Segreti e progetti futuri della ricerca e sviluppo Prysmian

di Marco Scotti ♦ Nel mondo iperconnesso animato dalla digital transformation  tenere il passo con le esigenze industriali significa cambiare anche la manifattura dei cavi, vettori di energia e di flussi di comunicazione. Viaggio nell’ R&D della multinazionale guidata da Valerio Battista che apre le porte a un futuro di nuovi materiali per nuove tecnologie e nuovi utilizzi: nanotubi in carbonio, grafene, fibra ottica  per  domotica,  automotive, 5G, energie rinnovabili

«I nanotubi in carbonio hanno delle caratteristiche molto interessanti per l’industria dei cavi: in primo luogo perché hanno un peso molto inferiore a quello del rame, che è il conduttore che più utilizziamo, e poi perché possiedono una conducibilità elettrica potenzialmente migliore del rame stesso. Inoltre, i nanotubi in carbonio garantiscono una migliore flessibilità dei cavi». Parola di Marcelo Andrade, il numero uno della ricerca e sviluppo di Prysmian, leader mondiale nella produzione di cavi e fra le maggiori aziende industriali italiane. Andrade, in questa approfondita intervista con Industria Italiana, parla delle strategie future dell’azienda che ha da sempre puntato moltissime fiches sulla ricerca. Un’attività che ha portato l’ex Pirelli cavi a destinare nel 2017 84 milioni di euro per finanziare l’attività di 17 centri di ricerca in giro per il mondo, con il quartier generale milanese che rimane il cuore pulsante della continua tensione verso l’innovazione, con circa 100 persone che operano nel settore R&D avendo il 30% del budget totale a disposizione.

 







Valerio Battista, ceo di Prysmian
Valerio Battista, ceo di Prysmian

I comparti in cui l’azienda guidata da Valerio Battista si sta misurando sono molteplici, complici anche le nuove sfide lanciate dalle ormai imminenti connessioni 5G; senza contare l’automotive, che ha deciso di puntare in maniera più decisa sull’auto elettrica. Tutto questo avendo sempre un occhio di riguardo al tema della sostenibilità, aspetto che non può essere tralasciato nemmeno nell’industria dei cavi. Ai partner di Prysmian, infatti, già da qualche tempo viene data la possibilità di decidere se optare o meno per soluzioni con un minor impatto ambientale; questo, a volte, anche a fronte di costi maggiori. Le novità più significative, però, sono i nanotubi di carbonio e il grafene, due materiali di ultima generazione che promettono di migliorare le prestazioni dei cavi. La ricerca è ancora in fase sperimentale e ci vorrà almeno un lustro prima di poter iniziare un’applicazione concreta in ambito industriale: ma con l’innovazione che corre veloce, le nuove sfide poste dal mercato sono dietro l’angolo.

 

Prysmian, laboratorio di ricerca e sviluppo a Milano (Photo courtesy Prysmian)

Dai laboratori alla sperimentazione avanzata: lavorare sui trend

«In Prysmian – ci ha spiegato Andrade – stiamo sviluppando prodotti con materiali e tecnologie che non hanno ancora un mercato ma che cavalcano un trend tecnologico in via di piena affermazione, e che riteniamo potranno avere un impiego fattivo tra cinque, dieci anni. Ad oggi non sappiamo esattamente quale sarà il possibile utilizzo di questi materiali, in quanto siamo nella fase di studio. Potrebbero essere anche utili come barriera per bloccare l’infiltrazione dei liquidi nei cavi, contro il fuoco o persino per sostituire i conduttori, e dobbiamo capire quanto costerà raggiungere queste performance». Negli ultimi anni, lo studio sul grafene e sui nanotubi ha cambiato scala, passando dal laboratorio a una fase di sperimentazione più avanzata. I nanotubi, in particolare, hanno una resistenza meccanica molto più alta di quella dell’acciaio, unita a una maggiore resistenza alle temperature e alla corrosione.

