Fragilità del commercio globale: le regole d’oro per una supply chain resiliente. Con intelligenza artificiale e…

di Piero Macrì ♦︎ Le crisi geopolitiche mettono a rischio le forniture industriali: con il blocco di Suez il Mediterraneo è escluso dal commercio internazionale di merci, materie prime e semilavorati. Riconfigurazione supply chain e pianificazione strategica con tecnologie abilitanti la digitalizzazione. Intelligenza artificiale generativa: previsione dei cambiamenti di mercato. Supply chain risk hedging: visione globale, diversificazione, monitoraggio, stoccaggio, collaborazione, contrattazione flessibile, piani di emergenza, valutazione continua. Ne parliamo con Roberto Cigolini

Quello che le aziende temono di più sono i fenomeni ad alto rischio e bassa frequenza. Accadono di rado, ma quando arrivano sono letali. Guerra in Ucraina e in Medio Oriente, crisi del canale di Suez. Il rischio geopolitico è altissimo

Eventi imprevisti e imprevedibili mettono in crisi il commercio globale, interconnesso per definizione. La fragilità delle supply chain lunghe, geograficamente disperse, aumenta di anno in anno. Cosa succederà nel 2024? Quali sono le regole d’oro per una supply chain di minimo rischio e massimo valore economico? In un mondo politicamente instabile le rotte sono a rischio. Lo dimostra quanto sta avvenendo in questi giorni nel Mar Rosso, dove le grandi compagnie logistiche hanno dovuto sospendere il transito verso il Mediterraneo per ripetuti attacchi a navi container da parte dei ribelli Houti dello Yemen. Secondo un report di The Economist Intelligence Unit, il canale di Suez rappresenta il 12% del commercio globale e il 30% del traffico container. Da lì passa tra il 7 e il 10% del petrolio scambiato globalmente e l’8% del commercio di gas naturale liquefatto. Per l’Italia, e per l’Europa, il blocco di Suez equivale a chiudere contemporaneamente il rubinetto e lo scarico di un lavandino: nulla entra e nulla esce, annegando nella siccità economica e industriale tutto il Mediterraneo, tagliato fuori da una delle rotte di vitale importanza per il commercio internazionale di merci, materie prime e semilavorati. Per esportare in Asia e Medio Oriente l’Italia deve passare da Suez, così come per importare, da quelle stesse aree del mondo, materie prime, semilavorati, componentistica e altri prodotti. Resilienza è la nuova parole d’ordine.

«Quello che le aziende temono di più sono i fenomeni ad alto rischio e bassa frequenza. Accadono di rado, ma quando arrivano sono letali. Guerra in Ucraina e in Medio Oriente, crisi del canale di Suez. Il rischio geopolitico è altissimo», afferma Roberto Cigolini, full professor of Supply Chain Management and Production Management del Politecnico di Milano. Come proteggersi e prevenire questi rischi? Serve una logistica che possa garantire un approvvigionamento di prossimità, ma vale soprattutto un principio generale: le supply chain vanno progettate allo stesso modo in cui si costruiscono gli edifici in zone ad alto rischio sismico. Da una parte riconfigurare le supply chain globali, cosa che stanno facendo molte multinazionali (è il caso di Stmicroelectronics che sta diversificando il numero di subforniture e ridistribuendo le capacità produttive in una logica di nextshoring), dall’altra pianificazione strategica e utilizzo di tecnologie abilitanti la digitalizzazione. «I supply chain manager hanno una sete terribile di dati e informazioni. La mancanza di visibilità su quello che sta succedendo sulla catena dal valore si traduce in un rischio», dice Cigolini. E’ l’intelligenza artificiale che potrà offrire alle aziende la capacità di sviluppare logiche produttive supportate da supply chain efficienti.







