Nuovi modelli di supply chain: come deve reagire l’industria? Il decalogo World Manufacturing

di Piero Macrì ♦︎ Intelligenza artificiale, cloud computing, data analytics, realtà virtuale, computing cognitivo, digital twin, Industrial Iot, stampa 3D offrono l’opportunità per riorganizzare le logiche di approvvigionamento. Che devono essere ridondanti e resilienti per superare stress di mercato e rispondere a una domanda customer-centrica. Piattaforma collaborative per una filiera d’impresa estesa alle pmi. E sullo skill shortage… Il rapporto “Riprogettare le catene del valore nella nuova era del Manifatturiero” che viene presentato in questi giorni al World Economic Forum 2022. Con Marco Taisch

Transizione digitale e ambientale, crisi energetica, aumento dei costi delle materie prime, difficoltà di approvvigionamento causata dalla scarsità di materiali e dai blocchi alle catene del valore. Sono tutte sfide che impongono alle imprese una capacità di reazione, previsione e adattamento fuori dal comune. Oggi gli effetti della guerra in Ucraina, prima il Covid. Non esiste un new normal. Il cigno nero è per sua natura imprevedibile. L’unica costante sono l’instabilità e la variabilità dei mercati. «Per avere delle supply chain resilienti occorre guardare in prospettiva, superando la contingenza degli shock temporanei», afferma Marco Taisch, direttore scientifico della World Manufacturing Foundation. Il segreto per una supply chain a prova di futuro? «Strutturare i processi secondo un paradigma di riconfigurabilità, in modo che di fronte a qualsiasi evento disruptive, a bassa o alta intensità, si possa essere nella condizione di modificare l’esistente e correggere la rotta per allinearsi ai cambiamenti».

Intelligenza artificiale, cloud computing, data analytics, realtà virtuale, computing cognitivo, digital twin per l’intero ciclo di vita del prodotto, Industrial Iot, stampa 3D. Il nuovo cocktail tecnologico è il motore per la digitalizzazione d’impresa: offre l’opportunità per riorganizzare le logiche di approvvigionamento e dare vita a quella che Taisch definisce “value chain 4.0”. Industria Italiana anticipa le nuove tendenze che si stanno imponendo nelle catene globali del valore e il decalogo delle raccomandazioni sviluppate da un gruppo internazionale di esperti in base al rapporto “Riprogettare le catene del valore nella nuova era del Manifatturiero” che viene presentato in questi giorni al World Economic Forum 2022 presso il Porsche Experience Center Franciacorta. «In questo momento il rischio è prendere decisioni affrettate. Dall’euforia della globalizzazione, una fabbrica in qualunque mercato, si tende a enfatizzare una visione protezionistica, afferma Taisch. Il rischio è demonizzare un sistema che di per sé genera ricchezza e diversificazione dei rischi».







Il consiglio della World Economic Foundation è non cedere alla tentazione di tornare a fare tutto in casa. «Non facciamoci prendere dal panico, dice Taisch. Aumento dei costi delle materie prime e dell’energia. Siamo in una fase di transizione. Presto ne usciremo e, in virtù dell’esperienza acquisita, saremo più robusti e resilienti. L’inflazione? I dati ci dicono che alla fine del 2023 il Pil tornerà a crescere. Non è un quadro così drammatico». Il World Manufacturing Forum è parte integrante delle attività della Fondazione la cui missione è diffondere la cultura industriale in tutto il mondo coinvolgendo imprenditori, politici e rappresentanti del mondo accademico. Come spiega il presidente della Fondazione Diego Andreis (managing director di Fluid-o-Tech, vicepresidente di Federmeccanica, vicepresidente di Ceemet e vicepresidente di Assolombarda), «Il Wmf può essere considerato una piattaforma dinamica dove condividere le visioni, iniziative e azioni per affrontare i paradigmi della nuova produzione». Il board of directors della Wmf è composto dai rappresentanti di Confindustria Lombardia, del Politecnico di Milano e dell’Intelligent Manufacturing Systems.

