Integrazione di filiera e trasporto ferroviario: la nuova vita del Porto di Genova con Psa Group

di Renzo Zonin ♦︎ Ampliamento degli spazi di movimentazione e della rete su rotaia, nuove superfici per l'immagazzinamento: è la strategia di crescita di uno dei maggiori gruppi terminalistici mondiali. M&A per rafforzare la supply chain e la necessità del terzo valico. L’obiettivo? Battere la concorrenza con i terminal del nord Europa. Ne parliamo con Massimiliano Cozzani

Una delle conseguenze dell’epidemia di Covid, dalla quale stiamo faticosamente uscendo, è stata di averci fatto scoprire quanto importante, complessa e fragile sia la logistica in un’economia globalizzata. Si tratta di un settore solo in apparenza consolidato, ma che in realtà negli ultimi anni sta affrontando una serie di trasformazioni e di sfide, la cui complessità è stata moltiplicata dalla pandemia. Al gigantismo sempre maggiore delle navi, perseguito dagli armatori per realizzare economie di scala sui costi di trasporto, si è infatti affiancata negli ultimi anni una propensione a una maggiore integrazione sia orizzontale fra i vari player, sia verticale ai vari livelli della filiera.

«L’armatore medio è cresciuto di dimensioni negli anni e si sono costituite alleanze fra armatori che prima erano in concorrenza fra loro, e ci sono armatori che hanno abbracciato un concetto di integrazione verticale lungo la supply chain – ci ha detto Massimiliano Cozzani, responsabile marketing & sales di Psa Genoa Investments, la società che gestisce due terminal del Porto di Genova – Alcuni guardano ai terminal, come i cinesi di Cosco, ma anche Maersk o Msc, quest’ultimo già oggi il principale operatore italiano. Altri si spingono più avanti, vogliono diventare operatori logistici globali. La stessa Msc ha creato una propria compagnia ferroviaria; Maersk sta acquisendo spedizionieri, operatori logistici, magazzini, società di software, operatori doganali, in modo di poter creare un’offerta unica, alla Amazon. Molti di loro da tempo accettano booking on line a tariffe variabili nel tempo, come per le compagnie aeree. Anche per questo, i terminalisti stanno cercando da qualche anno di intraprendere una strada di integrazione a monte».







E su questa strada si sta incamminando anche Psa Group, uno dei maggiori gruppi terminalistici mondiali (con base a Singapore), che gestisce il terminal portuale di Genova Pra (nella zona di Voltri, a ovest della città) ed il terminal Sech posto all’interno del Porto Antico. Dopo aver provveduto a coordinare la gestione dei due terminal, che hanno caratteristiche diverse, la società ha iniziato un programma di rinnovamento a 360 gradi, per offrire ai suoi clienti una migliore qualità sui servizi “tradizionali”, ma anche una gamma di nuove possibilità. L’ampliamento degli spazi di movimentazione, la creazione di un servizio di trasporto ferroviario Genova-Svizzera, appena esteso all’Austria e prossimamente alla Germania, la ricerca di nuove superfici per l’immagazzinamento sono tutte iniziative concrete tramite le quali Psa punta a espandere il proprio raggio d’azione. Fra Psa e il raggiungimento di questo obiettivo ci sono ancora dei problemi, e alcuni di essi non dipendono dall’azienda. Un esempio è il famoso Terzo Valico ferroviario, che quando sarà completato consentirà ai treni merci in partenza da Genova di viaggiare con composizioni più lunghe e pesanti. Dopo vari rinvii, pare proprio che il Valico sarà completato fra un paio d’anni, e per allora Psa sarà pronta per contendere ai porti del Nord Europa le regioni vicine al nostro Paese.

 

Un porto storico con un nuovo ruolo

Massimiliano Cozzani, responsabile marketing & sales di Psa Genoa Investments

Il porto di Genova ha una storia secolare, ma negli ultimi decenni ha subito diverse trasformazioni, ampliamenti, cambi di proprietà delle varie banchine. Oggi, il terminale di Genova Pra (a Voltri) e il terminale Sech (nella zona del Porto Antico) sono gestiti entrambi da Psa Genoa Investments, emanazione italiana di Psa International, un’azienda globale formalmente operativa dal 1997 ma in realtà nata dalla privatizzazione della Port of Singapore Authority, fondata nel lontano 1863. «Psa è uno dei cinque maggiori gruppi terminalistici a livello mondiale. Parliamo di terminal marittimi, quelle strutture i cui clienti sono gli armatori, di navi portacontainer, principalmente. Il terminal ha il compito principale di caricare e scaricare queste navi, gestire il carico per le consegne stradali e/o ferroviarie, e oltre a questo offrire se possibile una serie di servizi in loco alle merci. Questo è il ruolo tradizionale del terminal, e Psa è stato un operatore molto tradizionale del terminalismo. Si tratta del nostro core business. Adesso però siamo in una fase di evoluzione rispetto a molti temi».

