La soluzione software made in Italy (Cira di Capua) che potrebbe evitare incidenti tipo Boeing 737 Max 8

di Marco Scotti e Chiara Volonté ♦ Più voli, più tecnologia, coesistenza tra intelligenza umana e intelligenza artificiale (con nuovi problemi…) Come garantire, in un periodo di rapida digital transformation, la sicurezza in cielo? Ecco il punto di vista degli esperti del Centro italiano ricerche aerospaziali sulle cause degli ultimi disastri (pur senza entrare nel merito di Kenya/Ethiopian Airlines) che hanno coinvolto il nuovo aereo dell’ industria americana  e le soluzioni allo studio. Il tema è l’interfaccia uomo-macchina

«Non vogliamo certo dire che oggi volare sia più pericoloso di qualche anno fa, anzi. Ma è indubbio che stiamo affrontando nuovi problemi nell’interazione tra uomo e macchina, problemi che prima della massiccia introduzione della tecnologia nel mondo dell’aeronautica non avevamo mai riscontrato. Ma fughiamo il campo da ogni dubbio: le statistiche dimostrano chiaramente che il numero di incidenti è crollato negli ultimi anni, e continuerà a farlo. Solo che aumentando a dismisura i voli, la percezione è che vi siano più tragedie di un tempo».

Leopoldo Verde – responsabile unità sistemi di bordo del Cira, il Centro Italiano Ricerche Aerospaziali di Capua – e Pierpaolo De Matteis –  responsabile del settore aeronautica per la stessa struttura  – spiegano in esclusiva a Industria Italiana perché la tragedia del volo Ethiopian precipitato domenica non significhi che volare è meno sicuro di un tempo, anzi. E illustrano come mai una soluzione italiana, per di più a basso costo, avrebbe potuto evitare una serie di sciagure nei cieli.







 

Gli incidenti aerei

Mentre si cerca di fare chiarezza sul disastro aereo del Boeing 737 Max 8 dell’Ethiopian Airlines costato la vita a 157 persone (di cui 8 italiani), tutti i paesi (buoni ultimi gli Stati Uniti per diretta disposizione del Presidente Donald Trump) – hanno deciso di tenere a terra i velivoli di quella famiglia in attesa di ottenere ulteriori informazioni. Troppe le similitudini con il volo 610 della Lion Air che lo scorso 29 ottobre si inabissò nel mare indonesiano poco dopo il decollo. Secondo le indagini, in questo caso a causare il disastro aereo sarebbe stata un’errata lettura, da parte dei sensori, dei dati del cosiddetto “attack angle”, ovvero una misura fondamentale, soprattutto in fase di decollo, per calcolare la velocità di salita rapportata a quella dell’aria.

 

Leopoldo Verde – responsabile unità sistemi di bordo del Cira

 

«Qui al Cira – ci spiega Verde – non possiamo né vogliamo esprimerci in merito all’incidente dell’Ethiopian. Possiamo invece farlo su quello Lion Air: in quel caso i report parlano di un problema legato a un sensore che misura l’angolo di attack. Questa misurazione è importante perché quando supera determinati valori, l’aereo perde di portanza e non ha più la forza che lo sostiene in volo. Generalmente, per effettuare queste misurazioni vengono usati dei sensori hardware montati all’esterno del velivolo. Molti aerei dispongono di più misuratori uguali disposti in diverse parti dell’aereo per avere un’affidabilità robusta: qualora il dato rilevato sia oltre certi parametri, l’intelligenza artificiale interviene per riposizionare l’aereo. Quello che sembra sia successo anche con il volo Ethiopian è che nonostante l’aereo non fosse con un valore sballato, il velivolo ha reagito in automatico, fidandosi che la misura fosse critica. Ma se si prende un provvedimento contro una causa inesistente, si può causare un disastro».

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Pierpaolo De Matteis, responsabile del settore aeronautica Cira

Più sensori e ridondanza

Le industrie aeronautiche, negli ultimi anni, hanno cercato di mettere più sensori possibile per cercare di capire quale fosse la misura corretta. L’idea, quindi, era che la ridondanza potesse evitare l’insorgenza di problemi. «In realtà – ci racconta De Matteis – questo pone un problema: se tutti i sensori si basano sulla stessa tecnologia, se c’è una causa che li danneggia, tutti vengono danneggiati. Un esempio tipico è il ghiaccio, che se eccessivamente presente danneggia in modo analogo tutti i sensori. In un’altra occasione, con l’Airbus A330 di Air France che si inabissò nell’Oceano Atlantico nel 2009 durante il volo tra Parigi e Rio De Janeiro, si ebbe una concentrazione elevatissima di cristalli di ghiaccio all’interno dei tubi di Pitot che si ghiacciarono completamente ad alta quota. Il pilota, avendo delle letture errate, non è riuscito a mantenere il controllo del velivolo».