 

Modelli di supply chain multidimensionali. I parametri per una configurazione sostenibile

Marco Taisch presidente del competence center Made

I modelli per il disegno della supply chain devono diventare più sofisticati. «Fino a 15 anni fa le supply chain venivano stabilite in funzione del costo, dice Taisch. Lo stabilimento produttivo lo si andava a mettere in Cina, in Africa o Sud America, in quell’area geografica dove la manodopera costava meno. Oggi si ragiona in modo diverso. Come ci ha insegnato l’emergenza Covid e l’attuale disruption geopolitica la supply chain deve tenere conto di una molteplicità di parametri». Come dire, il numero di fattori decisionali per la configurazione della catena logistica si amplia e il disegno della catena di fornitura va affrontato con un modello multidimensionale che riduce la vulnerabilità del sistema. Non solo, i parametri di una supply chain si estendono ai temi di sostenibilità ambientale. «In prospettiva, le aziende dovranno mirare ad avere prodotti, produzione e fornitori a basso footprint ecologico, dice Taisch. L’obiettivo è diventare “low carbon emission” su tutta la value chain poiché è questo che chiedono i clienti e i consumatori».

 

Supply chain ridondanti e resilienti per superare stress di mercato e rispondere a una domanda customer-centrica

Si va verso una domanda iper-personalizzata. Il condizionamento da parte del consumatore è sempre più forte poiché la digitalizzazione azzera le distanze tra produttore e consumatore, sia in ambito b2c che b2b. Sono tutti aspetti che influiscono sul modo di produrre e, di conseguenza, sulle catene di fornitura. «Bisognerebbe iniziare a introdurre un criterio di progettazione orientato alla resilienza della supply chain, ribaltando il classico paradigma lineare della catena del valore, dice Taisch. E’ il processo a valle, quello della supply chain, che può determinare la corretta progettazione». In altre parole, è la disponibilità della fornitura, in termini di materiali e componenti, che plasma il prodotto e la produzione. «La progettazione deve essere coerente con la flessibilità che può assicurare la supply chain, spiega Taisch. Mi è stato raccontato che i russi, in questo momento, fanno le automobili senza airbag perché non ricevono i componenti necessari. Un esempio estremo, che serve però a capire che i prodotti vanno pensati sulla base di quelle che sono le condizioni di approvvigionamento». Ecco, quindi, la necessità di concepire prodotti che possano essere realizzati con parti fornite da un sourcing alternativo. Si tratta di avere una supply chain ridondante, in grado di minimizzare eventuali interruzioni delle forniture. «Per supplire allo shortage di componenti molte aziende hanno reagito individuando delle possibili soluzioni. Ecco, si deve fare in modo che comportamenti emergenziali si trasformino in prassi quotidiana, assicurando la fornitura di materiali e componenti anche in condizioni di shortage generalizzato, evitando così di non potere consegnare macchine o impianti perché manca un semplice cavo o connettore del valore di pochi euro».

Secondo l’indagine effettuata dalla Wmf è il settore manifatturiero ad avere subito i maggiori ritardi nella fornitura di materiali e componenti. Più del 60% del campione delle aziende manifatturiere intervistate afferma di avere avuto un blackout nella supply chain

Supply chain come parte della value chain. L’importanza della digitalizzazione end-to-end

La digitalizzazione d’impresa deve prevedere un’interconnessione end-to-end tra tutti i processi poiché ogni decisione che viene presa nelle diverse aree aziendali è conseguente l’interdipendenza che esiste tra i diversi processi

