La classifica di Kpmg sul top della customer experience. Per l’Italia in testa Armani, Esselunga, Fineco

di Paolo Del Forno ♦ Tutti in fila dietro Amazon. Qualità eccellente e prezzo competitivo non sono più sufficienti per primeggiare sul mercato: il cliente va fidelizzato con esperienze “memorabili”. Chi ci riesce e chi no in Italia. Cosa vuol dire mettere “il cliente al centro” nell’era digitale.

C’è una sola azienda che in un mese è in grado di contribuire a un quarto della creazione dei posti di lavoro nella prima potenza industrializzata nel mondo. Delle 200mila nuove opportunità di occupazione, il normale passo di marcia dell’ economia statunitense (209.000 a giugno) ben 50mila portano direttamente all’ ufficio di selezione del personale di Amazon. I candidati vengono accolti sull’uscio da uno slogan scritto a chiare lettere, che anticipa il tipo di realizzazione praticato nell’ azienda di Jeff Bezos: lavora duro, divertiti, fai la storia.

 







Jeff Bezos, il patron di Amazon

A come Amazon

La sua storia imprenditoriale, Amazon l’ha scritta sul lato dell’innovazione, ma soprattutto sul lato dei clienti, grazie a una strategia che l’ ha portata ad essere una delle potenze economiche dell’era digitale. Amazon è l’azienda che oggi sta guidando la rivoluzione della Customer Experience, trainata da una vera e propria “Customer Obsession” (definizione made in Seattle). Oggi la pratica quotidiana di Amazon costituisce la realizzazione più compiuta e aggiornata dell’ indicazione guida di quel complesso di esperienze cognitive vissute dal consumatore come risultato della sua interazione con l’azienda, che definiamo appunto Customer Experience : mettere il cliente al centro, facendone il vero boss dell’ azienda.

E quindi non stupisce che, dati alla mano, Amazon campeggi in testa alla classifica che KPMG Nunwood, al termine di una ricerca focalizzata sull’Italia, ha stilato per individuare i campioni nazionali delle best practices in tema di Customer Experience. Un campione rappresentativo della popolazione italiana attiva (2.500 individui), è stato interpellato a proposito di 140 brand, e l’indagine è stata corroborata anche dal parere del top management di diverse imprese.

 

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Paolo Capaccioni, Partner KPMG Advisory e membro del Customer Experience Excellence Center di KPMG

La rivoluzione digitale e il rapporto con il cliente

E’ questa l’epoca dove la pervasività delle tecnologie digitali ha accelerato il trasferimento del potere decisionale dall’ impresa al cliente, che diventa il vero protagonista dell’ esperienza d’acquisto. Secondo Paolo Capaccioni, Partner KPMG Advisory e membro del Customer Experience Excellence Center di KPMG quello che sta accadendo oggi è che  « il cliente stesso si è messo prepotentemente al centro. La tecnologia digitale consente ai clienti di interagire direttamente. Il rapporto è diventato bidirezionale, non c’è solamente l’azienda che comunica nei confronti del cliente, ma è il cliente che comunica e fa sapere anche agli altri clienti quale è stato il livello di gradimento di quel prodotto, piuttosto che di quel servizio. Quindi – osserva Capaccioni,- lo slogan che è sempre esistito, “il cliente al centro,” in questo caso non è qualcosa che proviene dall’ azienda, che l’azienda ha voluto in qualche modo, ma è qualcosa che l’azienda subisce e che non puo’ essere affrontato con lo stesso linguaggio, la stessa metrica di comunicazione del passato. Oggi vale il linguaggio dei social network ».

Come costruire esperienze memorabili oggi?

E se l’obbiettivo è una esperienza che, per consolidare un rapporto che si prolunghi nel tempo, deve risultare “memorabile”, il primo problema, da punto di vista del CEO, è di come rafforzare la customer loyalty, cioè come determinare un ricordo dell’ esperienza d’acquisto che generi il desiderio di ripeterla. Su questo nuovo terreno di gioco si può arrivare a dire che una efficace azione sul cliente per importanza supera le caratteristiche strutturali del prodotto, come la qualità e il prezzo: questo vale non solo ai fini del primato ma anche solamente come conditio sine qua non per ottenere un ruolo competitivo nell’arena.

Se dobbiamo dare retta alle conclusioni dello studio, intitolato “L’era della Customer Experience, come costruire esperienze memorabili per fidelizzare i clienti” la ricetta migliore è quella più semplice: per il brand è importante essere in grado di offrire esperienze d’acquisto personalizzate, semplici e gratificanti, con una comunicazione empatica e trasparente. Ma tutto questo ha come presupposto un percorso che passa attraverso l’acquisizione di un apparato di competenze distintive e su misura da parte dell’azienda in relazione al settore in cui opera.

