Lenovo scalda i motori di Dallara Automobili

di Renzo Zonin ♦︎ Simulazione, modellazione matematica e cad: sono questi i tre step con cui l’azienda emiliana progetta le sue auto da corsa. Per l’infrastruttura di supercalcolo, la società guidata da Andrea Pontremoli ha scelto i server della multinazionale cinese, flessibili, scalabili e aperti al cloud. La collaborazione ha portato all’implementazione di un cluster NeXtScale - basato su processori Intel Xeon – e di una soluzione di storage software-defined basata su DataCore SANsymphony. E…

Gli americani vanno orgogliosi della californiana Silicon Valley, culla dell’informatica. Noi italiani possiamo vantare in Emilia la Motor Valley, un territorio di poche decine di chilometri quadrati dove sono nati e cresciuti alcuni dei più importanti marchi del motorsport: Ferrari, Lamborghini, Maserati, De Tomaso, Ducati… nomi che sono leggenda per ogni appassionato di corse automobilistiche.

Dietro a molti successi di questi brand famosi (e di tanti altri) c’è un uomo: l’ingegner Giampaolo Dallara, classe 1936, che dopo aver lavorato per i più grandi nomi ha deciso nel 1972 di mettersi in proprio fondando la Dallara Automobili in un garage dietro casa sua, a Varano de’ Melegari (Parma).







Il mondo delle corse è da tempo un grande utilizzatore di tecnologia, in particolare di quelle digitali: supercalcolo, CAD, simulazione, modellazione sono pane quotidiano per gli ingegneri che progettano e costruiscono le macchine che vediamo gareggiare sulle piste di tutto il mondo. L’azienda emiliana ha scelto per la sua infrastruttura di supercalcolo i server Lenovo.

 

Perché Lenovo

Alessandro De Bartolo, general manager del Data Center Group Lenovo Italia

«Lavorare con Dallara Automobili, e con una leggenda vivente quale l’ingegner Gianpaolo Dallara, è un privilegio perché è una collaborazione che ci fa crescere, e molto – ha dichiarato Alessandro De Bartolo, general manager del Data Center Group Lenovo Italia, aprendo un incontro stampa presso la sede di Dallara Academy – Le loro richieste sono impegnative e stimolanti, come ci si aspetta da un’azienda leader nel mondo del motorsport». Girando per i reparti dell’azienda emiliana ci si rende rapidamente conto di quanto sia pervasivo il ruolo della tecnologia, in particolare delle macchine digitali, visto che gran parte del ciclo di progetto di un’automobile da corsa si svolge nel mondo virtuale dei bit. Dallara oggi è in grado di passare dal foglio di carta bianca alla macchina in pista nel giro di appena 9 mesi, un tempo incredibilmente breve per un progetto così complesso come un’auto da gara. Ma di questi 9 mesi di gestazione, i primi 8 sono tutti nel dominio virtuale: progetto dei componenti, test aerodinamici e dinamici, assemblaggio e persino primi test di guida sono fatti su una serie di modelli matematici che definiscono la nuova vettura, che può essere addirittura guidata prima ancora che venga costruito il primo esemplare, grazie al più sofisticato simulatore di guida oggi disponibile, di cui esistono due esemplari: uno in Dallara a Varano, e uno in Ferrari, a Maranello.

 

