Tutte le novità in casa Phoenix, tra nuovi Plc e connettori per e-car

di Renzo Zonin ♦︎ Un sistema di controllo basato su ambiente Linux e aperto a linguaggi di programmazione evoluti, che mettono in comunicazione It e Ot. Innovativi servizi di safety grazie all’acquisizione di Nicma e spinta sulla manifattura additiva con Protiq. Così l’azienda vuole aggredire nuovi mercati

PLCnext di Phoenix Contact è il primo Plc a piattaforma aperta, programmabile con linguaggi standard, aperto al cloud

Phoenix ha tenuto lo scorso gennaio un kickoff nel quale sono stati ridefiniti gli obiettivi dei prossimi anni. Fermo restante il core business, che rimane focalizzato sull’automazione industriale, dove fornisce componenti che partono dal controllo, la parte più intelligente, dai Plc agli Hmi, per scendere poi all’interno con la parte di connettività, le interfacce, la parte legate a alla fornitura di energia, Ups e alimentatori, e tutto ciò che è cablaggio a bordo macchina. A questo core business hanno cominciato ad affiancarsi nuovi settori legati a una futura “all electric society” che funzionerà con energia sostenibile. Per parlare delle mosse recenti di Phoenix, dal lancio dei nuovi Plc all’ingresso in settori relativamente nuovi, come la cyber security, la manifattura additiva, l’e-mobility, abbiamo intervistato Francesco Lanzani, General Manager della filiale italiana, che ci ha raccontato cosa è oggi Phoenix e cosa diventerà nei prossimi anni.

 







Prodotti recenti e nuovi settori di mercato

Avete presentato recentemente il PLCnext, primo Plc a piattaforma aperta, programmabile con linguaggi standard, aperto al cloud eccetera. Dal punto di vista della cybersecurity, abbiamo visto che i Plc proprietari basati sulla “security through obscurity” ha fallito. PLCnext è una risposta a questo tipo di problematica?

«Il PLCnext è un sistema di controllo basato su ambiente Linux e aperto a linguaggi di programmazione evoluti, tipici dell’ambito It. Quindi usciamo un po’ dagli schemi e tendiamo a mettere insieme l’It con l’Ot, nel senso che anche dal punto di vista della programmazione andiamo a usare C++, C#, linguaggi di chi è più legato al mondo It, che consentono l’integrazione con applicativi sviluppati con i linguaggi tipici dell’It nel contesto di gestione di impianti industriali, che hanno regimi di tipo deterministico. C’è quindi una community di sviluppatori che mette a disposizione applicazioni già pronte all’installazione, e questa condivisione estremamente allargata di una base di sviluppatori e di tecnici che concorrono alla creazione di una soluzione, in qualche modo risulta anche essere autoproteggente dal punto di vista tecnologico. È un ambiente nativamente collegato al cloud, non è un Plc che può anche essere collegato, la sua tecnologia è pensata per essere nativamente collegata al cloud».

PLCnext è un sistema di controllo basato su ambiente Linux e aperto a linguaggi di programmazione evoluti, tipici dell’ambito It

Phoenix ha uno store dove raccogliere le applicazioni per il nuovo Plc, e l’idea per il futuro è probabilmente di replicare il modello che ha avuto tanta fortuna in ambito consumer per gli smartphone, pensiamo all’Apple Store o a Google Play, applicandolo al settore dell’automazione industriale. Creare dunque un ambiente protetto e sicuro, con una community che potrà sviluppare delle applicazioni specifiche secondo determinate regole, e le potrà caricare all’interno dello store in modo che le stesse applicazioni possano essere usate da altri tecnici che devono risolvere lo stesso problema e che quindi potranno abbassare i costi di sviluppo, acquisendo direttamente dallo store l’applicazione già sviluppata. Una logica stravolgente dal punto di vista dell’automazione classica, dove tutti i produttori tendono a chiudere tutto per proteggersi. Del resto i produttori che detengono le quote di mercato maggiori non hanno alcun interesse ad aprirsi. «Anzi, hanno interesse a proteggere quello che hanno, fanno il loro gioco. Noi puntiamo a fare questa cosa abbastanza “disruptive” nel mondo industriale per agevolare in qualche modo l’integrazione futura dell’automazione».

