La guerra al diesel? Ideologica e priva di fondamento

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L’Unione Petrolifera italiana all’attacco del bando contro i diesel. Un provvedimento che in Europa arriva con 20 anni di anticipo rispetto a quanto preventivato e che rischia di mettere in ginocchio l’automotive e la filiera della componentistica. Anche perché le analisi di laboratorio raccontano una realtà diversa sugli inquinanti e gli agenti patogeni

«Una guerra ideologicache crea allarmismi per acquisire vantaggi competitivi». Non usa mezzi termini Claudio Spinaci, presidente dell’Unione Petrolifera, commentando, durante l’assemblea annuale dell’associazione, la “guerra santa” contro il diesel che l’Unione Europea ha messo in atto a quattro anni dall’esplosione dello scandalo sulle emissioni. «Gli errori gravi da parte di una parte di industria europea, sia chiaro, ci sono stati – aggiunge Spinaci – ma la guerra al diesel è insensata soprattutto alla luce delle nuove innovazioni e ha anche profonde spinte commerciali. I motori diesel più recenti hanno dimostrato di aver eliminato quasi del tutto le emissioni inquinanti e restano molto efficienti per il contenimento delle emissioni di CO2, se misurate sull’ intero ciclo di vita».







Non basta: secondo l’Automobil Club Tedesco (Adac) ci sono già vetture tedesche diesel a zeo emissioni di ossido di azoto (il NoX), considerato il nuovo inquinante più pericoloso ora che i filtri antiparticolato di ultima generazione riescono a ridurre a zero le emissioni di Pm10. Da qui al 2040, poi, la domanda di energia globale crescerà del 30%, ma le emissioni europee continueranno a ridursi. Già oggi, il Vecchio Continente è responsabile del 10% del Co2 prodotto, una quota che scenderà al 7% nel 2030 e al 5% nel 2040. Senza contare, infine, che la fattura petrolifera dell’Italia continua a calare: si stima che nel 2019 scenderà di 1 miliardo di euro.

Inquinamento atmosferico e autoveicoli

«La sfida contro i cambiamenti climatici – dichiara Spinaci – si può vincere solo se la si affronterà con un approccio globale, coinvolgendo tutte le economie mondiali. Occorre spingere i Paesi extra-UE ad avere lo stesso rigore e lo stesso impegno europeo, valutando anche azioni compensative nei commerci internazionali per evitare il dumping ambientale. Entro il 2050 grazie alla sinergia fra diverse materie prime e nuovi processi produttivi, la nostra filiera sarà in grado di abbattere fino all’80-90% le emissioni di agenti clima alteranti entro il 2050. Abbiamo un solo modo per risolvere il problema in maniera radicale: la digitalizzazione dell’intera filiera, in modo da consentire il controllo in tempo reale sia sul flusso fisico delle molecole che sui movimenti finanziari».














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