Al di là della negatività dell’attuale scenario vi sono aspetti positivi che possono emergere dalle difficoltà. Il messaggio della World Economic Foundation? Ragionare non più a compartimenti stagni, ovvero non considerare la supply chain come funzione separata e distinta dalla progettazione e produzione. E qui si entra nel merito della digitalizzazione d’impresa che deve prevedere un’interconnessione end-to-end tra tutti i processi poiché ogni decisione che viene presa nelle diverse aree aziendali è conseguente l’interdipendenza che esiste tra i diversi processi. «A questo riguardo è importante avere un mindset innovativo, afferma Taisch. Il miglioramento della supply chain deve essere visto in modo meno restrittivo e più esteso. Quello su cui bisogna focalizzarsi è il miglioramento costante e continuo della value chain, ovvero del valore che può essere generato dal miglioramento di tutti i processi aziendali. Modifiche di prodotto, che implicano una scelta di materiali e componenti diversi, vanno considerate e allineate a quelle che sono le capacità di sostenere le richieste in termini di supply chain. «Dobbiamo sempre più guardare all’intera filiera», dice Taisch. Come dire, vedere la progettazione dalla parte della supply chain. Il disegno di quest’ultima deve includere la progettazione prodotto e la sua sostenibilità nel corso dell’intero ciclo di vita, fino alla sua dismissione, che deve essere associata a logiche di riuso e riciclo secondo logiche di economia circolare.

 

Piattaforme collaborative per una value chain 4.0 ovvero processi integrati per un business sostenibile e resiliente

La value chain di un’impresa manifatturiera può essere migliorata assicurando configurabilità e resilienza in tutti i processi. «Le tecnologie abilitanti fanno ormai riferimento a piattaforme collaborative che creano un unicum digitale tra tutte le line of business: mettono a fattor comune i dati che servono per ottimizzare la catena del valore», afferma Taisch. E’ l’evoluzione del paradigma 4.0: non solo strumenti per creare efficienza di fabbrica. Da Industry 4.0, termine generale per descrivere la digitalizzazione d’impresa, si entra oggi nella dimensione della value chain 4.0. In questo senso l’utilizzo dei sistemi informativi deve avere come fine la visibilità real time dell’intera filiera. «Solo in questo modo si possono prendere decisioni corrette poiché si è consapevoli di quanto una modifica di un processo si possa ripercuotere positivamente o meno sull’intera catena del valore. E’ il concetto di trasparenza, su cui si è già ampiamente discusso in passato e che oggi diventa ancora più attuale e importante. Prima se ne parlava come condizione per rendere efficiente la produzione, oggi se ne parla soprattutto come modello che permette di raggiungere la resilienza d’impresa, racconta Taisch. Non sono solo più produttivo ma resiliente, rendo sostenibile la produzione a fronte di un qualsiasi imprevisto. Ancora una volta, torniamo al principio della configurabilità, la capacità di adattarsi a fattori esterni, reagire a fenomeni disruptive che non avevamo previsto perché di per sé imprevedibili, variabili esterne su cui non possiamo avere nessun controllo ma che possiamo gestire minimizzando i rischi».

I ritardi della supply chain sperimentati in Usa ed Europa negli ultimi anni non ha precedenti nella storia recente. Gli effetti di queste interruzioni si riflettono chiaramente nella consegna dei fornitori, con tempi quasi raddoppiati nel 2020 e nel 2021

Ecosistemi inclusivi e modelli collaborativi per una filiera d’impresa estesa alle pmi

Diego Andreis, presidente della World Manufacturing Foundation

Le piattaforme collaborative sono inclusive per antonomasia. Permettono a tutti gli stakeholder di processo di contribuire, ciascuno con proprie competenze e conoscenze, al miglioramento della value chain, al modo in cui si progetta e produce, al modo in cui si disegnano le supply chain. Tutto è logicamente interconnesso, tutto deve essere quindi digitalizzato, creando basi dati collaborative per rendere efficiente ogni parte della catena del valore. «Il tema dell’inclusività non riguarda soltanto le persone responsabili delle singole funzioni all’interno del perimetro aziendale, dice Taisch. Deve riguardare tutti coloro, partner e fornitori che sono coinvolti, con ruoli e responsabilità diverse, nella creazione della value chain d’impresa». E qui si entra nel merito della digitalizzazione delle filiere e dell’importanza di includere nell’ecosistema d’innovazione industriale le piccole e medie aziende. «Non possono essere una dimensione satellite alla value chain della multinazionale di turno, afferma Taisch. Si pensi a tutte quelle aziende di componentistica che ruotano attorno all’industria dell’automotive. La multinazionale ha una visione globale, la pmi una visione più circoscritta, ma entrambi partecipano alla creazione di valore. L’inclusione della piccola azienda diventa quindi un fattore di resilienza poiché, una volta parte attiva di una piattaforma collaborativa, può assicurare un maggiore configurabilità e personalizzazione della supply chain».