 

Sulla strada (ferrata) dell’integrazione

Psa Gp sta quindi perseguendo una strategia che la porterà a espandere il suo raggio d’azione verso nord, superando le Alpi, puntando su una maggiore integrazione fra i terminal e la ferrovia. Questo rientra anche nel quadro della strategia globale dell’azienda, che ha creato una apposita divisione (Cargo Solutions), già molto attiva in Asia ma che in Europa sta muovendo solo i primi passi, con il terminal di Anversa a fare da apripista.

«Il nostro è un Paese dove gli spedizionieri sono molto forti, il mercato è frammentato in piccole realtà ed è difficile organizzarsi capillarmente – ammette Cozzani – Noi al momento stiamo recuperando aree di magazzino attorno al terminal, con un processo inverso a quello praticato negli scorsi anni, quando si davano in outsourcing tutte le attività che non erano parte del core business. Da tre anni proponiamo un prodotto ferroviario sulla Svizzera, per noi un investimento a medio termine. Questo è un tentativo di dare un servizio che possa complementare l’attività principale del terminal, e darci la possibilità di affacciarci sul mondo intermodale. Abbiamo una persona a Basilea responsabile del rapporto con i clienti e l’esperienza è positiva. Da qui cresceremo fra breve per servire altri paesi europei, l’Austria, con un collegamento appena inaugurato, ed in particolare il sud della Germania».

 

La concorrenza è con i porti del Nord Europa

Porto di Genova. L’ampliamento degli spazi di movimentazione, la creazione di un servizio di trasporto ferroviario Genova-Svizzera, appena esteso all’Austria e prossimamente alla Germania, la ricerca di nuove superfici per l’immagazzinamento sono tutte iniziative concrete tramite le quali Psa punta a espandere il proprio raggio d’azione

Il porto di Genova, a livello di bacino di utenza, condivide le aree interne con varie altre strutture portuali del Tirreno, dal porto di Savona a quello di La Spezia, fino a quello di Livorno, anche se quest’ultimo non è in grado di accogliere le navi con pescaggio più elevato. Genova è soprattutto un terminal “gateway”, diverso dai terminal di trasbordo che si occupano principalmente di spostare merci da una nave all’altra, come sono i vari Gioia Tauro, Port Said, Malta, Tangeri. Genova è anche indirettamente in concorrenza con porti come Rotterdam e Amburgo, organizzati da anni con connessioni sull’Italia, ma per andare alla conquista dei mercati nord-europei, deve fare i conti con una serie di miti da sfatare, attinenti più al “sistema Italia” che al Porto. Gli scioperi, la burocrazia doganale, le ferrovie lentissime, lo scarso interscambio ferro/gomma: tutti problemi superati o in via di superamento, che però pesano quando si va a vendere il prodotto “logistica” a nord delle Alpi.

«Noi ce li siamo ritrovati tutti, proponendo il nostro prodotto per la Svizzera. La Svizzera è un mercato contendibile: è più vicina all’Italia, ma il 90% delle merci (e prima il 100%) arriva lì via Nord Europa. Ci sono collegamenti camionistici, ferroviari e fluviali molto economici – il trasporto fluviale, tramite chiatte, è molto usato in Nord Europa. Abbiamo da anni una quota di traffico italiano, da Milano, da Verona, che con treni dedicati si è spostato stabilmente su Rotterdam. Abbiamo perso quindi una bella quota di mercato locale» spiega Cozzani. Il vero problema, quindi, è stato appunto di efficientare la logistica. Sulla dogana è stato fatto un buon lavoro. Qualche anno fa, quella italiana ha ricevuto un premio europeo come migliore dogana. I terminal si sono adeguati alle nuove situazioni, soprattutto nel Tirreno ma anche nell’Adriatico. Il sistema insomma oggi è molto più efficiente. «In realtà, i volumi dell’Italia sono abbastanza stabili negli ultimi anni, quindi noi non riusciamo ancora ad acquisire il carico che invece continua ad andare via Nord Europa. Ma potremmo contendercelo dal Mediterraneo, l’obiettivo è questo» ammette Cozzani.