 

Impianto icing wind tunnel

La tecnologia

È stato dimostrato dalle statistiche che a mano a mano che si introducono le nuove tecnologie, gli incidenti crollano. La percezione quindi che si stia volando in condizioni meno sicure di un tempo è determinata da un fattore molto semplice: i voli sono aumentati in maniera esponenziale. «Poiché gli incidenti – prosegue De Matteis – si calcolano in rapporto con le ore di volo, se aumentano le ore di volo gli incidenti sembreranno aumentare anche se magari, in proporzione, sono nettamente diminuiti. Fino a qualche anno fa si vedeva un disastro aereo ogni 1012 mesi e le persone si tranquillizzavano, anche se in realtà si trattava di dati allarmanti. Oggi invece magari c’è una maggiore incidenza, ma in rapporto i sinistri sono calati drasticamente».

 

Intelligenza artificiale e aeronautica

Nei giorni scorsi il presidente Usa Donald Trump ha accusato i moderni sistemi di volo di essere troppo sofisticati e, di conseguenza, sempre meno condotti dall’uomo e sempre più dalle macchine. «Non voglio Einstein alla guida del mio aereo» ha dichiarato l’inquilino della Casa Bianca. In effetti, la progressiva tecnologizzazione del comparto aeronautico ha prodotto velivoli sempre più complessi, in cui la componente informatica è sempre più preponderante.

«È indubbio – prosegue Verde – che nel momento in cui si affianca all’intelligenza umana una seconda intelligenza, questa volta artificiale, si creano nuovi meccanismi. Questo concetto ha migliorato la sicurezza e il confort dei voli aerei. Prima, ad esempio, la maggior parte degli incidenti avveniva per collisioni, mentre oggi non si sente praticamente più parlare di questo. In compenso, la coesistenza tra le due intelligenze ha aperto nuovi problemi, nel caso in cui confliggano. Bisogna quindi creare dei paradigmi di controllo per capire chi debba avere la priorità nel comando. Il pilota deve essere costantemente informato delle decisioni che la macchina prende, non può subirle, specialmente in casi di importanza assoluta. Si tratta di un tema molto ampio, l’interfaccia uomo-macchina. Una branca enorme su cui bisogna lavorare molto anche in fase di addestramento: i simulatori oggi offrono un’intelligenza meno evoluta di quella che poi si trova in volo».

Che cosa fare con i 737 Max 8

Come detto, tutti i Paesi hanno deciso di lasciare a terra i 737 Max 8. Una misura che però potrebbe non bastare se ci si rendesse conto che il problema ai sensori riguarda l’intera industria aeronautica. In Italia, i tre velivoli di Air Italy sono stati fermati per garantire la massima sicurezza ai passeggeri e agli equipaggi. «Si tratta – ci spiega De Matteis- di un provvedimento necessario, anche se c’è ancora da capire se il dato sia stato letto in maniera errata dai sensori o se, invece, ci sia un problema di logica alla base del software che non rende il sistema abbastanza forte in caso di “failure”. Nello specifico, il 737 è un velivolo che è stato reingegnerizzato di recente, con nuovi motori molto più efficienti. Non è stata una semplice mano di bianco, ma piuttosto una profonda revisione dell’intero veicolo anche dal punto di vista aerodinamico.

Il sistema di controllo della velocità angolare varia da dispositivo a dispositivo, quindi i sistemi hanno la stessa finalità ma ogni casa produttrice li implementa in maniera differente. A noi dei centri di ricerca, tendenzialmente, non piace molto che si metta mano a macchine già esistenti, magari di 40 o 50 anni fa quando i temi di impatto ambientale e sicurezza erano un po’ differenti da oggi. Ma facciamo chiarezza: fermare tutti i 737 Max 8 è stata una mossa necessaria e doverosa, perché bisogna indagare sulle cause. Ma una volta che si sarà capito il problema, bisognerà fare in modo che non si ripetano disastri originati da queste cause. Non è possibile prevedere qualsiasi evento, ma certo almeno si può evitare che il passato si ripeta».

 

Area CIRA

Il software del Cira

Cira ha recentemente elaborato e brevettato un software, in tandem con un’azienda statunitense, che avrebbe potuto evitare le tragedie di cui abbiamo parlato prima. Si tratta di un sistema di misura dell’angolo di attacco che si basa sull’integrazione di tante altre misure che provengono dall’aereo, dai sensori inerziali, dal gps. In questo modo si ottengono dei dati provenienti da sensori differenti, non soggetti alle stesse possibilità di errore e quindi più affidabili.

«Abbiamo elaborato questo software – conclude Verde – per una specifica esigenza nata negli Usa. Sui velivoli di piccole dimensioni, come gli ultraleggeri, non c’è l’obbligo di montare un misuratore di velocità angolare di attacco, anche se sarebbe preferibile. Il problema è che un dispositivo di questo tipo ha un costo molto elevato, fino al 20% del prezzo del velivolo. Se, infatti, un ultraleggero può costare 50-60.000 euro, un sensore in grado di registrare l’angolo di attacco può arrivare a 10.000.

Il software che abbiamo sviluppato, invece, viene venduto negli Usa a 100 dollari. Il nostro applicativo funziona come un esame medico che consente di fare una diagnosi prendendo una serie di parametri ed arrivando a una malattia “nascosta”. Possiamo desumere la misurazione di base ed estrarla senza dover impiantare dispositivi invasivi e costosi. Ora, dopo queste tragedie, potrebbe nascere l’interesse anche da parte delle grosse compagnie».














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