Le attività dell’Istituto nazionale per la fisica nucleare in favore di aziende e start-up

di Andrea Ballocchi ♦︎ Viaggio in uno dei maggiori enti di ricerca pubblici italiani (1800 dipendenti e 4mila ricercatori), in prima fila nel supportare le aziende italiane in progetti Big Science, settore da 10 miliardi di euro di valore e nel quale il made in Italy esprime eccellenze finora mal raccontate. Tra i progetti, il supercalcolatore Leonardo e tutte le attività legate a Cern di Ginevra e costruzione dell'acceleratore di Cadarache (Francia) alla base delle ricerche per la fusione nucleare, che potrebbe cambiare i destini dell'umanità

Cnao, Pavia: Il sincrotrone è stato realizzato grazie al contributo dell’INFN in collaborazione con il CERN e serve ad accelerare sia i protoni sia gli ioni carbonio impiegati per le terapie. ©Cnao

Le imprese italiane negli ultimi anni sono riuscite a ottenere risultati notevoli anche nella Big Science, un settore molto competitivo e a elevato contenuto tecnologico che richiede forniture tecnologiche e industriali adeguate. Una delle opportunità offerte per accedervi è rappresentata dagli uffici di trasferimento tecnologico, noti anche come Industrial Liaison Office (Ilo). Essi supportano le aziende nella collaborazione con le grandi infrastrutture di ricerca europee, in un mercato che nei prossimi 5 anni si prevede raggiungerà i 10 miliardi di euro.

Il superacceleratore Lhc del Cern, a Ginevra, o il reattore dimostrativo Iter per la fusione nucleare, in costruzione a Cadarache (Francia) sono due dei più importanti esempi di quest’attività. In entrambi i casi è attivo l’Istituto Nazionale Fisica Nucleare: nel primo, ha contribuito alla istituzione dell’Ilo al Cern, in concerto con i Ministeri degli Affari Esteri e dell’Istruzione Università e Ricerca; nel secondo, invece, è parte integrante del consorzio Rfx costituito insieme a Cnr, Enea, Università di Padova e Acciaierie Venete, per partecipare alla costruzione del reattore, per cui l’Italia ha commesse per 1,3 miliardi di euro.







Negli anni l’Infn ha collaborato sia con grandi imprese sia con Pmi e start-up, che hanno dato un contributo significativo alla costruzione delle componenti più tecnologicamente avanzate: un esempio è, appunto, l’acceleratore di particelle in Svizzera. L’effetto ottenuto dalla collaborazione con l’Infn è sensibile per le aziende: da un’analisi condotta su 160 aziende con il contributo della Liuc Università Carlo Cattaneo, è emerso che l’impatto positivo si fa sentire sia in termini di acquisizione di competenze tecniche (31% delle risposte positive), sia del fatturato incrementato (28%), del miglioramento dell’immagine (25%) e in termini di nuove collaborazioni (21%). Per illustrare come si svolga quest’attività di supporto e collaborazione con le imprese, Industria Italiana ha voluto fare un breve viaggio all’interno di questo istituto.

 

Infn: cos’è, quando nasce e cosa fa

INFN Laboratori nazionali di Frascati

L’Istituto promuove, coordina ed effettua la ricerca scientifica nel campo della fisica subnucleare, nucleare e astroparticellare, nonché lo sviluppo tecnologico pertinente alle attività in questi settori. È un ente pubblico nazionale di ricerca, a rilevanza nazionale, uno dei 20 costituiti e definiti per legge nel 2016. Come il Cnr e diversi altri, l’Infn è vigilato dal Miur, assolve ai propri compiti attraverso contributi ordinari e straordinari a carico del bilancio dello Stato. Ha sede a Roma e 1800 dipendenti e 5.000 collaboratori, universitari e non.

La storia dell’Istituto comincia nel 1951 quando viene fondato da gruppi delle Università di Roma, Padova, Torino e Milano per proseguire e sviluppare le ricerche teoriche e sperimentali di fisica nucleare di Enrico Fermi e della sua scuola. Già nella seconda metà degli anni Cinquanta l’Istituto ha progettato e costruito il primo acceleratore italiano, l’elettrosincrotrone realizzato a Frascati dove è nato anche il primo Laboratorio Nazionale dell’Istituto. Tra i primi presidenti, Edoardo Amaldi, uno dei padri della fisica mondiale. Nello stesso periodo è iniziata la sua partecipazione alle attività di ricerca del Cern di Ginevra, il più grande laboratorio al mondo di fisica delle particelle, di cui è tuttora uno dei membri più attivi. Al centro elvetico è stato istituito dal Ministero degli Affari esteri italiano e dal Miur insieme all’Infn uno degli Industrial Liaison Office. «Ogni nazione che contribuisce finanziariamente a uno dei grandi laboratori internazionali conta su un Ilo. Esso si occupa di seguire l’attività del centro e di tutelare, da un lato gli interessi del contractor (l’Infn, nel caso specifico) e dall’altro di promuovere e incentivare la partecipazione di aziende italiane alle procedure di gara del Cern per l’acquisizione di beni e servizi e di coadiuvare il Laboratorio nella ricerca dei fornitori più adatti alle proprie esigenze».

L’impegno dell’Istituto è di fare un’azione di scouting per individuare le realtà nazionali più adatte agli scopi richiesti dal centro di ricerca. Nel caso del Cern, sono 150 le aziende italiane che hanno ricevuto una commessa per la sola costruzione dell’acceleratore Lhc – Large Hadron Collider. Si tratta della più grande macchina al mondo, il cui costo si aggira sui 3 miliardi di euro: è un anello di 27 chilometri formato da 9.600 magneti superconduttori con una serie di strutture di accelerazione per aumentare l’energia delle particelle lungo il percorso. Serve a scoprire di che cosa è fatta la stragrande maggioranza della materia e dell’energia contenuta nell’Universo e ad aprire nuove strade di indagine, la cosiddetta “nuova fisica”, nel mondo delle alte energie. Uno dei più importanti obiettivi per cui è stata costruita è osservare per la prima volta il bosone di Higgs, la particella associata al campo che si ritiene sia responsabile della massa, l’ultimo tassello mancante tra le particelle fondamentali del modello standard con cui i fisici interpretano l’Universo.

Labec, Firenze (INFN): Analisi dell’opera “Ritratto di ignoto” di Antonello da Messina con la tecnica Pixe (Particle Induced X-ray Emission) nel laboratorio Labec (Laboratorio di Tecniche Nucleari Applicate ai Beni Culturali) dell’INFN. La Pixe permette di non alterare minimamente l’opera d’arte e di capire la composizione dei pigmenti, rivelando informazioni sulla tecnica pittorica utilizzata. ©Labec-Infn

L’ente italiano è inoltre all’avanguardia non solo per le applicazioni della fisica nella medicina, ma anche nei beni culturali. A quest’ultimo proposito, Infn, che ha due laboratori dedicati: il Labec a Firenze e il Landis a Catania. Ha preso parte, tra gli altri, allo studio sulla tecnica pittorica di Leonardo da Vinci. Attualmente l’Istituto è una comunità di oltre 5.000 tra ricercatori, propri e universitari associati, tecnologi, tecnici e amministrativi, con 1.300 giovani tra laureandi, borsisti e dottorandi. Il bilancio annuale dell’ente è di circa 270 milioni di euro, la metà circa dei quali dedicato alle attività di ricerca. È presente in 16 regioni con 4 grandi laboratori nazionali, 20 sezioni, 11 gruppi collegati e tre centri nazionali, tra cui il centro di calcolo a Bologna.

Attivo in cinque continenti e in più di 30 Paesi, coopera nelle principali imprese scientifiche mondiali: spesso i suoi scienziati dirigono o co-dirigono gli esperimenti e i programmi internazionali più importanti. Lo stesso istituto sottolinea che in Europa, gli investimenti pubblici dell’Italia nella fisica di competenza dell’Infn sono in attivo: “ogni 10 euro investiti ne ritornano quasi 11 in commesse internazionali per le aziende italiane”. Il presidente, nominato l’anno scorso, è Antonio Zoccoli, docente in Fisica sperimentale presso l’Università degli Studi di Bologna; il direttore generale è Bruno Quarta. L’Istituto è anche tra i partner che stanno rendendo possibile la costruzione del supercomputer Leonardo, uno dei principali elaboratori per il supercalcolo al mondo, che avrà sede presso il Big Data Hub di Bologna (come abbiamo raccontato qui e qui) e che darà un supporto fondamentale alla competitività delle aziende italiane, manifatturiere e non.

 

Il rapporto dell’Infn con le imprese: il trasferimento tecnologico

CERN (Ginevra, Svizzera): Il rivelatore LhcB di Lhc che cerca di capire il comportamento che hanno avuto materia e antimateria subito dopo il Big Bang. In origine, materia e antimateria dovrebbero essere comparse in quantità uguali, eppure oggi tutto ciò che conosciamo è composto di sola materia: LhcB indaga la ragione di questa asimmetria (©CERN)

L’Istituto italiano ha un approccio di collaborazione con le aziende che passa attraverso un sistema strutturato grazie al Comitato nazionale per il trasferimento tecnologico (Cntt), un organo di indirizzo strategico a carattere scientifico-tecnologico, che promuove le iniziative specifiche dell’Infn. Il sistema opera su due livelli fondamentali. Il primo «è sviluppato direttamente da Infn attraverso commesse gestite in prima persona. L’Istituto sviluppa tecnologie di alto livello per esperimenti di respiro internazionale, all’interno dei propri laboratori, e in collaborazione con le aziende. Rispetto a quanto fatto da altri centri di ricerca internazionali, abbiamo deciso che i prototipi si possono sviluppare in casa, ma per la produzione di soluzioni di una certa importanza è bene avere partner industriali che insieme a noi si occupino dello sviluppo», spiega Ezio Previtali coordinatore del Comitato nazionale per il Trasferimento Tecnologico Infn. «Per sviluppare le tecnologie utili ai nostri esperimenti, le industrie lavorano a stretto contatto con i nostri ricercatori. Acquisiscono così nuove competenze e specializzazioni: questo è il meccanismo chiamato ‘per procurement’». L’istituto ha delle richieste tecnologiche che molto spesso non sono disponibili sul mercato. «In questi casi, chiediamo alle aziende – tramite apposite gare – di avviare lo sviluppo industriale. Il nostro ruolo è fornire il supporto scientifico e tecnologico, attraverso un contratto di procurement, che consenta all’azienda di sviluppare design, ingegnerizzazione e ogni altra fase necessaria per realizzare la componentistica necessaria per l’Istituto». L’approccio di collaborazione con le aziende «è per noi molto interessante e proficuo, ma abbiamo bisogno di avere un diverso riconoscimento da parte loro – rileva Previtali – Uno dei problemi che sconta l’Istituto è che nella sua storia questa attività di partnership non risulti da nessuna parte, conosciuta a volte solo da noi e dalle imprese direttamente coinvolte».

Eppure il peso specifico dell’Istituto è sensibile. Al Cern, per esempio, operano gruppi di ricerca Infn, con circa mille ricercatori, impegnati in tutti gli esperimenti condotti sia con l’acceleratore di particelle Lhc, la cui costruzione ha richiesto di fare innovazione tecnologica e le imprese coinvolte hanno avuto una significativa ricaduta diretta. Per realizzarlo sono stati necessari 2 miliardi di euro e ulteriori 500 milioni all’anno per il suo funzionamento. L’Italia contribuisce con 114 milioni di euro all’anno, che corrisponde all’11% del bilancio totale del Cern, e i ritorni per le sue industrie sono fra i più elevati tra i Paesi partner dell’Organizzazione europea per la ricerca nucleare. Dalla costruzione dell’acceleratore, l’industria nazionale ha ricavato commesse per 350 milioni di euro e l’Italia risulta quale quarto contribuente del Cern e terzo fornitore. Attualmente le aziende italiane registrate come fornitori del Cern sono un migliaio circa, mentre quelle che hanno avuto ordini tra 2013 e 2018 sono state circa 500.

Tra le imprese che hanno sviluppato componenti per gli acceleratori per il Cern e Lhc, e che vantano collaborazioni con Infn, c’è la veneta Zanon, che ha prodotto cavità risonanti, utili per per accelerare e magneti per far circolare le particelle, e criostati. Oppure la Caen, di Viareggio, che ha realizzato alimentatori per esperimenti di fisica nucleare e subnucleare. E ancora: la Saes Rial Vacuum (fondata nel 2015 e partecipata da Rodofil e Saes Getters) ha realizzato i primi prototipi di magneti superconduttori prodotti dall’industria per High-Luminosity Lhc, il progetto di potenziamento dell’acceleratore che partirà dopo il 2025. Un altro caso importantissimo è quello dei supermagneti che sono alla base del progetto Iter, che a Cadarache, in Francia, a lungo termine (le ipotesi più ottimistiche sono per il 2030) realizzerà il primo esperimento di generazione energetica da fusione nucleare: l’energia pulita e a basso costo che potrebbe rendere superflue le altre forme di generazione (fissione e idrocarburi in primis) e rivoluzionare l’economia e la società di tutto il pianet. «L’Italia è attore di importanza mondiale nella produzione di magneti superconduttori ed è frutto di un lavoro svolto proprio da Infn. Penso a quelli realizzati per il Cern, buona parte dei quali made in Italy». Uno dei produttori è Asg Superconductors (Gruppo Malacalza), nata nel 2001 da Ansaldo e oggi è un rinomato attore a livello globale per le sue capacità nella progettazione, costruzione e collaudo di magneti per la ricerca e sistemi superconduttori per il settore medicale ed energetico. Suo, per esempio, il magnete più potente al mondo per lo studio del cervello. Tra i suoi lavori recenti c’è, come si diceva, anche quello sui componenti superconduttivi destinati al progetto Iter: il primo dei 18 totali, consegnato lo scorso aprile in Francia dove sta sorgendo il reattore sperimentale, l’ha realizzato proprio Asg.

Le aziende italiane attive nelle Big Science e coinvolte a vario titolo nel progetto di fusione sono diverse decine. L’Istituto è fortemente presente nel centro elvetico, innanzitutto contando circa 1500 fra tecnici e ricercatori attivi a utilizzare gli acceleratori per finalità scientifiche, ma anche fornendo un importante contributo nella progettazione e nello sviluppo dei magneti dipoli del superacceleratore Lhc del Cern. Quest’attività è valsa, proprio quest’anno, a Lucio Rossi, fisico del Cern e dell’Infn, il premio Rolf Wideröe 2020, per il suo impegno dal punto di vista scientifico sia manageriale. Attualmente Rossi è responsabile di Hi-Lumi Lhc. Ma l’attività dell’Istituto si sviluppa anche in numerosi altri progetti che riguardano lo sviluppo di nuovi acceleratori, rivelatori e in altri campi interdisciplinari. Un esempio sono le cavità acceleratrici. Infn ha sviluppato tecnologie dedicate, interagendo con aziende italiane alcune delle quali non avevano alcuna conoscenza specifica o linea imprenditoriale in questa direzione.

 

L’Infn per le Pmi: il trasferimento tecnologico per lo sviluppo dei brevetti

Cnao, Pavia: Magnete sestupolo del sincrotrone del Cnao (Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica). Il sincrotrone è stato realizzato grazie al contributo dell’INFN in collaborazione con il CERN e serve ad accelerare sia i protoni sia gli ioni carbonio impiegati per le terapie. ©Cnao

Il secondo meccanismo di trasferimento tecnologico è quello per cui all’interno dei gruppi di ricerca scientifica vengono sviluppate idee, che successivamente possono essere declinate fino a diventare un prodotto che riesce a trovare l’interesse dei mercati. «Questo è il meccanismo di trasferimento tecnologico che come Comitato Nazionale per il Trasferimento Tecnologico seguiamo più direttamente, perché richiede maggior supporto ed è più legato ai rapporti con le aziende. Facciamo in modo che le tecnologie innovative per la ricerca di base diventino un volano per la società in cui viviamo: dalle soluzioni per la ricerca sul bosone di Higgs alle macchine per la cura dei tumori». Un esempio, in questo senso, è la collaborazione tra Infn e la friulana Eurolls con la quale l’Istituto ha sviluppato un sistema di Physical Vapor Deposition per coating di materiali. L’azienda ha collaborato con i laboratori di Legnaro (Padova) con cui è stato sviluppato un sistema a marchio Infn.