Le catene di fornitura si andranno a modificare anche in ragione di una sempre più forte pressione dei mercati a realizzare prodotti sostenibili, a basso impatto ambientale. «La green economy non è solo un’occasione per ridefinire le reti di fornitura e le capacità produttive, ma per realizzare prodotti in un’ottica di economia circolare», dice Cigolini. E’ il caso di Eni che, a fronte di un investimento di 600 milioni di euro, costruirà a Catania, entro il 2025, un impianto per la produzione di pannelli fotovoltaici realizzati in plastica riciclata da indumenti usati in viscosa. Produzioni con materie prime reperibili localmente, tracciamento e visibilità globale dei processi, diversificazione dei fornitori, sistemi di monitoraggio, stoccaggio strategico, filiere collaborative, contrattazione flessibile, piani di emergenza anticrisi, valutazione e adattamento continuo all’evoluzione dei mercati. Ecco le regole d’oro per una supply chain risk hedging ad alta resilienza e come l’analisi dati real time e l’intelligenza artificiale supporteranno le aziende nel gestire al meglio gli imprevisti.

 

Intelligenza artificiale, la tecnologia per le supply chain di nuova generazione

Roberto Cigolini, full professor of Supply Chain Management and Production Management del Politecnico di Milano

Per tradurre le nuove strategie di supply chain in prassi operative servono le tecnologie abilitanti. E’ l’intelligenza artificiale che darà una mano alle aziende a comprendere i possibili cambiamenti nel mercato, prevedere la domanda dei consumatori e avere visibilità sulle possibili criticità di approvvigionamento. Modelli predittivi per ottimizzare livelli di inventario, capacità produttiva e distribuzione dei prodotti. Utilizzando l‘Ia generativa sarà possibile elaborare modelli che prevedono la domanda futura in base a pattern storici, tendenze di mercato e altri fattori.

«Algoritmi generativi potranno essere utilizzati per ottimizzare la pianificazione della produzione, il routing dei trasporti e la gestione degli stock, dice Cigolini. Saranno allenati per lavorare su molteplici variabili, come tempi di consegna, costi di produzione, capacità degli impianti e disponibilità delle risorse, ottimizzando le decisioni lungo l’intera supply chain». Non solo, l’Ia generativa potrà essere impiegata per simulare scenari di stress o eventi imprevisti (interruzioni nella catena di approvvigionamento, cambiamenti improvvisi nella domanda o fluttuazioni dei prezzi delle materie prime) per valutare la resilienza della supply chain e sviluppare strategie di mitigazione dei rischi.

 

Supply chain a corto raggio e prodotti sostenibili, un’opportunità per ridisegnare le produzioni globali

Eventi imprevisti e imprevedibili mettono in crisi il commercio globale, interconnesso per definizione. La fragilità delle supply chain lunghe, geograficamente disperse, aumenta di anno in anno. Cosa succederà nel 2024? Quali sono le regole d’oro per una supply chain di minimo rischio e massimo valore economico? In un mondo politicamente instabile le rotte sono a rischio

«Le aziende manifatturiere tenderanno a creare prodotti sostenibili a basso impatto ambientale. Ci sarà una domanda di materiali e componenti diversi da quelli finora utilizzati e questo si tradurrà in riconfigurazione delle attuali forniture», afferma Cigolini. Insomma, la sostenibilità è un’occasione per ripensare le supply chain. I prodotti che si produrranno nel medio e lungo termine potranno avere una minore dipendenza dalle catene di fornitura globali. I punti strategici di approvvigionamento tenderanno a modificarsi nel tempo. Emergeranno nuovi fornitori per una produzione e distribuzione di prossimità.

