Manifattura avanzata: filiere lombarde da far crescere e sostenere. Con Afil

di Marco de' Francesco ♦︎ I progetti nascono nel contesto delle Strategic Community dell'Associazione, che ha presentato le priorità del manifatturiero rispetto alla Manifestazione di Interesse di Regione. Smart components: abilitare scenari di servitizzazione. Acciaio sostenibile: riutilizzo residui. Riciclo tessile: riuso scarti. Produzione alimentare socura: cross-fertilization tra machinery e filiera trasformazione alimentare. Advanced polymers: plastronica e materiali polimerici intelligenti. Additive manufacturing: produzione parti multi-componenti e multi-funzione

Le tematiche sono strategiche per l’industria e per la manifattura in particolare: quelle della componentistica intelligente, del riciclo nel tessile, della produzione alimentare, dell’acciaio e della plastica “sostenibili”, e dell’additive manufacturing su larga scala. Su queste si stanno sviluppando, in Lombardia, progetti per realizzare altrettante filiere. Progetti che nascono in un contesto particolare, quello delle Strategic Community di Afil, l’Associazione Fabbrica Intelligente Lombardia – il cluster regionale per il manifatturiero avanzato. Si tratta di gruppi di lavoro composti da aziende, atenei ed enti di ricerca, che si riuniscono per definire priorità comuni, trasferire soluzioni innovative ed implementare attività a beneficio dell’ecosistema regionale.

Negli ultimi mesi, le Strategic Community hanno lavorato per presentarli nel contesto della “Manifestazione di Interesse per lo sviluppo ed il consolidamento delle filiere produttive e di servizi e degli ecosistemi industriali produttivi ed economici in Lombardia”. È un bando, promosso da Regione Lombardia in collaborazione con la locale Unioncamere: individua una serie di ambiti tematici in cui partenariati composti da almeno 10 aziende propongono progettualità comuni entro le ore 16 del 31 dicembre 2022. In una seconda fase, quelle ritenute meritevoli riceveranno premialità di punteggio e agevolazioni economiche da parte dell’ente territoriale. Ma come sono strutturati questi progetti nati in Afil? Sono stati presentati il 6 luglio, in occasione dell’assemblea generale del Cluster.







 

Le filiere e la Manifestazione di interesse

Sulle filiere e sulla relativa Manifestazione di Interesse, è stato già pubblicato un primo articolo reperibile qui. Tuttavia, per comprendere in quale contesto i progetti di filiera possono inserirsi, vanno considerati i 5 grandi ambiti di intervento individuati dalla Regione: la sostenibilità e la circolarità; l’innovazione, il trasferimento tecnologico, la digitalizzazione, la ricerca e la proprietà intellettuale; la formazione, il capitale umano, l’occupazione e la sicurezza sul lavoro; l’internazionalizzazione; il credito e la patrimonializzazione.

 

Il progetto per una filiera della componentistica intelligente

Pompe volumetriche rotative a palette PO 500-1000 Fluid-o-Tech

Una filiera della componentistica intelligente è l’obiettivo della Strategic Community “Smart Components”, attualmente composta da Fluid-o-Tech, azienda tecnologica di Corsico (Milano) specializzata nella progettazione e produzione di pompe volumetriche e sistemi sensorizzati e intelligenti di dosaggio dei fluidi, insieme al Politecnico di Milano, ed alle multinazionali Bosch e STMicroelectronics. Il settore della componentistica industriale abbraccia in Italia vari ambiti (automotive, minuteria metallica, macchinari e macchine utensili, pompe, valvole, settore petrolchimico, industrie di trasformazione, rubinetteria, e molto altro) e vale oltre 50 miliardi di euro, dando lavoro a oltre 220 mila persone (fonte: Ufficio Studi Anima, dati 2021).  È collegato al mercato dell’IoT, che in Italia vale 7,3 miliardi di Euro (fonte: Osservatorio Digital Innovation, Osservatorio Internet of Things). Tuttavia, «oggi le aziende della componentistica corrono un rischio: quello della commoditizzazione dei propri prodotti hardware che, in quanto tali, diminuiscono di valore. Ciò può comportare una riduzione dei margini nonché una perdita di ruolo e di potere contrattuale della filiera» – afferma Diego Andreis che è presidente di Afil, Managing Director di Fluid-o-Tech e speaker della Strategic Community.

Diego Andreis, managing Director Fluid-o-Tech

«Si deve pertanto promuovere questa transizione: da strumenti passivi ad attivi, e da componenti a soluzioni. Smart Components interconnessi e intelligenti costituiscono un traguardo importante, perché consentono di incrementare il valore dei beni e il rilievo delle aziende che li realizzano» – continua Andreis. Ci sono diversi punti di forza che valorizzano il progetto. «L’ecosistema lombardo ha tutte le carte in regola per giocare utilmente la propria partita. Nella regione sono presenti i componentisti, i fornitori di tecnologia e gli Oem (Original Equipment Manufacturer). C’è l’opportunità di realizzare scenari di servitizzazione e di evoluzione dei modelli di business; questa è l’occasione per individuare le tecnologie che permettano di far evolvere molto rapidamente il settore» – afferma Andreis. Ma ci sono anche diverse aree di debolezza. Ad esempio, il settore della componentistica è molto frammentato ed eterogeneo; inoltre, le aziende di settore sono piccole e faticano a restare al passo con l’evoluzione tecnologica in vista della digitalizzazione. La Manifestazione di Interesse può giocare un ruolo importante, in quanto il progetto di filiera può rientrare nell’ambito di intervento sull’innovazione. «Spero solo che il limite minimo di dieci aziende da aggregare non rappresenti un ostacolo» – termina Andreis.

 

Il progetto di una filiera dell’acciaio sostenibile

Forno a passo di pellegrino di Tenova

Dar vita ad una filiera dell’acciaio sostenibile è un progetto sviluppato dalla Strategic Community “De- and Re-manufacturing for Circular Economy”. Si punta alla realizzazione di un ecosistema nel quale gli scarti o i sottoprodotti di un’azienda siderurgica diventino materie prime o sottoprodotti per altre imprese anche di settori diversi. L’idea è quella di creare un mondo interdipendente, dove flussi di rifiuti ed energia siano consumati di continuo, come accade in natura, senza la generazione di residui non eliminabili. È un obiettivo molto sfidante: un approccio circolare, infatti, riduce i costi e l’impatto ambientale, incoraggia lo sviluppo di nuovi prodotti, crea posti di lavoro, apre settori di attività, promuove l’innovazione e stimola la crescita economica. Ma non è semplice. Con 11,3 milioni di tonnellate, la Lombardia realizza circa il 46,5% dell’acciaio italiano e il 16% di quello europeo. La regione è il decimo produttore mondiale di acciaio e il secondo in Europa (il primo per ciclo Eaf, ovvero forno elettrico). Pertanto, la Lombardia genera 2,5 milioni di tonnellate di residui, tra scorie nere e bianche (le prime sono miscele ternarie di ossido di calcio, diossido di silicio e ossidi di ferro; le altre sono residui della lavorazione secondaria), polveri, scaglie e fanghi di laminazione. «Le scorie nere possono essere riutilizzate e riciclate anche in altri settori, come l’edilizia. Le polveri sono un prodotto della filtrazione e sono ricche di ossidi di zinco e di ferro; le scaglie e i fanghi contengono fino al 95% di ossidi di ferro» – afferma il R&D manager di Ori Martin Maurizio Zanforlin, speaker della Strategic Community.