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Da “L’era della Customer Experience” KPMG Nunwood

L’indagine di KPMG Nunwood

KPMG Nunwood, la società che ha fotografato la situazione nel nostro paese, si pone come partner di riferimento per accompagnare le aziende nel governo degli economics della Customer Experience. Lo fa partendo da una metodologia analitica che aiuta a definire i contorni di quelle che sono le specificità del mercato italiano, partendo come riferimento principale nell’ affinamento del metro di giudizio di quelli che vengono definiti i six pillars, i sei pilastri  che guidano il brand nella customer experience: personalizzazione, integrità, aspettative, risoluzione, tempo e impegno e ultimo, ma non meno importante, empatia.

Da “L’era della Customer Experience” KPMG Nunwood

 

Alla luce di queste cartina di tornasole emerge innanzitutto che per le aziende nazionali è necessario un cambio di passo: la Top dieci è infatti dominata da brand internazionali, ben sette sul totale. La conclusione è che è necessario un impegno maggiore, focalizzandosi sul presidio della soddisfazione del cliente, innalzando significativamente l’efficienza e l’efficacia dei propri modelli operativi (pillars personalizzazione e tempo e impegno), cercando di mettere a frutto le peculiarità del nostro contesto culturale, come la gestione empatica delle relazioni. Lo studio suggerisce che “solo se si riuscirà a trasformare l’empatia in un asso fondante della brand strategy sarà possibile per le aziende e il paese abilitare nuove opportunità e nuovi fattori di crescita.”

La top dieci del nostro Paese: presenza scarsa di aziende italiane

La top dieci italiana della Customer Experience Excellence, considerata per settore, registra una prevalenza generale dei brand del settore non grocery retail. In questo ambito Amazon, Apple Store e Giorgio Armani occupano, nell’ordine, le prime tre posizioni. Le altre due aziende italiane in classifica sono Esselunga, nella categoria grocery retail, (che per inciso, secondo le valutazioni di KPMG è il settore con il più alto livello di customer experience in Italia) e Fineco Bank per i servizi finanziari.

 

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Giorgio Armani, campione nazionale della Customer Experience

Armani rappresenta il lusso e lo stile Made in Italy con un particolare focus sulla personalizzazione, caratteristica che si riflette nel canale on line, dove il cliente si muove agevolmente grazie a un servizio di assistenza immediato e nel supporto per individuare con semplicità le taglie. Per Esselunga lo studio giustifica la posizione nel ranking (quinto brand) con la fidelizzazione del cliente e la capacità di coniugare offerta e convenienza. Per Fineco Bank (sesto posto) l’utilizzo della tecnologia per semplificare l’idea di banca, mantendo la dimensione umana al centro, è l’elemento che giustifica la valutazione di una customer experience più che soddisfacente.

 

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Da “L’era della Customer Experience” KPMG Nunwood
La top cinquanta: avanti il non grocery retail

Allargare l’ottica fino a comprendere le prime 50 aziende censite, contribuisce a inquadrare meglio le caratteristiche generali della Customer experience in Italia, i suoi punti di forza e quelli di debolezza. Di poco fuori dalla classifica di testa, all’ undicesimo posto, si colloca il leader italiano e terzo operatore mondiale nel segmento brown shoes del settore calzaturiero, Geox, in un non grocery retail che è complessivamente il secondo ambito nazionale di soddisfazione per i clienti. All’azienda di Mario Poletti Polegato, che nella sua produzione è caratterizzata dalla ricerca di una costante innovazione a beneficio del confort e della soddisfazione delle esigenze specifiche (35 i brevetti depositati dalla fondazione ad oggi e 10 in attesa di registrazione al momento) la ricerca riconosce una elevata propensione ad accompagnare il cliente attraverso tutte le fasi del processo d’acquisto, con un sito facilmente fruibile e il mantenimento di un dialogo intenso sui social network.

 

Mario Moretti
Mario Moretti Polegato

Per il settore travel e hotels troviamo in classifica Italo, competitor di Trenitalia, al 13cesimo posto nel ranking, e Alitalia al ventinovesimo, con il vettore nazionale che distanzia i concorrenti internazionali più agguerriti, come le compagnie aeree low cost Ryan Air (37) ed EasyJet (47). Interessante, nell’ ambito del non grocery retail il piazzamento del gruppo legato all’editoria: troviamo prima Feltrinelli, al quattordicesimo posto, e poi Mondadori al ventisettesimo. Tra gli altri brand nazionali in vista, Diesel e Guess, 19 e ventesimo nel ranking, Coop e Conad (18 e 23 ). Nel settore logistico, l’unico a entrare in classifica, in 34esima posizione, è il corriere Bartolini.

La maglia nera: le Utilities

E ora parliamo delle negatività della Customer Experience nel nostro paese, e di chi in questa classifica è ben lontano non solo dalle posizioni di testa, ma anche dal grosso del gruppo. La maglia nera del Giro d’ Italia della Customer Experience va senza dubbio alle aziende del settore Utilities, che registrano il punteggio più basso; basti dire che il campione nazionale, che in questo caso è Edison Energia, appare solo al 64esimo posto. Secondo lo studio di KPMG Nunwood le ragioni del posizionamento arretrato per  aziende come queste, che operano in un mercato fortemente regolamentato e caratterizzato da una alta concentrazione, vanno cercate nelle difficoltà a proporre un’offerta differenziata; il prodotto è ormai diventato, dal punto di vista del cliente, sostanzialmente una commodity.

Si aggiunga che una delle maggiori criticità nel rapporto con il cliente è stata fino a un passato recente la mancanza di fiducia e di trasparenza, dovuta a tariffe complesse, bollette di difficile comprensione, pubblicità spesso ingannevoli. Per dare un’idea e un termine di paragone, accostato al punteggio complessivo ottenuto dalle aziende dello stesso settore nel Regno Unito, la situazione italiana registra un -7 per cento di score, un ritardo notevole. Complessivamente l’indicatore CEE (Customer Experience Excellence) segna per il nostro Paese 7,16, leggermente inferiore a quello osservato nel Regno Unito nello stesso periodo.

Un ritardo tuttavia non incolmabile, secondo Capaccioni: «Aldilà del fatto che possiamo affermare che l’ Italia deve fare parecchia strada, noto un’attenzione superiore alle mie aspettative e una attenzione organizzativa, anche in aziende di una certa importanza e di grandezza, che faticano più di altre a muoversi agilmente. Mi è capitato -aggiunge Capaccioni- di incontrare responsabili della customer experience che   stanno magari muovendo i primi passi ma sono stati dotati di strumenti organizzativi e di leve importanti.»

 

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Da “L’era della Customer Experience” KPMG Nunwood

 

Il Pillar Empatia, punto di forza nazionale

A questo riguardo la comparazione con il livello e le caratteristiche della Customer Experience di un altro Paese come il Regno Unito, proposta dalla ricerca, ci consente di evidenziare almeno uno dei punti di forza, nell’ambito dei six pillars, sui quali può fare leva la gestione del rapporto con il cliente: l’empatia. Siamo indietro in tutte le performance con un delta complessivo del -2%, tranne che per la capacità di stabilire un soddisfacente contatto umano con il cliente. Capaccioni osserva che  «nelle metriche di comportamento, nella cultura del nostro paese è senz’altro l’elemento distintivo ed è quello attraverso il quale si possono ottenere i migliori risultati.» Come?  «Se l’obiettivo è ottenere più promoter, l’elemento che tra gli altri può fornire contributo più importante è proprio l’empatia. Questo significa che nel rapporto con il cliente è necessario non solo puntare sulla qualità del servizio o, del prodotto, elementi imprescindibili, ma bisogna poter instaurare un rapporto con il cliente che vada aldilà  di quello freddo e distaccato di tipo tecnico che ruota attorno a quello che si vende. Banalmente è quello che in maniera intuitiva possiamo pensare di un sorriso. Nell’ empatia ci sono una serie di elementi che sono anche di tipo emozionale, che derivano dal modo come percepisco il brand, da quello che mi trasmette il brand attraverso la comunicazione.»

Quindi un tocco umano nel mondo sempre più digitale è molto importante. L’ ottimizzazione del fattore empatia presuppone a monte la necessità di una buona formazione del personale che è il fulcro del dialogo bidirezionale con il cliente  «Il migliore dei nostri promotori è il personale, – sottolinea Capaccioni – quello che lavora per il brand. Il detrattore più dannoso è di nuovo il personale. Se quelli che lavorano per quella azienda non sono prima di tutto loro ad essere  contenti, e trasmettono questo elemento di sfiducia nei confronti del cliente, qualsiasi elemento su cui io posso aver puntato più o meno caparbiamente in termini di qualità del prodotto o del servizio viene a cadere» E questo elemento assieme alla gestione multicanale della comunicazione rappresenta uno degli ambiti di investimento che le aziende devono valutare per attrezzarsi e riuscire a porre il cliente al centro nell‘ era digitale.