 

Skill shortage, la sfida per una supply chain di competenze digitali

Se in tema di supply chain l’attenzione è tutta focalizzata sulla difficoltà di approvvigionamento di materi prime, materiali e componenti, l’attenzione in tema di value chain va posta su una delle più grandi variabili che possono sottoperformare, rallentare o rendere sterili le potenzialità dele tecnologie abilitanti la value chain: lo skill shortage ovvero la mancanza di persone che possano supportare la trasformazione digitale delle imprese. «E’ forse un problema ancora più grande di quelli che siamo tenuti ad affrontare per risolvere le difficoltà dovute a shock temporanei poiché le competenze non si creano dall’oggi al domani, dice Taisch. Se non si investe nella formazione non avremo le risorse per competere». Lo skill shortage lo si può quindi considerare a tutti gli effetti come un tema di supply chain, poiché la nuova produzione, la capacità di rendere configurabile e resiliente un’impresa è legata sia all’approvvigionamento di materie prime, materiali e componenti sia alla disponibilità e inclusione di persone che sappiano comprendere e sfruttare e le tecnologie digitali abilitanti.

Secondo l’Indice Desi 2020, che misura l’utilizzo delle competenze digital nei Paesi europei, l’Italia in termini di human resource capaci di utilizzare appieno le risorse digitali si posiziona all’ultimo posto. Ciò denota che vi è sicuramente un problema di scuola, ma anche di reskilling di tutto il sistema

Per una supply chain resiliente. Le dieci raccomandazioni della World Manufacturing Foundation

1 – Non agire sull’onda dell’emotività

Efficienza e autosufficienza, supply chain lunghe e corte. Attenzione a non reagire in modo eccessivo o esagerato agli attuali shock economici, si afferma nel report Wmf. Il desiderio di autonomia, di una maggiore indipendenza che può essere tradotta con operazioni di nearshoring o reshoring può portare a scelte che in futuro si potrebbero rivelare sbagliate e controproducenti. Il protezionismo non è la soluzione. Non mettete in discussione l’integrazione economica, le global supply chain sono fonte di prosperità. Quello che serve è ripensare la globalizzazione delle supply chain in modo più razionale con l’obiettivo di ottenere più flessibilità e riconfigurabilità.

2 – Manifattura cognitiva, l’intelligenza artificiale a supporto di una capacità previsionale

La resilienza delle supply chain dipende dal grado di sincronizzazione ent to end dei processi d’impresa. L’analisi dei dati in tempo reale, supportata dall’intelligenza artificiale, permette una capacità previsionale senza precedenti, mettendo le imprese nella condizione di prendere delle decisioni sempre più accurate e puntuali a fronte di imprevisti e discontinuità dell’offerta e della domanda. Quali i colli di bottiglia, quali le possibilità di miglioramento? Sono tutte informazioni che oggi possono essere estratte da un’analisi di livello superiore e da una conoscenza aumentata, di tipo algoritmico.

