Da produttore di lanciatori a launch service provider: la strategia di Avio, big italiano dell’industria aerospaziale

di Barbara Weisz ♦︎ L'azienda guidata da Giulio Ranzo e partecipata da Leonardo, 350 mln di fatturato, apre una nuova fase. Nel 2024, diventerà Launch Service Operator e Launch Service Provider per Vega C. Il nuovo lanciatore Vega E, spinto dal motore M10 alimentato a ossigeno a metano. Il progetto pilota per la manutenzione predittiva tramite IA. Ne parliamo con Marco Biagioni, chief program officer

Vega C sulla rampa di lancio

Il settore dei lanciatori sta diventando sempre più competitivo, il summit europeo del novembre scorso a Siviglia ha segnato una svolta in questo senso. E di conseguenza è utile coinvolgere nuovi attori. In Avio «lo stiamo facendo attraverso la collaborazione con start up che identificano un prodotto e propongono di svilupparlo. Alla fine, il manufatto viene integrato nei nostri sistemi. Oppure lavoriamo con società che già operano in un campo attinente, che può essere l’aeronautica, o la nautica, e le coinvolgiamo nella realizzazione di componenti per i nostri lanciatori. È un modo per fertilizzare il territorio, e creare un’alternativa ai player tradizionali che aiuta la competizione». Marco Biagioni, chief program officer di Avio, sintetizza così la strategia del gruppo dell’aerospazio con sede a Colleferro, in provincia di Roma.

Ricavi 2022 sopra i 350 milioni di euro, quotata sul segmento Euronext di Borsa Italiana, partecipata da Leonardo (con il 29,6%), in questo 2024 – oltre a preparare i nuovi lanci di Vega C – l’azienda guidata da Giulio Ranzo continua a lavorare sul prossimo razzo, il Vega E, con l’obiettivo di mandarlo in orbita a partire dal 2026. Nell’ambito della nuova governance messa a punto nel corso del Consiglio Esa (Agenzia spaziale europea) di Siviglia, diventerà oltre che produttore un launch service provider e quindi gestirà autonomamente le missioni nello spazio.







In parole semplici, spiega Biagioni, «venderemo il biglietto per portare i satelliti nello spazio». Infine, sta ultimando lo sviluppo di un motore green, l’M10, alimentato con combustibili criogenici, per la precisione metano e ossigeno liquido, finanziato dall’Agenzia Spaziale Europea nell’ambito del Programma Vega E ed in parallelo è partito lo sviluppo del motore di taglia superiore l’M60 finanziato dai fondi Pnrr nell’ambito del progetto “Economia in Orbita” (si inserisce nella Missione 1 del Piano nazionale di ripresa e resilienza, dedicata a digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo, che in tutto ha una dotazione di 1,487 miliardi di euro). M10 è’ un motore di nuova generazione, con una classe di spinta di 10 tonnellate, realizzato con tecnologie di additive layer manufacturing (Alm), è il primo nel suo genere a essere testato in Europa (ma si inserisce in un trend tecnologico perseguito da diversi player internazionali, per esempio Starship di Elon Musk).

Marco Biagioni, chief program officer di Avio

Vediamo nel dettaglio come vengono portati avanti questi progetti attraverso un’intervista a Marco Biagioni realizzata nel corso di un evento organizzato dall’Osservatorio Space Economy del Politecnico di Milano dedicato alle nuove frontiere del settore. Il trend emergente è esattamente quello nel quale si inserisce Avio, ovvero la creazione di un ecosistema italiano dell’industria dello spazio aperto a nuovi attori. Le direttrici attraverso cui si sviluppa questa strategia del sistema paese sono due: l’elaborazione dei dati provenienti dalle missioni di Osservazione della Terra al servizio di segmenti industriali diversi da quello spaziale (logistica, trasporti, industria in senso stretto, agricoltura, smart city). E, appunto, il coinvolgimento di nuove realtà del mondo dell’industria, della ricerca e sviluppo, e dell’innovazione nella produzione aerospaziale in senso stretto. Come detto, e come vedremo in modo approfondito, è questo il trend in cui si inserisce Avio. In entrambi i casi, l’anello di congiunzione è rappresentato dallo sviluppo dell’industria digitale. Digital twin, realtà aumentata e realtà virtuale per il testing e la preparazione delle missioni, intelligenza artificiale per la trasformazione del dato spaziale in un’informazione fruibile, ma anche (come nel caso di Avio) per la manutenzione predittiva dei lanciatori.

Un punto di forza dell’industria aerospaziale italiana: la filiera

L’industria aerospaziale è al momento caratterizzata, a livello internazionale, da una preponderanza del settore pubblico e di pochi grandi gruppi. Il panorama produttivo italiano, invece, pur rispecchiando in termini di fatturato questa composizione, presenta già una maggior diversificazione. In base all’ultima edizione del catalogo dell’industria spaziale nazionale pubblicato dall’Asi (l’agenzia spaziale italiana), la filiera è composta da circa 200 aziende, per la maggior parte di medie dimensioni, fra le quali non mancano start-up e in generale aziende che stanno testando prodotti e servizi innovativi. Sul portale online dedicato a questo catalogo, l’industria spaziale italiana viene definita una delle poche al mondo già in grado di coprire l’intera filiera (grandi aziende dello spazio, player tecnologici, system integrator, piccole e medie imprese attive sia nell’upstream sia nel downstream).

Avio, strategia di partnership per lo sviluppo del lanciatore Vega

Un base di tutto rispetto, dunque, per allargare ulteriormente gli orizzonti. «È sempre interessante coinvolgere nuovi attori, rispetto ai player tradizionali, perché il campo dei lanciatori sta diventando sempre più competitivo, anche in Europa» sintetizza Biagioni. Che presenta un esempio emblematico: «ci sono alcune componenti del lanciatore Vega, come il payload fairing, il bagagliaio, che vengono prodotte da un’unica azienda al mondo. I nostri competitor hanno intrapreso strade alternative. Penso a Space X, che ne ha internalizzato la produzione. Noi stiamo esplorando la possibilità di coinvolgere una società italiana, che fa prodotti simili tecnologicamente».

Interni dello stabilimento di Colleferro, dove nasce il lanciatore Vega C. Entro novembre 2024 questo lanciatore dovrebbe tornare in volo,

È una scelta che ha un duplice vantaggio: consente di creare un’alternativa a un player tradizionale sulla catena di fornitura, e di conseguenza ha un impatto positivo sul mercato in termini di concorrenza. E «migliora la competitività del mio prodotto finale».

La svolta europea: Avio diventa anche launch service provider

Al Consiglio Esa di Siviglia del novembre 2023 è deciso che nel corso del 2024 Avio diventi Launch Service Operator (Lso) e Launch Service Provider (Lsp) per Vega C. Quindi, gestirà direttamente le operazioni di volo e i diritti di commercializzazione di Vega C.

Un aspetto rilevante anche in vista di uno sviluppo del business di Avio, che si prepara a diventare un launch service provider. Significa che «noi venderemo il biglietto al costruttore di satelliti per poter accedere allo spazio». La svolta come detto è stata decisa al Consiglio Esa di Siviglia del novembre 2023, e prevede che nel corso del 2024 Avio diventi Launch Service Operator (Lso) e Launch Service Provider (Lsp) per Vega C. Quindi, gestirà direttamente le operazioni di volo e i diritti di commercializzazione di Vega C. Attualmente l’unica azienda europea a poter svolgere questa funzione è Arianespace (controllata da Airbus e Safran), alla quale ora si affiancherà il gruppo italiano. È previsto inoltre il raggiungimento di un accordo tra le due società per la gestione dei 17 voli già contrattualizzati e della fase di transizione.

