2021 Odissea nello spazio! Ma come sarà il 2022 dell’industria aerospaziale italiana?

di Laura Magna ♦︎ L’Italia è il terzo contribuente Esa (589,9 milioni). Cresce il mercato dell’osservazione della terra: 500 milioni. Avio: Vega C e la propulsione green. Thales Alenia: moduli pressurizzati per Axiom. Telespazio: geoinformazione. Acea: efficientamento rete tramite immagini satellitari. Enel: trasporto wireless di energia prodotta sulla Luna. Prysmian: l’internet satellitare per connettere le fabbriche. UnipolSai prezza il rischio assicurativo con la earth observation. Il Pnrr e i 2,49 miliardi per la space economy

2021: è stato davvero l’anno dell’odissea nello spazio. Un anno in cui la space economy globale ha raggiunto il valore di 371 miliardi di dollari e ha attratto investimenti superiori ai 100 miliardi (e 14 miliardi in start-up). Numeri che sembrano enormi, ma rappresentano solo l’avvio di un mercato che ha un potenziale enorme e per lo più inesplorato (e che si stima raggiunga i mille miliardi di valore, ovvero triplichi, nel 2040). In questo mercato l’Italia ha un ruolo di primo piano.

Perché da un lato poggia su un’industria aerospaziale eccellente che combina manifattura e frontiera tecnologica (con Thales Alenia Space Italia, Telespazio, Avio e le loro filiere di riferimento) e che accelera il passo su diversi fronti, dall’accesso allo spazio, alla comunicazione satellitare, ai servizi in orbita, all’osservazione della terra. E dall’altro vede aziende diverse, nei settori più disparati, iniziare a sperimentare tecnologie disruptive con la volontà di sfruttare i dati in arrivo dallo spazio per usi commerciali.







Da Enel ad Acea, da Prysmian a UnipolSai, i casi di uso sono ormai molti. Gli uno e gli altri attori del sistema hanno portato la loro visione nel corso della presentazione dell’Osservatorio Space Economy della School of Management del Politecnico di Milano (gli interventi in questo articolo sono tratti da questo evento). E questa visione è ciò che offre le migliori indicazioni delle prospettive della space economy italiana. Prima di illustrarle però, vale la pena fare un breve excursus dei numeri.

Gli investimenti globali della space economy rispetto al Pil, ci collocano al quinto posto nel mondo, dopo Usa, Russia, Francia, Giappone e Cina e prima della Germania

Segnali dallo spazio (che con il Pnrr possono finalmente essere raccolti)

Nel mondo, «nel 2021 l’attività spaziale ha avuto un vero e proprio boom – affermano Paolo Trucco e Franco Bernelli Zazzera, Responsabili scientifici dell’Osservatorio – lo testimonia l’aumento del numero di satelliti in orbita, l’accelerazione nei viaggi spaziali con civili realizzate da aziende come SpaceX, Blue Origin, Virgin Galactic. Nel 2021 se ne contano in totale 4838, con un aumento in particolare dei piccoli satelliti (sotto i 600 kg): solo nel 2020 ne sono stati lanciati il 40% (pari a 1202 satelliti) di quelli lanciati negli ultimi 10 anni». Ma è soprattutto la consapevolezza diffusa sulla rilevanza strategica della Space Economy a fare da traino al settore. «Che è d’altronde sempre più abilitante nelle dinamiche di innovazione cross-settoriale delle attività economiche, nel dibattito pubblico e nelle politiche industriali. Per il nostro Paese, grazie al Pnrr che da solo prevede un finanziamento al settore di 2,49 miliardi di euro e al New Deal Europeo il settore può fare da traino a innovazione e nuove infrastrutture e contribuire al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità e transizione dell’agenda europea e domestica. Con impatti sulla transizione digitale ed ecologica, sulla mobilità sostenibile, sull’inclusione e la salute».

