IA generativa: per la Ue tanti rischi, ma per industria e tecnologie b2b sono solo vantaggi! Parola di Stefano Da Empoli

di Marco de' Francesco ♦︎ L'intelligenza artificiale generativa permette di creare nuovi contenuti autonomamente: il modello più conosciuto è ChatGpt. Gpt-4: 1700 miliardi di parametri diversi per elaborare i dati. Ma l’Ue ha stroncato la possibilità di un coordinamento degli investimenti: così il gap con Cina e Usa è incolmabile. Benefici per l’industria: robotica adattiva, sviluppo software e architetture, velocità di adozione. Approfondita intervista con Stefano Da Empoli

Aveva AI Industrial Assistant agisce come un esperto virtuale, estraendo insight e informazioni utili da set di dati sparsi per rispondere a domande complesse

«In Europa si è stroncata sul nascere la possibilità di un coordinamento degli investimenti sull’intelligenza artificiale in generale, e su quella generativa in particolare». Lo afferma Stefano Da Empoli, docente di economia politica all’università Roma Tre, nonché presidente dell’Istituto per la Competitività (I-Com), think tank che ha fondato nel 2005, con sedi a Roma e Bruxelles – leader in Europa sui temi dell’innovazione, applicata in particolare ai settori del digitale, salute e sostenibilità. Da Empoli è uno studioso dei temi dell’intelligenza artificiali e dei suoi impatti economici, tanto che è stato componente del gruppo di esperti costituito dal Ministero dello Sviluppo Economico (ora Mimit) con lo scopo di scrivere la Strategia italiana sull’AI. Di recente ha scritto il libro “L’economia di ChatGpt – Tra false paure e veri rischi”, edizioni Egea. Ma di cosa stiamo parlando? L‘intelligenza artificiale generativa è un tipo di AI che ha la capacità di creare nuovi contenuti autonomamente. In altre parole, può generare immagini, testi, suoni o altri tipi di dati senza essere stata specificamente programmata per produrre un risultato predefinito. Questo tipo di AI utilizza algoritmi avanzati e apprendimento automatico per imparare dai dati e creare nuove informazioni. Il modello più conosciuto è ChatGpt, ma esistono anche Google Bard, Microsoft Bing Chat, Sage, Jasper.ai, Claude, NeevaAI, Perplexity AI e altri.

Con Stefano Da Empoli non abbiamo affrontato solo la tematica delle politiche europee; anzi, abbiamo affrontato anche di tutti gli aspetti dell’IA generativa che interessano il nostro pubblico di manager e imprenditori impegnati nell’industria e nelle tecnologie informatiche b2b. È emerso, ad esempio, che questa tecnologia può avere un ruolo fondamentale nella manifattura, perché può incidere su alcune funzioni fondamentali: automazione dei processi di comunicazione; supporto tecnico avanzato; sviluppo di software e architetture; ottimizzazione della catena di approvvigionamento (ad esempio monitorando gli inventari); ricerca e sviluppo (con l’analisi di grandi quantità di dati); rilevazione e risoluzione dei problemi (con analisi di segnalazione di problemi); e infine interfaccia utente intelligente. Nella robotica, poi, l’intelligenza generativa può essere implementata per consentire ai robot di adattarsi e risolvere problemi in modo creativo.







Tornando alle politiche continentali, tuttavia, non possiamo nascondere il fatto che in Europa ci siamo azzoppati da soli. Proprio in questi giorni, infatti, si è celebrata la capacità più evidente dell’Ue, che è quella regolamentare e normativa. Con l’AI Act si è stabilito tutto quello che non si può fare. La preoccupazione dell’Ue è sempre quella di garantire che un settore o un sistema operi in modo ordinato, sicuro e conforme a determinati standard o obiettivi. Da ciò discende una certa malattia kantiana per la categorizzazione. Quanto all’AI generativa, i sistemi sono stati classificati in due ordini, ad alto e a basso impatto, a seconda della potenza di calcolo. I primi sono tenuti a rispettare regole molto rigorose in fatto di trasparenza dei processi di addestramento, di condivisione della documentazione tecnica e altro. Come secondo prassi, è stato istituito un organismo di controllo che avrà sede, tanto per cambiare, a Bruxelles; e che irrogherà sanzioni pesanti ai trasgressori. Bene? Sì. Ma sul fronte degli investimenti comuni, quelli che in questo campo possono fare la differenza unendo le forze dei Paesi membri e di istituzioni pubbliche e private, dal 2018 siamo rimasti al palo. Non si è riusciti, in questi anni, a realizzare una vera cabina di regia. Ora i singoli Paesi avanzano ognuno per i fatti suoi, con investimenti ridicoli rispetto a quelli che possono mettere sul campo la Cina o gli Usa. Il problema, cioè, è che anche in questo campo l’Ue è destinata a diventare un mercato regolamentato senza protagonisti interni, una specie di semaforo per nuovi colossi americani o asiatici. D’altra parte, non è accaduto lo stesso con l’Ict? Così il Vecchio Continente si bea della propria insignificanza, che però ha riflessi intollerabili e decisivi sull’industria.