 

La sostenibilità entra nell’equazione

Porto di Genova. Se i programmi futuri di Psa guardano all’oltralpe, la situazione attuale vede il Porto di Genova impegnato soprattutto a rifornire la maggiore area industriale italiana, quella che si estende dal Piemonte alla Lombardia, al triveneto fino all’Emilia Romagna

Una nave proveniente dall’Asia, per raggiungere il Nord Europa, percorre più miglia. Ora che la sensibilità all’aspetto ecologico è più evidente (ridurre le emissioni di CO2, ad esempio), il contesto competitivo potenzialmente può cambiare. Le “barge” fluviali utilizzano diesel, e sono fra i veicoli più inquinanti in circolazione. «per molte grandi società l’ecologia è diventato un argomento di vendita – conferma Cozzani – Lo stesso concetto di intermodalità si è trasformato da aspetto logistico a tema di sostenibilità, quindi di supporto alla vendita del prodotto. Ma perché la cosa non sta funzionando così bene anche in Italia, e per Genova in particolare? «Finora il discorso non ha ancora funzionato appieno perché a noi manca il Terzo Valico, che è un tassello per poter completare uno dei Corridoi Europei più importanti, il Genova-Rotterdam. Se la nostra parte va a rilento, e le operazioni infrastrutturali nel resto d’Europa vanno avanti, rischiamo di perdere traffico invece di guadagnarlo. Per questo c’è la necessità che il Progetto si completi in fretta. Potremo avere treni lunghi, con possibilità di competere sulle lunghe distanze. Gli armatori potranno quindi decidere di riposizionare i loro servizi marittimi, perché il sud della Germania diventerebbe molto contendibile dall’Italia» afferma Cozzani. Certo, una volta completata l’infrastruttura ferroviaria bisognerà fare i conti con il resto del sistema logistico. Perché potendo raggiungere la Germania come cliente, si potrebbero triplicare i volumi di merci trasportati.

«Noi come Psa siamo presenti anche ad Anversa, e vediamo volumi non comparabili ai nostri. Un solo porto ha volumi paragonabile a tutto il volume gestito oggi dall’Italia. È un discorso dimensionale che sarà difficile pareggiare totalmente. Forse solo in alcune aree. Si veda per esempio l’esperienza di Trieste, che avendo lavorato molto bene sull’intermodalità e sulle connessioni adesso è in grado di servire molti paesi dell’est limitrofi, come l’Ungheria. Vuol dire che quando si ragiona bene e si iniziano a fare progetti, i risultati arrivano. Genova è storicamente un’area di grande esperienza logistica e di shipping. Vi si trovano competenze che è difficile trovare altrove, una città dove è nata anche una comunità intorno al porto, un po’ come a Londra nella finanza. Genova ha peraltro pochi spazi disponibili per la logistica, sono rari da trovare. Molto probabilmente anche l’Oltre Appennino sarà un polmone utile per la nostra realtà, da Rivalta Scrivia a salire per intenderci» puntualizza Cozzani.

 

Un porto per le industrie del Nord Italia

Porto di Genova. Il porto di Genova, a livello di bacino di utenza, condivide le aree interne con varie altre strutture portuali del Tirreno, dal porto di Savona a quello di La Spezia, fino a quello di Livorno, anche se quest’ultimo non è in grado di accogliere le navi con pescaggio più elevato. Genova è soprattutto un terminal “gateway”, diverso dai terminal di trasbordo che si occupano principalmente di spostare merci da una nave all’altra, come sono i vari Gioia Tauro, Port Said, Malta, Tangeri

Se i programmi futuri di Psa guardano all’oltralpe, la situazione attuale vede il Porto di Genova impegnato soprattutto a rifornire la maggiore area industriale italiana, quella che si estende dal Piemonte alla Lombardia, al triveneto fino all’Emilia Romagna. «Abbiamo, per dare un’idea dell’intermodalità, 91 treni alla settimana che servono tutti i punti interni che hanno un interporto, in Lombardia, Triveneto, Emilia. Da considerare che il nostro porto ha la possibilità di servire le rotte principali dall’Estremo Oriente, accogliendo le grandi navi, che poi sono quelle che generano il flusso d’importazione principale. Tutte queste aree sono già collegate via ferrovia, è un aspetto visibile e quantificabile. La ferrovia rappresenta circa il 20% di quello che movimentiamo. Durante il periodo del Covid siamo cresciuti del 5%, perché anche i problemi stradali hanno creato la necessità di cambiare modalità» spiega Cozzani.

