Altopack porta l’automazione all’estremo: un robot umanoide per affiancare gli umani. E…

di Alberto Falchi ♦︎ L'azienda toscana, 20 milioni di fatturato, punta a conquistare il settore delle macchine per il packaging alimentare con soluzioni innovative come la sigillatura a ultrasuoni. Insieme alla norvegese Halodi Robotics ha creato lo spin-off cyborg-line con un obiettivo preciso; completare l'anello mancante dell'automazione. Come? Con un robot antropomorfo che si occuperà dei lavori più faticosi e privi di valore aggiunto. Apprenderà costantemente nuove operazioni e nel tempo libero si occuperà della manutenzione. Il focus sulla sostenibilità economica e il concetto di Robot-As-a-Service. Il cfo Matteo Piras ci parla di tutte le novità

Il robot antropomorfo di Cyborg-Line, spin-off di Altopack

Negli stabilimenti di Altopack si aggira un nuovo dipendente: è instancabile, sempre presente, apprende molto velocemente e ha un volto sorridente ma allo stesso tempo un po’ inquietante. La sua caratteristica principale è quella di non essere umano: si tratta di un robot umanoide, sviluppato da Cyborg Line, spin-off di Altopack, in collaborazione con la norvegese Halodi Robotics. Un investimento fortemente voluto dall’azienda specializzata nel settore del packaging alimentare, che vuole portare all’estremo l’automazione facendo svolgere alle macchine anche compiti oggi svolti dagli umani, in particolare il caricamento di consumabili.

AltoPack, 20 milioni di fatturato e 40 dipendenti, è una realtà nata nel 2000 in Toscana che progetta e produce macchinari per il confezionamento e per il cartonaggio, specialmente di pasta e riso, destinati al mercato globale. Un settore dove al suo ingresso non mancavano certo grandi player con cui misurarsi. Come poteva una nuova realtà competere con questi colossi? «Sarebbe stato sciocco metterci in competizione sul prezzo, quindi abbiamo deciso di puntare sulla tecnologia», afferma Matteo Piras, amministratore unico di Cyborg Line e cfo di Gruppo Altopack, sottolineando come in 20 anni l’azienda abbia depositato circa 40 brevetti. Merito anche degli investimenti in R&S, che rappresentano il 4% del fatturato.







Il portafoglio di Altopack include macchinari per il packaging di pasta, riso, farina, cous cous, snack, dolci, surgelati, ma anche sementi e cibo per gli animali domestici ed è composto da macchine confezionatrici, cartonatrici, fardellatrici e anche da linee complete per il packaging, che possono essere personalizzate sulla base delle esigenze del cliente. L’azienda lo segue a partire dalle fasi preliminari, gli studi di fattibilità, occupandosi anche dell’ingegnerizzazione, dell’installazione e della manutenzione post vendita.

I brevetti e le tecnologie di Altopack

Macchina astucciatrice della gamma Apl di AltoPack

Come già detto, Altopack ha deciso di puntare sull’innovazione per ritagliarsi un suo spazio in un mercato molto competitivo. Il primo brevetto risale al 2000, ed è relativo a una dosatrice. Tre anni dopo è stato brevettato un packaging con doppio fondo quadro mentre nel 2005 è stato il turno della pinza stripping, per eliminare il frammento dalla saldatura trasversale. Un grande passo avanti è stato fatto nel 2010, quando Altopack ha lanciato la prima soluzione per la sigillatura a ultrasuoni, che ha portato una serie di vantaggi: una maggior protezione degli alimenti, ma anche un ridotto impatto ambientale, dato che questa tecnologia permette di ridurre gli sprechi dei film per l’imballaggio, che poi ha dato il via alla linea di prodotti Eco-friendly. Nel 2013, invece, Altopack ha iniziato a sperimentare con la manifattura additiva, utilizzando stampanti 3D per la prototipazione rapida, e poco dopo con la realtà virtuale immersiva.

Nel 2018, la decisione di aprire una nuova sede a Bologna dedicata a ricerca e sviluppo, perché «è qui che si fa il cuore dell’innovazione, nel cuore della packaging valley. Abbiamo aperto una sede che si occupa di prototipazione». Nel 2019 un’acquisizione strategica, quella di Gammapack, azienda di Imola che realizza astucciatrici orizzontali e verticali per la pasta e i prodotti granulari con la quale Altopack collabora da quando è stata fondata. Questa operazione, oltre a una normale integrazione di portafoglio, le ha permesso di portare innovazione anche in questo ambito, potenziando la parte tecnologica dei macchinari di Gammapack che, come sottolinea Piras «erano molto semplici ed economiche, e noi le abbiamo migliorate».

La sostenibilità ambientale secondo AltoPack

La sostenibilità è un tema chiave per un’azienda specializzata sul packaging alimentare, e AltoPack ha iniziato ad affrontarlo da molti anni, da prima che diventasse una “moda”, con la creazione del marchio Eco-Friendly, che accomuna i macchinari dell’azienda più parchi nei consumi. Due gli ambiti su cui si è mossa l’azienda per ridurre l’impatto sull’ambiente: ridurre il consumo energetico dei macchinari e la quantità di film plastico delle confezioni. Per ridurre il consumo delle macchine «lo abbiamo affrontato lavorando sulle pinze di saldatura, che abbiamo trasformato da caldo a freddo usando gli ultrasuoni», dichiara Piras. «Abbiamo poi realizzato configurazioni del packaging che permettono di ridurre l’utilizzo del film plastico. L’attuale punto di arrivo è rappresentato dalla confezione per spaghetti a doppio fondo quadro presentata due anni fa che si è classificata tra i finalisti dell’Oscar dell’Imballaggio. Riduce l’energia necessaria alla produzione del 20% ed elimina lo scarto alimentare. Ma c’è anche un altro aspetto che, pur non direttamente correlato all’impatto ambientale, contribuisce a ridurre le emissioni: lavorare sull’ingombro dei macchinari. Con macchine utensili più piccole è possibile ridurre le dimensioni degli impianti di confezionamento che, di conseguenza, avranno bisogno di meno energia per venire riscaldati/rinfrescati, portando quindi benefici all’ambiente.

La cartonatrice Rola’ 400 di Altopack in azione

Come e perché nasce Cyborg Line, lo spin-off di Altopack

Matteo Piras, amministratore unico di Cyborg Line e cfo di Gruppo Altopack

La scelta di creare uno spin-off, Cyborg Line, arriva poco dopo, nel 2021. «Il passo finale per questa decisione è avvenuto dall’incontro con Halodi Robotics, una start-up norvegese che ha inventato e prototipato un robot umanoide e che ci ha persuaso dell’idea di avere in tempi ragionevoli un prodotto adatto all’uso nel mondo del packaging», prosegue Piras. «La nostra visione era quella di utilizzare il robot al posto dell’uomo per svolgere quelle azioni ripetitive e senza valore aggiunto che tutte le macchine del packaging impongono, (come il rifornimento consumabili). Queste operazioni sono un collo di bottiglia perché ancora oggi l’operatore deve essere umano, e quindi non segue le velocità delle macchine. Ci piaceva l’idea di unire un aspetto etico, migliorare le condizioni di lavoro, con quello di una maggiore efficienza e una totale automazione». Ma il Packaging Machines Tending Robot rappresenta solo una delle applicazioni basate sulla piattaforma sviluppata da Halodi per cui gli umanoidi norvegesi troveranno impiego in moltissimi altri campi come la vigilanza, il retail, l’healtcare o l’education.

In pratica l’obiettivo finale di Altopack è quello di ridurre il più possibile la fatica e l’errore umano nei suoi stabilimenti e ha realizzato che era necessario un robot antropomorfo, una decisione sicuramente particolare e per certi versi rischiosa, trattandosi di un esperimento decisamente costoso, trattandosi di un progetto pioneristico. Altopack è entrata in Halodi durante un round di investimento series “A” al quale hanno partecipato anche altre due realtà internazionali, ben sapendo che non avrebbe avuto a brevissimo un prodotto vendibile sul mercato, ma dalle grandissime aspettative. «[Per il momento] lo sperimentiamo su noi stessi, per far vedere che è possibile. Poi, se la cosa funziona come indicano i primi indizi, lo potremo vendere». Vendere, però, non è il termine più azzeccato in questo caso perché Altopack vuole puntare sulla servitizzazione, offrendo con un modello che Piras definisce Robot-As-A-Service.