D: Secondo ogni dato apparente alcune funzioni nella manifattura potrebbero essere aiutate da ChatGpt: automazione dei processi di comunicazione; supporto tecnico avanzato; sviluppo di software e architetture; ottimizzazione della catena di approvvigionamento; ricerca e sviluppo; rilevazione e risoluzione dei problemi; e infine interfaccia utente intelligente. In quale di queste attività ChatGpt potrebbe avere più successo? Perché?

Stefano Da Empoli, docente di economia politica all’università Roma Tre, nonché presidente dell’Istituto per la Competitività

R: In effetti siamo agli inizi con l’intelligenza generativa, per cui non è semplice rispondere. Mi sembra che diverse tra loro possano diventare delle potenziali piste di applicazione, alcune in modo piuttosto veloce e con semplicità, come ad esempio il software e le architetture, che hanno già conseguito rilevanti risultati empirici, o come il marketing e il customer care. Aggiungerei alla lista anche la robotica, però.

D: La robotica?

R: L’intelligenza generativa può essere implementata in robotica per consentire ai robot di adattarsi e risolvere problemi in modo creativo. I robot con capacità generative potrebbero essere in grado di affrontare situazioni non programmabili in modo più flessibile, imparando dall’ambiente e generando risposte adeguate. Inoltre, i robot dotati di intelligenza generativa possono collaborare in modo più avanzato con gli esseri umani (o con altri robot). Possono adattarsi alle preferenze e alle esigenze dell’utente, rendendo la collaborazione più intuitiva e naturale. Inoltre, la robotica generativa può contribuire a sviluppare sistemi di produzione flessibili, capaci di adattarsi rapidamente a cambiamenti nelle richieste del mercato o nei requisiti di produzione. Infine, l’intelligenza generativa nei robot può essere impiegata per affrontare problemi complessi in vari settori: si pensi alla logistica. I robot possono generare soluzioni creative e adattative per affrontare sfide specifiche. Va detto che in questo momento tali progressi sono lasciati alla nostra immaginazione: occorre affinare la tecnologia e le applicazioni, ma credo che non passeranno molti anni per vedere risultati concreti.

Valore mercato AI per 100mila abitanti

D: Non le pare che in certi campi, tipo lo sviluppo software e architetture, ChatGpt sia un po’ sottovalutato?

R: Certamente la velocità di adozione di questa tecnologia è più elevata rispetto ad altre del passato, e questo per un insieme di motivi: anzitutto, sono richiesti minori investimenti rispetto, ad esempio, agli esordi delle tecnologie informatiche; le principali aziende di IT stanno integrando l’AI, e anche l’AI generativa, nei loro pacchetti di offerta alle imprese; infine, molte organizzazioni dispongono già delle competenze per poter implementare questa tecnologia. Più le grandi che le piccole, ma anche tra quest’ultime le skill non sono del tutto assenti.

Investimenti in venture capital AI

D: Quanto conta la questione delle competenze?

R: Molto, perché occorrono quelle per fare le domande giuste e per interpretare correttamente le risposte. Però l’AI generativa consente la disintermediazione rispetto all’attività degli informatici, e questa è una vera rivoluzione, paragonabile a quella della stampa.

D: Nel suo libro Lei indica alcuni rischi generici come confabulazioni e deepfakes; secondo Lei ci sono dei rischi che potrebbero riguardare la manifattura, considerando le varie attività che abbiamo citato?

R: Per la manifattura c’è di sicuro il problema della data security. L’utilizzo di dati generati in modo sintetico potrebbe presentare sfide per la protezione della privacy e l’anonimato. I modelli di intelligenza artificiale potrebbero involontariamente imparare informazioni sensibili durante il processo di addestramento, minando la protezione della privacy.  Poi c’è la questione degli attacchi: gli attaccanti possono utilizzare l’intelligenza artificiale generativa per sviluppare tecniche avanzate di phishing, ingegneria sociale e altri tipi di attacchi. Ad esempio, potrebbero generare e-mail false che sembrano provenire da fonti affidabili. Poi va considerata la proprietà intellettuale. I modelli di intelligenza artificiale generativa spesso richiedono grandi quantità di dati per l’addestramento. La protezione di questi dati è fondamentale per evitare violazioni della proprietà intellettuale o l’uso improprio da parte di terzi. Ciò può coinvolgere questioni legate alla riservatezza e alle politiche di gestione dei dati.