 

Una nuova consapevolezza portata dal Covid

Questi ultimi due anni per la logistica sono stati difficili, tra viaggi che saltavano, container vuoti che non si trovavano, costi dei noli in salita verticale. Questa situazione ha creato colli di bottiglia in molte aree del mondo, porti congestionati e conseguentemente navi sempre in ritardo che rendono difficile il lavoro di programmazione di un terminal portuale. Oltre ai problemi, il Covid ha anche portato una maggiore consapevolezza sul ruolo della logistica, e un maggiore interesse da parte delle aziende su cosa succede alla merce dopo l’uscita dai cancelli della fabbrica. «C’è stata un’accelerazione di anni in questi 24 mesi, e ritengo che questo porterà ad interessarsi di più alla logistica e a prendere decisioni più consapevoli. Si sceglierà anche la qualità del prodotto logistico: non sono tutti uguali quelli che offrono servizio ferroviario, terminalistico o camionistico.

Ma quindi un’azienda che oggi si disinteressa e incarica una terza parte di inviare le sue merci in Cina o in Usa, cosa dovrebbe guardare per sapere a cosa va incontro il proprio prodotto? Come dovrebbe scegliere il partner per la logistica? «La cosa fondamentale oggi è la gestione del dato. Conoscere cosa sta succedendo alle proprie merci in qualsiasi momento è fondamentale, e non tutti gli intermediari tradizionali sono in grado di offrire questo servizio, che aiuta la programmazione dell’esportatore e ne riduce il magazzino. La tendenza è quella di avere operatori trasversali che, avendo fatto un’integrazione verticale nella catena, sono in grado di conoscere più realtà e quindi fornire un dato più affidabile. Questo è un po’ il trend che alcuni armatori più avanzati vogliono perseguire, e Psa è tra quelli, nel medio termine, anche con acquisizioni che ci permettano di conoscere meglio il settore degli spedizionieri, per capire come viene gestita l’informazione a monte, nel rapporto esportatore/spedizioniere/armatore. Chiunque voglia fare un lavoro logistico di questo tipo dovrà essere veramente indipendente dalle considerazioni cliente/fornitore tradizionali. È un lavoro nuovo, bisogna saperlo interpretare» dice Cozzani.

 

Interpretare i mutamenti

Psa sta interpretando questi mutamenti, e ha ben chiari questi concetti. Tanto che sta sviluppando con acquisizioni, fusioni, gestione a livello regionale un’attività di integrazione della catena. «Psa si sta preparando per poter offrire quel tipo di soluzione, perché come multinazionale che ha la leadership nel settore tradizionale, possiede standard qualitativi molto alti e l’intenzione è quella di non fare passi all’indietro. Siamo nella top list dei terminal tradizionali e vogliamo rimanerci anche nel nuovo mondo. Quindi non faremo passi indietro sull’attività tradizionale, né sulla sicurezza – che nel nostro settore è fondamentale, al di sopra di qualsiasi interesse anche economico. Non è per tutti così, ma noi vogliamo mantenere una base importante nel lavoro tradizionale e fare qualcosa di nuovo. Stiamo cercando di recuperare tutte le aree di magazzino, nel breve daremo la possibilità di riempimento e svuotamento all’interno del porto (che è un grosso vantaggio rispetto a farlo in magazzini esterni al terminal). Stiamo cercando di aiutare clienti e fornitori, gestendo le nostre due realtà genovesi al meglio. Direi che dopo un anno e mezzo la fusione tra Psa Gp e Sech ha già degli effetti positivi sulle due realtà precedenti, perché possono aiutarsi a vicenda e quindi aiutano i nostri clienti» conferma Cozzani.

E per il futuro? «Vorremmo essere percepiti come una cargo solution, che guarda caso ha anche dei terminal all’interno dell’offerta. E l’amministratore delegato della Region di Anversa ha espresso proprio questo concetto. Da qui in avanti si ragiona su questa base, diventare un modello di soluzione logistica, non più solo un terminal marittimo. Per chi ha merce da spedire, sapere che ci sono interlocutori che ragionano su queste tematiche, magari non hanno ancora la soluzione completa oggi, ma ci stanno ragionando seriamente con investimenti importanti, penso sia rassicurante» conclude Cozzani














Articolo precedenteI nuovi requisiti della logistica 4.0? Sostenibilità e resilienza. Le soluzioni di Sap
Articolo successivoUomo al centro, sostenibilità, resilienza: i pilastri dello sviluppo Industry 5.0 di Abb






LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui