Patto Novamont-Coldiretti: più Made in Italy con le filiere agricole innovative

Foto di spanky1969 da Pixabay

Biolubrificanti, bioplastiche e bioerbicidi. E’ allo sviluppo di queste produzioni, in direzione della bioeconomia circolare, che punta l’accordo firmato dalla multinazionale dei biopolimeri guidata da Katia Bastioli e partecipata dall’Eni attraverso Versalis

Nasce il primo patto nazionale per lo sviluppo di olio di girasole Made in Italy destinato alla produzione di biolubrificanti, bioplastiche e bioerbicidi e ottenuto dai campi del Belpaese. L’intesa siglata da Coldiretti, Novamont, Filiera Agricola Italiana e Consorzio Agrario dell’Umbria rappresenta un ulteriore tassello, dopo la filiera del cardo in Sardegna, in direzione della bioeconomia circolare, basata sullo sviluppo di filiere agricole innovative, integrate nel territorio e connesse con le bioraffinerie del nostro Paese.

Olio per le bioraffinerie di Novamont

Valorizzando le potenzialità dei campi diffusi principalmente fra Marche, Umbria e Toscana, per un totale di 114mila ettari con un trend di crescita stimato per il 2019 del +2,9%, l’accordo parte da una base di 25mila quintali di semi ottenuti dalla coltivazione di girasoli ad alto contenuto di acido oleico, con i quali si produrrà olio utilizzabile nelle bioraffinerie del gruppo Novamont. Per il 2019 si parte con 1.200 ettari seminati dal Consorzio Agrario dell’Umbria; la scelta del girasole è da ricondursi anche al fatto che può essere coltivato in aree difficili, in terreni sia pesanti che sabbiosi, originando, inoltre, un’opportunità di reddito aggiuntivo per gli agricoltori.







L’olio ottenuto può essere valorizzato anche in combinazione con altri oli vegetali da colture oleaginose a basso impatto nella direzione di sviluppo di bioprodotti ideati per fornire soluzioni uniche e sostenibili all’inquinamento degli ecosistemi, quali biolubrificanti per uso agricolo, monomeri per le bioplastiche, bioerbicidi a base di acido pelargonico. Dopo la spremitura per ottenere olio grezzo si passa alla prima raffinazione. Il prodotto così ottenuto affronta quindi un’ulteriore fase di lavorazione per l’ottenimento di bioprodotti destinati a differenti settori. Dalla prima fase di spremitura si ottiene anche farina di girasole che, come la farina di cardo e altre oleaginose a basso impatto della filiera, viene recuperata per essere utilizzata nell’alimentazione degli animali nelle stalle italiane, dando vita ad una economia circolare che valorizza gli scarti e tende ad una radicale diminuzione degli sprechi.














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