Un robot umanoide per insegnare a lavorare agli altri robot e per fare manutenzione, anche da remoto

Ma cosa fa oggi il robot umanoide sviluppato da Cyborg Line? Per il momento, il suo compito è quello di imparare i compiti che gli ingegneri gli insegnano. Piras non nasconde che a oggi ci siano tecnologie più efficaci per svolgere precise mansioni: «I robot ad assi oggi fanno queste cose più velocemente e con maggiore affidabilità. Il vantaggio che abbiamo visto nel robot umanoide è che nel futuro sarà molto più versatile». Non si occuperà solamente di una specifica operazione, ma potrà essere velocemente riadattato per svolgere la maggior parte dei compiti, grazie alla sua enorme versatilità. Per meglio comprendere il concetto, Piras fa un paragone col Matrix, la nota pellicola di fantascienza dei Wachowski. «Il tema del robot umanoide si presta alla suggestione di Matrix. Ricordi quando il protagonista “carica” la skill del kung-fu? Ecco, se gli insegno a lavorare con un’astucciatrice, domani posso poi spostarlo e farlo lavorare su una cartonatrice».

Ad Ipack Ima 2022 Altopack ha mostrato al pubblico il prototipo del robot umanoide realizzato in collaborazione con Halodi Robotics

I robot antropomorfi sono inevitabilmente più complicati da programmare (o, meglio, addestrare), ma per come sono costruiti si possono prestare a svariati compiti. E nella visione di Cyborg Line non si limiteranno a riempire i contenitori dei consumabili. Questo è solo il primo passo e secondo Piras in futuro, quando non saranno al lavoro dietro a una macchina, potranno dedicarsi alla manutenzione in forma autonoma o cooperativa con gli operatori umani.

Proprio la manutenzione è uno dei temi più interessanti, dato che si riveleranno uno strumento chiave per abbattere i costi, soprattutto nel caso di interventi a distanza. Perché inviare un team di tecnici per riparare un macchinario negli USA, per esempio, quando sarà possibile collegarsi ai robot in modalità avatar così da emulare la presenza di un tecnico? Uno scenario di sicuro interesse, ma Piras non vuole illudere nessuno e sottolinea che per arrivare a questo «Ovviamente ci vorranno un po’ di anni».

Un robot al posto dell’operatore a bordo macchina, l’ultima frontiera dell’automazione. Ma bisogna ripensare i macchinari e fare attenzione alla sicurezza

Il robot antropomorfo di Altplack non si occuperà solamente di una specifica operazione, ma potrà essere riadattato per svolgere la maggior parte dei compiti

Attualmente, il robot umanoide sviluppato da AltoPack è in grado di svolgere una serie basilare di compiti, come caricare i consumabili all’intero di una macchina astucciatrice e liberarsi delle scatole vuole, ma può anche lavorare sul caricamento dei cartoni. «Un compito più sfidante – sostiene Piras – perché [l’automa] deve muoversi per prendere i cartoni. Siamo riusciti a integrare le tre dimensioni necessarie e ora il robot vede l’ambiente dove è collocato e può eseguire i suoi compiti in totale autonomia».

AltoPack, insomma, è vicina a completare l’anello mancante per un’automazione di stabilimento completa. I prototipi attuali, però, non sono ancora pronti per il mercato e ci sono ancora alcuni importanti aspetti da sistemare per una loro commercializzazione. Bisogna anche pensare a linee produttive e macchinari che siano strutturati in modo tale da non avere barriere per i robot umanoidi. Il principale ostacolo, però, è quello della sicurezza: il robot lavora insieme a operatori umani ed è fondamentale che rispetti delle rigorose specifiche in ambito safety. Specifiche che «a oggi ancora non si conoscono».

Un approccio differente da Boston Dynamics

Quelli di Boston Dynamics sono sicuramente i robot più noti al grande pubblico, merito anche delle affascinanti coreografie dei loro balletti e delle loro esibizioni usate per pubblicizzarli. Non dobbiamo però aspettarci degli automi di questo tipo da AltoPack, che punta su robot molto più efficaci, che gestiscono il loro bilanciamento tramite motori elettrici, un brevetto depositato da Halodi Robotics. I robot di Alto Pack non devono muoversi lungo sentieri accidentati o mantenere l’equilibrio in situazioni estreme, del resto, ma muoversi agevolmente all’interno di uno stabilimento produttivo. Sotto questo profilo, il partenariato internazionale e le diverse applicazioni su cui si fonda il progetto consentiranno di beneficiare di sorprendenti economie di scala (è recentissima la notizia dell’ordine fatto dai soci americani ad Halodi Robotics per 140 robot) il costo finale, quindi, potrà essere anche molte volte inferiore rispetto ad Atlas di Boston Dynamics, ma anche ben meno dispendioso di iCub, il robot umanoide progettato dall’Istituto Italiano di Tecnologia.














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