Intelligenza artificiale e robotica, Giorgio Metta, Istituto italiano di Tecnologia: ecco perché e come bisogna investire

di Barbara Weisz ♦︎ Il Pnrr è una grande occasione per investire sulle nuove tecnologie, ma è necessario continuare anche dopo il 2026. Le ultime frontiere del tech transfer: robotica riabilitativa, sicurezza sul lavoro, neuroscienza, biotech, scienza dei materiali. I progetti dell’Istituto Italiano di Tecnologia: esoscheletri a uso industriale con l’Inail e robot per il ponte San Giorgio a Genova. Intervista a Giorgio Metta, direttore scientifico

Icub

«La fisica non esclude che si possa riprodurre l’intelligenza umana»: Giorgio Metta ragiona da scienziato. Quindi, si limita a rilevare che per il momento l’intelligenza artificiale non ha raggiunto la capacità umana. «Quel momento non è ancora arrivato», chiarisce. Su questo punto, non sembra avere molti dubbi, mentre invece ha una certezza: sull’intelligenza artificiale, sulle tecnologie, sulla robotica, bisogna investire. Non solo perchè è cosa buona e giusta per lo sviluppo della ricerca, ma anche per l’economia. L’Istituto italiano di tecnologia di Genova ne è un esempio strutturale: si occupa di ricerca e di trasferimento tecnologico alle aziende, il predecessore di Metta alla direzione scientifica è l’attuale ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani.

Tornando al valore economico, oltre che scientifico, degli investimenti sull’intelligenza artificiale, Metta (che per chi non lo sapesse è il padre del robot umanoide iCub) fornisce un esempio, che riguarda proprio la ricerca. Ci sono software basati sull’intelligenza artificiale che sono in grado di scrivere codice. Lo fanno in base alla capacità di elaborazione di dati, non perché siano in grado di riprodurre il meccanismo di funzionamento del cervello umano. «L’essere umano, in presenza di molti meno dati, generalizza molto meglio». C’è un «mismatch tecnologico fra cervello umano e tecnologie avanzatissime, che non rispondono a domande semplici, consumano tantissimo». Tornando ai software utilizzati dai ricercatori, che scrivono anche pezzi di codice, Metta sottolinea un dato: «quelli bravi a usare queste macchinette, vanno il 30 per cento più veloci. Quindi, ogni azienda utilizzando l’Ai è il 30 per cento più produttiva». E vista la velocità di sviluppo delle tecnologie, «magari fra qualche anno la velocità risulterà aumentata del 50%».







Tutte queste considerazioni sono state fatte nel corso di un incontro su Etica e intelligenza artificiale, di cui Industria Italiana ha già parlato qui, organizzato da una start up della robotica, Rta Robotics, che ha visto confrontarsi Giorgio Metta, direttore dell’Istituto italiano di tecnologia, e Luciano Floridi, docente dell’Università di Oxford. Abbiamo approfondito con Giorgio Metta il discorso sull’importanza di investire nell’intelligenza artificiale e nelle nuove tecnologie, anche pensando allo sviluppo e alla competitività del sistema produttivo italiano.

 

D. Professore, mi sembra che lei a più riprese negli ultimi anni abbia presentato un punto di vista critico sottolineando l’esigenza di investire di più nell’intelligenza artificiale. Le sembra che la situazione stia migliorando?

Giorgio Metta, direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia

R. «In realtà le mie considerazioni non rappresentano una critica, ma un’esortazione a fare di più. Quello italiano non è un investimento basso, non partiamo certo dal nulla, ma è vero che bisogna fare di più, perchè la competizione sta decollando. La velocità con cui si muovono gli altri paesi, che vuole dire le risorse che stanno mobilitando, è impressionante. Penso che ci sia il rischio elevato di rimanere indietro, e di conseguenza è il momento in cui si può accelerare. Gli ultimi report, anche quello del 2021 sull’Ai, ci dimostra che sono richiesti mezzi importanti. Fra l’altro, ora abbiamo un’occasione importante come il Pnrr.

 

D. Esatto, il Pnrr è uno strumento utile?

R. «Ci offre una possibilità enorme, da sfruttare bene. Il Recovery Plan, ripeto, se lo usiamo bene, ci aiuta a sviluppare tecnologia. Poi però bisogna continuare a spingere. Il primo gennaio del 2027, quando sarà terminata la spinta del Pnrr, dobbiamo continuare nella stessa direzione, perchè il punto è che tre anni non bastano. Sottolinea che nel Pnrr ci sono temi fondamentali, come l’high performance computing, la robotica, il quantum computing. Tutte tecnologie che consentono sviluppi su piani interessanti per migliorare la digitalizzazione. Aggiungo infine che oltre a dover dare una prospettiva di lungo periodo a questa occasione, bisogna fare molta attenzione a come spendiamo questi soldi».

 

D. Ha parlato di robotica, in base ai dati forniti da Siri, associazione italiana robotica e automazione, il settore in Italia nel 2021 è cresciuto il doppio rispetto alla media mondiale, sette volte tanto la Germania, e le stime 2022 continuano a incamerare un ritmo superiore a quello medio europeo. Come commenta questi dati?