Giampaolo Dallara, fondatore Dallara Automobili

«Se in Dallara i computer si fermassero, potremmo anche andarcene tutti a giocare a carte – ci ha detto l’ing. Giampaolo Dallara – per questo siamo felici di lavorare con un’azienda come Lenovo. Noi chiediamo e loro ci danno quello che ci serve, a volte superando le nostre aspettative. Nei miei primi trent’anni di attività, da quando ho iniziato in Ferrari negli anni ‘60, ricordo che si migliorava passo passo, si incrementavano le proprie conoscenze in modo lineare, imparando dagli errori. Poi con l’arrivo di computer sempre più potenti e veloci tutto è cambiato. Fino a pochi anni fa cercavamo di capire cosa succedeva cambiando qualcosa su una vettura, poi abbiamo cominciato a simulare i progetti tramite modellazione matematica per poter variare pezzi ancora e ancora, e la velocità del cambiamento è aumentata continuamente; per questo nel nostro lavoro il computer è diventato indispensabile. Ecco perché abbiamo bisogno di un partner come Lenovo, e siamo felici di averlo trovato». Si sente parlare spesso di trasformazione digitale, e in questo Dallara è un caso da manuale. Fino a qualche anno fa un’auto da corsa nasceva e veniva messa a punto tra l’officina e la pista, oggi nasce sullo schermo di una workstation CAD e viene perfezionata sotto forma di modello matematico. Di qui l’uso intensivo di ogni tipo di macchina da calcolo, dal notebook al supercomputer.

 

 

 

Lenovo e il supercalcolo

Lenovo ThinkSystem SR670

Da quando la multinazionale cinese ha acquisito da Ibm l’allora divisione server industry standard, della quale Big Blue voleva sbarazzarsi perché convinta che i server a base Intel sarebbero diventati delle commodity senza alcun valore aggiunto, sono passati appena 6 anni. E sono stati sufficienti alla neonata Lenovo Data Center Group per cambiare mentalità, strumenti e obiettivi. Non avendo altre gamme di server da “proteggere”, il colosso cinese ha potuto usare le architetture industry standard per progettare e costruire strumenti di calcolo pensati per equipaggiare una nuova generazione di data center: facilmente scalabili, aperti al cloud, privi delle “rigidità” dei vecchi mainframe e capaci di dire la loro anche in compiti complessi, quali quelli legati all’intelligenza artificiale, al machine learning, all’IioT. Per rendersi conto dei risultati raggiunti, basta guardare ai sistemi di supercalcolo: Lenovo oggi detiene il 35% del mercato dell’HPC, e 174 fra le 500 macchine più potenti al mondo portano il suo marchio, mettendo di fatto la multinazionale cinese al primo posto per performance aggregate. E agli Award di HPCwire Lenovo si è aggiudicata tre Editor’s Choice (Miglior prodotto per AI con il ThinkSystem SR670, Miglior uso di AI e Analytics per una piattaforma diagnostica, Miglior uso del supercalcolo nel comparto energia) e il Reader’s Choice per il miglior uso dell’HPC nell’automotive (in particolare, per un progetto realizzato con Ducati).

Oltre a flessibilità e prestazioni, un altro aspetto sul quale i progettisti Lenovo hanno lavorato parecchio è quello dell’affidabilità. I nuovi modelli di utilizzo richiedono infatti ai server e ai data center di essere in linea 24/7, riducendo al minimo o azzerando le soste non programmate. Secondo Martin W. Hiegl, Direttore HPC&AI, i server x86 di Lenovo sono quelli che negli ultimi 3 anni hanno ottenuto il massimo livello di “cinque nove”, ovvero un uptime del 99,999%, rispetto ai competitor. Le affermazioni di Hiegl si basano sulle ultime tre edizioni della ricerca annuale Itic, condotta su 750 siti in 22 Paesi, che mostra le macchine Lenovo stabili all’1% di unplanned downtime oltre le 4 ore, contro percentuali che arrivano fino al 15% per alcuni competitor. Ma il colosso cinese non ha intenzione di fermarsi qui, e sta già creando le basi della prossima evoluzione, senza trascurare alcun dettaglio. Per esempio con la tecnologia Neptune, per il raffreddamento ad acqua dei server. Tre volte e mezzo più efficiente rispetto ai raffreddamenti ad aria, Neptune permette di aumentare la potenza di calcolo del 45% e ridurre i costi energetici fino al 40%. L’obiettivo, ormai dietro l’angolo, è di realizzare sistemi con potenze di calcolo dell’ordine dei mille Petaflops, utilizzando un gran numero di server standard di piccole dimensioni in grado di scalare e interoperare tramite connessioni Open (IB/ENET). Macchine di questo tipo si realizzano a costi abbordabili (al contrario dei mainframe monolitici da supercalcolo in voga fino a qualche anno fa) e possono essere realizzate “per gradi”, seguendo l’aumento delle necessità di calcolo delle aziende.

 

L’infrastruttura in Dallara

Lenovo Supercomputer

In collaborazione con un team di Lenovo Professional Services e con due partner tecnologici locali, Dallara ha implementato un cluster NeXtScale, basato su processori Intel Xeon ad alte prestazioni, e una soluzione di storage software-defined basata su DataCore SANsymphony in esecuzione sui server Lenovo. Inoltre, altri dieci server Lenovo sono stati installati come base per l’ambiente VDI (Virtual Desktop Infrastructure). Con il suo nuovo ambiente HPC installato, Dallara può eseguire simulazioni CFD (Computational FluidoDinamycs) e FEA (Finite Element Analysis) estremamente complesse e modelli 3D molto più velocemente di quanto fosse possibile in precedenza.

«Ora possiamo eseguire modelli CFD con 300 milioni di celle in sole 2,5 ore – afferma Fabrizio Arbucci, Ict manager di Dallara – Prima, impiegavano cinque ore, quindi è un enorme miglioramento. Ora siamo in grado di eseguire una particolare simulazione di aerodinamica con 1,25 miliardi di celle in 12 ore. E possiamo anche condurre diverse simulazioni contemporaneamente, quindi diversi team e dipartimenti non devono attendere per eseguire le loro analisi». L’uso dell’infrastruttura VDI comporta una lunga serie di vantaggi operativi. In particolare, non c’è più bisogno di aspettare il caricamento sulle workstation di lunghi e pesanti file e applicazioni grafiche. Tutto il lavoro viene fatto a livello di server, e questo implica anche che i progettisti possano collegarsi al sistema anche con macchine poco potenti, per esempio da un laptop, mantenendo le stesse prestazioni. E che possano lavorare da remoto. Inoltre, il setup di una macchina per un nuovo progettista richiede appena 5 minuti, contro i due giorni tipicamente richiesti per configurare e installare una workstation tradizionale. Arbucci ha spiegato che si sta lavorando per assegnare la potenza di calcolo dei server VDI alle elaborazioni del supercomputer quando i progettisti non sono al lavoro – tipicamente di notte – ottenendo un ulteriore aumento della potenza disponibile per i calcoli CFD e FEA. Questo è reso possibile proprio dall’architettura di Lenovo, che rende semplice spostare le lavorazioni fra le macchine. E questo era uno dei motivi che hanno portato Dallara a scegliere la multinazionale cinese.

 

L’attività di Dallara Automobili

Andrea Pontremoli, ceo Dallara Automobili

Qualche informazione di più sulle motivazioni che hanno portato alla scelta di Lenovo arriva da Andrea Pontremoli, dal 2007 ceo e azionista di Dallara Automobili. Pontremoli ha alle spalle una vita in Ibm Italia, dove ha trascorso 27 anni arrivando nel 2004 alla carica di amministratore delegato.

