Arriva il Big Data Hub Emilia-Romagna, pilastro per il supercalcolo scientifico dell’intero sistema nazionale di ricerca

di Patrizio Bianchi ♦︎ Questo insieme di centri di alta formazione e innovazione costituisce il pilastro per il supercalcolo scientifico dell’intero sistema italiano di ricerca. È stato realizzato con un’interazione verticale tra i governi regionali, nazionali ed europeo. Il Bologna Big Data Technopole, il Centro Meteo Europeo e l’EuroHPC Leonardo. Il Patto per il lavoro per finanziare i progetti. Il ruolo di Cineca

Questo lavoro presenta le strategie e le politiche poste in campo per attivare e consolidare un insieme di strutture di ricerca, che possiamo chiamare “Big Data Hub Emilia-Romagna”, che costituiscono il pilastro per il supercalcolo scientifico dell’intero sistema nazionale di ricerca.

Queste politiche sono state disegnate e realizzate, con un’azione che diremo di Multilevel governance, cioè con un’interazione verticale, ma non gerarchica, fra diversi ambiti di governo – regionale, nazionale, europeo – e con una condivisione orizzontale fra le diverse componenti della comunità regionale, che si è resa responsabile di una tale realizzazione nell’interesse dell’intero Paese.







Nel periodo maggio 2010 – febbraio 2020 l’autore è stato assessore della Regione Emilia-Romagna con delega al coordinamento delle politiche europee per lo sviluppo, università, ricerca, scuola, formazione e lavoro. Con tale responsabilità ha guidato la progettazione e realizzazione delle azioni descritte in questo capitolo. L’attuazione della rete dei tecnopoli e la ristrutturazione del Tecnopolo di Bologna è stata portata avanti dall’assessore Palma Costi e dai direttori Morena Diazzi e Francesco R.Frieri.

patrizio-bianchi
Patrizio Bianchi è Professore ordinario di Economia applicata. Dopo aver a lungo insegnato all’Università di Bologna, ha fondato la Facoltà di Economia dell’Università di Ferrara, dove poi è stato Rettore fino al 2010. Fino agli inizi del 2020 è stato Assessore al Coordinamento delle politiche europee, università, ricerca, scuola, formazione e lavoro della Regione Emilia-Romagna, nella cui veste ha progettato e coordinato il progetto del Tecnopolo Big Data di Bologna. Dal 2020 è titolare della Cattedra Unesco su Educazione, Crescita e Eguaglianza alla Università di Ferrara. Per la sua attività scientifica è stato nominato Commendatore al merito della Repubblica

Il supercalcolo a Bologna: una lunga storia

Vi è una lunga storia di localizzazione di sistemi di supercalcolo a Bologna. La presenza dell’antica università e di presidi di ricerca dei principali istituti nazionali di ricerca hanno portato fin dagli anni sessanta a concentrare a Bologna i primi centri di supercalcolo scientifico in Italia.

Nel 1961 il Comitato nazionale per la energia nucleare- Cnen (ora Ente nazionale per l’energia e lo sviluppo economico sostenibile-Enea) stabilì a Bologna il suo centro di supercalcolo, attivando un Ibm 7094, che fu la prima architettura disegnata per il calcolo scientifico in Italia. Il Cnen venne fondato come Comitato nazionale per le ricerche nucleariCnrn nel 1952 all’interno del Cnr per lo sviluppo anche in Italia delle attività di ricerca nel settore della fisica e tecnologie nucleari. L’anno successivo l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare – Infn, che era stato fondato nel 1951, venne portato all’interno del Cnrn, avviando congiuntamente i laboratori di Frascati per la realizzazione di un elettrosincontrone, sotto la direzione di Giorgio Salvini dell’Infn, ma con personale del Cnrn.

Nel Cnrn si sovrapposero quindi sia la ricerca fondamentale, più a disposizione dei ricercatori del Infn, che di una ricerca applicata ad obiettivi civili. Nel 1957 con i Trattati di Roma si firmarono gli accordi per la creazione dell’Euratom, la Comunità europea dell’energia atomica, che divenne quindi la struttura di riferimento sulla ricerca nucleare in Europa. Nel 1960 l’intero comparto venne riordinato trasformando il Cnrn in Cnen, quindi in un ente separato dal Cnr; venne trasferito all’Euratom il centro di Ispra ed il reattore CP5 appena inaugurato, mentre i laboratori nazionali vennero trasferiti alla Casaccia ed a Frascati venne attivato in collaborazione con l’Euratom, la macchina acceleratrice di particelle elementari.

Supercomputer a Bologna: una lunga storia. Fonte ACCADEMIA NAZIONALE DEI LINCEI E FONDAZIONE EDISON XIII CONVEGNO ANNUALE

In quel processo di così profonda riorganizzazione della ricerca nucleare in Italia, nel 1961 si decise di posizionare a Bologna il centro di informatica ad uso scientifico del Cnen. La scelta di Bologna avvenne dunque nell’ambito di un’ampia visione di ridefinizione del sistema della ricerca nazionale, da delinearsi in ambito europeo, attribuendo quindi al centro di Bologna fin dall’inizio un preciso obiettivo di servizio all’intero sistema nazionale ed europeo di ricerca.

Due anni più tardi, nel 1963, l’Infn – divenuto nel frattempo istituto autonomo- istituì a Bologna il Centro Nazionale Analisi Fotogrammi Cnaf, promosso dai fisici Puppi e Clementel,  come centro tecnologico dell’istituto, dedicato all’analisi e alle misure ad alta precisione delle particelle elementari. La sua prima sede fu presso il Cnen potendo utilizzare l’Ibm 7094, concentrandosi sempre più sullo studio dei costituenti fondamentali della materia; del resto l’attività di ricerca dell’Infn era sempre più incrociata con il Cern di Ginevra fondato nel 1954 per offrire ai ricercatori europei strumenti adeguati ad una ricerca di frontiera sulla fisica delle alte energie.

Si consolida così il ruolo di Bologna come il luogo in cui concentrare le strutture di supercalcolo scientifico, avvantaggiandosi quindi del vasto bacino di competenze che si stava strutturando fra università ed enti nazionali di ricerca. Tali infrastrutture di ricerca vengono quindi progettate e realizzate fin dall’inizio per essere al servizio dell’intero sistema nazionale e nel contempo pienamente raccordate all’organizzazione europea della ricerca avanzata.

È in questo contesto che nel luglio 1967 venne fondato il Consorzio Interuniversitario del Nord Est per il Calcolo AutomaticoCineca, fra le Università di Bologna, di Firenze, di Padova e l’Istituto universitario di Economia Commercio e di Lingue Straniere di Venezia. Il Cineca avviò le sue attività due anni dopo con un Cdc 6600 – in quel tempo il più veloce sistema di supercalcolo al mondo – per garantire ai ricercatori capacità di calcolo per lo sviluppo di modelli matematici di sempre maggiore complessità. Nel 1975 il Cineca acquisì il Cdc 7600, che ancora una volta si presentava come il più potente sistema in quel tempo presente al mondo; nel 1985 Cineca introdusse in Italia il CrayXMP12, una macchina che permetteva lo sviluppo di laboratori virtuali per applicazioni mai possibili in precedenza, al servizio ormai dell’intero sistema scientifico nazionale. Dal 1970 Cineca sviluppò anche tecnologie di rete per permettere il trasferimento in sicurezza di masse di dati sempre più consistenti e sensibili.

La lunga storia fra Bologna e il supercalcolo. Fonte ACCADEMIA NAZIONALE DEI LINCEI E FONDAZIONE EDISON XIII CONVEGNO ANNUALE

Negli ultimi anni ottanta venne avviato il processo di armonizzazione delle reti e nel 1991 venne fondato il Garr (Gruppo di armonizzazione delle reti di ricerca) fra consorzio fra Crui, Cnr, Enea (che dal 1982 era subentrato al Cnen), e Infn, con il contributo essenziale del Cineca, per realizzare una rete di trasmissione dati ad alta velocità, con tre nodi principali, Milano, Bologna e Pisa. Si struttura così per passi successivi una piattaforma nazionale di supercalcolo scientifico, che ha a Bologna un suo pilastro fondamentale, concentrando qui le infrastrutture di supercalcolo scientifico e lo snodo delle reti di ricerca.

Nel frattempo l’autonomia universitaria, statuita con legge 9 maggio 1989, n.168, richiese agli atenei di sviluppare proprie procedure amministrative sempre più informatizzate che vennero affidate a tre consorzi, il Cilea per l’area di Milano, il Caspur per l’area di Roma e lo stesso Cineca per il resto del Paese; nel 2013, per decisione del Ministro dell’Istruzione,  Università e ricerca, i tre consorzi vennero fusi per incorporazione nel Cineca, per dar vita ad un unico consorzio nazionale per i servizi alle università italiane ed in seguito allo stesso Miur.

A questa funzione rivolta al sistema universitario e della ricerca nazionale si aggiungono compiti di esplorazione di nuove aree applicative. Nel 1994 la Commissione europea, il Comune di Bologna, l’Università e il Cineca fondano la rete civica iperbole, per una diffusione dei servizi informatici a tutti i cittadini della città. Nel 2004 la Regione Emilia- Romagna fonda Lepida, la rete che riunisce tutte le amministrazioni locali della regione, dando una dimensione territoriale allo sviluppo dei servizi informatici.

Dal 2010 Cineca rappresenta l’Italia in PracePartnership for Advanced Computing in Europe, con Gcs di Julich per la Germania, il Genci di Parigi per la Francia, Bsc di Barcellona per la Spagna, che strutturano il sistema europeo di supercalcolo scientifico. Alla costituzione di Prace Cineca partecipò con il supercomputer Fermi, considerato a quel tempo il settimo al mondo per potenza, sostituito poi dal sistema Marconi, che egualmente resta al vertice dei sistemi di calcolo mondiali.

Il supercalcolo scientifico ha dunque a Bologna il luogo in cui storicamente si sono consolidate infrastrutture – Cineca, Infn, Enea – che tuttora rappresentano l’asse portante del sistema nazionale della ricerca, garantendo la stretta interconnessione di sistema al contesto europeo e mondiale.

La storia di Cineca. Fonte ACCADEMIA NAZIONALE DEI LINCEI E FONDAZIONE EDISON XIII CONVEGNO ANNUALE

La strategia e le politiche regionali

In questo contesto, caratterizzato da una struttura educativa e di ricerca così avanzata, la Regione Emilia Romagna ha predisposto un’azione di politica dello sviluppo industriale, che potesse sostenere l’evoluzione di questi sistemi scientifici come perni anche della crescita del territorio regionale. In questa prospettiva nel luglio 2015 venne firmato il Patto per il Lavoro a seguito di una lunga elaborazione che aveva profondamente coinvolto le parti sociali, le università, le municipalità. Nel Patto per il Lavoro venne proposta, condivisa e posta in programmazione la strategia che proponeva una crescita fondata sull’aumento del valore aggiunto regionale ed il riposizionamento in Europa dell’intera struttura produttiva attraverso investimenti in alta formazione ed infrastrutture di ricerca.

La scelta del valore aggiunto come parametro di riferimento per la crescita si fonda su una visione per cui la possibilità di realizzare una maggiore occupazione si basa sulla possibilità di produrre ed offrire sul mercato internazionale beni a più alto contenuto di ricerca e competenze. L’obiettivo era dunque proporsi di dimezzare la disoccupazione, attestata nel 2015 al 10 per cento – ben più bassa dalla media nazionale ma più alta rispetto ai risultati ottenuti nelle fasi di maggiore crescita – aumentando le esportazioni e gli investimenti.