Altri esempi sono il contratto stipulato con la statunitense Waters Corporation, per lo sviluppo di un circuito integrato innovativo per la lettura di rivelatori a pixel. «Inoltre, abbiamo venduto dei prototipi per l’analisi della radioattività in impianti nucleari in fase di dismissione oggi utilizzati da Sogin. Sono stati sviluppati in collaborazione con Else Nuclear», azienda lombarda specializzata in progettazione e realizzazione di sistemi per rilevazione di radiazioni, con la quale Infn ha lavorato allo sviluppo di sistemi di monitoraggio e controllo non invasivo per fusti di materiale provenienti da impianti nucleari. Il trasferimento all’industria rappresenta un grande vantaggio, soprattutto nel caso delle Pmi, «favorendone la loro crescita e la competitività sul mercato anche a livello internazionale». Questo percorso si sviluppa come interazione con le aziende, praticabile o attraverso meccanismi di ricerca collaborativa o attività brevettuale o conto terzi.

 

Ricerca per innovazione: le attività per imprese e start-up

Esperimento Dark-Side ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dedicato alla ricerca della materia oscura ©DarkSide-Lngs-Infn

L’attività di trasferimento tecnologico tiene anche conto delle difficoltà oggettive di tradurre tecnologie anche molto valide a livello industriale e commerciale. Per questo sono state avviati due programmi di ricerca e sviluppo: Research to Innovation (R2I) e Research for Innovation (R4I). Il primo nasce come partnership con il Cern per i Business incubation center (Bic). L’obiettivo è migliorare il trasferimento delle tecnologie provenienti dalla fisica delle alte energie alla società e alle aziende. Integrando l’incubazione e la capacità di accelerazione dei Bic con competenze high-tech, l’Infn intende creare le condizioni migliori per favorire la nascita di start-up italiane e farle crescere rapidamente.

I Bic che attualmente fanno parte del Network R2I sono: Bioindustry Park Silvano Fumero; I3P – Società per la gestione dell’incubatore di Imprese Innovative del Politecnico di Torino; Cubact – Incubatore dell’Università di Sassari. In quest’ultimo, per esempio, è stato selezionato il team multidisciplinare della start-up innovativa Radoff, per un progetto col Cern di Ginevra e l’Infn, che le consentirà di disporre degli strumenti dei due partner per portare avanti la propria ricerca di soluzioni innovative contro il radon. L’altro, R4I, è nato per colmare la distanza tra ricerca ed innovazione. Con R4I l’Infn seleziona, supporta e finanzia progetti con un ottimo potenziale per innalzare il proprio Technology Readiness Level. «Negli ultimi 3 anni abbiamo licenziato circa 7 attività, tra brevetti e know how alle aziende, abbiamo avviato uno spin-off e ne stiamo per aprire un altro», specifica Previtali.

 

Infn per l’additive manufacturing

Una delle attività svolte a beneficio delle imprese riguarda l’additive manufacturing. Le collaborazioni in atto sono varie, una delle quali con la realtà aerospaziale Thales Alenia Space, «con cui stiamo discutendo riguardo possibili collaborazioni su additive di tipo metallico e in seconda battuta su carbon peek, un polimero termoplastico organico rinforzato con fibra di carbonio – afferma il coordinatore del Cntt – Infn ha tutta una linea di sviluppo molto avanzata ed è l’unico a livello nazionale a lavorare il rame con la stampa 3D, oltre a titanio e, appunto, fibra di carbonio». A proposito, l’ente ha istituito un polo diffuso, denominato Hammer (Hub for Additive Manufacturing Materials Engineering and Research) per lo studio dei materiali processabili attraverso tecnologie additive, distribuito tra i Laboratori Nazionali del Gran Sasso e la Sezione di Roma1. Questo polo ha sviluppato un nuovo supporto di rivelatori criogenici per il progetto Bullkid che intende realizzare assorbitori criogenici per particelle di materia oscura e neutrini.

Ma sono molte le attività industriali che traggono vantaggio dalle tecniche di additive manufacturing. Per questo Infn ha avviato un’attività in collaborazione con partner industriali: dalla realizzazione di componenti leggeri per applicazioni spaziali, al disegno industriale e a componenti complessi da applicare in diversi ambiti tra cui aerospazio, automotive, biomedicale. Una delle aziende con cui è attiva una collaborazione è la Oma – Officine Meccaniche Aeronautiche per lo sviluppo in additive manufacturing di materiali in ambito aerospaziale e aeronautico.














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