Maurizio Zanforlin, capo R&D Ori Martin

Il progetto include i nomi di peso dei Soci Afil Feralpi, Ori Martin, Tenova (società del Gruppo Techint specializzata in soluzioni di ingegneria per l’industria metallurgica e mineraria), Tenaris (importante produttore di tubi d’acciaio senza saldatura), e Rina Consulting – Centro Sviluppo Materiali, in cooperazione con Associazione Italiana di Metallurgia (Aim). Ad essi si aggiunge il possibile coinvolgimento di Politecnico di Milano e Università degli Studi di Brescia, atenei associati al Cluster, insieme a Mapei, Fonderia di Torbole, Italcementi e Unicalce. Inoltre, Ori Martin e Tenova – nel contesto del Cluster Nazionale Fabbrica Intelligente (l’associazione che riunisce aziende, Regioni, associazioni, università ed enti di ricerca con l’obiettivo di creare una comunità manifatturiera avanzata, stabile e competitiva e di cui anche Afil è parte) – hanno dato vita al Lighthouse “Acciaio 4.0”. Gli Impianti Faro sono dimostratori tecnologici volti ad illustrare gli sviluppi di tecnologie “pratiche” e a far constatare a imprese più piccole l’efficacia di alcune applicazioni specifiche. Uno degli obiettivi di “Acciaio 4.0” è il controllo puntuale ed effettivo su tutte le fasi del processo. «Tuttavia, non mancano gli ostacoli. Nella siderurgia, gli investimenti sono davvero ingenti, anche a causa delle grandi quantità di materiale da trattare. Tuttavia, l’incertezza regolamentare accentua la difficoltà di realizzare una collaborazione territoriale tra industrie tradizionalmente separate, perché fa in modo che in molti casi nessuno sappia se una certa scoria possa essere utilizzata validamente da un’industria. Basta infatti che la Pubblica Amministrazione interpreti un termine in una maniera o nell’altra per bloccare un processo o annichilire un investimento» – continua Zanforlin. Quanto alla Manifestazione di Interesse, questa contempla fra gli ambiti di intervento la sostenibilità e la circolarità. Ed è questo il contesto in cui il progetto sarà presentato.

 

Il progetto di una filiera per il “riciclo nel tessile”

Allestimenti Radici.[©(c)Roland Halbe; Veroeffentlichung nur gegen Honorar, Urhebervermerk und Beleg / Copyrightpermission required for reproduction, Photocredit: Roland Halbe]
Il progetto per una filiera per il riciclo nel tessile è nato nel contesto della Strategic Community “De- and Re-manufacturing for Circular Economy”, spiega il Responsabile Ricerca e Innovazione presso Sistema Moda Italia, nonché speaker della SC, Mauro Sampellegrini. Va innanzitutto sottolineato che la Lombardia è una regione forte nel settore tessile: per numero di addetti, oltre 40mila, è infatti la prima in Europa. Il fatturato del settore è pari a 14,1 miliardi di euro (dato del 2020 che contempla i 6,2 miliardi di euro del tessile in senso stretto e i 7,9 miliardi di Euro dell’abbigliamento). L’export della Lombardia relativo al 2020 è pari a 8,1 miliardi a fronte dei 27,3 miliardi del totale delle esportazioni nazionali di comparto (fonte: Centro Studi Confindustria Moda su dati Istat). Il settore è composto per lo più (54,2%) di micro-imprese, con meno di 10 dipendenti e con un fatturato uguale o inferiore ai due milioni di euro. Quanto alle tipologie della lavorazione, il 18,9% si occupa di finissaggio dei tessili, degli articoli di vestiario e attività simili; il 16,9% di confezionamento di biancheria da letto, da tavola e per l’arredamento; il 14,9% di tessitura; il 12% di preparazione e filatura delle fibre tessili; l’8,6% di ricami; il 7,5% di preparazione di articoli in materie tessili (7,5%) e il 4,2% di fabbricazione di tessuti a maglia.

L’idea è che se i rifiuti tessili fossero reimpiegati, si ridurrebbe il costo dei materiali nell’abbigliamento e si azzererebbe quello del trattamento degli scarti. Occorre sviluppare prodotti e processi sostenibili, con nuove materie prime e minor utilizzo di sostanze chimiche dannose; devono essere realizzate piattaforme digitali, anche integrando quelle esistenti, per mappare gli scarti; deve essere sviluppato un design apposito per la Circular Economy, in vista dell’allungamento della vita del prodotto; si deve procedere all’identificazione di nuovi modelli di business, che possono riguardare le filiere del riuso e il riutilizzo dei capi; bisogna puntare alla definizione di nuovi standard di qualità del riciclato e nuove certificazioni. «Tuttavia, conseguire questi obiettivi non è semplice. Ci sono delle aree di debolezza, come ad esempio la mancanza di tracciabilità lungo la filiera e i costi di investimento, dovuti alle diverse tipologie di materiale. Servono economie di scala. Inoltre, le attuali normative non valorizzano i prodotti a fine vita» – afferma Sampellegrini. La filiera ha stakeholder importanti, tra cui i Soci Afil Radici Group, Ratti, Albini Group, Santini Maglificio Sportivo, Centrocot, Politecnico di Milano, Stiima-Cnr, Università di Bergamo e Innovhub, in cooperazione con Sistema Moda Italia (Confindustria). Fanno parte della filiera anche Saati, Alfredo Grassi, Parà – Tempotest, Pielleitalia e Centro Tessile Serico Sostenibile. Anche in questo caso, l’ambito di intervento è quello relativo alla circolarità ed alla sostenibilità.