«Non siamo molto conosciuti dal grande pubblico per via della nostra strategia, siamo un’azienda B2B – spiega Andrea Pontremoli – i nostri clienti sono tutti i più grandi marchi dell’automobilismo: Audi, Porsche, Ferrari, Lamborghini, Maserati, Bugatti». Una clientela di alto livello che pone più di un problema di gestione. È necessario infatti assicurarsi che i segreti industriali di un marchio non vengano svelati ai concorrenti. E spesso il lavoro svolto da Dallara deve rimanere riservato. In particolare, ci sono tre livelli di riservatezza rispetto ai clienti: il primo riguarda attività in cui l’impresa emiliana può dire per chi lavora e cosa sta facendo; un esempio è il prestigioso marchio Bugatti, il cui modello Chiron è stato progettato e viene costruito a Varano de’ Melegari. Con il secondo, la società può solo dire per chi lavora, ma non cosa sta facendo. E il terzo livello… è il segreto totale. L’azienda della provincia di Parma è impegnata sui più svariati fronti dell’automobilismo, dalla Formula 1 (la scuderia Haas di fatto ha sede in Dallara) all’avveniristica Formula E, che si corre con telai dell’azienda emiliana, così come il campionato americano IndyCar e quello di Formula 3. Il museo della società è un tripudio di macchine che hanno fatto la storia: dalla Miura (prima creazione di Dallara in Lamborghini) alle auto di F1, dalla Ferrari 333 SP dominatrice del campionato prototipi alle vetture Lancia che hanno dominato il mondiale rally.

«Abbiamo tre specialità qui in Dallara – spiega Pontremoli – La prima è la leggerezza, ottenuta tramite fibra di carbonio: tutto quello che costruiamo lo facciamo con la fibra di carbonio. Abbiamo un centro ricerca dedicato solo a quello, il DARC. La seconda è l’aerodinamica, abbiamo la galleria del vento per questo. E terza è la dinamica del veicolo, che studiamo tramite supercomputer che ci permettono di definire il comportamento dell’auto in base a determinati parametri. E se il 60% del nostro fatturato riguarda le auto da corsa, il restante 40% viene dalla consulenza: noi vendiamo quello che impariamo dalle racing car su leggerezza, aerodinamica e dinamica del veicolo».

Una composizione ben diversa da quella che Pontremoli ha trovato nel 2007, appena arrivato in azienda, che vedeva oltre il 90% dei profitti arrivare dalle corse. C’è stata, insomma, una notevole evoluzione del business model. La richiesta principale che Dallara fa ai suoi fornitori di tecnologia è la velocità. Il che non è strano per un produttore di auto da corsa, ma qui questo concetto si estende. La velocità e la potenza dei supercomputer stanno cambiando rapidamente il modo stesso di lavorare della società emiliana.

Galleria del vento in Dallara

«Le prestazioni del supercomputer sono importanti per noi. Anche perché nel nostro lavoro, il fattore chiave per essere innovativi è avere la possibilità di fare errori – spiega Pontremoli – Se non potete sbagliare, non siete innovativi: fate quello che sapete già fare, quindi siete dei conservatori. Se volete fare qualcosa di nuovo dovete accettare di fare degli errori. Il problema, semmai, è come farli senza far fallire l’azienda. Con la tecnologia, con la simulazione. Ecco perché abbiamo qui un supercomputer di Lenovo. Lo usiamo per tutte e tre le cose che facciamo».

Il supercomputer viene usato per esempio per simulare le forme, i materiali, i processi degli elementi in fibra di carbonio. E questo richiede parecchia potenza di calcolo. Bisogna pensare che in un’auto da corsa il 15% delle prestazioni è dato dal motore, il 35% dal peso e il 50% dall’aerodinamica. Dallara non lavora sui motori, ma “solo” sul peso (da minimizzare) e sull’aerodinamica (da ottimizzare), che sono l’85% delle prestazioni. Il supercomputer, sul quale girano software di CFD, viene usato per calcolare le forze aerodinamiche simulando varie soluzioni, permettendo di andare in produzione conoscendo già il comportamento della vettura. Per quanto riguarda lo studio della dinamica del veicolo (ovvero il suo comportamento in pista), che è la somma delle precedenti cose, esso avviene sul simulatore, grazie al quale un pilota guida una macchina che non è ancora stata costruita, fatta solo di modelli matematici.

 

Il simulatore

Lenovo Supercomputer

La costruzione di un simulatore così avanzato ha comportato complicazioni tecnologiche non da poco. La più grossa è la necessità del funzionamento in real time: le risposte ai comandi impartiti dal pilota devono arrivare in tempo reale, la reazione deve essere immediata, senza “lag”, pari a quella della macchina “fisica”. Un altro problema riguarda i vari modelli matematici che vanno a comporre l’automobile virtuale. Dallara sviluppa differenti parti del veicolo (telaio e scocca in particolare), ma per la simulazione servono i modelli matematici del motore, delle sospensioni, dell’elettronica, delle batterie, del cambio, e così via. Per questo l’azienda di Varano si avvale di un sistema open source, basato sul software Dymola e proveniente da Dassault Systèmes, che permette di “assemblare” virtualmente un veicolo unendo modelli matematici sviluppati da vari fornitori in modo che possano girare insieme. «Questa è stata davvero una grande innovazione, abbiamo sviluppato il simulatore insieme a Ferrari e quindi ora ci sono due esemplari, uno a Maranello usato da Leclerc e Vettel e uno qui a Varano – spiega Pontremoli – il Cavallino rampante lo usa solo per la Formula 1, noi per la F1 e per tutte le vetture che sviluppiamo e per ogni nostro prodotto. A volte non abbiamo il tempo di fare i test, e quindi andiamo in produzione direttamente dalla simulazione, perché abbiamo massima fiducia in essa».

 

Cambio di marcia

Dallara Automobili

I ritmi di sviluppo quindi sono rapidissimi. «Siamo sempre stati abituati a cercare di capire la tecnologia, e poi a cercare di apprendere come applicare la tecnologia al nostro business model – spiega Pontremoli – Ma non abbiamo più tempo per fare questo ormai. Un esempio: nell’Industria 4.0 abbiamo circa 27 milioni di app. Supponiamo di avere un IT manager molto smart, capace di capire in soli due minuti se una certa app va bene per la mia azienda o no. Bene, egli impiegherà 300 anni per esaminare le app. Quindi fra 300 anni saprò quello che mi serve sapere oggi. Ecco cosa vuol dire non avere più tempo per capire la tecnologia. E quindi l’approccio con il partner che la fornisce cambia. Non è più una questione di farsi mostrare le tecnologie per scegliere. Ora noi diciamo al partner, dobbiamo fare questa cosa, dacci la tecnologia che ci serve. Ecco perché siamo così “challenging” per loro».

«Per capire cosa si intende, possiamo fare un esempio concreto – interviene De Bartolo – Dallara viene da noi e dice “abbiamo un modello composto da 200 milioni di celle che gira in 4 ore. Ci serve far girare un modello da 1 miliardo di celle in due ore”». L’esempio è realistico, visto che oggi Dallara ha modelli da 1,3 miliardi di celle che girano in due ore, mentre nel 2007 si parlava di due o tre milioni di celle in 24 ore.

 

Supercomputing pervasivo

Ingegneri al lavoro a Dallara Automobili

L’infrastruttura tecnologica di supercomputing fornita da Lenovo supporta di fatto tutte le attività di ricerca e sviluppo di Dallara. Si parte dal disegno e dalla modellazione matematica dei pezzi e delle componenti progettati sulle macchine dedicate al CAD in VDI, alle simulazioni di aerodinamica e dinamica veicolare, dall’analisi dei dati prodotti in galleria del vento al funzionamento del simulatore di guida. Ma per quanto pervasiva e centrale, la tecnologia, in Dallara, è uno strumento per consentire alle persone di produrre ciò che vogliono. E in azienda si occupano quindi anche di formare tecnici e ingegneri, in collaborazione con le Università dell’Emilia-Romagna e con varie altre imprese del settore.

«Ci piace quello che facciamo qui, è un lavoro duro, le nostre macchine a volte vincono a volte perdono, e allora torniamo al lavoro per capire come vincere la prossima gara. Questo è il nostro lavoro, la nostra esperienza di ogni giorno» ci dice l’ingegner Dallara, congedandosi.














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