Nel 2021 la space economy globale ha raggiunto il valore di 371 miliardi di dollari e ha attratto investimenti superiori ai 100 miliardi (e 14 miliardi in start-up)

Quanto investono i governi nel mondo, mentre si fanno strada anche i privati. Che pesano ormai il 10%

L’investimento pubblico globale in aerospazio, nel 2021, ha superato i 100 miliardi di dollari, un segnale della posizione prioritaria che occupa nelle agende politiche. L’Europa è seconda solo agli Usa per entità di spesa, con 11,48 miliardi di dollari investiti nel 2021 contro 43,01 miliardi di dollari. Seguono Cina, Russia, Giappone e India. Sono 88 i paesi nel mondo che investono in programmi spaziali, 14 dei quali hanno capacità di lancio. Grazie a Copernicus, Egnos e Galileo, l’Ue possiede sistemi spaziali di livello mondiale, con più di 30 satelliti in orbita (e l’intenzione di raddoppiarli nei prossimi 10-15 anni) e una previsione di spesa di 14,8 miliardi di euro nel periodo 2021-2027, la somma più alta mai stanziata prima. «La gran parte degli investimenti, l’86% dei 100 miliardi di dollari investiti in Europa complessivamente, derivano dal pubblico – dice Angelo Cavallo, Direttore, Osservatorio Space Economy – Ma sono significativi anche gli investimenti privati nelle startup della Space Economy. Rileva il sempre maggiore coinvolgimento del mercato azionario: ben 606 imprese nel 2021 si sono quotate tramite il meccanismo di Spac (Special Purpose Acquisition Company), contro una sola nel 2020».

nel 2021 l’attività spaziale ha avuto un vero e proprio boom – affermano Paolo Trucco e Franco Bernelli Zazzera, Responsabili scientifici dell’Osservatorio – lo testimonia l’aumento del numero di satelliti in orbita, l’accelerazione nei viaggi spaziali con civili realizzate da aziende come SpaceX, Blue Origin, Virgin Galactic. Nel 2021 se ne contano in totale 4838, con un aumento in particolare dei piccoli satelliti (sotto i 600 kg): solo nel 2020 ne sono stati lanciati il 40% (pari a 1202 satelliti) di quelli lanciati negli ultimi 10 anni

Il posizionamento dell’Italia nella space economy globale

L’Italia si colloca tra i 9 Paesi dotati di un’agenzia spaziale con un budget di oltre 1 miliardo di dollari all’anno. Analizzando gli investimenti dei singoli paesi in relazione al PIL (0,06% nel 2019), il nostro paese si colloca al sesto posto al mondo, dopo Russia, Usa, Francia, India e Germania, e al terzo in Europa. Con 589,9 milioni di euro, l’Italia è il terzo contribuente all’European Space Agency nel 2021, dopo Francia (1065,8 milioni) e Germania (968,6). «Un altro aspetto da evidenziare è che gli investimenti globali della space economy rispetto al Pil, ci collocano al quinto posto nel mondo, dopo Usa, Russia, Francia, Giappone e Cina e prima della Germania – dice Cavallo – L’allocazione dei budget per il 2021 è stata di 6,49 miliardi di euro e si conferma nel 2022, con l’Osservazione della terra che cresce e arriva a 1,6 miliardi da 1,4 miliardi. Il mercato dell’osservazione della terra in Italia vale 500 milioni circa. Ed è in forte crescita: anche perché è un settore che ha impatti dall’energy alla agricoltura, alle assicurazioni e la finanza, fino alla difesa».

Il mercato dell’osservazione della terra in Italia vale 500 milioni circa. Ed è in forte crescita: anche perché è un settore che ha impatti dall’energy alla agricoltura, alle assicurazioni e la finanza, fino alla difesa

L’industria italiana dell’aerospazio 1/ Ranzo (Avio): una capacità sistemica con pochi rivali al mondo

Il motore a razzo M10, funzionante a ossigeno e metano, equipaggerà il futuro missile Vega E. Sviluppato da Avio Aero e altri partner per conto di ASI e ESA,viene definito “il primo motore in 3D” per l’esteso impiego di parti in additivo, compresa la camera di combustione recentemente collaudata con successo al Marshall Space Center della NASA

Il Pnrr rappresenta una pietra miliare perché introduce un nuovo paradigma nel nostro Paese. Ed è un’occasione perché l’Italia esprime diverse eccellenze in alcuni ambiti – accesso allo spazio, osservazione con servizi di terra e moduli abitati e robotizzati per l’esplorazione spaziale – che «sono tutti elementi presenti nel piano. Ma per scaricare a terra occorre ora essere semplici, traducendo le opportunità in contratti nel minor tempo possibile. La cosa principale è riuscire a impiegare queste risorse entro il 2026», dice Giulio Ranzo, ceo di Avio, che opera nel settore dei lanciatori e della propulsione applicata a sistemi di lancio, missili e satelliti. Ed è nota per il proprio coinvolgimento nell’ambito del programma spaziale Vega, il razzo dell’Esa per carichi leggeri di cui è prime contractor e del programma Ariane, il più grande lanciatore satellitare europeo, per il quale ricopre il ruolo di fornitore. Nel 2020 il gruppo, che è quotato a Milano, ha registrato ricavi netti pari a 322 milioni di euro, in calo del 12,6% rispetto all’esercizio precedente.

