Siderweb, rallenta l’acciaio nel primo semestre 2023. In difficoltà apparecchi meccanici (-0,4%) e prodotti in metallo (-0,2%)

La seconda parte dell’anno, invece, dovrebbe chiudersi con il segno “più”. Nel complesso, l’attività dei settori utilizzatori è attesa in salita quest’anno dell’1%

Gianfranco Tosini, dell’Ufficio Studi di siderweb

Nel webinar “Acciaio: i clienti protagonisti” Ufficio Studi siderweb ha analizzato la situazione nel Bel Paese. L’acciaio ha di fronte un primo semestre 2023 di rallentamento rispetto al 2022; la seconda parte dell’anno, invece, dovrebbe chiudersi con il segno “più”. Nel complesso, l’attività dei settori utilizzatori è attesa in salita quest’anno dell’1%. In dettaglio, dovrebbero arretrare leggermente macchine e apparecchi meccanici (-0,4%) e prodotti in metallo (-0,2%), mentre le costruzioni saliranno del 2,5%.

Dopo il calo del 18,4% del 2020, in Italia il consumo di acciaio ha registrato un incremento di circa il 30% nel 2021, superando il livello pre-Covid. Tuttavia, rimane rilevante (-22,5%) lo scostamento negativo rispetto al tetto di oltre 33 milioni di tonnellate raggiunto prima della grande crisi economico-finanziaria del 2008. Inoltre, negli altri Paesi dell’Ue la riduzione del consumo di acciaio causato dalla pandemia e la successiva ripresa sono state meno forti rispetto all’Italia. Anche il gap nei confronti del livello pre-crisi economico-finanziaria del 2008 risulta molto più ridotto (-13,8%).







«Alla base di queste discrepanze ci sono le differenti dinamiche riguardanti i settori utilizzatori di acciaio nel periodo considerato» ha spiegato Gianfranco Tosini dell’Ufficio Studi siderweb. «L’andamento della domanda in Italia e Ue è stato allineato fino alla crisi dei debiti sovrani del 2011-2014: in quegli anni il gap italo-europeo si è ampliato, crescendo sino al 2019-2020 e poi riducendosi leggermente nell’ultimo biennio».

Per le costruzioni l’Italia è stata teatro di una lunga crisi, che si è alleviata solo negli ultimi anni grazie ai bonus per le ristrutturazioni. «La crescita della produzione nelle costruzioni dell’ultimo biennio – ha però precisato Tosini – ha portato a un proporzionalmente modesto aumento del consumo di prodotti siderurgici, visto che per le ristrutturazioni l’impiego di acciaio è relativamente limitato. È atteso, invece, un miglior apporto in termini di assorbimento di acciaio da parte del Pnrr».

Anche l’automotive ha subito maggiormente rispetto al resto dell’Ue i morsi della crisi e si trovano su livelli di attività nettamente inferiori rispetto sia al 2008 sia ai partner continentali. Il processo di elettrificazione del parco mezzi, inoltre, trova l’Italia «senza un’offerta adeguata nel comparto dei prodotti piani in acciaio. La crisi dell’ex Ilva ha comportato ritardi non indifferenti in termini di qualità dei prodotti da offrire. Non c’è offerta di prodotti ultra-resistenziali, non produciamo lamierino magnetico, speriamo di farlo nei prossimi anni» ha detto Tosini.

Automotive – Il passaggio all’alimentazione elettrica avrà grandi conseguenze sulla supply chain dell’automotive. «Una parte dei nuovi componenti è sempre più prodotto internamente dai costruttori. I grandi Oem – ha spiegato il direttore generale di Anfia, Gianmarco Giorda – stanno producendo per esempio i motori elettrici, perché hanno il problema di come gestire la manodopera in eccesso» in questa transizione all’elettrico. «Ciò è un’ulteriore limitazione alla diversificazione dell’attività da parte di aziende che oggi producono per esempio serbatoi, sistemi di scarico… che in Unione europea non potranno più essere prodotti, o perlomeno potranno esserlo solo per l’export». Di certo, ha aggiunto Giorda, «stiamo vedendo molta proattività nella filiera della componentistica nel guardare alle altre tecnologie legate all’auto elettrica». Sono 2.200 in Italia le aziende della componentistica automotive; 4-500 sono toccate dalla transizione all’elettrico. «Buona parte – ha chiarito Giorda – sta guardando ad altre soluzioni o ad altri settori, come l’aeronautica e il ferroviario».

Costruzioni – Più opere pubbliche e meno ristrutturazioni. Questa l’aspettativa per il settore italiano delle costruzioni nel 2023 del direttore generale di Ance, Massimiliano Musmeci. «Nella crescita dello scorso anno (+12%) un ruolo importante è stato giocato dalla manutenzione straordinaria (+22%); le opere pubbliche si sono assestate su un 3-4%. I rincari delle materie prime stanno rientrando, ad eccezione dell’acciaio, che lo scorso anno è rincarato nell’ordine del 35%, secondo le nostre stime. Guardando al 2023 – ha continuato – ci aspettiamo un rifiato nell’ordine del 5%, ma stimiamo che le opere pubbliche saliranno del 25%, compensando almeno in parte il -25% che dovrebbe verificarsi sulle manutenzioni straordinarie».

Macchine utensili – Dopo un 2022 estremamente soddisfacente per l’industria italiana delle macchine utensili, il 2023 «sarà un anno ancora positivo, perché le aziende hanno ordini per circa dieci mesi di lavoro, il doppio del normale, e si prevede che tutti gli indicatori economici saranno in miglioramento». Lo ha affermato Alfredo Mariotti, direttore generale di Ucimu-Sistemi per produrre. Quest’anno «la produzione dovrebbe salire del 6% rispetto al 2022, le esportazioni del 3,1%, le consegne sul mercato interno del 5,3%. I consumi saranno 6,8 miliardi di euro, un nuovo record dopo i 6,6 miliardi del 2022».

Facendo un passo indietro, il quarto trimestre del 2022 è stato il migliore dell’anno con un incremento degli ordini pari al 5,4% sul mercato interno e al 2,4% su quello estero, in entrambi i casi rispetto allo stesso trimestre del 2021. Per il direttore generale di Ucimu questa differenza in termini di crescita non deve stupire, dal momento che in Italia, sulla spinta del piano 4.0, «si è preferito accettare più ordini sul mercato interno piuttosto che all’estero».














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