L”uso delle applicazioni di AI generativa nei principali settori economici

D: Come Industria Italiana, abbiamo chiesto a ChatGpt quali rischi può rappresentare per la manifattura; ChatGpt ha risposto che il rischio numero uno è quello dell’affidabilità e precisione. I modelli di linguaggio come ChatGpt sono addestrati su enormi quantità di dati, e la loro precisione dipende dalla qualità di tali dati. Ciò può portare a risposte imprecise o a malintesi, specialmente in contesti tecnici specifici della manifattura.

R: È così. La qualità dei dati utilizzati per addestrare i modelli generativi è fondamentale. Se i dati di addestramento contengono errori, bias o rappresentano in modo distorto la realtà, ciò può influenzare negativamente la qualità dei dati generati. Inoltre, un modello generativo può soffrire di overfitting (adattamento eccessivo) o underfitting (adattamento insufficiente) a seconda della quantità e della qualità dei dati di addestramento. Questi problemi possono influenzare la capacità del modello di generare dati affidabili. Ancora, se i modelli di intelligenza artificiale generativa sono esposti a dati di addestramento contenenti informazioni false o errate, potrebbero generare output che riflettono tali informazioni, portando a errori. Si tratta di inesattezze che possono provocare danni anche economici alle imprese; quindi la questione non va sottovalutata. Ma ciò non significa che le aziende devono fare a meno di ChatGpt o prodotti analoghi. Vuol dire invece che devono attrezzarsi per verificare l’esattezza delle informazioni. È fondamentale implementare processi di monitoraggio e valutazione continua per garantire l’affidabilità e la precisione dei dati generati nel tempo. L’aggiornamento del modello e il miglioramento continuo sono cruciali per mitigare potenziali problemi. La supervisione umana, poi, non è sostituibile, almeno ad oggi.

Mercato mondiale dell’AI generativa in percentuale rispetto a quello dell’AI

D: Il modello più utilizzato di AI generativa è probabilmente Gpt-4, che si avvale di 1700 miliardi di parametri diversi per elaborare i dati. Cosa accadrebbe se si arrivasse a GPT-11 con più di un miliardo di miliardi di parametri?

R: Naturalmente, potremmo disporre di modelli molto più veloci e precisi che potranno superare l’intelligenza e le capacità umane in molti campi, ma non in tutti secondo me. Potrebbero nascere nuove relazioni tra il pensiero umano e quello delle macchine. Comunque sia, lo scopriremo tra qualche decennio, credo.

Mercato dell’aI generativa negli stati membri

D: Di quali settori industriali ChatGpt può promuovere la crescita e perché? Può promuovere la produttività?

R: Di sicuro la manifattura, e per un insieme di motivi: ci sono le competenze, c’è un mercato globale, e le imprese sono costrette, per rimanervi, ad aumentare la produttività. E in tutto questo l’AI generativa aiuta. C’è poi da considerare un apparente paradosso, che è però già in atto: più la manifattura è produttiva, più perde peso specifico, quanto ad incidenza sul Pil e numero di dipendenti. Dunque la scommessa è che a tirare il carro della crescita non sia solo la manifattura, ma anche altri settori. Anche perché questi non hanno avuto una simile evoluzione: la fabbrica di cento anni fa non esiste più, mentre un’aula scolastica è pressoché uguale a quella di un secolo prima. Il progresso che ha riguardato il manufacturing non ha coinvolto in una misura neppure lontanamente paragonabile la Scuola e la Giustizia; insomma, l’apparato dello Stato. In pratica, è importante un’applicazione generalizzata dell’Ai generativa, in modo da allineare tanti altri settori all’avanzamento della manifattura.

D: Come giudica le politiche dell’Unione europea sull’Intelligenza artificiale?

R: Per capire, bisogna tornare all’aprile del 2018, quando la Commissione europea guidata da Juncker pubblicò la propria strategia sull’AI. Prevedendo due pilastri: quello delle regole e quello degli investimenti. Idem due anni dopo, con la Commissione von der Leyen che al suo esordio pubblicò il libro bianco sull’AI, basandolo su due ecosistemi da rafforzare: quello della fiducia (dunque delle regole) e quello dell’eccellenza (ovvero l’innovazione e la competitività). Sul primo fronte si sono fatti grossi passi avanti; sul secondo, si è rimasti al palo, quantomeno in termini relativi rispetto a Stati Uniti e Cina.