 

Il progetto per una filiera per una produzione alimentare sicura e sostenibile

il direttore generale di Tecnoalimenti Raffaello Prugger

Il progetto per una filiera per una produzione alimentare sicura e sostenibile è proposto dalla Strategic Community “Secure and Sustainable Food”.  L’idea è quella di dar vita ad una “cross-fertilization” tra le tecnologie avanzate del machinery e la filiera della trasformazione alimentare. Il primo potrebbe contaminare la seconda con soluzioni di automazione e con tecnologie come la robotica, ad esempio. L’industria degli alimenti e delle bevande in Lombardia vale 29 miliardi di Euro ed è composta da 6.480 aziende (il 7,6% del totale delle imprese lombarde). Inoltre, per numero di occupati (70mila, 7,8% del totale dei dipendenti in regione), la Lombardia è la quarta regione in Europa dopo l’Île-de-France, la Catalogna e i Paesi della Loira. Secondo il Direttore Generale di Tecnoalimenti, nonché speaker della SC, Raffaello Prugger, «c’è tanto da fare. Anzitutto, bisogna immaginare nuovi business model compatibili con la bassa marginalità del settore e con i tempi richiesti per ammortizzare i costi sostenuti. Inoltre, ci sono aree di debolezza: ad esempio la scarsa propensione all’introduzione di tecnologie in un settore dove l’artigianalità è preponderante».

Ma ci sono dei punti di forza: «Ad esempio, nell’ecosistema regionale sono presenti eccellenze a livello globale sia per quanto riguarda le aziende che realizzano tecnologie sia per quelle che producono alimenti» – afferma Prugger. Attualmente, tra gli stakeholder della filiera c’è il Politecnico di Milano, Stiima-Cnr, la citata Tecnoalimenti (una società consortile no-profit che ispira, coordina e sviluppa progetti di ricerca di interesse industriale nel settore) e Quantra, la divisione dello Studio Maruggi nata nel 2013 per supportare le imprese con la consulenza nell’ambito dei processi di produzione, nel supporto alla informatizzazione dei processi logistici e di servizio al cliente e nel controllo di gestione industriale, focalizzandosi sulle imprese del territorio con particolare riferimento alle Pmi. L’impresa si è dedicata allo sviluppo di servizi nell’ambito della Trasformazione Digitale, in particolare dei processi manifatturieri. Con riferimento alla Manifestazione di Interesse, l’ambito di intervento in cui il progetto potrebbe inserirsi è quello relativo a innovazione, trasferimento tecnologico, digitalizzazione, ricerca e proprietà intellettuale.

 

Il progetto per la filiera sostenibile della plastica smart

Realizzare una filiera sostenibile della plastica smart è l’obiettivo della Strategic Community “Advanced Polymers”, già impegnata nella definizione delle priorità in tema di plastronica e di materiali polimerici e compositi che siano “smart”. La prima consiste nell’integrazione di componenti elettronici nella plastica; la seconda si riferisce invece a materiali che hanno caratteristiche tali da renderli “intelligenti”, in quanto in grado di comportarsi in maniera prestabilita, reagendo a determinati contesti applicativi. Tale capacità è necessaria, oltre che a rendere i materiali più performanti, anche ad implementare logiche di economia circolare. L’Europa copre circa il 16% della produzione mondiale di plastica e la Lombardia è una regione leader per quanto riguarda la produzione e la lavorazione di materie plastiche, compositi e di macchine e accessori per la lavorazione e la trasformazione delle stesse. Tra i settori di riferimento vi sono l’automotive, la nautica e l’aerospazio.