L’impostazione concettuale accettata al tavolo congiunto che portò alla formulazione del Patto per il Lavoro si rifaceva esplicitamente alla “meridiana dello sviluppo” elaborata da P. Bianchi e S. Labory, che incrociava una linea dei “driver” dello sviluppo – Innovazione e territorio – con la linea della stabilità sociale – entitlements/provisions, cioè i diritti effettivi e le risorse disponibili. L’incrocio delle due linee determinava secondo questa stilizzazione quattro aree di policy che potevano definirsi Politiche di welfare (fra territorio e diritti), politiche sull’educazione e le risorse umane (fra diritti ed innovazione), politiche per l’innovazione (fra innovazione e risorse) e politiche di sviluppo territoriale (fra risorse e territorio). Questa stilizzazione dell’azione politica poneva in enfasi la necessità di porre in essere una visione integrate delle politiche pubbliche, assumendo una prospettiva di trasformazione sociale, che richiedeva come tutte le variabili della vita collettiva fossero oggetto di politiche coordinate e condivise come gli attori sociali costituenti la comunità locale.

Il Patto per il Lavoro è dunque l’atto di programmazione generale della Regione, che in termini fortemente condivisi da tutte le rappresentanze della comunità regionale, ha orientato e sostenuto gli investimenti dell’Amministrazione regionale ed in particolare gli impieghi dei fondi strutturali europei. Il Patto per il Lavoro ha del resto operato da riferimento anche per le imprese, che hanno potuto investire all’interno di un quadro di impegni reciprocamente assunti, che hanno ridotto in maniera significativa le condizioni di incertezza. In questo quadro l’azione regionale si è rivolta a favorire gli investimenti in ricerca e in alta formazione attraverso un uso integrato dei fondi strutturali ed in particolare dei Fondo regionale di sviluppo e del Fondo sociale europeo, per i quali venne previsto una specifica delega per il coordinamento all’assessore al coordinamento delle politiche europee per lo sviluppo.

La rete di scuole di Alta formazione promossa da Rer con le università. Fonte ACCADEMIA NAZIONALE DEI LINCEI E FONDAZIONE EDISON XIII CONVEGNO ANNUALE

Il Patto per il Lavoro aveva come obiettivo una prospettiva di trasformazione della economia della Regione in un contesto europeo aperto alla competizione internazionale, ponendo nell’educazione e nella ricerca il principale motore del cambiamento economico e sociale. All’interno di questo quadro di azione si poneva la visione che candidava Bologna e l’Emilia-Romagna a divenire l’Hub europeo della ricerca su Big Data ed intelligenza artificiale; a tale visione, condivisa e sostenuta da tutte le rappresentanze sociali, sono stati orientate le risorse europee, le risorse proprie regionali e le risorse derivate da decisioni nazionali.

Questa strategia, legittimata da una così forte condivisione da parte di tutte le forze sociali della regione, si è articolata in una sequenza di politiche fra loro strettamente correlate e sostenuto da un’integrazione nell’utilizzo delle politiche strutturali europee, con l’obiettivo di promuovere progettazioni che nel contempo potessero sostenere lo sviluppo di attività di ricerca e di formazione del personale necessario a trasformare la ricerca in innovazione produttiva. In particolare il Fondo europeo per lo sviluppo regionale ed il Fondo sociale europeo – il primo per finanziare progetti ed infrastrutture di ricerca, il secondo progetti di formazione avanzata per i ricercatori – vennero utilizzati contestualmente, con bandi unitari, cosicché ogni azione vedeva nel contempo finanziate sia le strutture di ricerca, che la crescita dei ricercatori.

Il continuo confronto fra regione e università, in materia di diritto allo studio, azioni di sostegno alla ricerca e all’alta formazione è stato affidato alla Conferenza RegioneUniversità Cru, a cui partecipano i rettori delle università presenti sul territorio, i direttori degli enti nazionali di ricerca operanti in Emilia-Romagna, presieduto dall’assessore all’Università e ricerca della Regione.

L’obiettivo specifico di affermare Bologna ed Emilia-Romagna come Hub europeo della ricerca è stato perseguito attraverso una sequenza di azioni che possono essere così stilizzate:

  1. La rete dei tecnopoli
  2. La rete delle scuole di alta formazione.
  3. La creazione della associazione Big Data
  4. L’accordo di sistema Cineca-Infn
  5. Il trasferimento del data center del ECMWF
  6. La localizzazione del HPC Leonardo
  7. Il tecnopolo big data di Bologna
  8. I tecnopoli di Modena, Ferrara e Parma
  9. Offerta formativa Big data e Intelligenza artificiale
  10. La costituzione dell’ International Foundation Big Data and Artificial Intelligence for Human Development.

 

Le azioni per strutturare il territorio

Seguendo un indirizzo già avviato nelle precedenti programmazioni, la Regione ha consolidato una rete di tecnopoli, basato su 6 università (Università di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio, Parma ed inoltre Università Cattolica e Politecnico di Milano nelle loro sedi di Piacenza) e 11 campus. Questo ER Regional High Tech Network, comprende oggi 10 Tecnopoli specializzati, 88 laboratori/centri di ricerca industriali, con 600 ricercatori full e 1200 part-time, a cui si aggiungono 800 start-up da ricerca.

Le specializzazioni che si sono sviluppate a partire dalle competenze presenti nelle università, negli enti di ricerca e nelle imprese operanti nei rispettivi territori sono:

  • PIACENZA – Università Cattolica/Politecnico di Milano: meccatronica ed energia
  • PARMA – Università di Parma: food e scienze della vita
  • REGGIO EMILIA – Università di Modena e Reggio Emilia: robotica
  • MODENA – Università di Modena e Reggio Emilia: automotive, scienza della vita, intelligenza artificiale
  • BOLOGNA – Università di Bologna: big data, scienze della vita, automotive, energia
  • BOLOGNA – Cnr: nuovi materiali
  • FERRARA – Università di Ferrara: ambiente, scienze della vita, costruzioni
  • RAVENNA – Università di Bologna: ambiente bed energia
  • FORLÌ CESENA – Università di Bologna: Ict, aerospazio
  • RIMINI – Università di Bologna: ambiente

A questa rete territoriale, che riunisce laboratori di ricerca ed imprese, nella programmazione europea 2013-20, la Regione, con un’azione concordata con la Cru, ha sovrapposto promosso una rete di scuole di alta formazione, che hanno delineato corsi di diverso livello, progettati e realizzati con le stesse imprese. Ad ogni scuola partecipano, con diversi contributi specialistici tutte le università presenti nel territorio, così da proporsi la costituzione di un sistema integrato di ricerca e alta formazione che potesse essere di sostegno al cambiamento strutturale proposto con il Patto per il Lavoro.