Il capo della ricerca di Prysmian definisce i nanotubi in carbonio come un “peperoncino”, ovvero un componente in grado di garantire un miglioramento della performance nei settori più disparati, dai compound alle caratteristiche elettriche, meccaniche, chimiche. «Il consorzio NCEM – ha aggiunto Andrade – ci ha permesso di conoscere meglio le potenzialità dei nanotubi e del grafene. Al momento i costi sono ancora molto alti e si possono utilizzare in piccole quantità, ma diciamo che il lavoro sta procedendo in modo positivo. Per quanto riguarda i nanotubi, inoltre, abbiamo deciso di investire in un’azienda negli USA, la Nanocomp Technologies, un piccolo “gioiellino” che produce questi componenti in scala industriale. Abbiamo fatto un piccolo investimento in equity e abbiamo così aperto un accordo di sviluppo che viene a completare il nostro progetto interno nell’area cavi. Loro sono specialisti nei nanotubi in carbonio, noi invece nei cavi: la nostra strategia è quella di trovare dei partner che ci consentano di non iniziare da zero quando ci affacciamo a un nuovo settore».

 

 

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Marcelo Andrade, direttore Ricerca & Sviluppo di Prysmian (Photo courtesy Prysmian)
Gli studi per l’applicabilità dei nano tubi in carbonio nei settori cavi

L’accordo è stato firmato alla fine di maggio dell’anno scorso e permetterà di mettere a punto una cooperazione tecnologica finalizzata a verificare e migliorare l’applicabilità dei nanotubi in carbonio nei settori cavi energia e telecom. Terminata una prima fase di studio, Prysmian e Nanocomp Technologies potranno eventualmente analizzare la produzione in larga scala di prodotti e tecnologie che verranno sviluppati. L’interesse delle due società è motivato dall’elevato potenziale delle prestazioni intrinseche dei nanotubi in carbonio Miralon di Nanocomp in termini di resistenza meccanica, basso peso, inerzia chimica, altissima flessibilità, conducibilità elettrica e termica. Inoltre, le due aziende porteranno avanti collaborazioni con università di tutto il mondo e con centri di ricerca avanzata.

Come si può utilizzare il grafene, il materiale della manifattura 4.0

Per quanto riguarda il grafene, invece, Prysmian ha avviato una sperimentazione per cercare di comprenderne l’utilizzo nel settore dei cavi. «Si tratta di un “cugino” dei nanotubi – ha aggiunto Andrade – anch’esso proveniente dal carbonio. Stiamo verificando il suo utilizzo nei compound, in modo da realizzarne di nuovi con delle caratteristiche migliori. Noi come azienda non ci occupiamo direttamente del politene o del polipropilene, preferiamo comprarlo perché ci sono molte aziende che lo fanno. Il grafene è un materiale particolarmente interessante per tutta la manifattura 4.0: ha una resistenza meccanica 200 volte maggiore di quella dell’acciaio, un’elevata conducibilità elettrica e termica e, soprattutto, ha la possibilità di donare una flessibilità simile alla plastica ai componenti in cui viene aggiunto.

È costituito da uno strato di atomi di carbonio e consente di migliorare le caratteristiche di impermeabilità a gas e acqua dei materiali sui quali è utilizzato. Oggi il grafene può essere impiegato per modificare le caratteristiche di materiali industriali come metallo, vetro, ceramica, plastica e altri polimeri, aumentandone le prestazioni di resistenza meccanica, conducibilità elettrica e termica. L’abbinamento avviene in due modi: il nanomateriale può essere applicato su una superficie target oppure essere miscelato (“addizione di massa”) a un materiale.

 

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Prysmian, laboratorio di ricerca e sviluppo a Milano (Photo courtesy Prysmian)

Il Nano-Carbon Enhanced Material (NCEM) Consortium: con Airbus, GE, Whirlpool, ArcelorMittal

Anche Luca De Rai, R&D Energy di Prysmian, ha mostrato grande entusiasmo verso i nanotubi e il grafene, spiegandoci che «questi materiali sono sicuramente già utilizzabili in alcune applicazioni, mentre nei cavi siamo ancora a livello di ricerca: abbiamo già in mente alcune possibilità di impiego ma nessuna applicazione reale. Nei cavi di energia, poi, siamo ancora un po’ più indietro, serve ancora qualche anno per cominciare ad avere i materiali disponibili. Lo step successivo sarà poi quello di realizzare una scala sufficiente per poterli impiegare in modo che siano economicamente sostenibili».

Per studiare le possibili applicazioni di questi nuovi materiali Prysmian ha deciso di entrare a far parte del “Nano-Carbon Enhanced Material (NCEM) Consortium”: si tratta di un consorzio organizzato e gestito da Cambridge Nanomaterials Technology Ltd., società di consulenza attiva nel campo delle nanotecnologie e nella gestione dell’innovazione dei nanomateriali, specializzata nella consulenza per la ricerca e lo sviluppo di nanomateriali in carbonio e nella gestione di progetti di collaborazione in ambito R&S. Al consorzio prendono parte alcune aziende di prestigio come Airbus, GE, Whirlpool, ArcelorMittal. L’8 e 9 marzo scorsi, presso l’headquarter milanese di Prysmian, si è tenuta la sesta edizione del NCEM.

Il fulcro della due giorni milanese è stato lo studio della diffusione commerciale delle tecnologie basate sui nanomateriali in carbonio, quali il grafene e i nanotubi. «Questa tecnologia – ha aggiunto Andrade – non è recente, ma adesso c’è una maggiore disponibilità anche dal punto di vista industriale. Per questo abbiamo deciso di partecipare al recente NCEM: per comprendere meglio il significato di questa nuova tecnologia, avviando parallelamente un progetto interno per verificarne l’utilizzo nell’industria dei cavi. Al momento c’è un certo fermento intorno a questa nuova tecnologia: tante aziende ci stanno lavorando, e quelle più piccole e agili stanno già iniziando a produrre qualcosa. Il settore che sembra più avanti da questo punto di vista è quello aerospaziale, ma stiamo osservando per capire meglio quale sia il comparto più “pronto”».

 

Headquarter Prysmian Group, Milano (Photo courtesy Prysmian)

 

Il futuro di Prysmian: i cavi e le nuove connessioni

Un gigante come Prysmian non può fermarsi ovviamente soltanto allo sviluppo di nuovi materiali come i nanotubi in carbonio o il grafene, ma deve perseguire una costante opera di innovazione. Non è un caso che il team di ricerca e sviluppo conta, nel mondo, oltre 700 persone divise in 17 centri di ricerca, con un budget per il 2017 di 84 milioni di euro. Soltanto nella sede di Milano ci sono circa 100 persone che lavorano in questa divisione e il 30% del budget viene allocato nell’headquarter lombardo. «Attualmente – ci ha raccontato Andrade – ci stiamo concentrando su diversi ambiti. C’è un’area molto importante per noi che è quella dei cavi ad alta e altissima tensione, cavi di trasmissione particolari che permettano di portare più potenza tra un punto e l’altro, facendo link tra diversi paesi o regioni per riuscire a spostare grandi moli di energia con un basso impatto in fase di esercizio.

I cavi per il trasporto dell’energia rinnovabile

Un aspetto che ci interessa molto da vicino è quello dei cavi per il trasporto dell’energia rinnovabile: l’anno scorso ne abbiamo realizzati da 600 kV in corrente continua che permettono collegamenti a grandi distanze. Un altro ambito importante è quello del sensing monitoring, ovvero del monitoraggio e gestione delle reti di nuova concezione, che devono essere a più “sensi”: con le smart grid, infatti, bisogna consentire all’energia di andare nelle case, ma anche di allontanarsi da esse quando ci sono le condizioni di produzione di energia, grazie, ad esempio, ai pannelli solari sui tetti. In questo senso il nostro compito è quello di ottimizzare la trasmissione».

