Cobot e uomo: il matrimonio perfetto e rispettoso del distanziamento

di Marco Scotti ♦︎ Nel post-pandemia tutti dovranno continuare a rispettare distanze che, sulla normale catena di montaggio, sembrano impossibili. Per questo i robot collaborativi diventeranno i migliori alleati, imparando a riconoscere gli operatori e diventando sempre più autonomi. Se ne è parlato in un webinar Messe Frankfurt/Sps. I casi di Mitsubishi, Whirlpool, Omron, Universal Robots, Yaskawa

Remotizzazione e smart working. Ma non solo. Il Covid-19 ha cambiato totalmente la modalità di svolgimento delle operazioni anche nelle fabbriche. Ha stravolto la supply chain, ha cambiato forse per sempre i meccanismi di approvvigionamento e di magazzino. Un cambiamento talmente epocale che anche ora che iniziamo a riguadagnare un briciolo di normalità, tutti convergono su uno slogan “indietro non si torna”. Messe Frankfurt, celebre per l’organizzazione delle fiere Sps (che in Italia si tengono a Parma e ritorneranno “fisiche” nella primavera 2021) ha messo attorno a un tavolo, rigorosamente virtuale, aziende e centri di ricerca, per cercare di capire come la robotica possa aiutare il “New Normal”. L’occasione è il dibattito “Continua evoluzione della robotica industriale”, per provare a capire il ruolo delle nuove tecnologie durante l’epidemia di Covid-19 per garantire produttività e approvvigionamenti.

«Ci rivolgiamo verso temi già noti – confida Antonio Bicchi, presidente di I-Rim, l’Istituto di Robotica e Macchine Intelligenti – con un atteggiamento nuovo. Tecnologia e robotica possono aiutarci nell’epoca dello smart working. La supply chain che avevamo impostato in epoca pre-Covid ha mostrato le sue debolezze e molte aziende, trovando modi per incrementare la produttività, sono pronte al reshoring. E la robotica e la tecnologia possono aiutare molto a migliorare i risultati. Possiamo modificare la catena della logistica, possiamo perfino garantire un distanziamento sociale che è una cautela necessaria e resterà tale anche in futuro. Da questo punto di vista, la robotica collaborativa sarà la chiave di volta: i robot potranno lavorare a stretto contatto con gli umani, diminuendo le occasioni di interazioni ravvicinate umano-umano. Ora quello che manca è una cabina di regia internazionale che coordini questa trasformazione».







 

I costruttori di robot durante l’epidemia: Universal Robots

Alessio Cocchi, country manager di Universal Robots in Italia

Come si concilia l’esigenza di verifica e collaudo di dispositivi complessi come i robot con un momento in cui per cause di forza maggiore tutti i contatti umani sono interrotti così come le attività lavorative che non possano essere svolti da remoto? Una prima risposta ci arriva da Alessio Cocchi, country manager di Universal Robots in Italia. «Abbiamo ascoltato le esigenze dei nostri clienti – ci spiega – e abbiamo cambiato il modello di processo, mettendo a loro disposizione accessori plug&play». In questo modo, si è creata massima compatibilità tra hardware e software, riducendo al minimo le difficoltà e, di conseguenza, la necessità di interazione tra esseri umani. Un altro modo per non “abbandonare” i clienti durante il lockdown è quello di organizzare webinar e corsi di formazione digitali che consentano di risolvere i principali problemi di installazione e funzionamento degli apparati. Ma i robot hanno anche dei costi elevati. Per questo Universal Robots ha avviato la possibilità di acquisti a rate e di noleggi dei cobot interamente detraibili dal punto di vista fiscale.

 

L’approccio di Yaskawa

Fausto Chiri, Sales Director Robotics Division Yaskawa Italia

Il costruttore giapponese ha dovuto venire incontro alle esigenze di chi aveva sì lasciato aperta l’azienda, ma aveva poco personale all’interno, incapace di risolvere eventuali emergenze. «Per questo motivo – ci racconta Fausto Chiri, Sales Director della Robotics Division di Yaskawa Italia – abbiamo messo a punto un simulatore che consente di programmare anche offline, per aiutare le aziende che non avevano operai specializzati per svolgere le mansioni tipiche. È stato possibile ridurre del 50% i tempi di saldatura». Questo perché il cliente ha fornito una cella digitalizzata che è stata messa in moto senza l’ausilio di personale umano, in modo da poter lavorare in smart working. Allo stesso modo, Yaskawa ha offerto moduli di formazione e la possibilità di monitorare a distanza eventuali malfunzionamenti.

 

Omron e la divisione healthcare

Marco Mina, Key Account Manager Robotic Solutions di Omron Electronics

Una delle componenti di business più sviluppate per la multinazionale giapponese è quella relativa alla realizzazione di dispositivi sanitari. Macchine per la misurazione della pressione e dell’ossimetria, ad esempio. Ma anche device iù complessi. «Abbiamo avuto un canale privilegiato con le aziende che forniscono macchinari per la respirazione – ci spiega Marco Mina, Key Account Manager Robotic Solutions di Omron Electronics – per la produzione di un aspiratore che permette di liberare le vie aeree delle persone in terapia intensiva». Un altro settore in costante crescita è quello dei robot che sono stati impiegati in ospedale per il trasporto di strumentazioni e altri materiali nei reparti Covid oppure per la sanificazione con materiali come l’ozono che sono dannosi per la salute. Alla base c’è un nuovo sistema di gestione della flotta che è in grado di evitare gli ostacoli in maniera dinamica. Questo tipo di robot mobili autonomi, Amr, è ovviamente molto richiesto per l’incremento significativo dell’e-commerce, grazie anche alla capacità di trasporto fino a una tonnellata per uanto concerne i pallet.