Le scuole di alta formazione promosse dalla Regione sono le seguenti con la indicazione della sede principale:

  • FOOD PROCESSING AND NUTRITION HIGH SCHOOL: Parma, Modena, Bologna
  • SCHOOL ON ADVANCED INDUSTRIAL ROBOTICS: Piacenza, Reggio Emilia
  • MUNER. MOTORVEHICLE UNIVERSITY EMILIA ROMAGNA: Modena, Bologna
  • INT. SCHOOL ON ADVANCED EDUCATION PRACTICES: Reggio Emilia
  • HIGH SCHOOL ON MOUNTAING STUDIES: Reggio Emilia, Modena
  • ARTIFICIAL INTELLIGENCE HIGH SCHOOL: Modena, Bologna
  • BIG DATA HIGH SCHOOL: Bologna, Modena
  • INTERNATIONAL SCHOOL OF PUBLIC POLICIES FOR DEVELOPMENT: Ferrara
  • INT.ACADEMY ON RELIGIOUS STUDIES: Bologna
  • INT.SCHOOL ON MUSIC EDUCATION: Bologna
  • INT.SCHOOL ON ENVIRONMENTAL STUDIES: Ravenna, Rimini

A tali reti è stata aggiunta la rete degli Istituti tecnici superiori per preparare i quadro tecnici in grado di sviluppare tecnici per lo sviluppo delle attività produttive spinte da questa stessa azione a favore della educazione e ricerca verso attività a più alto valore aggiunto.

Sono tanti gli attori coinvolti nel progetto sullo studio del supercalcolo. Fonte ACCADEMIA NAZIONALE DEI LINCEI E FONDAZIONE EDISON XIII CONVEGNO ANNUALE

 

La creazione dell‘Associazione Big Data

Seguendo l’indicazione prevista dal Patto per il Lavoro, la Conferenza Regione-Università – organismo già avviato nella precedente legislatura, che riunisce i rettori delle quattro università dell’Emilia-Romagna, e presieduta dall’assessore alla Università e ricerca –  decide di avviare con gli enti nazionali di ricerca presenti sul territorio un’attenta analisi dei potenziali di ricerca presenti in regione, per individuare l’ambito su cui concentrare i comuni sforzi, per rafforzare nel territorio un complesso di infrastrutture che possano agire da hub per l’intero sistema europeo della ricerca e quindi per le possibili ricadute sul sistema produttivo regionale e nazionale.

Da questa analisi risultò evidente che proprio il comparto del supercalcolo scientifico aveva da tempo in regione la sua massima concentrazione, cosicché si erano sviluppate nelle università e negli istituti di ricerca presenti sul territorio competenze e specializzazioni tali da poter divenire di servizio all’intero sistema nazionale della ricerca.

Venne quindi promossa un’associazione avente compito di sostenere e sviluppare un’azione comune fra tali istituzioni. All’Associazione Big Data parteciparono fin da subito le Università di Bologna, di Ferrara, di Modena e Reggio, di Parma, il Cnr, il Cineca, il CmccCentro Euro-Mediterraneo per i Cambiamenti Climatici, l’Enea, l’Infn, l’Inaf- Istituto Nazionale di Astrofisica, l’Ingv, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, lo Ior-Istituto Ortopedico Rizzoli, Lepida- Agenzia regionale per i servizi e le infrastrutture Ict– e Art-Er, la società della Regione che riunisce le precedenti società di sviluppo territoriale (Ervet) e tecnologico (Aster).

Il programma di attività dell’associazione venne sintetizzato come “from Volume to Value” per significare come l’azione svolta dalla nascente associazione dovesse essere rivolta ad innalzare il valore aggiunto prodotto non solo dagli enti di ricerca e dalle università, ma dall’intera comunità su cui far ricadere gli sviluppi della ricerca.

I partecipanti all’Associazione Big Data

 

Nel 2019 le entità facenti capo alla associazione gestivano direttamente circa il 90 per cento delle risorse di supercalcolo per la ricerca pubblica presenti in Italia; i membri dell’associazione guidavano circa 140 progetti europei, essenzialmente su Horizon 2020, per un volume di progetti pari a circa 2,1 miliardi di euro, ricevendo inoltre direttamente dalla Commissione Europea circa 160 milioni di euro. In Appendice vi è l’elenco dei progetti europei  a cui partecipano i membri della Associazione Big Data, offrendo quindi l’evidenza dell’ampiezza delle capacità di progettazione e realizzazione della nuova realtà associativa promossa dalla Regione.

D’altra parte la seguente tabella offre evidenza delle strutture di supercalcolo (High Performance Facilities) presenti in Emilia-Romagna, che rappresentano i nodi portanti della rete nazionale di ricerca.

High Performance Computing Facilities presenti in Emilia-Romagna. Fonte: Associazione Big Data, From Volume to Value,2 edizione, Bologna 2019

 

Tali High Performance Computing Facilities debbono essere collocate nel quadro dell’insieme delle infrastrutture di supercalcolo scientifico operanti in Italia. La tabella 2 riporta l’elenco completo delle infrastrutture   di supercalcolo scientifico avanzato Hpc (High Performance Computer) e la raccolta e gestione di Big Data a fini scientifici. In particolare si osservi la dimensione relativa in termini di capacità di elaborazione e connessione (numero di “cores” e “server nodes”) e di capacità di memoria (espresso da “storage” e “tape”) dato dal Cineca e dal sistema Infn-Cnaf di Bologna. Si rilevi ancora la vasta rete di supercalcolo dell’Infn e dell’Enea nei siti localizzati nel Meridione, che assume particolare rilevanza volendo sviluppare il sistema di ricerca come propulsore dello sviluppo nelle aree periferiche.

 


Infrastrutture HPC and Big Data presenti in Italia nel 2019. Fonte: Associazione Big Data, From Volume to Value, 2 edizione, Bologna 2019

 

La tabella pone bene in evidenza il ruolo centrale del sistema di supercalcolo Marconi, considerato al 12° posto fra i maggiori 500 computer al mondo per potenza di calcolo, così come l’eccezionale capacità di memorizzazione dei dati del sistema di calcolo Infn-Cnaf, offrendo così una prima, sia pur approssimativa, evidenza della rilevanza ed anche della diversità fra i due sistemi di calcolo, l’uno più rivolto a gestire in parallelo una ampia molteplicità di problematiche, afferenti al vasto insieme del sistema scientifico italiano, l’altro più focalizzato sulla ricerca fisica, che impegna enormi masse di dati provenienti non solo dalla osservazione ma anche dalla sperimentazione  scientifica, fra cui le stesse attività del Cern.

 

La piattaforma Super, derivata dall’accordo Rer, Mef, Cineca, Infn, Cnaf

 

Fra questi due sistemi si giunse infine nel 2017 ad un accordo, auspici il Ministero dell’istruzione, università e ricerca e la Regione Emilia-Romagna, denominato Super (Supercomputing Unified Platform Emilia-Romagna) che permette di generare un ecosystem federato per lo sviluppo di attività integrate basate sul principio Fair (Findable Accessible Interoperable Reusable) e muoversi unitariamente verso un contesto europeo caratterizzato dalla European Open Science Cloud Initiative, in cui l’Italia può giocare un ruolo assolutamente di guida.

La figura 2 illustra sinteticamente come l’intero sistema scientifico insista sulla piattaforma SUPER, promossa dal Miur e dalla Regione Emilia-Romagna, mettendo in evidenza in particolare le attività del Cmcc in relazione al progetto di osservazione terrestre a fini previsionali, gestito dall’European Center for medium-range Weather Forecasting Ecmwf, localizzato a Reading in Gran Bretagna. Ed inoltre le attività dell’Istituto nazionale di astrofisicaInaf, con la progettazione delle due grandi reti di radiotelescopi operanti a livello globale, la rete di rilievi dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, per la raccolta ed elaborazione dei dati dell’andamento sismico, le attività dell’Enea, del Cnr e della Sissa, la Scuola superiore di matematica di Trieste, operano sulla piattaforma Super.

 

Il Bologna Big Data Technopole, il Centro Meteo Europeo e l’EuroHPC Leonardo

Partendo da una tale capacità di supercalcolo scientifico, da una storia così consolidata, da una presenza universitaria di tale prestigio e da un ecosystem così articolato, nel 2017 Bologna è stata candidata come sede del Centro di calcolo e previsione dell’Agenzia europea per le previsioni metereologiche a medio termine. European Center of medium-range Weather ForecastingEcmwf è l’organizzazione intergovernativa fondata nel 1975 da 22 stati membri europei e 12 associati per lo sviluppo di sistemi numerici per le previsioni meteo. Ecmwf ha sede a Reading in Gran Bretagna, ove dispone di supercomputer stimati il 23° e il 24° al mondo. Obiettivo di Ecmwf è la generazione di previsioni metereologiche planetarie a medio (15 giorni) e lungo termine (12 mesi), da fornire in modo operativo alle autorità nazionali, che a loro volta le utilizzano per vari fini dall’autorizzazione dei voli di linea alla gestione delle emergenze climatiche. Ecmwf è inoltre la struttura di ricerca sullo sviluppo dei sistemi numerici di previsione meteo e quindi uno dei principali centri al mondo sul cambiamento climatico.

Dovendo sviluppare una nuova generazione di supercomputer, Ecmwf aveva dichiarato la necessità di rafforzare e ridisegnare il suo Data Center, esigenza a cui il governo inglese non dette risposta, in una situazione politica dominata dall’incertezza sulla possibile uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea. Venne lanciato un bando internazionale a cui il governo italiano rispose proponendo il sito di Bologna. In questa prospettiva la Regione Emilia Romagna mise a disposizione il sito della Manifattura Tabacchi.

Disegnato in 1952 da Pier Luigi Nervi (1891 – 1979) per i Monopoli di Stato, la Manifattura Tabacchi è un «masterpiece» della architettura industriale del Novecento. Nel 1949 la Manifattura Tabacchi, che aveva stabilito a Bologna una sua prima struttura produttiva fin dall’inizio dell’Ottocento, lancia un bando per una nuova sede produttiva. Pierluigi Nervi, vincitore della gara, realizza alle porte di Bologna con la sua stessa impresa dapprima un edificio di cinque piani, lungo 210 metri per un totale di 25 mila metri quadro, denominato “Ballette” come magazzino di stoccaggio dei tabacchi, poi cinque grandi capannoni lunghi 117 metri e larghi ciascuno 30 metri, definiti “le botti”, un grande edificio denominato “Magazzino del Sale” ad un’unica volta a forma di parabola, poi due grandi edifici annessi per la produzione e amministrazione, ed infine tutti i corpi tecnici. La produzione si protrae fino al 2003, allorché il Monopolio di Stato cede l’edificio alla British American Tobacco, che l’anno successivo chiude il sito. Questo rimane in abbandono fino all’acquisizione da parte della Regione nel 2011, che tuttavia solo nel 2016 individua il sito come sede del Bologna Big Data Technopole.  Nel complesso il sito dispone di 100mila metri quadri di cui 70mila coperti.

Tale sito venne messo a disposizione del Data Center del Ecmwf attraverso la sottoscrizione di un accordo internazionale, ratificato dal Parlamento, con cui si disponeva che tre delle cinque “botti”, più le strutture annesse ed i relativi corpi tecnici per l’energia fossero attribuiti al Centro. L’accordo prevede che entro il 2020 il Data Center del Ecmwf possa essere attivo a Bologna con una nuova generazione di supercomputer. Il nuovo data center di Bologna sarà dotato di un High Performing Computing  dieci volte più potente dei due precedenti, con risoluzioni da 18 a 9 km di lato, che si collocherà quindi tra il 10° e il 12° posto al mondo.

La Regione dunque affida la progettazione del sito attraverso un bando internazionale allo studio Gerkan, Marg and Partners – Gmp di Amburgo, leader nella progettazione e messa in sicurezza di grandi complessi come l’aeroporto e la stazione di Berlino. Tale riprogettazione del sito pone in enfasi i temi della sicurezza sismica e dell’adeguamento delle strutture tecniche per ospitare un Centro che nella sua operatività non può prevedere discontinuità di funzione. Successivamente all’assegnazione è stato avviato un bando per individuare le imprese in condizione di attuare la ristrutturazione del sito e l’allestimento delle strutture tecniche per accogliere il centro di supercalcolo del Ecmwf, con la parallela attivazione di un nucleo tecnico congiunto del Centro europeo e della Regione per affrontare e risolvere le molteplici problematiche per la realizzazione di un “cantiere” di tale complessità.

EUROHPC è la rete europea oggi in costruzione con 3 poli Barcelona, Helsinki e Bologna, che dispone del HPC più potente. Bologna diviene l’hub del sistema europeo in particolare rivolto a Sud e a Est. Fonte ACCADEMIA NAZIONALE DEI LINCEI E FONDAZIONE EDISON XIII CONVEGNO ANNUALE

L’accordo internazionale prevede che il 30 per cento della potenza di calcolo installata sia a disposizione della ricerca dello Stato ospitante il Centro, offrendo così all’Italia una prima straordinaria opportunità per lo sviluppo della propria ricerca, ma anche dello sviluppo di proprie attività operative nel settore delle previsioni climatiche e della mitigazione del cambiamento climatico. A questo proposito si ricordi che uno sviluppo possibile per l’agricoltura consiste proprio in una agricoltura di precisione rivolta ad ottimizzare le colture in relazione alle previsioni meteo, oppure che uno sviluppo del settore delle costruzioni sarà nelle opere di riassetto idrogeologico ed il monitoraggio in tempo reale dei fiumi e delle coste, in relazione al cambiamento climatico ed utilizzando i dati di previsione del tempo a medio e lungo raggio. Egualmente il settore della produzione di energia da fonti alternative, eoliche o solari, si avvantaggia enormemente dalla disponibilità di previsioni e simulazioni accurate sul tempo.

La presenza sul territorio di una tale capacità di ricerca e di previsione può avere un impatto rilevante sullo sviluppo anche di settori definiti tradizionali, oltre ovviamente ai settori applicativi dell’intelligenza artificiale, che proprio nelle previsioni meteo su vasta scala hanno sviluppato al massimo metodi numerici trasferibili poi ai settori produttivi, come le simulazioni di rischio connesse con il cambiamento climatico o più estensivamente la possibilità di simulare condizioni di rischio in realtà virtuale da applicarsi ad ogni situazione di stress.

Nel contempo la Commissione europea lancia la gara per la localizzazione di tre High Performing Computing Centres, che superino le capacità già disponibili nella rete PRACE – Partnership for Advanced Computing in Europe, oggi attiva su quattro poli Barcellona, Bologna, Julich e Parigi. Nel quadro di una competizione mondiale sul supercalcolo che rischia di vedere l’Europa schiacciata fra gli sviluppi presenti negli Stati Uniti e in Estremo Oriente, con una crescita continua in particolare della Cina, la Commissione ha promosso una Joint Undertaking, che ha coinvolto tutti i paesi europei e le loro strutture di ricerca per lo sviluppo di una Road Map che porti a metà del decennio verso High Performing Computing Systems definito full exascale. In questo percorso la Joint Undertaking decide di attivare tre Hpc pre-exascale, per cui nel 2018 lancia una competizione europea, da cui escono vincitori Helsinki, Barcellona e Bologna.

Lo sviluppo di una rete di supercalcolo scientifico da parte della Commissione europea ha come obiettivo di offrire alla comunità scientifica europea strumenti per rimanere competitiva a livello mondiale, ma anche di garantirne l’autonomia e la indipendenza rispetto alle grandi piattaforme private, che stanno sviluppando servizi anche per la ricerca, che potrebbero condizionare in maniera significativa lo sviluppo sociale, economico ed infine democratico dell’Europa stessa.

La Joint Undertaking Euro-Hpc sceglie Bologna come sede del più veloce dei tre pre-exascale computer europei, con 270 petaflop di potenza, che lo collocherà al 4 – 5° posto al mondo per potenza di calcolo.

L’Hpc denominato Leonardo verrà gestito dal Cineca nell’ambito della piattaforma Super con l’Infn. A questo proposito si veda nella figura 3 lo sviluppo dei sistemi di supercalcolo in uso al Cineca dal 2009 ad oggi con proiezione fino al 2015. Come si può vedere dalla figura mediamente ogni tre anni il sistema deve avere un upgrading significativo, che negli ultimi anni avviene in una contemporaneità con l’avvio di un accesso a tecnologie Quantum Computing, che rappresentano un sostanziale cambio di paradigma rispetto agli attuali sistemi di supercalcolo.

Come presentato nella figura 3, nel 2009 il sistema in uso al Cineca, Ibm SP6, disponeva di una potenza di 100 teraflop, dopo tre anni, sempre su tecnologie Ibm passava a 2 petaflop di potenza, il successivo sistema dopo 4 anni su tecnologie della cinese Lenovo passava a 11 pf, con un upgrading in corso che porta a 50 pf, nella prospettiva prossima di Leonardo ci si attesterà a 250 pf, con l’obiettivo di giungere nel 2025-27 a 1 exaflop, ma sottoposto alla possibilità della introduzione delle tecnologie Quantum che cambierebbero gli scenari del supercalcolo a livello mondiale. Questa figura evidenzia tuttavia come le tecnologie di supporto allo sviluppo del supercalcolo utilizzate in Europa siano di derivazione statunitense o cinese, ponendo un chiara evidenza il tema dello sviluppo di una industria europea in grado di “stare al passo” nella offerta di grandi sistemi di supercalcolo.

 

Il percorso del Cineca Hpc verso un full exascale computer system

 

Anche in questo caso il 50% della potenza rimarrà a disposizione del paese ospite per lo sviluppo non solo di attività di ricerca, ma – e qui l’indicazione della Commissione è chiara – di attività operative coinvolgenti università, istituti di ricerca ed imprese per l’avvio di nuovi iniziative industriali e operative ad esempio nell’ambito della salute e dell’ambiente. In questa prospettiva la sfida consiste nel considerare Leonardo l’hub di un sistema europeo di utilizzo di queste capacità di supercalcolo, eventualmente integrato con macchine di minore capacità, da collocare in particolare verso il Sud Europa.

