Ori Martin rilancia sul business dell’automotive: continueremo per cinque anni

di Marco de' Francesco ♦︎ L’azienda siderurgica bresciana continuerà a scommettere sul comparto, nonostante un mercato fermo che non riprenderà rapidamente. Come aumentare la marginalità? Puntando su laminati e trafilati dalle società controllate. Con un occhio di riguardo alla digitalizzazione, sia in termini di sicurezza, sia di tracciabilità. Previsti investimenti in robotica: in arrivo 30 automi nello stabilimento di Brescia. Ne parliamo con Roberto de Miranda, membro del comitato esecutivo e del Cda

Ori Martin vergella

«La nostra strategia per la crescita è quella di puntare sulle lavorazioni a freddo». Parola di Roberto de Miranda, membro del comitato esecutivo e del Cda dello storico gruppo siderurgico bresciano Ori Martin, nonché presidente della controllata Novacciai Martin. La ragione è che per l’automotive, principale mercato di destinazione dell’acciaio, non è previsto un incremento delle vendite; anzi, probabilmente si assisterà ad una diminuzione del numero delle auto circolanti nei contesti urbani. Perciò, per incrementare la marginalità, Ori Martin intende puntare sui prodotti laminati e trafilati dalle società controllate.

L’automotive, peraltro, sempre più richiederà acciaio prodotto con il più basso footprint ambientale. Ciò costituisce di per sé un vantaggio indiscutibile per l’elettrosiderurgia – molto diffusa in Italia e di cui Ori Martin è un campione nazionale – sugli altiforni tedeschi che, legati al carbone, saranno costretti ad una costosa conversione all’idrogeno. In questa prospettiva, Ori Martin ha sviluppato una complessa strategia green, già realizzata o in corso di implementazione. Che consiste nell’approvvigionamento di elettricità da fonti rinnovabili, nel riutilizzo di fumi caldi per la produzione di energia, nell’implementazione di un ossigenodotto per evitare emissioni di anidride carbonica e tanto altro.  Al contempo, Ori Martin avanza nella strada della digitalizzazione, in termini di cyber secutity, cyber safety e tracciamento dei rottami di ferro. E investe in nuove tecnologie per la produzione: solo a Brescia entro l’anno saranno operativi 30 robot.







D’altra parte, di recente ha acquisito un nuovo forno di riscaldo per l’impianto di laminazione di Ferrosider a Ospitaletto; ha completato e messo in funzione una struttura di bonifica e trafila rotoli e ha installato nuove linee per le lavorazioni di pelatura. Il 2019 aveva rappresentato un anno di crescita di volumi per Ori Martin: ricavi a quota 583 milioni (+ 1,5% sul 2018); ma l’ebitda era passato da 83 a 78 milioni, e l’utile netto da 37 a 15 milioni. Il gruppo aveva investito per il proprio consolidamento: aveva rilevato il 100% delle quote di Sapes, di Ori Martin Deutschland e di Ori Martin France; nonché il 70% di Trafileria Lariana Drawing Steels e di Lariana Annealing Steels. Tutto ciò secondo De Miranda, che abbiamo intervistato.

 

D: Qual è la strategia di crescita di Ori Martin?

Roberto de Miranda, membro del comitato esecutivo e del Cda di Ori Martin, nonché presidente della controllata Novacciai Martin

R: «Il nostro principale mercato è l’automotive, e lo sarà almeno per i prossimi cinque anni. Tuttavia,  non è prevista alcuna crescita nella vendita delle auto nuove. Diversi fattori che incideranno su questo dato: dal car sharing al fatto che la macchina non è più in cima alla lista dei desiderata delle nuove generazioni, né è più percepita come uno status symbol dalla maggior parte della popolazione. Dunque, è indubbio che la siderurgia europea si troverà in una condizione di over-capacity.  Pertanto, la strategia che abbiamo studiato è diretta alla più alla crescita della qualità, che della quantità, andando più a valle».

 

D: Cosa significa “andare più a valle”?

R: «Si deve recuperare marginalità; e questo lo si fa non vendendo lastre di acciaio grezzo, ma direttamente il prodotto trattato. Del nostro gruppo fanno già parte aziende, come ad esempio la “Trafilati Martin”, la “Novacciai Martin” e la “Sapes” che fanno lavorazioni a freddo: pelatura, trafilatura, torneria e stampaggio.  Credo che la strada giusta sia questa, e che sia già tracciata: “andando più a valle”, si possono offrire maggiori garanzie di qualità, e ciò diventerà fondamentale per acquisire nuove quote di mercato, nell’automotive e in altri settori».

 

DCosa comporterà per il vostro settore l’elettrificazione dell’automotive?

Per l’automotive, principale mercato di destinazione dell’acciaio, non è previsto un incremento delle vendite; anzi, probabilmente si assisterà ad una diminuzione del numero delle auto circolanti nei contesti urbani. Perciò, per incrementare la marginalità, Ori Martin intende puntare sui prodotti laminati e trafilati dalle società controllate

R: «Una grande sfida. È indubbio che la percentuale di auto green è destinata ad aumentare, anche se non credo che si assisterà ad una sostituzione del diesel e della benzina in tempi brevi. Certo, non entro il 2030. Comunque sia, dal momento che il propulsore elettrico è molto meno articolato di quello a combustione, non si potrà evitare un impatto molto forte sulla componentistica, perché diversi elementi gradualmente scompariranno dal mercato. Ciò produrrà conseguenze anche sul nostro lavoro. Altri componenti, invece, come ad esempio le sospensioni e la scocca, resisteranno. Insomma, bisognerà concentrarsi nella realizzazione di metalli adatti alla fabbricazione dei pezzi destinati a sopravvivere. Ma in ciò abbiamo un vantaggio rispetto alla concorrenza tedesca».

 

D: Quale vantaggio?

R: «La siderurgia tedesca è legata per lo più al carbone e agli altoforni. Per ragioni storiche: si pensi al peso che la Ruhrgebiet – il bacino della Ruhr – ha avuto nell’economia di quel Paese. Per secoli, la ricchezza di miniere di combustibile fossile ha rappresentato un vantaggio competitivo enorme; ora, invece, i big player dell’automotive richiedono certificati relativi al carbon footprint, pertanto l’industria siderurgica tedesca sta cercando di convertire gli altoforni all’idrogeno, operazione non semplice ed estremamente costosa. Qui nella zona di Brescia, ma in Italia in generale, l’industria prevalente è invece elettrosiderurgia. Quanto ad Ori Martin, si sta attrezzando per utilizzare sempre più elettricità proveniente da fonti green».

 

D: Come?

Esterno del plant bresciano di Ori Martin. Il 2019 aveva rappresentato un anno di crescita di volumi per Ori Martin: ricavi a 583 milioni (+ 1,5% sul 2018); ma l’ebitda era passato da 83 a 78 milioni, e l’utile netto da 37 a 15 milioni

R: «Abbiamo sottoscritto un contratto quinquennale (con prezzo bloccato) con una azienda che produce energia da impianti fotovoltaici in Sardegna. È un primo passo, che evidentemente non coprirà il nostro fabbisogno: nel 2019, ultimo dato disponibile, abbiamo consumato 550 milioni di Kw di energia, per un costo di 60 milioni di euro, un decimo dei ricavi del Gruppo».

 

D: Di recente l’azienda ha presentato il “Bilancio di sostenibilità 2019”.  Risulta che in quell’anno avete prodotto 674mila tonnellate di acciaio utilizzando, per il 76% del materiale, rifiuti che altrimenti sarebbero finiti in discarica. Pensa che la siderurgia italiana abbia imboccato in via definitiva una strada “green”?

R: «Forse non in tutta Italia, ma penso che qui a Brescia l’elettrosiderurgia abbia conferito sin dagli anni Sessanta una grande importanza all’ambiente. L’utilizzo di rottami metallici è una forma di economia circolare; e non si può arrivare al 100% solo perché l’automotive ci chiede, per particolari prodotti, una qualità che si ottiene solo con cariche di ghisa e preridotto di ferro».

 

D: Nel documento si insiste molto sulla formazione del personale. C’è una ragione?

La Ori Martin di Brescia. Il gruppo aveva investito per il proprio consolidamento: aveva rilevato il 100% delle quote di Sapes, di Ori Martin Deutschland e di Ori Martin France; nonché il 70% di Trafileria Lariana Drawing Steels e di Lariana Annealing Steels

R: «Sì: dopo anni di assurda e non lungimirante demonizzazione dell’acciaieria, è molto difficile attrarre nuove risorse competenti; che pertanto mancano, inevitabilmente, nell’automazione, nella manutenzione e nell’elettronica. Bisognerebbe rilanciare gli Its, le scuole di alta specializzazione tecnologica, ma questo non dipende da noi. Così, l’implementazione dell’Erp (un software che integra tutti i processi di business, come vendite, acquisti, amministrazione magazzino e contabilità; Ndr) di Sap (la multinazionale tedesca nota in tutto il mondo per il gestionale con sistema di memorizzazione colonnare dei dati; Ndr) rappresenta per noi una grande sfida. Con Sap non si deve solo sostituire un software nel computer; bisogna cambiare l’organizzazione aziendale, creare reparti e figure professionali nuove. Ecco, il rischio per noi è quello di “comprare una Ferrari per andare a fare la spesa”. Di qui le quasi 9mila ore di formazione interna – che non riguarda solo la sfera della sicurezza, ma anche quella del funzionamento a 360 gradi della fabbrica».

 

DOri Martin dal 2018 è allacciata – per mezzo di una conduttura interrata di 5 chilometri – ad un ossigenodotto. A cosa serve?

R: «Consente di evitare la liquefazione dell’ossigeno con un risparmio di 4mila tonnellate di Co2 annue e di evitare il transito di oltre mille automezzi all’anno; e già questo comporta il risparmio di ulteriori 270 tonnellate di emissioni nonché una forte riduzione dell’inquinamento acustico, che prima provocava disagi al quartiere».

 

D: Che cos’è e a che cosa serve l’impianto di i-Recovery?

R: «Il progetto è uno dei fiori all’occhiello di Ori Martin e uno dei primi esempi del genere in Europa. I fumi caldi prodotti dall’acciaieria vengono convogliati in una sorta di grosso calorifero e utilizzati per la produzione di vapore acqueo da un macchinario complesso realizzato da Tenova (società del Gruppo Techint con sede a Castellanza – Varese – specializzata in soluzioni di ingegneria per l’industria metallurgica e mineraria; Ndr); il vapore viene ceduto a A2A, una multiutility di Brescia. Questa, a sua volta, lo impiega per il teleriscaldamento delle case di 2mila famiglie. In questo modo, sono recuperati quasi 83mila Giga joule di calore, che altrimenti andrebbero dispersi. D’estate, invece, il vapore va ad alimentare una speciale turbina (realizzata dalla Turboden, una società del gruppo Mitsubishi; Ndr) che genera 2,5 Mw di energia. Ora, infine, stiamo sviluppando un altro progetto, Heat-Leap, finanziato dalla Unione Europea con 700mila euro: si tratta di recuperare il calore delle acque di raffreddamento e cedere altro vapore all’A2A. Attualmente, siamo nella fase delle prime prove sperimentali».

 

D: Ori Martin, insieme a Tenova e nel contesto del Cluster Nazionale Fabbrica Intelligente (l’associazione che riunisce aziende, Regioni, associazioni, università ed enti di ricerca con l’obiettivo di creare una comunità manifatturiera avanzata, stabile e competitiva)  ha dato vita ad un Lighthouse impegnato nella realizzazione dell’acciaio 4.0., e quindi ad una fabbrica intelligente, in grado di esercitare un controllo effettivo su tutte le fasi di processo; e pertanto resiliente e sostenibile. In quanto Impianto Faro, servirà a dimostrare ad aziende più piccole e meno evolute quali progressi si possano conseguire con l’utilizzo di tecnologie abilitanti.  A che punto siamo?

Interno della fabbrica Ori Martin, Lighthouse impegnato nella realizzazione dell’acciaio 4.0., e quindi ad una fabbrica intelligente, in grado di esercitare un controllo effettivo su tutte le fasi di processo

R: «Siamo molto concentrati su questo aspetto: la riduzione, grazie alla digitalizzazione, degli sprechi e degli errori umani. Il che è tutt’altro che semplice, perché stiamo parlando di un ambiente particolare, caratterizzato da alte temperature e da altre condizioni estreme. Tra le varie migliorie, la gestione automatizzata dei rottami, che per noi è molto importante. Si immagini un camion che arriva in fabbrica pieno di scarti; questi non sono tutti uguali: alcuni vanno bene per certi processi, altri no. Prima era tutto delegato agli operatori, e ciò comportava una grande spendita di tempo e di energie. Ora un tecnico “fotografa” il carico con un device, e da quel momento è tutto tracciato e selezionato in via automatica. Un altro progresso realizzato è nel campo della cybersecurity: proteggere la nostra rete è fondamentale, perché un attacco informatico potrebbe avere conseguenze molto pesanti. Un nostro competitor ha dovuto cessare l’attività per due settimane, con costi enormi. Comunque sia, sono molto ottimista: a mio avviso, riusciremo a concludere il progetto nei tempi previsti».

 

D: Sempre come Lighthouse, avete lanciato una challenge sulla cybersafety con il supporto  del Cluster Nazionale Fabbrica Intelligente. Come stanno procedendo le cose?   

R: «Il nostro è un ambiente non safety per antonomasia, quindi da anni eravamo impegnati a migliorare questo aspetto; e in effetti già avevamo fatto progressi considerevoli. Ora per noi è fondamentale implementare una sensoristica che consenta agli operatori di evitare i pericoli. Lo stiamo facendo: la strumentazione digitale è in grado di percepire quando un tecnico sta compiendo male un’operazione o quando è entrato in un compartimento dove non doveva penetrare per la sua stessa sicurezza. Controllare queste evenienze da una posizione centralizzata disponendo di un sistema di alert è un grande vantaggio. Per questo stiamo selezionando scale-up, imprese e start-up che possano aiutarci. Siamo a buon punto».

 

D: Il tema del momento è l’idrogeno. Ha un qualche rilievo nell’elettrosiderurgia?

R: «Per noi l’idrogeno può svolgere un ruolo solo nel forno del laminatoio, dove in genere si utilizza il metano. Il nostro apparato, peraltro, è stato studiato in modo da poter essere alimentato da una miscela tra i due gas. Quando l’elemento più leggero in natura sarà sul mercato e costerà un po’ meno, saremo in prima linea per contribuire alla transizione energetica derivante dall’idrogeno».














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