 

L’automazione totale

Una necessità già ribadita nel post-Covid è quella di limitare le interazioni e i contatti tra esseri umani. Ma come è possibile farlo in una linea di produzione che, per definizione, prevede scarso distanziamento? Ci sta provando Gaiotto Automation, di Sacmi Group, che punta alla virtualizzazione completa di un’intera applicazione. «Per ora – ci spiega Giovanni Nervo, Direttore dell’azienda – stiamo provando ad arrivare alla totale automatizzazione di una linea di produzione dei sanitari. L’idea è di proporre soluzioni nella fabbrica “a luci spente” in cui tutti i processi sono automatizzati. Questo non significa che vogliamo eliminare la manodopera umana: ci sono ancora tante applicazioni che richiedono la manualità».

 

L’eredità post-Covid: qualche spunto su cui riflettere

Andrea Lolli, responsabile prodotti meccatronici di Schunk Italia

Ora che fortunatamente le restrizioni imposte dal Coronavirus iniziano a farsi meno stringenti, è già ora di guardare al “post” e cercare alcune lezioni che ci porteremo dietro per lungo tempo. «Per quanto ci riguarda – ci spiega Andrea Lolli, Responsabile Meccatronica di Schunk Italia – si configurano alcune possibilità. La prima è l’apprezzamento del valore reale delle tecnologie, come la digitalizzazione dei processi produttivi, e l’accelerazione nell’evoluzione di robotica e automazione, che potrebbero essere una chiave per una gestione più autonoma delle catene di fornitura, tornando a produrre in Italia senza dipendere da mercati che potrebbero portare problemi di approvvigionamento. Inoltre, le nuove tecnologie possono essere un valido alleato per l’automatizzazione di processi che oggi lo sono solo in parte, sempre più in un’ottica di smart factory».

Anche Enrico Rigotti, Area Sales Manager Italia di OnRobot, immagina che nel post-pandemia ci saranno alcuni cambiamenti profondi. «Il robot – ci spiega – diventerà uno strumento a disposizione dell’imprenditore, da sfruttare secondo le esigenze produttive che variano a seconda della discontinuità della domanda. Il robot non deve svolgere solo performance statiche per migliorare e velocizzare un’attività. Ci sono nuove urgenze, certo, ma la robotica ha ancora costi impegnativi. Per questo si tende ancora a calcolare il Roi su parametri come ottimizzazione e velocità. Noi invece cerchiamo di spostare l’attenzione verso un altro aspetto, che può diventare fondamentale: l’abbattimento delle barriere tecnologiche come complessità di programmazione dei robot industriali o la difficoltà di integrazione degli strumenti di brand diversi».

 

Caso di studio 1: Whirlpool e il progetto Rossini

Pierluigi Petrali, Operations Excellence Manager della divisione Manufacturing R&D di Whirlpool Corporation

Il Covid-19 ha accelerato anche un’altra tendenza: quella di sviluppare progetti in tandem tra imprese e ricerca per rendere l’automazione un pilastro sempre più funzionale. È il caso di Whirlpool e del progetto “Rossini”. «Siamo un’azienda – ci spiega Pierluigi Petrali, Operations Excellence Manager della divisione Manufacturing R&D di Whirlpool Corporation – che usa i robot da parecchi anni e che, dal 2016, è entrata anche nella robotica collaborativa. Abbiamo 16 installazioni solo in Europa, ma la vera collaborazione è ancora limitata a causa di aspetti tecnologici e legislativi. Per questo riteniamo doveroso investire in progetti di ricerca per rendere ancora più efficaci i robot collaborativi, in modo che siano in grado di interagire con l’operatore e l’ambiente e che siano capaci di adattare il loro comportamento a seconda di chi ha di fronte. Il braccio non basta più, ci vuole una visione più integrata».

Per questo motivo, qualche anno fa è iniziato il “progetto Rossini”, nato sotto l’egida di Horizon 2020, insieme a Datalogic, il consorzio Crit e l’Università di Modena e Reggio Emilia. In questo progetto si vuole prendere un robot non nativamente collaborativo, ma con elevata capacità di sbraccio e di payload e renderlo collaborativo con la postazione di lavoro. Significa creare un sistema integrato che comprende il braccio robotico, la pinza, i sensori: tutti oggetti che devono essere in grado di percepire chi è l’operatore che c’è di fronte. «L’obiettivo – aggiunge Petrali – è di sviluppare una capacità di mediazione dei concetti in entrambe le vie, senza fermarci a che cosa è o non è “collaborativo”».

 

Caso di studio 2: Mitsubishi e il matrimonio tra Ai e robot

Marco Filippis, Product Manager Robot South Emea di Mitsubishi Electric Europe

L’ultima parola chiave, resa ancora più importante dall’epidemia di Coronavirus ma già ben presente nella road map di qualunque smart factory, è autonomia. Anche Mistubishi Electric si sta muovendo in quest’ottica, per sviluppare sistemi in cui si integrano robot e intelligenza artificiale. Il tutto per dare vita a una piattaforma AI, Robot Motion Planning, che permette la reazione in tempo reale agli stimoli esterni. «In questo modo  – conclude Marco Filippis, Product Manager Robot South Emea di Mitsubishi Electric Europe – il robot è più autonomo grazie a un sistema software inetgrato con l’hardware in modo da adattarsi all’ambiente circostante vedendo l’operatore come se fosse un ostacolo e, di conseguenza, riprogrammando il percorso per raggiungere la meta. Senza contare che la connessione con il sistema It permette di ricreare un digital twin del cobot stesso. Così si eleva il livello di manutenzione predittiva in attesa del 5G, quando poi diventerà live e remota».














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