 

Prysmian: fase di lavorazione per cavi in fibra ottica (Photo courtesy Prysmian)
Le fibre ottiche

Un altro aspetto in cui Prysmian è molto attiva è quello delle fibre ottiche, che necessitano di veicolare un volume crescente di dati. La sfida, dunque, è riuscire ad aumentare il numero di fibre per unità di diametro del cavo, che deve essere più piccolo ma riuscire a fornire maggiore connettività. «L’ultimo cavo che abbiamo prodotto – ci ha spiegato Andrade – contiene 3.456 fibre ed è necessario per poter fare i collegamenti nei datacenter, in modo da condurre le informazioni necessarie all’Internet of Things e ai telefonini di ultima generazione. Il volume di informazioni che dovremo veicolare è enorme e la crescita del mercato della fibra è incredibile, ma ancora dobbiamo riuscire a trovare i modi per crescere tanto quanto ci si aspetta quando aumenteranno in maniera esponenziale le connessioni: oltre a smartphone e pc, infatti, ci saranno anche tutti gli elettrodomestici di nuova concezione che avranno bisogno di banda per trasmettere i dati. Il fabbisogno di fibra oggi è superiore a quella disponibile sul mercato, senza dimenticare un occhio di riguardo alla sostenibilità, cercando soluzioni che siano anche ecosostenibili».

La rete 5G

Un’altra partita di fondamentale importanza è quella relativa alla rete 5G, che si annuncia come un’autentica rivoluzione non tanto per l’aumentata velocità di connessione, ma per la molteplicità di utilizzi che si potrà fare di essa. «Per quanto riguarda l’incremento di velocità – ci ha spiegato Andrade -, i cavi attuali vanno benissimo, la fibra ottica supporta perfettamente la rete 5G. Diverso è il discorso per quanto riguarda le esigenze: con ogni probabilità serviranno cavi ibridi che permettano sia la trasmissione di dati che quella di energia tramite un conduttore come il rame o l’alluminio. Questo perché la rete 5G avrà esigenze diverse: necessita di antenne ogni 50 metri. Non stiamo ovviamente parlando dei ripetitori attuali, ma di piccole scatole che verranno installate nei muri delle case. Per poter funzionare, oltre alla fibra, avrà bisogno anche di energia elettrica, ed è per questo che serviranno cavi ibridi. Anche in questo caso ci stiamo lavorando, provando a capire come si svilupperà la tecnologia: ci sono soluzioni ibride che contemplano nello stesso luogo fibra e rame e altre che invece prevedono la trasmissione dei dati tramite lo stesso conduttore dell’energia».

L’automotive

Un settore in cui i cavi saranno sicuramente di grande attualità è quello dell’automotive: nonostante le ritrosie di alcune aziende sembra che l’alimentazione elettrica possa essere quella su cui puntare maggiormente. Volkswagen ha recentemente annunciato l’apertura di nuovi stabilimenti dedicati esclusivamente alle e-car e perfino la Ferrari ha aperto alla possibilità di nuovi propulsori alimentati con energia elettrica. «Il settore dell’automobile – ci ha detto Andrade – sta vivendo un momento di profonda trasformazione perché si passa da un sistema meccanico a uno in cui si ha un accumulo di energia e la sua trasmissione via cavo. Saranno probabilmente dei cavi a corrente continua, ci sono ancora dei dettagli da definire ma la rotta sembra essere questa.»

«Piuttosto, c’è un tema molto importante, quello dell’autonomia: bisogna migliorarla perché oggi parliamo della possibilità di percorrere al massimo 400 km prima di doversi fermare per ore per poter fare la ricarica. Si stanno sviluppando delle tecnologie che garantiscono il fast charge per rifornire di energia l’auto: si prende un caffè in una stazione di servizio invece che lasciare il veicolo a caricarsi per tutta la notte. Attualmente le infrastrutture esterne di ricarica non permettono di garantire un “pieno” in poco tempo: per dare nuova energia alla batteria in soli 10 minuti servirebbero impianti da 100 a 300 kW, molto più potenti di quelli attuali. Ma ci sono anche altre particolarità: il cavo interno alla macchina è tradizionale, ma dovrà avere una compatibilità elettromagnetica per garantire la sicurezza delle persone a bordo».

Rimanendo sempre nell’automotive, Prysmian sta cercando di capire che cosa fare con il sistema di guida autonoma. Questo perché le macchine dovranno comunicare sia internamente, sia con la rete per poter garantire la guidabilità senza conducente. Prysmian fa parte di questa partita, anche perché si tratta di un comparto che sta vivendo una crescita esponenziale: fino a 5 o 10 anni fa i cavi servivano esclusivamente per accendere i dispositivi come le luci o la radio, adesso invece c’è già una parte di sensoristica che deve essere alimentata tramite cavi di dati. «Quello che stiamo discutendo con il settore di ricerca e sviluppo – ci ha raccontato Luca De Rai – è capire quali saranno le esigenze tra 3 o 5 anni per veicolare il maggior numero di informazioni. Dentro le macchine avremo delle reti che viaggeranno tra i 20 e i 30 Gb/sec, anche perché nelle auto, così come negli aerei, serviranno degli elementi ridondanti. La rete, ovviamente, non serve solo per accedere ai social network: le automobili di nuova concezione dovranno garantire la qualità di guida e servirà un sistema robusto».

 

Prysmian, laboratorio di ricerca e sviluppo a Milano (Photo courtesy Prysmian)
La domotica

La casa del futuro è una casa sempre più connessa, in cui tutti i dispositivi dialogano tra loro e in cui la rete garantisce il pieno controllo di ogni aspetto, dall’impianto di riscaldamento alle tapparelle. Anche in questo caso serviranno soluzioni ad hoc non tanto per garantire la connettività degli elettrodomestici o dei terminali, ma soprattutto per le nuove metodiche di generazione dell’energia. «L’infrastruttura che c’è oggi nelle case – ci ha spiegato Andrade – va benissimo per la tv e il frigorifero, ma se immaginiamo che in un futuro potremo avere sul tetto dei pannelli solari e che questi pannelli durante le giornate in cui c’è sole genereranno energia, ci sarà la necessità di batterie nelle case.»

«Inoltre, questa batteria potrebbe anche servire per ricaricare la bicicletta o l’automobile quando si torna a casa la sera. Senza contare che chi produce energia potrà anche rivenderla: in una parola, si entra in un mondo che ci costringerà a cambiare l’infrastruttura dei network dei cavi, dentro ma anche fuori dalla casa, con un concetto bidirezionale e non unidirezionale. E probabilmente, visto che tutti questi dispositivi utilizzano la corrente continua, è possibile che le reti interne negli appartamenti o nei condomini siano reti che permetteranno di evitare la continua conversione dell’energia per poterla utilizzare: serviranno quindi delle infrastrutture parallele in corrente alternata e corrente continua».

La sostenibilità: più materiali riciclabili

L’ultimo aspetto su cui ci siamo concentrati durante il nostro incontro con il reparto ricerca e sviluppo di Prysmian è quello relativo alla sostenibilità. Anche un settore come quello dei cavi ha invece un ampio margine di sviluppo per quanto riguarda l’integrazione con l’ecosistema. «Stiamo lavorando – ha concluso il Senior VP R&D di Prysmian – su due o tre strade differenti. La prima è quella che ci consente di aumentare la quantità di materiale che usiamo che può essere riciclata. Questo è un lavoro che ci impegna particolarmente perché vogliamo che una parte sempre maggiore dei componenti che costituiscono i nostri prodotti sia riciclabile.»

«Attualmente oltre l’80% dei materiali che impieghiamo può essere riutilizzata. Un altro fattore su cui ci stiamo concentrando è riuscire a calcolare l’impatto di un collegamento in cavo a seconda del suo impiego e delle diverse tipologie di prodotto. In questo modo possiamo lasciare la scelta al cliente, ovvero se utilizzare un cavo più o meno sostenibile. Oggi lavoriamo con oltre 400.000 prodotti nel mondo, quindi è un tema che ci sta molto a cuore. Infine, ci interessa molto la cosiddetta carbon footprint: un cavo in alluminio è molto più economico di uno in rame, ma ha un impatto, in termini di CO2 prodotta, che è molto maggiore. Chi persegue scelte di sostenibilità si trova in difficoltà: meglio il risparmio o la minimizzazione dell’impatto ambientale. Alcuni nostri clienti non hanno dubbi e hanno preferito utilizzare solo cavi ecosostenibili anche se magari restano sott’acqua o interrati per più di 20 anni».














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