Partendo dalle precise indicazioni della Commissione Europea, il Ministero dell’università e ricerca ha avviato, seguendo il metodo sperimentato in Emilia-Romagna, aggregazioni di università per sviluppare gli “spokes” connessi con l’hub di Bologna, disegnando una nuova geografia dello sviluppo dei sistemi di supercalcolo scientifico in Italia (Novembre 2019). Nello specifico sono state attivate le università delle Marche, Abruzzo e Molise per promuovere un centro di ricerca e supercalcolo applicato nell’area della prevenzione e mitigazione dei disastri naturali e le università della Puglia, Basilicata, Calabria e Campania per un centro nel settore del cambiamento climatico, con particolare rilievo nell’ambito degli inquinamenti dell’aria e delle acque.

Il sistema Leonardo verrà collocato nel Tecnopolo di Bologna nelle due “botti” a fianco del Centro Meteo Europeo, avvalendosi quindi della stessa progettazione già avviata dalla Regione. In tal modo il tecnopolo di Bologna diventerà l’unico centro al mondo con due strutture di supercalcolo scientifico di questa dimensione operanti nello stesso luogo.

A queste strutture di supercalcolo, ed alle altre strutture del Cineca e dell’Infn, si aggiungeranno la sede dell’Enea, che porterà fra l’altro la connessione con Software heritage, l’archivio costituito a Parigi contenente tutti i software finora prodotti e disponibili per la ricerca, la sede della Agenzia Italia Meteo – la nuova agenzia che riunisce le capacità di previsioni meteo nazionale, finora in carico alle regioni- il Centro di competenza “Big data for Industry 4.0”, il centro di biobanche dell’Istituto ortopedico Rizzoli. A queste si aggiungerà il Centro dell’Istituto nazionale di astrofisica sulla Luce di Cherenkov, che coordina i telescopi che a livello mondiale studiano le alte energie sprigionate a livello stellare.  Inoltre la sede del Centro Ibm su “Aging”, cioè sugli studi sull’invecchiamento.

 

La planimetria del Tecnopolo di Bologna

 

Infine nello spazio denominato “Le Ballette” andrà un Centro per l’’incubazione di nuove imprese da ricerca ed il Centro sull’intelligenza artificiale della Università d Bologna.

Questo si completa con le attività dei centri di Modena inerenti allo sviluppo dell’intelligenza artificiale, allo studio dei materiali per exascale computers – Ecmwf – e l’applicazione di intelligenza artificiale al settore dell’automotive, mentre a Parma in collaborazione con la European authority for Food SecurityEsfa verranno sviluppati gli aspetti di supercalcolo applicati alla sicurezza alimentare, mentre a Ferrara si svilupperanno più gli aspetti connessi alla ricerca sulla salute.

A tale quadro di interventi sulle infrastrutture di ricerca si è aggiunta in questi anni una vasta azione di formazione superiore, con la presentazione nel 2018 di 12 corsi di laurea in Data sciences e 44 master in Big Data e intelligenza artificiale, oltre ad un’attività di formazione avanzata gestita direttamente dal Cineca. A questi si aggiungono – finanziati su fondi europei – numerosi corsi di formazione professionale per livelli tecnici intermedi, in particolare svolti insieme con le imprese manifatturiere del territorio e 71 corsi per l’utilizzo di Big Data e intelligenza artificiale rivolti a laureati in materie diverse da data-sciences, così da diffondere sempre più l’uso di questi strumenti a tutte le categorie professionali, comprese le scienze umane e sociali.

 

Nel 2018 sono stati presentati en 12 corsi di laurea in Data sciences e 44 master in Big Data e intelligenza artificiale

 

Ultimo intervento a chiusura di questo vasto programma che ha preso l’intera legislatura è stata la promozione della Fondazione Internazionale Big Data e Intelligenza artificiale per lo sviluppo umano. Con legge del 17 giugno 2019 n.7 “Investimenti della Regione Emilia-Romagna in materia di Big Data e Intelligenza artificiale, meteorologia e cambiamento climatico”, approvata per altro alla unanimità, la Regione ha provveduto a dare base legale ai suoi interventi in materia di Big Data ed intelligenza artificiale, con la disposizione per la promozione di una Fondazione internazionale, promossa e sostenuta per tre anni dalla Regione, ma non partecipata dalla Regione stessa. Tale Fondazione, costituita dalla Associazione Big Data, da UnipolSai Assicurazioni ed altre grandi imprese italiane e internazionali, ha come compito l’obiettivo di offrire “visions of the future” nell’applicazione delle tecnologie Big Data e Intelligenza artificiale per lo sviluppo dell’umanità.

Lo sforzo dell’Unione Europea in materia di sviluppo di sistemi di supercalcolo si proietta del resto in un futuro in cui emergono non solo i grandi temi proposti dalla nuova Commissione per la sostenibilità ambientale, economica e sociale del pianeta, ma emerge anche un tema di democrazia nelle decisioni inerenti lo sviluppo umano. La necessità di un pensiero che coniughi le dinamiche scientifiche e tecnologiche ai temi della sostenibilità e della democrazia diviene urgente e sarà fra le missioni di questa fondazione internazionale, sorta nell’ambito di questo hub europeo della ricerca radicato nel nostro Paese.

 

Alcune considerazioni conclusive

Il Big Data Hub Emilia-Romagna è un progetto di lungo periodo, legittimato e coordinato a livello locale e condiviso a livello nazionale ed europeo. Partendo da una lunga tradizione ed esperienza sullo sviluppo delle strutture e delle competenze di supercalcolo, Bologna – e l’intera Emilia Romagna – si è affermata come perno del sistema nazionale ed europeo di supercalcolo scientifico. Un’affermazione che si radica in un territorio che negli anni è stato reso dal punto di vista istituzionale più ”denso” attraverso un massiccio investimento in una fitta rete di tecnopoli e di scuole di alta formazione, in cui intensificare le relazioni fra università, centri di ricerca ed imprese, finanziata con un ricorso ai diversi fondi strutturali europei, utilizzati in forma integrata fra loro.