 

Magazzino di Amazon

Imparare da Amazon, ma tra il dire e il fare…

Se dobbiamo prendere esempio dall’ esperienza al top, quella di Amazon «per costruire esperienza memorabili non ci vogliono grandi intuizioni. Ci sono idee veramente banali alla base del servizio per il cliente, si tratta di chiedersi cosa vuole oggi, o tra un anno, o tra cinquanta» per dirla con le parole di Giacomo Trovato, Director Consumer Electronics Italia e Spagna dell’ azienda di Jeff Bezos, che però ammonisce  «la parte difficile è l’esecuzione: un piano logistico per essere vicini al cliente, la creazione di una serie di magazzini, il miglioramento della logistica del magazzino stesso, il lavoro con i corrieri. La parte complessa è quella implementativa, le buone intenzioni da sole non bastano – conclude Trovato -. Qualunque idea in termini di esecuzione va codificata o in processi o in sistemi. La finalità è risolvere il problema del cliente».

La best practice è a portata di mano per le imprese di ogni dimensione

Certo, pensando alla realtà produttiva italiana, non tutti hanno le potenzialità di un grande gruppo. Ma alla luce delle trasformazioni digitali, questo non è un limite: «L’Italia è caratterizzata da una serie di imprese di una grande dimensione a livello internazionale che non va trascurata- osserva Capaccioni -. Poi c’è tanta piccola e media impresa che non esclude una interazione importante con il resto dell’ Europa e a livello globale. I sei pillars di marketing emozionale hanno valenza sia nel piccolo che nel grande, quello che cambia è la modalità con cui investo su questi aspetti, quali sono i canali di comunicazione. Dobbiamo pensare al digitale in generale come a una piattaforma che consente di ottenere dei grandissimi risultati, in termini di raggiungibilità dei clienti, a bassissimo costo. Per fare banca fino a qualche anno fa bisognava investire per comprare filiali a costi mostruosi. Oggi è cambiato il mondo, anche da questo punto di vista.»

 

Da “L’era della Customer Experience” KPMG Nunwood

La buona gestione del cliente crea valore economico

Se il positivo impatto economico dell’esercizio al top della Customer Experience è, nel caso di Amazon, più che evidente, lo studio di KPMG ci consegna anche una valutazione quantitativa di quanto il buon governo dei sei pilastri può portare in termini di creazione di valore economico per l’azienda. I brand nella top dieci registrano nella media una crescita dei ricavi doppia rispetto ai brand nelle posizioni che vanno dalla 11 a 50 (36 per cento rispetto a 18 per cento) con una evidente correlazione tra performance in termini di Customer Experience e crescita dei ricavi. Se ci fosse bisogno di una controprova di questa evidenza, essa è rappresentata da un altro dato: la crescita media dei ricavi negli ultimi tre anni delle aziende comprese nella Top 50, quotate alla Borsa di Milano, ha registrato un +24,2 per cento. Quelle classificate oltre la cinquantesima posizione hanno fatto segnare ricavi sostanzialmente stabili. ( -0,1%).

 

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                                                                 KPMG Nunwood

Come abbiamo detto KPMG Nunwood, la società che ha fotografato la situazione nel nostro paese riportata dalla ricerca, si pone come partner di riferimento per accompagnare le aziende nel governo degli economics della Customer Experience. Nunwood è una società che è stata acquisita da KPMG U.K., ed era già attiva su diversi mercati tra cui quello italiano. Ora si arricchisce di ulteriori peculiarità: nella filosofia di KPMG gli elementi di internazionalizzazione, devono essere accompagnati da una importante e profonda conoscenza degli elementi locali, che devono essere valorizzati.

«La nostra, – spiega Capaccioni – è una concezione che si puo’ definire glocal. E’ quello stiamo facendo anche con Nunwood. Un brand italiano può ottenere dei benchmark posizionati rispetto ai propri competitor non solo locali ma anche internazionali, tenendo presente che quando parliamo di Customer Experience non ha senso parlarne in maniera perimetrata rispetto a dei competitor che fanno il mio stesso mestiere, devo guardare a chi gestisce meglio la relazione con la clientela, a prescindere dal mestiere. »

Tradotto in pratica, questo vuol dire, esemplificando, che « il leader di mercato è Amazon e Amazon detta degli standard in Italia. Dopodichè posso capire come mi posiziono rispetto agli altri e fare i miei benchmark rispetto al mio mercato di riferimento per capire come hanno interpretato, ad esempio, l’elemento di empatia in un rapporto che è fortemente digitale e come posso trasmettere empatia quando il mio rapporto col cliente è prevalentemente sul web o tramite una app. Capire i meccanismi di interazione con il cliente che stabilisce Amazon, e poterlo fare a livello internazionale è un valore importantissimo. Come interpretarlo a livello locale è un punto d’attenzione non banale.»

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