I lanci 2024: in orbita Vega e Vega C

Nel frattempo, prosegue il programma di lanci 2024. «A cavallo dell’estate è in agenda l’ultimo lancio di Vega», e prima della fine dell’anno, intorno a novembre, torna invece in volo il Vega C. «Abbiamo ridisegnato il componente difettoso, lo proveremo due volte, prima e dopo l’estate, e poi torneremo in volo entro la fine dell’anno». Il riferimento è all’incidente avvenuto nella missione del dicembre 2022, che ha causato la perdita di due satelliti della costellazione francese per l’osservazione della Terra, per un problema all’ugello di un motore.

Dunque, nel 2024 sono programmati due lanci, dalla base del Centro Spaziale della Guyana Francese. Poi, nel 2025, ci saranno altri quattro lanci sempre utilizzando il Vega C. Il lavoro ingegneristico che viene effettuato dal costruttore in questi casi non è di aggiornamento tecnologico del razzo, viene svolta quella che Biagioni chiama «missionizzazione. Il lanciatore deve anzi essere modificato il meno possibile, così si facilita il lavoro di preparazione del volo. La missionizzazione prevede l’adattamento dell’ultima parte del lanciatore al payload, o ai payload.

L’evoluzione tecnologica dei lanciatori, dal Vega al Vega E

Il lanciatore Vega E ha un’architettura a tre stadi e utilizza un nuovo motore, che si chiama M10.

Intanto Avio lavora sul nuovo lanciatore, il Vega E: «dovrebbe volare a partire dal 2026, ma andrà in parallelo a Vega C, che comunque resta il nostro cavallo di battaglia».

Spieghiamo bene l’evoluzione dei lanciatori Avio. Il primo della serie è stato il Vega, pesato per carichi leggeri (satelliti fino a 2 tonnellate) in orbita bassa (fra 300 e 2mila km di altezza), è un razzo a quattro stadi spinto da propulsione a propellente solido. Completato nel 2015, ha effettuato il primo lancio commerciale nel 2016 e, come detto, quest’anno effettuerà l’ultima missione. Il Vega C (consolidation), ha effettuato il suo primo volo nel luglio del 2022, è progettato per un carico maggiore rispetto al predecessore, ottimizza i costi di produzione grazie alla condivisione del primo stadio con Arianne 6 (che è un razzo prodotto da ArianeGroup, Avio coopera alla produzione dei motori). Sfrutta le capacità di un nuovo adattatore di carico Ssms (Small spacecraft mission Service) per trasportare decine di microsatelliti in orbita terrestre basse. È più versatile del suo predecessore: il Vega poteva trasportare il 50% dei satelliti Leo, la percentuale sale al 90% con il Vega C, in grado di effettuare lanci multipli. E siamo al Vega E, che invece ha un’architettura a tre stadi e utilizza un nuovo motore, che si chiama M10.

Il motore M10 a energia pulita, alimentato a ossigeno a metano

Una tecnologia che accomuna tutti i lanciatori Vega, e che viene utilizzata anche per i motori di Ariane 6, è il Filament Winding, una tessitura di filamenti di carbonio.

È un motore criogenico e, di conseguenza,  green «perché ossigeno e metano sono propellenti considerati puliti». Di classe 10 tonnellate «lo utilizzeremo in volo per i lanci di un In flight demonstrator (Ifd), ovvero in due lanci di prova il cui obiettivo oltre a provare in volo il motore è anche quello di qualificare altre tecnologie comprese le manovre di un possibile rientro». Infine, equipaggerà lo stadio superiore del Vega E. È uno dei pochi motori a ossigeno metano sviluppati nel mondo ma è comunque «una tendenza verso cui stanno andando tutti gli attori, come ad esempio i propulsori di Starship di Elon Musk. Sono motori che hanno una buona efficienza energetica accoppiata ad una facilità di utilizzo. È molto più facile trattare il metano e l’ossigeno liquido piuttosto che l’idrogeno, che deve essere gestito a temperature molto basse. Quindi, ha un buon rendimento e maggiore semplicità di utilizzo».

Una tecnologia che accomuna tutti i lanciatori Vega, e che viene utilizzata anche per i motori di Ariane 6, è il Filament Winding, una tessitura di filamenti di carbonio. «La utilizziamo da anni per gli involucri dei motori a propellente solido. E ora la applicheremo ai serbatoi per i liquidi criogenici», che, come abbiamo visto, sono i propellenti che alimentano il motore M10. «Ci sarà un serbatoio in filament winding per l’ossigeno, e uno per il metano».

L’IA per la manutenzione predittiva, un progetto pilota

Infine, l’intelligenza artificiale, utilizzata in chiave manutentiva. «Ci siamo resi conto che ogni lancio, tramite delle metriche precise, ci permette di recuperare una grande mole di dati, sia relativi al funzionamento di tutti gli stadi sia a quello del lanciatore in generale. Più aumenta la frequenza dei lanci, più ci rendiamo conto che far analizzare tutti i dati a un essere umano, fra un volo e l’altro, è complicato, lungo, costoso, e tante volte non ce la facciamo. L’utilizzo dell’IA per processare questi dati ci consente di individuare in anticipo eventuali problemi tecnici o anomalie». Quindi, un’applicazione di manutenzione predittiva: «vengono individuati piccoli segnali, vibrazioni, che non sono facili da rilevare senza l’ausilio delle tecnologie, e che invece l’IA è in grado di isolare. In pratica li identifica, e quando li sente manda un segnale di allerta. È un progetto pilota, abbiamo messo a punto gli algoritmi, stiamo i caricando i dati».

Qualche dato su Avio

Giulio Ranzo, ceo di Avio

Azienda con oltre 100 anni di storia, fondata nel 1912 (si chiamava Bdp, Bombrini-Parodi-Delfino, e inizialmente produceva esplosivi), è quotata in Piazza Affari dal 2017. L’operazione è avvenuta sotto la guida dell’attuale ceo, Giulio Ranzo. In azienda dal 2011 e amministratore delegato dal 2015, nel 2016 ha fondato In-Orbit SpA, una società veicolo nella quale ha investito insieme a 70 manager di Avio per acquisire il 4% del capitale dell’azienda.

Il gruppo dell’aerospazio ha sempre avuto il quartier generale a Colleferro, in provincia di Roma, ma oggi ha altri quattro sedi nel mondo (altri due in Italia, a Rivalta di Torino e Airola, nella provincia di Benevento, uno a Parigi e uno a Kourou, nella Guyana francese), e un centro di test per i motori green a Perdasdefogu, in Sardegna.

Negli stabilimenti di Colleferro, di cui il gruppo è proprietario, vengono prodotti i lanciatori Vega e hanno sede le attività di ricerca e sviluppo, a cui vengono destinati il 25% dei 1200 dipendenti nel mondo. A Parigi c’è la sede principale di Europropulsion, joint venture paritetica con ArianeGroup, dove viene gestito lo sviluppo dei propulsori P120 primo stadio del lanciatore Ariane 6 e del lanciatore VEGA C poi costruiti in parte a Colleferro ed in parte a Bordeaux e finalmente assemblati in Guyana francese negli stabilimenti della stessa Europropulsion. Nella sede piemontese è collocato un gruppo di ingegneri specialisti nella progettazione delle turbopompe per i motori a propellenti liquidi. Ad Airola c’è il laboratorio per l’impregnazione della fibra di carbonio mentre nel Guyana Space Center di Kourou oltre all’assemblaggio del lanciatore si opera anche il caricamento dei propellenti solidi attraverso la sussidiaria Regulus (controllata al 60%, il restante 40% è di ArianeGroup). In Sardegna, nello Space Propulsion Test Facility di Perdasdefogu, vengono sviluppate nuove tecnologie per la filiera del trasporto spaziale ed eseguiti i test sui motori criogenici.

Lo sviluppo di tecnologie innovative viene portato avanti anche con Space Lab, controllata al 70%, di cui è partner l’Agenzia Spaziale Italiana con il 30%.














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