 

Il settore della sicurezza

Ci sono tre settori in cui siete entrati negli ultimi anni e che sembrano particolarmente promettenti. Safety/security, e-mobility e 3D printing. Per la safety, 2 anni fa avete acquisito Nicma che ha portato in Phoenix know-how di testing, certificazione eccetera. Che ruolo ha oggi Nicma in Phoenix? C’entra con i nuovi servizi di safety appena annunciati dal gruppo?

A sinistra Frank Stührenberg, Ceo Phoenix Contact; a destra Roland Bent, Cto

«Come dicevamo prima, nel momento in cui desideriamo approcciare un settore nel quale non disponiamo di conoscenze specifiche, ma riteniamo essere strategico, tendiamo ad acquisire. Abbiamo acquisito un ramo d’azienda di Nicma Consulting che si occupava di machinery. Questo gruppo si occupa della parte safety, sicurezza nel mondo del lavoro. Facciamo ispezioni, assessment, rilasciamo opinioni e pareri circa il livello di sicurezza, e ci mettiamo a disposizione per riprogettare e implementare i cambiamenti necessari. Questo era l’obiettivo iniziale e su questo siamo operativi. Poi abbiamo iniziato a coniugare le nostre conoscenze in ambito networking e in ambito security con la parte di safety, e quindi abbiamo per esempio varato servizi nuovi che tendono a raccogliere tutti i dati rilevanti in tema di sicurezza dell’ambiente di lavoro, e a concentrarli attraverso opportuni strumenti di raccolta nel cloud, mettendoli a disposizione degli end user che magari ritrovano nella figura dell’Hse (Health & Safety Executive, NdR), responsabile della sicurezza globale dislocato nell’headquarter, la possibilità di avere in tempo reale una mappatura del livello di performance e sicurezza di tutte le fabbriche. Questa è un’evoluzione che prima non veniva offerta e che è stato possibile grazie al merge di competenze differenti, di security e safety. Questo servizio è stato valutato da casa madre e ha ritenuto che il nostro servizio fosse particolarmente interessante e lo stanno proponendo nel panorama internazionale. Quindi effettivamente c’è qualcosa di italiano nella proposta internazionale, perché casa madre è sempre attenta alle innovazioni  e se le innovazioni vengono dalla periferia sono accolte con lo stesso entusiasmo con le quali si accolgono le invenzioni della ricerca e sviluppo della casa madre».

 

Gli sviluppi nel settore e-mobility

Per quanto riguarda la mobilità elettrica, Phoenix lavora su due temi fondamentali: quello della connettività a bordo veicolo, e i connettori

Siete entrati nell’e-mobility nel 2013, quando era ancora una cosa ipotetica e si ragionava in termini di future flotte aziendali. Cosa state portando oggi al settore, e pensate di allargare l’offerta in futuro?

«L’e-mobility si può riassumere in una breve frase: il meglio deve ancora arrivare. Crediamo di assere all’inizio di un percorso che avrà una durata importante, molto più di 5 anni, e avrà un’evoluzione decisamente impattante sulla vita di tutti noi. Lavoriamo su due temi fondamentali: quello della connettività a bordo veicolo, un tema diciamo che vede soprattutto impegnata casa madre e filiali nella promozione ai produttori di veicoli per quanto riguarda inlet, e i connettori. L’inlet è proprio la presa fornita per essere posta sul veicolo, mentre i connettori arrivano dalla stazione di ricarica. Quindi abbiamo due filoni fondamentali: tutto ciò che va a bordo del veicolo, e quello che serve alle stazioni di ricarica. Noi come filiale siamo molto impegnati nel secondo filone. La stazione di ricarica non è molto differente da un quadro elettrico, quindi era molto vicina alle nostre corde e negli ultimi 5 anni abbiamo contribuito molto a realizzare queste stazioni presso fornitori di varie dimensioni, dai piccoli fornitori locali italiani fino ad arrivare alle grandi multinazionali come Abb e altri. Mentre le parti legate all’inlet e bordo macchina hanno avuto una rivitalizzazione in Italia solo da poco, perché fino a un anno fa la principale azienda produttrice di veicoli che abbiamo in Italia era abbastanza freddina sull’elettrico, mentre nell’ultimo anno c’è stata un’impennata di interesse sulla quale stiamo lavorando alacremente, e i risultati si vedranno nei prossimi anni. Stiamo ripercorrendo il cammino che casa madre ha iniziato nel 2013/2014, quando hanno creato uno standard che è stato adottato dai maggiori costruttori di auto europei, soprattutto tedeschi. Molti dei modelli disponibili sul mercato, di marche come Audi, Bmw, Volkswagen sono equipaggiate con componentistica Phoenix Contact».