Ma a quale genere di sostenibilità ci si riferisce? «L’obiettivo è una filiera che copra il ciclo di vita del prodotto plastico, dal materiale al materiale, e quindi non il riciclo ma il riuso. È tutt’altro che semplice, perché serve una riprogettazione a monte» – afferma il Professor Gianmarco Griffini, docente al Politecnico di Milano (Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria Chimica “Giulio Natta”) e speaker della Strategic Community. Tra gli stakeholder della filiera, vi sono Nts, Centrocot, Moma Nanotech, Elettrotecnica Rold, Wilden – Argomm Group, il Politecnico di Milano, le Università di Brescia, Pavia e MilanoBicocca. Tra gli elementi che possono favorire il successo del progetto, ci sono la forte spinta del settore verso l’Industria 4.0 e la digitalizzazione, nonché l’internazionalizzazione del consorzio e la chiara identificazione delle priorità di allineamento. Tuttavia, l’esigenza di economie di scala per assicurare i grandi volumi da produrre, la mancanza di competenze specifiche per il trasferimento industriale e le normative incerte per la gestione dei dati potrebbero comportare alcune difficoltà per il suo sviluppo. In merito alla Manifestazione di Interesse, gli ambiti di intervento in cui il progetto potrebbe collocarsi sono quelli dell’innovazione e della sostenibilità.

Il gruppo di lavoro si propone di approfondire l’uso e lo sviluppo di strategie legate all’economia circolare, in particolare studiando l’impiego di materiali e compositi bioderivati e di materiali polimerici intelligenti per ottenere compositi riprocessabili, riparabili, riciclabili

Il progetto per la filiera dell’additive manufacturing

Kilometro Rosso

La realizzazione di una filiera sulla manifattura additiva è uno degli obiettivi della Strategic Community “Additive Manufacturing” di Afil. In Lombardia operano diverse realtà con forti competenze nell’Additive Manufacturing (dai produttori di polveri e macchinari fino agli utilizzatori finali), ma il quadro è frammentato. Eppure, l’Additive Manufacturing è una tecnologia abilitante, con un forte impatto in molti settori industriali (automotive, medicale, aerospaziale e altri) grazie alla sua versatilità. Inoltre, è trasversale e facilmente integrabile con altri processi industriali. In Europa ha un valore di mercato stimato in 9,64 miliardi di Euro al 2021, e potrebbe rivelarsi come un fattore chiave per la competitività del manifatturiero. Per questo la Strategic Community ha studiato una proposta per integrare la filiera.

Il progetto ha diversi punti di forza, in particolare la possibilità di realizzare design concepts applicabili a materiali molto diversi (dal metallo alle plastiche e alle ceramiche) oppure quella di produrre parti multi-componenti e multi-funzione. Ci sono anche delle aree di debolezza. «L’Additive Manufacturing è una tecnologia molto costosa senza una specifica riprogettazione del componente in ottica manifattura additiva; inoltre, le polveri e le materie prime del processo additivo sono molto costose; e l’impatto ambientale, fattore oggi molto rilevante, non è chiaro.  Per questi motivi, l’Additive Manufacturing non ha ancora dispiegato la sua intera forza per il manifatturiero» – afferma il docente al Dipartimento di Ingegneria Civile dell’Università degli Studi di Pavia, nonché speaker della Strategic Community, Professor Ferdinando Auricchio. La filiera deve coprire tutte le fasi di produzione: dalle materie prime sino al fine vita con la riparazione e il recovering delle parti ad alto valore aggiunto. Tra gli stakeholder ci sono nomi di prestigio: Abb, Streparava, Gfm, Camozzi, Moma Nanotech, Additive Italia, Kilometro Rosso, le Università Bergamo e di Pavia e il Politecnico di Milano. Quanto alla Manifestazione di Interesse, gli ambiti di intervento in cui il progetto potrebbe inserirsi sono quelli dell’innovazione e della sostenibilità.














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