hydrogen Company è una joint venture paritetica tra la citata Acwa Power, Air Products e Neom, supportata da 23 banche e società di investimento locali, regionali e internazionali che hanno raccolto, per l’operazione, 8,4 miliardi di dollari. La mega centrale di Nghc integrerà fino a 4 GW di energia solare ed eolica per produrre fino a 600 tonnellate al giorno di idrogeno senza emissioni di carbonio entro la fine del 2026, sotto forma di l’ammoniaca verde come soluzione economicamente vantaggiosa per i settori dei trasporti e dell’industria a livello globale. L’impianto è attualmente in costruzione a Oxagon. «Personalmente, sono sempre stato scettico sull’idrogeno verde: l’ho sempre considerata una soluzione troppo costosa. Ma poi qui, in Arabia, ho constatato che i costi di produzione sono molto inferiori. Il motivo? Qui ci sono 3.500 ore di sole all’anno, molto vento, e grandissime estensioni di terra. C’è pure l’acqua, dal momento che l’otteniamo dal mare. Infatti, noi siamo, in quanto Acwa, un importante player globale della desalinizzazione. In questo campo siamo talmente avanzati che la spesa è dell’80% inferiore rispetto a dieci anni fa» – afferma Marco Arcelli, il Ceo di Acwa Power. In effetti questa società, che ha sede a Riyad, dispone di un importante portafoglio di impianti di generazione di energia e di produzione di acqua desalinizzata con una presenza in 12 paesi in Medio Oriente, Africa, Asia centrale e sud-orientale.

 

  1. La linea verde della Sabic

La Sabic è la più grande impresa pubblica del Medio Oriente e dell’Arabia Saudita quotata a Tadawul. Il 70% delle azioni di Sabic è di proprietà di Saudi Aramco

«Stiamo sostenendo il governo dell’Arabia Saudita nel raggiungimento degli accordi di Parigi, quelli per il contenimento del riscaldamento climatico. Decarbonizzando l’azienda, aiutiamo il Regno a farlo» – afferma l’Esg Executive Director di Sabic Mustafa AlShehri. Ma come può una singola impresa influire sulle sorti del Paese? Il fatto è che la Sabic è la più grande impresa pubblica del Medio Oriente e dell’Arabia Saudita quotata a Tadawul. Il 70% delle azioni di Sabic è di proprietà di Saudi Aramco. È attiva nel settore petrolchimico, chimico, dei polimeri industriali, fertilizzanti e metalli. Non è noto ma il Regno, mettendo insieme capitali sauditi e competenze per lo più europee, è diventato una potenza della chimica. «Abbiamo approvato la nostra strategia ecologica nel 2018. Si punta sull’efficienza energetica, sull’elettrificazione, sulle rinnovabili, sull’idrogeno e altro. Già tra il 2010 e il 2018, siamo riusciti a ridurre la nostra intensità energetica di quasi il 15%. E questa politica riguarda ora anche i territori esteri nei quali operiamo: il nostro impianto di policarbonato a Cartagena, in Spagna, sarà il primo ad operare grazie alle sole rinnovabili, entro il 2024. Naturalmente, puntiamo anche sugli sviluppi della tecnologia, ma questo fa parte del nostro Dna».

 

  1. Alfanar Project, la multinazionale dell’ingegneria che si espande all’estero puntando sull’efficienza

Il Chief Investment Officer di Alfanar Projects Mishal Almutlaq

«Abbiamo installato più di 6 milioni di contatori intelligenti in tutto il mondo, e questo è risultato molto importante: se un elettrone o un kw viene risparmiato, questo ci aiuta davvero molto, sia in termini di efficienza che di ritorno di capitale» – afferma Mishal Almutlaq, il Chief Investment Officer di Alfanar Projects, la società di ingegneria saudita ma di rilievo globale attiva in diversi settori: linee di alta e altissima tensione; impianti di desalinizzazione; soluzioni di healthcare, controllo digitale di processo nella petrolchimica; rinnovabili; infrastrutture green e smart city; acciaio strutturale e soluzioni digitali per l’industria. «Stiamo affrontando positivamente la sfida di realizzare reti con una penetrazione di rinnovabili superiore al 30%-40%, cosa molto complessa a causa della grande oscillazione nella generazione di energia. Siamo presenti da anni sia in Italia che in Spagna, e anzi in questi due Paesi abbiamo progetti importanti sul solare». Ma soprattutto, per Almutlaq si tratta di «sviluppare, nei settori di cui ci occupiamo, una catena di fornitura a livello globale». E qui che ci potrebbero essere molte chance per le aziende italiane.

 

  1. Grandi potenzialità per le imprese del Belpaese secondo l’Enea

Le occasioni per le aziende italiane sono ad esempio nel solare, con il grande potenziale di produzione di energia rinnovabile a basso costo. Ma il citato impegno dell’Arabia Saudita di diventare un player globale per l’idrogeno e l’ammoniaca green apre altri spiragli. «Queste sostanze saranno senz’altro esportate, e l’Italia, grazie alla sua particolare posizione geografica, può rappresentare l’Hub europeo in questo campo. Il Belpaese, peraltro, sta sviluppando la propria infrastruttura; e questo significa investire molto nella filiera, nelle tecnologie e in nuove applicazioni. Insomma, tutto questo dovrebbe riguardare non soltanto le grandi aziende, ma anche le Pmi, nel contesto di partnership internazionali» – afferma il presidente dell’Enea Gilberto Dialuce.

 

Neom: la scommessa da 500 miliardi di dollari dell’Arabia Saudita per costruire una città futuristica nel deserto

Neom è una città futuristica e zona economica speciale da realizzare nell’Arabia Saudita settentrionale. Il nome deriva dalla combinazione delle parole “nuova” (new) ed “Arabia” (Arabia), sottolineando l’aspirazione di creare una nuova e innovativa destinazione economica e urbana

[Ripubblicazione dell’articolo del 12 settembre 2023]














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