Paolo Castelli, innovazione da Londra a Pechino

Paolo Castelli
Paolo Castelli

di Laura Magna ♦ La Paolo Castelli (componenti d’arredo e mobili) fa i conti con la Brexit. E punta sui mercati di Iran e Cina.

Iran e Cina, al posto del Regno Unito. Passata l’onda emozionale del post-Brexit, le conseguenze del voto referendario britannico, iniziano a trasformarsi in numeri. Come quelli della sterlina indebolita contro le principali valute e che, secondo alcuni hedge fund, arriverà alla parità con l’euro entro 18 mesi. La Banca d’Inghilterra, che era come la Fed rialzista in materia di costo del denaro, ha invece già tagliato i tassi di interesse, e probabilmente lo rifarà, per pompare liquidità in un’economia che prevede stagnante per ciò che resta del 2016 e debole nel 2017.







Uscita nefasta

L’esito del referendum britannico e l’onda emozionale che ne è seguita ha già lasciato il segno. Lo ha lasciato anche sulla manifattura italiana che fa affari in terra di Albione e che è restia a parlarne, il più delle volte. Non è il caso di Paolo Castelli (foto in alto), imprenditore bolognese che amministra l’omonima azienda e che, all’indomani del voto referendario britannico, non ha fatto mistero del danno potenziale per la sua azienda che aveva commesse già avviate a Londra. Trattative di fatto saltate in attesa del voto e mai più riprese. La Paolo Castelli è un’azienda attiva nel settore del general contracting e del design: gestore di grandi e piccoli progetti chiavi in mano in tutto il mondo, fa ristrutturazioni, rinnovamenti e forniture di arredi su misura per biblioteche, aeroporti, hotel, musei, residenze private, auditorium, uffici e settore navale.

Paolo Castelli, headquarters
Paolo Castelli, headquarters

Lento è peggio

Secondo Castelli l’uscita del Regno Unito potrà avere conseguenze “catastrofiche a meno di non avvenire rapidamente: solo se il processo si concluderà in fretta e in fretta saranno riscritti gli accordi commerciali con l’Ue i danni economici saranno contenuti. Diversamente questo evento potrà avere ripercussioni su larga scala e ridefinire gli equilibri mondiali”. L’economia reale, insomma, farebbe bene a correre ai ripari: gli imprenditori, soprattutto quelli piccoli, devono ripensare strategie di attacco per non soccombere. Come se ne viene a capo? Castelli non ha dubbi: diversificando altrove. “Stiamo chiudendo due grosse operazioni con due società iraniane e a settembre, se tutto va come deve, un deal veramente enorme sul mercato cinese per la distribuzione dei nostri arredi”. Sia la Cina sia l’Iran sono per Castelli due vecchi amori: con la prima ha lavorato per la Lenovo, produttore di soluzioni It, pc e telefonia, mentre per il Paese medio-orientale ha allestito il padiglione di Expo 2015. Il nome di Castelli è in effetti salito agli onori della cronica di recente proprio per gli allestimenti all’evento milanese: oltre all’Iran, i padiglioni di Montenegro e Italia, quest’ultimo per un valore di circa 6 milioni di euro.

Tradizione e rinnovamento

Ne ha fatta di strada l’ebanisteria artigianale fondata dal bisnonno Ettore nel 1887 e che negli anni Ottanta del secolo successivo era nota per essere il maggior produttore di mobili per ufficio: tra i principali progetti realizzati successivamente figurano la biblioteca Manica Lunga della Fondazione Giorgio Cini Onlus di Venezia, il Parc Hotel Bilià e Grand Hotel Bilià di Saint Vincent, Le Gallerie d’Italia di Milano, l’Hotel Mandarin Oriental di Milano, l’allestimento degli interni delle tre stazioni funiviarie di Nuove Funivie Monte Bianco. L’artefice di questa transizione dalla funzione al design è stato proprio Paolo che, 28enne, sesto di sette fratelli, nel 1994, ha preso le redini della Modular, società di famiglia che produce tendaggi. In pochi anni Paolo ha riportato in nero il bilancio grazie a una intuizione: associare la Modular a Domodinamica, specializzata in arredi e design, con pezzi prestigiosi usciti dalla mano di famosi progettisti e ora ospitati in grandi musei in tutto il mondo. Nel 2011 da Modular e Domodinamica nasce la Paolo Castelli spa, con oltre 50 dipendenti e una sede, a Ozzano dell’Emilia, più simile a un atelier. Perché in fondo, come ama ripetere Castelli, “l’artigianato è arte”.

Interno del Mandarin Hotel, a Milano, arredato dalla Paolo Castelli
Interno del Mandarin Hotel, a Milano, arredato dalla Paolo Castelli

Nuova compagine

Partecipata al 45% da Alberto Masotti, ex proprietario del gruppo La Perla, l’azienda opera anche nel settore navale e ha lavorato anche agli allestimenti di tre navi da crociera di Fincantieri. Molto interessante il modello di business: ai 50 dipendenti, per lo più designer, ingegneri e architetti, sono di volta in volta affiancati artigiani dell’area bolognese. Tutto è prodotto in Emilia: è la prototipizzazione, la produzione di pezzi unici o di piccole serie per conto di colossi mondiali, dalla cinese di Lenovo a Unicredit. In Gran Bretagna oggi Castelli ha uno dei maggiori mercati di riferimento per le sue attività. L’effetto Brexit è stato pesantissimo, anche se nulla di fatto è ancora successo sul piano pratico: ma nel business, si sa, il sentiment e la fiducia sono le cose che fanno la differenza.

Fumo di Londra

“Il partner con cui era già stato concluso l’accordo per l’apertura di uno showroom a Londra ha rimandato l’investimento per attendere l’esito della votazione e, con tutta probabilità, disattenderà l’intesa raggiunta”, racconta Castelli. “A oggi non si è mosso nulla. Il danno, per la nostra azienda, è evidente e ci costringe a un intervento diretto, forte, senza il supporto di partner locali. Un altro importante progetto di real estate rischia di subire una frenata: il cliente è molto preoccupato per la svalutazione della sterlina rispetto all’euro e io stesso temo che possa non riuscire ad accollarsi tutti i costi finali legati alla commessa”. Il progetto riguarda, in dettaglio, la fornitura di arredi a un albergo a Londra, ma tutto ciò che Castelli ha nella City rischia di subire un danno o, nella migliore delle ipotesi, un rallentamento. “Il cliente principale con cui abbiamo una trattativa aperta ha con noi un contratto in euro e un contratto di leasing in sterline per l’acquisto degli immobili di lusso che compra e ristruttura per rivendere a prezzi più sostenuti”, spiga l’imprenditore. “Naturalmente se la sterlina non si assesta, per effetto del cambio sfavorevole e del mercato immobiliare che si attende in calo, dovrà sborsare qualcosa come 6-700mila euro in più”. Secondo Castelli, che a Londra sta conducendo anche una ricerca per poter distribuire arredamenti nel settore luxury, la Brexit ha cambiato le carte in tavola. “Avevamo quasi stretto un accordo con grande distributore inglese che si era impegnato a fare negozi con nostro marchio, mi ha chiamato un mese fa per dirmi che voleva aspettare l’esito del referendum”, dice l’imprenditore. Che a Londra non rinuncia. Solo che ora la strada è più impervia.

Padiglione dell'Iran a Expo
Padiglione dell’Iran a Expo













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