«Noi ci occupiamo di accesso allo spazio – continua Ranzo – e in questo ambito l’Italia con uno sforzo di 20 anni si è dotata di una capacità sistemistica di accesso allo spazio che hanno 6 o 7 paesi al mondo. Abbiamo creato il sistema Vega lanciato per la prima volta nel 2012 e da allora sono stati effettuati 20 lanci per clienti in tutto il mondo, in linea con le aspettative della space economy. A settembre 2020 sono stati lanciati 53 differenti satelliti contemporaneamente provenienti da soggetti della new space economy. Attraverso investimenti ulteriori nei prossimi mesi Avio mira al lancio della nuova versione di Vega, Vega C per sviluppare nuove applicazioni e dovremo sfruttare il Pnrr per sviluppare nuove tecnologie. Puntando sulla propulsione green e la riutilizzabilità dei sistemi di lancio, e l’avionica per estendere le capacità di servizi in orbita». Bisogna ripartire dai punti di forza del Paese e dirigere gli investimenti per dotarsi di capacità in più al servizio dello stesso.

 

L’industria italiana dell’aerospazio 2/ Comparini (Thales Alenia): la manifattura tailor made va nello spazio (e spesso guida in Ue)

Thales Alenia Space – ExoMars Integration

Uno di questi punti di forza è la capacità sistemica. Ma non è il solo. «L’Italia è paese guida, per esempio, nell’aver concepito la prima Navetta automatizzata Space rider che l’Europa sta cantierando ed è uno strumento che farà fare sperimentazioni in microgravità con costo di accesso basso», dice Massimo Claudio Comparini, ceo Thales Alenia Space Italia, gruppo che nasce come jv tra Thales (67%) e Leonardo (33%) e conta circa 7700 dipendenti in 9 Paesi e 17 sedi in tutto il mondo. E che è uno dei principali fornitori di infrastrutture orbitali e di sonde per l’osservazione della terra dallo spazio e per l’esplorazione dell’Universo, per governi, istituzioni, agenzie spaziali, dalla Nasa all’Asi all’Esa, operatori nel campo delle telecomunicazioni. Ma è soprattutto una grande industria manifatturiera con 10 fabbriche in Francia, Italia, Spagna, Belgio e Germania, dove sviluppa applicazioni scientifiche, commerciali, militari e di sicurezza. Nel 2020 i ricavi hanno subito un calo del 10%, a 1,85 miliardi, ma nel 2021 si prevede un recupero sui livelli del 2019.

«È la prima volta che l’Europa lo fa e lo guida l’Italia – continua Comparini – L’Italia ha inoltre molto da dire nell’ambito della costruzione delle nuove infrastrutture spaziale e nella possibilità di estendere il ciclo di vita di assetti spaziali che in futuro saranno concepiti». Il riferimento è alla prima stazione spaziale commerciale al mondo che sta costruendo Axiom e a cui i primi due moduli pressurizzati li fornirà proprio Thales Alenia Space Italia: «li costruiamo noi a Torino – conferma il ceo – siamo dentro un’economia da miliardi di euro che vedrà l’operatività di astronauti professionalizzati che possono essere gruppi di ricerca delle big pharm, per esempio. Nel prossimo decennio torneremo sulla Luna per restarci e fare ricerca e sperimentazione sull’uso di risorse in modo sostenibile». La new space economy si innesta sulla frontiera tecnologica dell’aerospazio e si sviluppa sul connubio con il digitale. «Che è davvero disruptive – continua Comparini – Oggi abbiamo architetture sofisticate, satelliti che parlano tra di loro e satelliti che sono riconfigurabili nel tempo e abbiamo visto emergere paradigmi produttivi tipici di altri settori. I pilastri della new space economy sono innanzitutto la connettività globale, che si basa sulle costellazioni insieme agli assetti geostazionari; la capacità di osservare il pianeta con risoluzione temporale sempre più elevata che abilita la sostenibilità e attraverso applicazioni come l’agricoltura di precisione, la business intelligence, il monitoraggio dei nostri punti di costa e la gestione delle emergenze. E ancora l’economia dell’orbita bassa o lunare, che fino a pochi anni fa sarei stato scettico che sarebbe stata così veloce. Infine c’è la dimensione dell’esplorazione che è diventata anch’essa economia».

 

L’industria italiana dell’aerospazio 3/ Brancati (Telespazio): la capacità di abilitare la sostenibilità

Sede Telespazio. Di Carlo Dani – Opera propria, CC BY-SA 4.0, commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=47162610

Tutte queste dimensioni, che l’industria italiana possiede, possono contribuire alle missioni del Pnrr, in senso lato. Lo spiega Marco Brancati, Ctio di Telespazio SpA, che opera in settori che vanno dalla progettazione e sviluppo di sistemi spaziali, alla gestione dei servizi di lancio e controllo in orbita dei satelliti; dai servizi di osservazione della Terra, comunicazioni integrate, navigazione e localizzazione satellitare, fino ai programmi scientifici. La joint venture tra Leonardo (67%) e Thales (33%) è tra i principali operatori al mondo nel campo delle soluzioni e dei servizi satellitari e nel 2020 ha generato un fatturato di 540 milioni di euro e può contare su 3000 dipendenti in nove Paesi attraverso 13 società controllate e joint venture.

«Nella Missione 1, che mira alla digitalizzazione – dice Brancato – troviamo temi dove si esprime la componente satellitare di servizio. Che può abilitare sia la digitalizzazione della Pa, sia quella nei business privati e anche contribuire alla riduzione del digital divide». L’industria italiana dell’aerospazio potrà avere un impatto anche sulle Missioni 2 e 3. «Ovvero – continua Brancato – quelle che attengono alla rivoluzione verde e al monitoraggio delle infrastrutture. Sulla missione 2 abbiamo temi di estrema importanza agganciati alle attività in essere del mondo della geoinformazione, legati all’ambiente, dal contenimento dei rischi idrogeologici alla prevenzione dei crimini ambientali. Ma anche la Smart agricolture, che sempre più è supportata dalla componente spaziale. Nella missione 3 la comunicazione satellitare è a supporto delle infrastrutture di trasporto, e dei sistemi di mobilità ferroviaria smart». Ma le tecnologie satellitari sono abilitanti anche nella Missione 4 (quella relativa a istruzione e ricerca). «Nel corso della pandemia sono state sviluppate grazie alla comunicazione satellitare soluzioni di monitoraggio dell’ambiente con Ai che ci hanno dato la possibilità di identificare focolai di Covid e di sviluppare la capacità previsionale che serve a dimensionare gli sforzi della componente sanitaria. Per la Missione 4 sono fondamentali i partenariati, quello dello spazio è uno di quelli dove si mettono a fattor comune le componenti dell’università e dell’industria».

 

Il fronte commerciale 1/: l’efficientamento della rete di Acea grazie alle immagini satellitari

Giuseppe Gola, ad Acea

Ma la space economy ha molti rilevanti impatti sui business che si svolgano a terra e poco hanno a che fare con lo spazio. «Prima di avere a disposizione gli strumenti di osservazione della terra – Andrea Fratini, Head of Scouting, Innovation Solutions & Ecosystem Acea – erano necessari sopralluoghi fisici per capire la causa dei malfunzionamenti delle reti. Siamo diventati partner di una start-up, Gmatics, che consente tramite l’osservazione satellitare di predire l’aumento della vegetazione per individuare il rischio di un’interruzione del servizio. In caso di alert facciamo verifiche ispezioni sul posto per intervenire. L’algoritmo di crescita della vegetazione opportunamente addestrato è in grado di fare modelli di previsione molto realistici. E questo va a favore della nostra efficacia operativa: siamo passati da monitoraggi annuali a controlli mensili, con riduzione dei guasti e costi per la movimentazione delle persone: le uscite sono diminuite del 40%. E ci abbiamo guadagnato anche in termini di sicurezza, perché i sopralluoghi vanno fatti in zone impervie e pericolose. È una sperimentazione fondamentale anche per altre applicazioni. Questo tipo di monitoraggio riesce a rilevare anche influenze antropiche (come costruzioni non autorizzate). È applicabile, ancora, anche all’illuminazione pubblica (che risente della vegetazione)».

 

Il fronte commerciale 2/ la frontiera del trasporto wireless di energia prodotta sulla Luna, secondo Enel

Francesco Starace, ceo di Enel

Anche Enel è molto attiva nella sperimentazione dell’aerospazio. Lo spiega Sara Caria, Head of Innovation Intelligence & Partnerships, Innovability del gruppo. «Noi abbiamo servizi che possono essere clusterizzati in tre gruppi. L’impiego di tecnologie appartenenti al mondo spaziale che sono già business; nell’osservazione della terra a supporto di molti business di Enel, dall’individuazione dei siti per gli impianti fotovoltaici, al monitoraggio degli stessi o la manutenzione predittiva delle infrastrutture della rete elettrica, fino ai flussi di traffico nelle città». E infine, Enel sta sperimentando applicazioni nel campo della connettività satellitare. «Uno dei casi di uso più significativi è la prima fase di costruzione di un impianto solare – dice Caria – Durante le operation l’infrastruttura di connessione è già in esercizio, ma nella prima fase non c’è o non è in esercizio. Su questo stiamo sperimentando per capire come la connessione può essere basata su IoT o Internet satellitare. Che è un campo che al 2040 si prenderà una bella fetta del mercato complessivo. Quanto ai nuovi business stiamo lavorando alla wireless energy transmission: con l’obiettivo di trasportare sulla terra l’energia prodotta sulla luna. Le tecnologie al momento non lo permettono ma anche questo segna una tendenza».

 

Il fronte commerciale 3/: il settore dell’aerospazio come cliente e l’internet satellitare per connettere le fabbriche di Prysmian nel mondo

La direttrice del Digital Strategy & Innovation Lab Carlotta Dainese

Una tendenza che costituisce uno stimolo a guardare avanti per tutti i business tradizionali. Lo sostiene Carlotta Dainese, Digital Strategy & Innovation Lab Director, Prysmian. «Le declinazioni sono diverse per noi – dice Dainese – l’internet satellitare ci interessa in quanto azienda che controlla 106 fabbriche nel mondo anche in aree remote e visto il nostro business: installiamo cavi nell’oceano a 3mila metri di profondità. Ci interessa quindi come strumento per efficientare il nostro business. Ma space economy per noi vuol dire anche vendita dei cavi per il settore spaziale, per cui abbiamo una fabbrica dedicata in Francia. Siamo nel momento di esplorazione. L’innovazione può essere incrementale, adiacente e disruptive: quella nella space economy è a metà tra adiacente e disruptive. Ma non si vivrà solo di cavi: esistono tecnologie wireless, per questo dobbiamo guardare avanti e costruire collaborazioni con istituti di ricerca. Non possiamo prescindere dal modello di business: dobbiamo entrare in un ecosistema dove ci siano partner tecnologici esperti del settore per definire le opportunità e i modelli per valorizzare i nostri asset o per inserirci in un nuovo mercato per produrre servizi che non ci sono ancora».

 

Il fronte commerciale 4/ UnipolSai prezza il rischio assicurativo con la earth observation

Carlo Cimbri, ad UnipolSai

L’osservazione della Terra ha impatti rilevantissimi anche su settori apparentemente remoti, come quello delle assicurazioni. Ne parla Lorenzo Cordin, Head of Digital & Open Innovation, UnipolSai, sottolineando la grande attenzione ai dati che l’azienda ha da sempre. «Da dieci anni abbiamo le scatole nere nelle auto che si basano sul gps e che ci consentono di verificare le dinamiche nei casi di sinistro più controversi – dice Cordin – Guardiamo con molta attenzione al settore dell’osservazione della terra: gran parte dei beni che oggi assicuriamo sono legati a una posizione, auto, pmi, casa. Avere dati raccolti da remoto e con tecnologie di remote sensing è un’opportunità che non possiamo lasciarsi scappare, perché la loro analisi consente di prezzare il rischio. Per seguire il trend ci siamo strutturati con l’open innovation per sfruttare le opportunità che arrivano dall’esterno».














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