Start-up AI

D: Cosa si è fatto in tema di regole?

R: Proprio in questi giorni, dopo lunghi negoziati, il Consiglio e il Parlamento europeo hanno trovato un accordo politico sull’AI Act, la legge europea sull’intelligenza artificiale, che ovviamente riguarda anche quella generativa. Vuole regolamentare gli usi più che la tecnologia, sulla base di una valutazione preventiva dei rischi associati ai diversi impieghi, classificati in quattro categorie: troppo elevati (e dunque vietati), elevati, limitati e minimi o nulli. Sono dunque vietati il riconoscimento biometrico, salvo casi specifici e secondo procedure stringenti, e la classificazione delle persone con l’AI. La pratica della polizia predittiva, che coinvolge l’utilizzo di algoritmi per anticipare le probabilità di commissione di un reato, da parte di chi e in quale luogo, è altresì proibita. I sistemi di intelligenza artificiale generativa saranno categorizzati in base alla potenza di elaborazione che impiegano. Nel caso in cui siano classificati come strumenti ad elevato impatto (potere di calcolo maggiore o uguale a 10^25 FLOPs), saranno soggetti a rigorose regole concernenti la sicurezza informatica e la trasparenza dei processi di addestramento e condivisione della documentazione tecnica prima di arrivare sul mercato. Per quanto riguarda le AI a basso impatto, l’AI Act diventa obbligatorio solo quando gli sviluppatori mettono sul mercato il proprio prodotto. Si darà vita ad un nuovo organismo europeo, a Bruxelles, che sulla scorta di una dotazione di risorse economiche e tecniche verificherà il rispetto del regolamento. Sono previsti 24 mesi di tempo per la sua completa operatività, ma solo sei per proibire gli usi vietati. In ogni caso, è prevista una forma di conformità volontaria, il cosiddetto AI Pact, che permetterà alle aziende di adeguarsi all’AI Act prima che quest’ultimo diventi pienamente efficace. In presenza di violazioni e reati, le sanzioni possono raggiungere livelli significativi, con possibilità di ammende fino a 35 milioni di euro o il 7% del fatturato globale per le violazioni più gravi.

Mercato mondiale AI per paese

D: Cosa si è fatto in tema di investimenti?

R: Con il secondo pillar, pensato per colmare il gap con la Cina e con gli Usa, invece, le cose non stanno andando bene. L’idea era quella di mettere insieme pubblico e privato, ma dopo una prima spinta nel biennio 2018-2020, la questione sembra entrata nel dimenticatoio. I singoli Paesi dell’Ue stanno agendo da soli, e lo spirito del 2018 è rimasto lettera morta. Tutto questo si spiega con il fatto che da Bruxelles è più facile regolamentare che fare politiche industriali. Si è stroncata sul nascere la possibilità di un coordinamento degli investimenti.  Ovviamente bisognerebbe giusto fare il contrario: bisognerebbe appunto procedere tutti insieme, con un sistema pubblico privato, valorizzando i centri di eccellenza ma anche avendo il coraggio di puntare su quelli più promettenti, al di là delle bandierine nazionali.

D: C’è poi il problema della modalità con la quale in Europa gli investimenti vengono realizzati: i bandi regionali, la necessità di associare tot aziende e centri di ricerca anche se poi la questione interessa veramente ad una sola impresa, i pochi soldi che si ricevono e altro.

R: Sì, è una cosa strana: così non si va da nessuna parte. Specie quando si parla di produzione e di sviluppo occorre massa critica, non il finanziamento a pioggia. C’è bisogno di concentrazione: grandi capitali e risorse umane di eccellenza. Mettendo insieme questi fattori, si fa la differenza, altrimenti no.

Mercato mondiale AI

D: In Italia?

R: Il tema italiano dovrebbe essere quello di orientare le piccole imprese, che altrimenti si perdono. Le piccole imprese dovrebbero affrontare l’adozione dell’intelligenza generativa con considerazioni corrette in termini etici, di sicurezza e di privacy. Inoltre, dovrebbero essere consapevoli dei costi associati all’implementazione e assicurarsi di avere le risorse necessarie, soprattutto in termini di competenze, per la gestione e la manutenzione di tali tecnologie. Ma non mi pare che si stia facendo a sufficienza.














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