Il costo delle supply globalizzate. Nel grafico si evidenzia l’aumento medio del costo logistico per container trasportato registrato negli ultimi anni. Il biennio 2021-2022 verrà ricordato come il periodo nero della logistica

3 – Manifattura circolare, come cambia il valore della supply chain

L’economia circolare mette in discussione la gestione del ciclo di vita di prodotto dalla sua progettazione alla sua dismissione. Significa progettare sin dall’inizio con l’obiettivo di minimizzare l’impatto ambientale, utilizzare materiali e parti che, a fine ciclo, possano essere ri-usate e re-introdotte in cicli produttivi. Attenzione che va posta sia sul prodotto sia sui processi di confezionamento. Tolleranza zero verso gli sprechi, dunque. Più della metà dei materiali utilizzati finiscono nelle discariche, solo una parte viene riciclata o riutilizzata. Attualmente costa di meno produrre con nuovo materiale piuttosto che con materiale riciclati. Una distorsione che potrebbe essere essere risolta individuando supply chain alternative.

4 – Supply chain resilienti per superare schock di mercato ad alta e bassa intensità

Supply chain shock possono accadere in un qualsiasi momento. Tutte le imprese hanno dovuto fare i conti con l’emergenza covid e successivamente con l’instabilità dei recenti avvenimenti geopolitici. L’esposizione a fornitori offshore può essere un fattore di vulnerabilità. Le supply chain devono quindi essere intelligenti, robuste e flessibili. La chiave di tutto è la diversificazione del rischio. Avere supply chain su cui possa convergere un insieme sempre più ampio di fornitori. Essenziale il ruolo di supply chain collaborative, che può avvenire con l’implementazione di piattaforme digitali che permettano la condivisione di dati in real time.

5 – Supply chain flessibili a supporto di una domanda iper-personalizzata

L’ottimizzazione delle supply chain è associata all’evoluzione della domanda, che ha dei cicli molto più corti rispetto al passato. Occorre esser capaci di avere una produzione sostenibile in grado di rispondere a una domanda altamente volatile. Siamo nell’era della iper-personalizzazione e questo mette sotto pressione le supply chain, poiché i flussi delle forniture devono di conseguenza essere riconfigurabili. La domanda è customer centrica, è il cliente che condiziona la produzione e, in ultima analisi, la supply chain. Una trasformazione che mette le aziende nella condizione di acquisire informazioni da prodotti connessi per rendere predittiva la produzione.

La disruption della supply chain ha avuto effetti letali in tutte le economie, ma è l’Eurozona ad essere stata maggiormente colpita

6 – Visibilità real time per una rapida riconfigurazione dei processi

Le supply chain devono essere disegnate per una produzione reattiva, just in time. Indispensabile una digitalizzazione per il ciclo di vita del prodotto. E’ il presupposto per una supply chain responsive, in grado di mettere in moto dei meccanismi di feedback per un processo dinamico di riconfigurazione della catena del valore. Bilanciare il costo della produzione personalizzata con la velocità e time to market della supply chain, che da single source diventa multisource e ridondante, in grado di assicurare un business resiliente.

7 – Ridisegno delle supply come processo dinamico

La discontinuità delle supply chain non accenna a diminuire. Occorre essere flessibili per avere capacità di adattamento ai cambiamenti che sono di per sé stessi imprevedibili e non controllabili. Questa è la sfida con cui si avrà sempre a che fare. Non esiste new normal. Il ridisegno delle supply chain diventa quindi un processo dinamico, in grado di generare un feedback continuo in chiave in miglioramento della value chain complessiva. Per centrare questi obiettive servono piattaforme collaborative in grado di sincronizzare e interconnettere la supply chain con i processi d’impresa.

8 – Progettazione prodotto in funzione di vincoli e opportunità della supply chain

Il prodotto sviluppo e la pianificazione delle supply chain non sono più gestite da dipartimenti separati. La pratica consolidata di passare il design di prodotto alla supply chain che decide dove prendere i materiali e costruire i prodotti non è più competitiva. Deve essere un processo integrato. Occorre essere capaci di riconfigurare i processi a fronte di eventi imprevisti. La progettazione deve essere associata all’agilità delle supply chain. Design for resilience and design for supply chain ovvero creare prodotti che possano avere parti o materiali facilmente sostituibili, tenendo sempre presente il ciclo di vita del prodotto.

