Non solo Ict. La nuova era dei capi delle tecnologie (Cio) in azienda

di Marco Scotti ♦︎ L'ultima edizione del "Cio Survey" di Kpmg mostra come il cio, complice la pandemia, abbia un peso sempre maggiore nelle decisioni strategiche. Ma sono ancora pochi quelli che siedono nel cda... Le 4.200 aziende coinvolte hanno incrementato i budget destinati all'It del 5% arrivando a oltre 250 miliardi di dollari. Ne parliamo con il partner della multinazionale della consulenza Gaetano Correnti

«È vero, la presenza dei Cio all’interno dei board rimane debole. Quello che però abbiamo notato con l’avvento del Covid è che oggi i membri dei consigli di amministrazione si rivolgono al chief information officer per avere idee, spunti, proposte. È aumentato il peso di questa figura manageriale». Gaetano Correnti, partner di Kpmg Advisory, spiega così a Industria Italiana quale siano le principali evidenze dello studio “Cio Survey 2020” realizzato dalla multinazionale della consulenza. Un’analisi realizzata in due momenti distinti: il primo, come da tradizione, a gennaio. Il secondo a settembre, quando si è cercato di indagare in modo più approfondito quali siano stati gli effetti della pandemia globale sugli investimenti in innovazione e sul ruolo dei manager incaricati di guidare la transizione digitale in azienda.

Al centro della trasformazione aziendale avvenuta negli ultimi mesi, i leader tecnologici si sentono oggi più influenti all’interno dei meccanismi decisionali ed organizzativi: più di sei intervistati su dieci concordano o sono fortemente d’accordo sul fatto che la loro influenza sia aumentata a causa della pandemia. Ciò non si riflette, tuttavia, nella presenza all’interno dei consigli di amministrazione, che per i cio è scesa dal 71% del 2017 al 61% di oggi.







«Da notare – aggiunge Correnti – che mentre i ceo hanno iniziato ad avere una certa sensibilità per l’accrescimento del livello tecnologico come leva del business, i cio sono ancora poco inseriti all’interno delle ricadute economiche della trasformazione digitale. Serve quindi favorire un travaso di competenze a tre “teste”: amministratore delegato, Cfo e, appunto, Cio, che deve iniziare a conoscere anche gli aspetti squisitamente manageriali e non soltanto i temi maggiormente tecnologici. Si tratta di un processo in fase embrionale, che necessita di una gestazione secondo me tra uno e tre anni». L’indagine Kpmg “Cio Survey 2020” analizza come le principali organizzazioni It stanno reagendo agli impatti del Covid-19. Lo studio, giunto alla ventiduesima edizione, ha coinvolto oltre 4.200 tra cio e leader tecnologici di organizzazioni presenti in 83 diversi Paesi che, nel complesso, investono nei budget It circa 250 miliardi di dollari.

L’incremento di spesa rispetto al pre-Covid

Gaetano Correnti, Partner, Kpmg – Nolan, Norton Italia

Dall’indagine emerge come mediamente il budget It sia aumentato del 5% a seguito della pandemia di Coronavirus. Tradotto in numeri significa un incremento di 15 miliardi di dollari alla settimana durante i primi tre mesi della crisi, necessari per modificare i rapporti con la clientela e aumentare la sicurezza informatica. Ma c’è da notare come questa recessione rappresenti un unicum nella storia economica moderna: mai si era vista una così grande disparità tra alcuni settori che sono stati affossati e altri che sono addirittura cresciuti. E questo scenario nuovo rende quasi impossibile fare previsioni sul lungo periodo, tanto che gli intervistati chiedono almeno altri tre mesi solo per riuscire a immaginare come saranno gli anni a venire.

Alla luce della necessaria trasformazione in ottica digitale dei processi aziendali, gli investimenti tecnologici assumono un ruolo fondamentale: quasi la metà degli intervistati (47%) afferma che la pandemia ha accelerato in modo permanente la trasformazione digitale e l’adozione di tecnologie emergenti. Covid-19 ha determinato un incredibile balzo in avanti nell’uso della tecnologia, un momento di discontinuità che ha determinato la più grande corsa agli investimenti mai vista. I budget verranno inevitabilmente frenati nel tempo, ma il riconoscimento per la sua enorme importanza rimarrà. La portata e la velocità senza precedenti della pandemia hanno reso necessario alle organizzazioni di investire pesantemente a breve termine, sia in capitale (CapEx) che in spese operative (OpEx).

Le piccole organizzazioni prevedono i maggiori aumenti percentuali del personale e dei budget nei prossimi 12 mesi. Le organizzazioni più grandi hanno una maggiore capacità di assorbire gli shock e distribuirli all’interno dell’azienda. A differenza degli anni precedenti, dove in gran parte tutti i settori “aumentavano o diminuivano” con la marea, il settore ora svolge un ruolo significativo nel modo in cui i bilanci saranno influenzati in futuro. La pandemia ha individuato una varietà di modelli di ripresa per ogni settore, paese e organizzazione. La spesa tecnologica dipenderà dal modo in cui rispondono alle forze economiche che determinano la loro ripresa. Alcuni potrebbero non riprendersi mai, altri devono trasformarsi fondamentalmente, alcuni modificheranno ciò che stanno già facendo e altri sperimenteranno un’iper-crescita.

 

Il cloud è la tecnologia più importante (ma non l’unica)

«Il cloud è un fattore abilitante e abilitatore al tempo stesso, è in testa alle agende perché garantisce continuità – aggiunge Correnti – e durante la pandemia abbiamo assistito a una vera e propria accelerata di questa tecnologia. Quello che stiamo verificando è che c’è un progressivo impoverimento dell’on premise a fronte dell’evoluzione costante del cloud. Si stanno, dunque, ribaltando i rapporti di forza: prima era l’on premise a prevalere sulla “nuvola”, oggi siamo già a parti invertiti». In effetti il Coronavirus ha dato una netta accelerata all’adozione del cloud soprattutto in quei settori, come il finance, in cui era più carente. Vanno letti in quest’ottica gli accordi di Google con Intesa, ma anche la presenza sempre più massiccia di Azure di Microsoft e di Aws di Amazon, che hanno aperto il “nodo” Italia, venendo incontro alle esigenze di sicurezza che venivano dai clienti.

Investimenti in emerging tech leader vs others. Il cloud è un fattore abilitante e abilitatore al tempo stesso, è in testa alle agende perché garantisce continuità e durante la pandemia abbiamo assistito a una vera e propria accelerata di questa tecnologia. Quello che stiamo verificando è che c’è un progressivo impoverimento dell’on premise a fronte dell’evoluzione costante del cloud. Fonte Kpmg

Robotica e automazione

Un altro tema di grande rilievo soprattutto a seguito della pandemia è rappresentato dall’automazione del processo produttivo e dalla robotica collaborativa. Questo va notato soprattutto perché al cosiddetto “monkey business”, cioè ai compiti ripetitivi e a scarso valore aggiunto, è stato aggiunto il machine learning, con una netta evoluzione dei pattern. «Ora osserviamo una netta discontinuità rispetto al passato – chiosa Correnti – per cui se fino a un paio d’anni fa il termine robotica era legata ad automazione di attività semplici, ora si associa all’intelligenza artificiale in un’ottica di abbattimento dei costi ma anche di svolgimento di compiti più complessi. A questa nuova esigenza di una modalità più agile di lavoro si somma anche il nuovo modello di interazione con la clientela: è necessaria la concentrazione sul canale diretto e bisogna essere in grado di rispondere a una domanda che si è completamente trasformata rispetto al passato».

Da questo punto di vista, dunque, l’automazione del processo si traduce – ad esempio – in chatbot in grado di dialogare con gli utenti e di fare da “schermo” alle prime esigenze di contatto e interazione.

Aree con maggiori investimenti IT. Al cosiddetto “monkey business”, cioè ai compiti ripetitivi e a scarso valore aggiunto, è stato aggiunto il machine learning, con una netta evoluzione dei pattern. Da questo punto di vista, l’automazione del processo si traduce – ad esempio – in chatbot in grado di dialogare con gli utenti e di fare da “schermo” alle prime esigenze di contatto e interazione. Fonte Kpmg

 

Occhi puntati sulla sicurezza

La fiducia, dunque, rappresenterà uno dei principali elementi di vantaggio competitivo per le aziende nella ‘nuova realtà’. Per garantire agilità, efficienza e processi operativi snelli, la tecnologia rappresenterà un elemento chiave. L’utilizzo della tecnologia in modo così pervasivo, tuttavia, introduce nuovi rischi. Basti pensare all’utilizzo del cloud, all’accesso remoto da dispositivi personali e alla gestione di grandi quantità di dati e documenti in un ambiente tecnologico complesso. Pertanto, non sorprende che la sicurezza e la privacy siano l’investimento più importante nella nuova realtà, indicato dal 47% dei rispondenti. Con un cambiamento così radicale nelle abitudini e nelle preferenze di acquisto dei consumatori, cambiano anche le modalità di interazione tra aziende e clienti. Anche gli investimenti nell’esperienza del cliente rappresentano, quindi, una priorità assoluta (44% degli intervistati), seguiti dalle infrastrutture e tecnologie cloud (35%).

«Un’altra profonda modificazione portata dal Coronavirus – aggiunge il partner di Kpmg – è rappresentata dal fatto che nelle strutture tecnologiche un tempo si trovava il cto, cioè il gestore di quello che in gergo si chiama “ferro”, che era un personaggio mai venuto alla ribalta ma che aveva quasi sempre una macchina più grossa delle necessità reali. Solo che non sempre c’era la preparazione necessaria per usare queste Ferrari, che diventavano facilmente dei veicoli di attacco informatico. Da questo punto di vista, pur con tutte le migliorie messe in campo, il Coronavirus ha avuto un ruolo devastante per la cybersecurity: c’è stata una notevole accelerazione delle problematiche della sicurezza che ci hanno colto impreparati».

Una quota consistente di aziende ha registrato un aumento delle minacce alla sicurezza informatica negli ultimi mesi. Più di quattro organizzazioni su dieci (41%) hanno subito un incremento degli “incidenti informatici”, principalmente a causa di spear phishing e attacchi di malware. Queste sfide hanno fatto sì che la sicurezza diventasse la massima priorità degli investimenti tecnologici e per la prima volta nei risultati del sondaggio emerge come le competenze in materia di sicurezza informatica siano diventate il set di skill più richiesto dalle aziende.

Top technology investments. La sicurezza e la privacy sono l’investimento più importante nella nuova realtà, indicato dal 47% dei rispondenti. Con un cambiamento così radicale nelle abitudini e nelle preferenze di acquisto dei consumatori, cambiano anche le modalità di interazione tra aziende e clienti. Anche gli investimenti nell’esperienza del cliente rappresentano, quindi, una priorità assoluta (44% degli intervistati), seguiti dalle infrastrutture e tecnologie cloud (35%). Fonte Kpmg

I digital leader

I leader digitali sono quelle organizzazioni che sono estremamente efficaci nell’utilizzo delle tecnologie digitali per far avanzare la propria strategia aziendale. Dopo un balzo iniziale dal 2018 al 2019, la percentuale di intervistati che si identificano come leader digitali è rimasta stabile nell’ultimo anno. Man mano che le tecnologie cambiano, essere un leader digitale è un obiettivo sempre più complesso da raggiungere. I leader digitali devono adattare costantemente i propri sistemi, facendo proprie le tecnologie più recenti e rispondendo con agilità ai cambiamenti in atto. I digital leader sfruttando la tecnologia in modo diverso rispetto ai competitor, correlandola alle prestazioni aziendali, e durante la pandemia hanno aumentato in misura maggiore la loro spesa per l’It rispetto alle altre aziende.

I leader digitali sono spesso delle “Connected Enterprise”, organizzazioni che integrano le loro funzioni di front-office, middle- e back-office attraverso la tecnologia. Leggendo i segnali di cambiamento nel mercato e incorporando le tecnologie emergenti prima dei loro competitor, sono più agili, robusti e in grado di adattarsi ai cambiamenti del mercato con una velocità maggiore. Per questo, i digital leader saranno in grado di adattarsi alla “New Reality” più velocemente di qualunque altra azienda e di capitalizzare il loro vantaggio competitivo.

«Nella survey – chiosa Correnti – il digital leader è definito attraverso una serie di criteri di qualificazione dell’azienda. Fondamentalmente si tratta di un soggetto che ha assorbito il momento di crisi perché aveva iniziato a investire prima della pandemia ma che ha continuato a farlo anche nel bel mezzo dell’emergenza Covid. Questo perché il digital leader è consapevole che se si fosse “cullato” sulla sua posizione preminente avrebbe perso vantaggio competitivo durante la crisi».

Top engaging or retaining talents factors. Fonte Kpmg

 

Il futuro

Infine, come già detto, diventa quasi impossibile per le aziende mantenere la capacità previsionale che prima caratterizzava il ruolo dei manager. Un evento come questo, un vero e proprio cigno nero, richiede tempo anche soltanto per essere analizzato e per comprendere a fondo gli impatti che ha avuto sul business, figurarsi per provare a prefigurare scenari futuri. «Prima si faceva un piano annuale – conclude il partner di Kpmg – ora invece si riesce a guardare al massimo al trimestre. Abbiamo uno stravolgimento dei modelli di business. Facciamo un esempio semplice: un produttore di farine. Fino al pre-Covid il cliente tipico era un fornaio o, addirittura, operatori business. Oggi, con il lockdown, sono proliferate le attività domestiche per panificare e di conseguenza ci si deve rivolgere a una clientela sempre più retail. I tempi di adozione delle tecnologie, inoltre, un tempo erano diversificati per country e per industry. Ora invece è il settore in cui si opera a determinare lo stravolgimento dei modelli di business. I tempi li detta il mercato e in questo momento assistiamo a uno stravolgimento totale del panorama e dello scenario competitivo».














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