A che cosa serve l’Intelligenza artificiale nel mondo dell’Industria?

di Marco Scotti ♦︎ Per esempio, tramite algoritmi in grado di predire criticità per il componente si possono mettere a punto moduli di manutenzione anticipata e aumentare la vita del prodotto. Ma le applicazioni sono numerose. Il centro di competenza Made le ha spiegate in un webinar, con Bosch Rexroth e Cefriel

È da 30 anni che si fa ricerca sull’intelligenza artificiale! Con miglioramenti straordinari e potentissimi a tutti i livelli, dalla potenza di calcolo al software. E opportunità completamente nuove per una produzione flessibile ed efficiente, anche quando si tratta di prodotti complessi e sempre più personalizzati in piccole serie. Secondo Roland Berger: entro il 2035, i sistemi e le catene di processo intelligenti, collegati in rete digitale potrebbero rappresentare una crescita aggiuntiva di circa 420 miliardi di euro nella sola Europa occidentale. Secondo uno studio di PwC, l’intelligenza artificiale può anche contribuire fino a 15,7 trilioni di dollari USA all’economia globale nel 2030.

Le prime vere applicazioni dell’intelligenza artificiale stanno già trovando posto in normali attività industriali, incluso il riconoscimento linguistico, per eseguire attività di base, documentare l’ambiente circostante tramite telecamere, raggi laser o raggi X e fornire assistenti personali virtuali nella logistica. Secondo lo studio PwC, nel 2018 il 62% delle grandi aziende utilizza già la tecnologia AI nel suo portafoglio.







Marco Taisch, presidente del competence center Made

Proprio le applicazioni in fabbrica dell’intelligenza artificiale sono state al centro di un recente webinar organizzato dal Compertence center Made, presieduto da Marco Taisch. «Il motivo principale per cui l’AI è fondamentale per le aziende – spiega Carlo Mariani, sales technical center automation motion di Bosch Rexroth che è uno dei 47 soci del centro di competenza milanese (tra cui il Politecnico di Milano e gli atenei di Bergamo, Brescia e Pavia) – è che la sua flessibilità permette di soddisfare innumerevoli requisiti. Ad esempio, perché tramite algoritmi in grado di predire criticità per il componente si possono mettere a punto moduli di manutenzione anticipata e aumentare la vita del prodotto. Oppure, può essere adoperata per ottimizzare il processo produttivo, andando a riconoscere gli sprechi e cercando di trovare strategie “just in time”. L’importante è sfruttare in maniera corretta gli algoritmi, e qui serve l’abilità di astrazione: un’intelligenza artificiale addestrata a fare certe cose può essere utile in un contesto totalmente differente. Come nel caso della gestione del traffico: si può usare il medesimo algoritmo per governare l’ingegneria urbana o per le reti».

Carlo Mariani, sales technical center automation motion di Bosch Rexroth

Per costruire un algoritmo ci sono vari passaggi che devono essere messi in piedi per avere una completa interazione con l’intelligenza artificiale. Ci sono svariati elementi: il primo è che la macchina sia in grado di riconoscere i singoli oggetti o compiti. Poi bisogna portare la macchina stessa a ragionare attraverso dei modelli matematici. «Al livello successivo – ci spiega Francesco Mapelli, advance responsabile practice advanced analytics del Cefriel, anch’esso socio del Made – c’è la raccolta dei dati ottenuti attraverso i vari canali di “collecting”. In fabbrica possono essere gli Erp o i gestionali. Solo dopo queste varie fasi si può iniziare a parlare di intelligenza artificiale, che rimane però uno strumento, non la soluzione al problema. Quando diciamo che l’intelligenza artificiale ruberà posti di lavoro, diciamo una cosa poco sensata. L’AI è in grado di risolvere un problema specifico, partendo oltretutto da pattern ripetitivi, in situazioni con poca intelligenza e dove c’è la possibilità di automatizzare. Il controllo di qualità, per esempio, è in linea e continuativo. Permette quindi di intervenire tempestivamente se si verifica un errore, scartare il pezzo danneggiato o comprendere se c’è un deterioramento del macchinario stesso».

Dunque l’intelligenza artificiale è parte integrante della vita quotidiana, ma la definizione è spesso incompleta o viene confusa con deep learning e machine learning, che sono in realtà tre concetti diversi. «L’AI – prosegue Mariani – è una scienza che studia come costruire macchine o programmi che possano comportarsi in modo “intelligente”. Cerchiamo, cioè, di far portare a termine compiti tipicamente umani, chiediamo capacità di problem solving e imitiamo comportamenti umani. Il machine learning si occupa di fornire ai sistemi la capacità di apprendere dalla propria esperienza: sono in grado di modificare se stessi e sono in grado di intervenire senza una programmazione pregressa. In una parola, sono in grado di migliorare la performance. Infine, il deep learning è una branca del machine learning che sfrutta grandi quantità di dati non classificati per l’addestramento».

Francesco Mapelli, advance responsabile practice advanced analytics del Cefriel

I dati e la loro mole crescente sono il tema dirimente per il futuro dell’intelligenza artificiale. Le informazioni permettono di creare conoscenza, specie ora che la potenza computazionale non è infinita, ma poco ci manca. Rimanendo nell’ambito industriale, l’automazione non è una novità, ma oggi è diventata più intelligente. «Se prima la macchina doveva essere progettata per compiere determinate azioni – conclude Mapelli –, oggi possiamo far svolgere ai robot operazioni molto più evolute, come nel caso del tipo di vite più corretta che deve essere avvitata. Non siamo in un mondo fantascientifico, ma l’evoluzione del mondo del lavoro è davanti a noi. E il 5G darà un’ulteriore mano a trasformare i diversi nodi della supply chain. La sua ottimizzazione può rappresentare davvero un cambio radicale: programmare la produzione e gli approvvigionamenti dai fornitori. E che dire del magazzino? Mediamente si assisterà a una riduzione degli spazi fino al 30% solo per il fatto di essere in grado di fare buone previsioni, riducendo oltretutto il tempo di rotazione».














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