La crescita dei volumi commerciali globali è prevista in calo, passando dal 10% nel 2021 a circa il 5% nel 2022 e del 4% nel 2023. Incide soprattutto l’andamento negativo del settore automobilistico

9 – Sfruttare l’opportunità per ridisegnare la supply chain in funzione di circolarità e sostenibilità

Vedere la sostenibilità e l’economia circolare non come vincoli ma opportunità, introducendo modelli di business che soddisfino la domanda dei consumatori. Il ciclo produttivo non ha un inizio e una fine. Una volta dismesso, il prodotto alimenta un nuovo ciclo produttivo. Uno scenario ancora tutto da costruire. Significa acquisire una maggiore conoscenza su quelli che sono i materiali che possano favorire un’economia zero sprechi basata sul riutilizzo. Disegnare il prodotto guardando in prospettiva: quanta parte del mio prodotte è riusabile, quanto può essere riciclato? Quando si progetta di deve considerare la configurazione ideale per abilitare un suo riciclo. Ancora una volta, vitale per centrare questo obiettivo, è avere piattaforme collaborative tra produttori e recycler.

10 – Accelerare l’adozione di strumenti digitali abilitanti la suppy chain adattativa e flessibile

Visibilità completa sulla supply chain, acquisizione dati per allineare il prodotto alla domanda, digitalizzazione per interazione con clienti, fornitori e altre terze parti. La data analytics è l’ingrediente numero uno per il decision making: elimina rischi di errori nell’approvvigionamento e favorisce lo sviluppo di capacità previsionali. Da non sotto valutare la stampa 3d: la manifattura additiva permette più flessibilità nella personalizzazione dei prodotti ed è una risorsa in risposta a una carenza di parti e componenti che non riescono a essere soddisfatte dalle supply chain globali.

 

Riprogettare le catene del valore nella nuova era del Manifatturiero – Scheda dell’evento 

L’evento promosso dalla World Manufacturing Foundation è l’occasione per imprenditori, accademici e policy maker per confrontarsi su macrotemi chiave quali gli ecosistemi locali e globali, i nuovi ruoli delle pmi, i divari della forza lavoro, il panorama geopolitico e la transizione digitale e sostenibile nel settore manifatturiero. Tra gli speaker che intervengono alla due giorni del Forum, il 25 e 26 novembre presso il Porsche Experience Center Franciacorta, a Bargnana, in provincia di Brescia: Diego Andreis, presidente World Manufacturing Foundation, Attilio Fontana, presidente Regione Lombardia, Francesco Buzzella, presidente Confindustria Lombardia, Ciyong Zou, managing director Unido, Guido Guidesi, assessore allo sviluppo economico di Regione Lombardia, Marco Taisch, direttore comitato scientifico Wmf, Jurgen Tiedje, head of unit – dg research and innovation European Commission, Pietro Innocenti, ceo Porsche Italy, Michela Rubegni, head of marketing & communication Eu Alibaba.com, Joseph Nierling, ceo Porsche Consulting, Giacomo Bottone, vice presidente Caterpillar, Fabio Barsotti, executive vice president manufacturing and program management Leonardo, Marco Nocivelli, chief executive officer and chairman, Epta Group; President, Anima Confindustria, Klaus Beetx, chief executive officer, Eit Manufacturing, Martin Block, managing director sales Dhl Express Italy, Martin Blok, managing director sales, Dhl Express Italy, Andreas Kuhmichel, Ibm chief technology officer & director industry engineering, global manufacturing & energy industries, Matthew Simpkins, rvp emea industry advisor manufacturing and automotive Salesforce, Rhonda Barnet, ceo Palette Skills, Ugo Caratti, managing director and cfo sales europe south Bosch Rexroth, Ralph Kohler, director strategy and pmo emea supply chain Hewlett Packard Enterprise, Rainer Brehm, chief executive officer, Factory Automation Siemens.














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