 

La manifattura additiva di Protiq via Web

Protiq è nata da una cellula interna a Phoenix, che si occupava della creazione degli stampi per fare poi le pressofusioni dei nostri prodotti, e che impegnava importanti risorse per poter sviluppare nuovi prodotti

Il terzo comparto nel quale siete entrati recentemente è la manifattura additiva, con Protiq. Qui avete seguito un approccio completamente diverso da ogni altro comparto dove operate, abbracciando il Web come canale. Come mai questa sperimentazione di un modello di business tanto diverso?

«Protiq credo sia un sunto di tutto quello che abbiamo detto finora. Protiq è nata da una cellula interna a Phoenix, che si occupava della creazione degli stampi per fare poi le pressofusioni dei nostri prodotti, e che impegnava importanti risorse per poter sviluppare nuovi prodotti. Ogni volta che si doveva fare un pezzo in plastica nuovo, significava creare un tool e gestire una serie di costi e altre problemi annessi. E questo anche solo per la prototipazione, che non sempre portava a risultati positivi e a un nuovo prodotto. Così, anni fa hanno cominciato a sperimentare internamente nuovi modi per ottenere questi oggetti, che non necessitassero più di tool costosi per la prototipazione ma che potessero essere realizzati immediatamente. La sperimentazione ha portato anche a dover trattare materiali che non sono facilmente lavorabili. Le competenze necessarie per poterli lavorare, vedi rame e metalli, sono decisamente molto rare sul mercato. Così le abbiamo sviluppate internamente. A un certo punto questa cosa è diventata così interessante per noi come produttori di oggetti, che si è pensato bene di mettere a disposizione questa cellula a clienti esterni. Quindi si è creata un’azienda, la si è staffata dal punto di vista dell’organizzazione e la si è dotata degli asset necessari per incrementare la produzione. Si è pensato che l’intermediazione non fosse necessaria, perché è la ricerca e sviluppo del cliente che deve parlare con chi stampa, e quindi si è deciso che il Web era il modello migliore per mettere in contatto queste due realtà. Tutto ciò ha portato in appena 3 anni allo sviluppo di un business estremamente interessante. Protiq riceve richieste da tutto il mondo, realizzate soprattutto in Germania, ma abbiamo già altre due cellule, una in Usa e una in India, sempre per il concetto di customer proximity, con gli stessi standard di qualità. In pratica sono degli impianti fotocopia dell’unità produttiva tedesca, anche se in scala. Il modello di business rimane lo stesso Web centrico, e l’obiettivo è sempre allargare in maniera sostanziale questa proposta. In Italia inizieremo nel 2021 a proporre in modo molto più evidente anche questi servizi, che si appoggeranno dal punto di vista produttivo inizialmente alla fabbrica tedesca, ma che potranno prevedere  – a seconda degli sviluppi, che noi prevediamo sostanziosi – anche investimenti locali per garantire la vicinanza al cliente».

 

Phoenix Contact, domani

Abbiamo parlato di core business, di un nuovo modello di automazione industriale, di ingresso in nuovi settori di mercato, di una nuova mission aziendale. Ma come vede l’evoluzione Phoenix nei prossimi 5 anni?

«Sicuramente quello che ci guida è il concetto di “electric society”, quindi i comparti nei quali dovremo concentrarci di più sono factory automation, energia, smart city con infrastrutture e building, e poi l’e-mobilità. Siamo oggi concentratissimi su tutta la parte di factory automation, siamo sicuri che nei prossimi 5 anni saremo molto concentrati sulla parte di e-mobility, dando consistenza agli investimenti negli ultimi anni, e sulla parte di energy. Questo nei prossimi due anni. A seguire, compatibilmente con le risorse disponibili (perché per approcciare un mercato bisogna farlo in modo competente e con le giuste persone per fare certi step), infrastrutture e smart building saranno i successivi ambiti di sviluppo. Lo faremo all’interno di questo piano che orienterà lo sviluppo di Phoenix Contact nei prossimi 5 anni.














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