«E’ una logica che le grandi multinazionali hanno già fatto propria. Basti pensare al settore delle bevande, racconta Cigolini. Un esempio per tutti è la Coca-Cola. Un migliaio di stabilimenti nel mondo per fare uno stesso prodotto. Ed ogni sito ha una supply chain a km zero, con produzione localizzata e sufficiente a soddisfare la domanda in quella particolare area di mercato. Dal punto di vista del costo di lavoro converrebbe produrla tutta in Asia, scelta che però comporta un alto rischio logistico. La tendenza è avere prodotti globali che possano essere prodotti e distribuiti localmente avvalendosi di supply chain a corto raggio»

 

Supply chain risk hedging, la strategia adottata dalle aziende per gestire i rischi d’impresa

Quello che le aziende temono di più sono i fenomeni ad alto rischio e bassa frequenza. Accadono di rado, ma quando arrivano sono letali. Guerra in Ucraina e in Medio Oriente, crisi del canale di Suez. Il rischio geopolitico è altissimo

«Più che un azzeramento della globalizzazione si assiste a una riconfigurazione della globalizzazione in una logica risk hedging, dice Cigolini. E’ una strategia adottata dalle aziende per mitigare i rischi all’interno della loro catena di approvvigionamento. Strategia che si concentra sulla diversificazione e sulla riduzione delle esposizioni ai rischi che potrebbero influenzare negativamente la continuità operativa o la capacità di fornire beni o servizi. Tutto questo contribuisce a riformulare le interdipendenze attraverso politiche di reshoring o nextshoring, all’approvvigionamento di prossimità.

«Si tende ad avere vicino il sourcing più strategico, con porzioni di capacità produttiva a corto raggio, dice Cigolini E’ il caso di Stmicroelectronics. La parte più a monte del processo, e di maggior valore, in origine fatta negli Stati Uniti, Francia e Italia adesso si concentra in Francia, Italia e Singapore, mentre la parte più esecutiva e più alto contenuto di lavoro, pur continuando a mantenerla in estremo oriente, la stanno diversificando: hanno aperto un sito in Marocco e pensano di aprirne uno nell’Europa dell’Est. Insomma, non si può cambiare tutto, ma si introducono delle varianti significative. Per esempio, differenziando al massimo il numero di subfornitori, che nella parte di processo a più alta intensità di lavoro sono saliti da 20 a 200 e di questi 150 sono europei»

 

Le regole d’oro per una supply chain risk hedging ad alta resilienza

Visione globale – Valutare i potenziali rischi e le vulnerabilità che potrebbero influenzare la catena di approvvigionamento, come dipendenza da un singolo fornitore, instabilità politica in determinate regioni, rischi legati al trasporto o alla logistica

Diversificazione dei fornitori – Ridurre il rischio di fornitura di materiali chiave o componenti. Espandere la rete di fornitori può garantire un maggiore livello di flessibilità nel caso in cui uno di essi riscontri problemi o interruzioni.

Sistemi di monitoraggio – Utilizzare tecnologie avanzate per monitorare e valutare i potenziali rischi lungo la catena di approvvigionamento. Analisi dei dati in tempo reale e intelligenza artificiale diventano fondamentali per avere visibilità delle possibili criticità e sviluppare una capacità reattiva e problem solving.

Stoccaggio strategico – Valutare la possibilità di mantenere riserve strategiche di materiali o prodotti chiave per mitigare il rischio di interruzioni. Considerare la localizzazione geografica degli impianti produttivi o dei magazzini per ridurre il rischio di impatti dovuti a eventi esterni.

Logica collaborativa – Mantenere un dialogo aperto e strette relazioni con i fornitori, i partner e le altre parti interessate lungo tutta la catena di approvvigionamento. La comunicazione tempestiva e la collaborazione possono aiutare a risolvere rapidamente i problemi e a mitigare gli impatti delle interruzioni.

Contrattazione flessibile – Negoziazione di contratti con clausole flessibili che consentano di adattarsi più facilmente a cambiamenti nelle condizioni di mercato o nell’offerta dei fornitori.

Piani di emergenza – Creare piani dettagliati per affrontare le crisi, con procedure di risposta rapida e procedure alternative di produzione o distribuzione per affrontare situazioni impreviste.

Valutazione continua e adattamento – La resilienza della supply chain non è un processo statico. È necessario valutare costantemente la strategia, adattarsi ai cambiamenti delle condizioni di mercato, delle tecnologie e dei rischi emergenti per garantire che la supply chain rimanga resiliente nel tempo.














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