Questo esito è il risultato di un’azione che definiamo di Multilevel governance, in cui ogni livello di governo ha operato in stretto coordinamento con gli altri all’interno di un disegno che appariva nel suo insieme e nelle sue finalità da tutti condiviso. Se la Regione, attraverso l’Assessorato al coordinamento delle politiche europee allo sviluppo, si è assunta l’onere della visione complessiva del progetto, la realizzazione è stata condivisa da tutti coloro che portavano responsabilità in un’azione così complessa ed articolata.

Con il Patto per il Lavoro si è definita la base, continuamente adeguata, del “patto sociale”, con cui si stabiliva che in Emilia-Romagna parte considerevole dei fondi europei e regionali potessero essere orientati a costruire un’infrastruttura di ricerca, la cui dimensione eccedeva lo stesso ambito di interesse e responsabilità dei soggetti regionali. In altre parole, con l’obiettivo di riposizionare l’intera economia regionale in un contesto nazionale ed europeo, la Regione agiva in termini bottom up proponendo la realizzazione di un’azione di politica industriale nazionale, rivolta a stabilire in Italia un nodo strategico per lo sviluppo dell’intera Europa.

Offerta formativa del Cineca su data science. Fonte ACCADEMIA NAZIONALE DEI LINCEI E FONDAZIONE EDISON XIII CONVEGNO ANNUALE

Dal punto di vista del policy-making, cioè della formulazione delle politiche pubbliche di sviluppo, questa è dunque un’innovazione che delinea una politica industriale place-based, cioè radicata nelle specificità di un territorio, ma rivolta ad avere effetti ben aldilà dell’area di giurisdizione dell’autorità che l’ha promossa.

Se dunque la base del consenso di un tale disegno poteva ritenersi orizzontale, cioè coinvolgendo nella decisione tutte le parti sociali ed istituzioni regionali e locali, costituenti la polity regionale, l’azione di policy si è basata su un coordinamento verticale tra i diversi livelli di governo, dalla Municipalità di Bologna, responsabile degli aspetti urbanistici, al livello nazionale, a cui sono in capo gli accordi internazionali strutturanti le decisioni con Ecmwf e Commissione Europea, a questi ultimi che, attraverso bandi internazionali, hanno assegnato i rispettivi centri, con la conseguente attività di condivisione dei complessi aspetti operativi per la realizzazione di tali opere. Infine si sottolinei la delicata azione di coordinamento delle università, nel rispetto della loro autonomia, e degli enti nazionali di ricerca, nella comprensione delle loro rispettive organizzazioni nazionali.

Tale complessa architettura dell’azione politica, che ha visto progressivamente comporsi un quadro di coerenze attivando diversi processi decisori, è stata resa possibile dalla chiarezza della vision offerta fin dall’inizio ed elaborata e condivisa dal tavolo tecnico, divenuto poi Associazione Big Data, che ha garantito per tutto il periodo una robusta base scientifica e tecnologica all’intero svolgersi dei processi qui descritti, agendo da solido comitato scientifico dell’intero programma di azione. D’altra parte questa complessa azione collettiva non si sarebbe realizzata senza un profondo ridisegno della stessa organizzazione interna della Regione, che ha unificato le direzioni inerenti lo sviluppo tecnologico, scientifico e produttivo in una sola struttura, che riunisce anche le autorità di gestione dei due principali programmi europei – Fesr e Fse – e nel contempo ha riunificato le agenzie regionali di sviluppo in soli due soggetti – Art-Er per lo sviluppo territoriale e tecnologico, e Lepida per le reti e i supporti telematici al servizio delle istituzioni e delle imprese.

Le azioni qui descritte si sono quindi concretizzate nella legislatura 2015-2020, ma si proiettano nella successiva delineando un percorso di carattere istituzionale che la nuova giunta e la nuova assemblea dovranno assumere sulla base di accordi internazionali certamente non dismissibili. Per contro la Fondazione, promossa con legge 7/2019, si assume l’onere di portare avanti la costruzione di visions sull’utilizzo dei big data e dell’intelligenza artificiale per lo sviluppo umano, che resta essenziale per offrire una prospettiva internazionale alla concentrazione di capacità tecniche e competenze scientifiche che si sta così realizzando in regione.

Stabilito questo hub di supercalcolo scientifico di dimensione europea, diviene ora fondamentale costruire gli spokes nazionali che organizzino l’applicazione di Big Data e intelligenza artificiale per rispondere alle sfide dello sviluppo umano, a partire dal cambiamento climatico e l’aumento della popolazione a livello globale, che possano a loro volta da driver dello sviluppo tecnologico locale.

In questo quadro è cruciale il ruolo del Cineca e della piattaforma Super con Infn, che debbono costituirsi come centro di supercalcolo nazionale, riorganizzando in altra forma i servizi alle università, e divenendo il driver di una trasformazione dell’intero sistema produttivo del Paese. Diviene in particolare rilevante che il Cineca possa in futuro dedicarsi interamente allo sviluppo dei sistemi di supercalcolo ed intelligenza artificiale applicabili allo sviluppo umano.

Questo notevole investimento in infrastrutture richiede però un piano nazionale di formazione all’utilizzo di big data e intelligenza artificiale da estendere a tutti gli ambiti professionali, ma soprattutto un piano nazionale di formazione alla ricerca delle possibili applicazioni di Big Data e intelligenza artificiale, che possa agire da base di competenza per la promozione e crescita di nuove attività produttive per sostenere la crescita del Paese. In particolare vi è la necessità di un piano di ricerca per l’applicazione delle tecnologie digitali alle scienze umane ed alle problematiche inerenti alla trasformazione sociale, all’etica ed ai diritti delle persone.

Il rischio di questa fase storica è di disporre di molti più strumenti, che non di obiettivi sociali condivisi da raggiungere. Il rischio è che a fronte di uno sviluppo tecnologico rapido e per molti versi travolgente, le capacità di analisi, progettazione ed infine attuazione delle azioni per migliorare la qualità della vita delle persone e dell’intera comunità umana non siano all’altezza dei problemi che abbiamo di fronte.














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