R. «Sono eccezionali, sia dal punto di vista dell’utilizzo, quindi del livello di robottizzazione, sia per quanto riguarda la produzione scientifica e la ricerca. Abbiamo persone di grandissima qualità, e dobbiamo sfruttarle perchè è una combinazione vincente».

Mappa dell’Istituto Italiano di Tecnologia

D. All’Iit fate trasferimento tecnologico, mi parla delle ultime tendenze su questo fronte?

R. «Il trasferimento tecnologico è una delle nostre due missioni, la prima è fare ricerca e poi trasferire i risultati verso le aziende. Abbiamo un un programma di robotica riabilitativa molto importante, un altro sulla sicurezza sul lavoro in collaborazione con Inail, robotica industriale tantissima, abbiamo fatto i robot per il ponte San Giorgio a Genova. E poi tecnologie di tutti i tipi, dalla neuroscienza all’Rna, quattro start up lanciate nel 2021, su aspetti di biotech, scienze dei materiali, e poi la parte di sostenibilità, materiali bio degradabili. Sono queste le frontiere, tutte declinate con il digitale.

 

D. Come sarà secondo lei la fabbrica fra dieci anni?

R. «Supersicura, superautomatizzata, e con tanti creativi, noi, che diciamo alla fabbrica che cosa fare».

Si può concludere che, benchè nessuna legge della fisica indichi che l’Ai non possa raggiungere l’intelligenza umana, non solo questo non è ancora successo ma prevedibilmente non succederà nemmeno fra dieci anni.

Le sedi dell’Istituto Italiano di Tecnologia

L’Istituto Italiano di Tecnologia

Nato nel 2002, è una fondazione privata finanziata prevalentemente dallo Stato, opera in quattro ambiti di ricerca: robotica (hardware e software), nanomateriali (sintesi di nuovi materiali sostenibili e biodegradabili, studio di materiali nanocompositi e di materiali 2D), life-tech (genetica molecolare avanzata, elettrofisiologia, analisi computazionale e per l’imaging allo scopo di analizzare nel dettaglio i processi neurali microscopici che determinano le funzioni cerebrali), e scienze computazionali (simulazioni di sistemi fisici e operazioni di data analysis su vasti archivi di dati tra cui immagini, video e suoni). Comprende cinque grandi Centri a Genova altri 11 in Italia e due outstation negli Usa, a Boston, per un totale di oltre 60mila mq di spazio laboratorio. Ha uno staff di 1.900 persone provenienti da 70 paesi con un’età media di 35 anni. La componente femminile supera il 40% del personale. Il sistema robotico per il monitoraggio e la manutenzione del Ponte San Giorgio di Genova di cui parla Giorgio Metta nell’intervista ha appena vinto, il 30 giugno, il secondo premio dell’European Robotics Technology Transfer Award 2022. Sono quattro robot, installati ai lati del ponte San Giorgio, due controllano la superficie inferiore dell’impalcato ed elaborano dati per evidenziare eventuali anomalie (robot Inspection), e gli altri due puliscono barriere antivento e pannelli solari (robot-wash). Progettati dal team coordinato da Ferdinando Cannella, Iit, in collaborazione con Sda Engineering, Ubisive e Università Politecnica delle Marche e realizzato da Camozzi Group.

Per quanto riguarda il progetto in collaborazione con l’Inail, sono stati realizzati prototipi di esoscheletri robotici collaborativi a uso industriale che rendono più sicuro il lavoro in fabbrica, diminuendo fino al 40% lo sforzo dei lavoratori. Si tratta di dispositivi robotici indossabili, dotati di motori elettrici, realizzati in plastica e leghe di alluminio: XoTrunk, per supportare la schiena e il tronco (è in fase di test presso aziende partner, si prevede la commercializzazione nei prossimi mesi), XoShoulder, per fornire sostegno alle spalle, e XoElbow, per il sostegno dei gomiti. XoElbow e XoShoulder, inizieranno nei prossimi mesi le prime sperimentazioni in scenari reali e si prevede lo sbarco sul mercato tra qualche anno. Segnaliamo infine un altro riconoscimento arrivato a fine giugno, il Career Development Award 2022. E’ stato vinto da una ricercatrice italiana, Irene Farabella, specializzata in bioinformatica e analisi computazionale. Grazie al premio, 1 milione di dollari, 200mila all’anno per cinque anni, versato dalla Fondazione Giovanni Armenise Harvard, Faravella da settembre dirigerà a Genova il suo laboratorio per lo studio della conformazione in 3D del genoma. Sono aperte fino al prossimo 15 luglio le candidature per il CDA 2023. Sul portale dell’Iit è pubblicato il bando.














Articolo precedenteLo shortage non frena il settore delle macchine per il packaging, che nel 2021 supera gli 8 miliardi di fatturato
Articolo successivoUn nuovo presidente per Anie Automazione: è Andrea Bianchi






LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui