Insurtech fra manifattura e Intelligenza Artificiale

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di Marco Scotti ♦ Settore in forte espansione e innovazione, con un ruolo chiave della blockchain. Tavolo Unipol, Aon, Aig, Generali, Willis con Cap Gemini. Parla De Felice (Anra e Prysmian)

Oltre 19 miliardi di investimenti nel solo terzo trimestre del 2017 e oltre 1.400 startup nel mondo: l’insurtech sta rapidamente cambiando la fisionomia del settore assicurativo, creando nuove possibilità e andando a toccare i diversi aspetti del comparto, dal retail alle infrastrutture fino all’health ed enterprise. Se si considera soltanto il mercato assicurativo statunitense si può vedere che i premi diretti contabilizzati nella “Distribuzione delle assicurazioni online” valeva oltre 132 miliardi di dollari nel 2017, mentre le stime di crescita parlano di un complessivo più che raddoppiato entro il 2022, a 306 miliardi.

Sempre il mercato Usa è il più attivo per quanto riguarda le polizze acquistate online, che passeranno dai 27 milioni del 2017 ai 53 milioni del 2022, mentre le coperture assicurative per immobili e sinistri raddoppieranno tra il 2017 e il 2022, passando da 81 a 161 milioni di contratti stipulati. Il settore delle startup e dei venture capital si è già mosso per andare a raccogliere le nuove esigenze del pubblico: nel 2016 sono state realizzate oltre 170 operazioni di finanziamento per un importo complessivo di 1,7 miliardi di dollari. Secondo lo studio “Juniper Research Fintech Futures: Market Disruption, Leading Innovators & Emerging Opportunities 2016-2021” in questo comparto lavorano realtà operanti in 53 paesi diversi, con un giro d’affari che dovrebbe crescere dai 175 miliardi di dollari del 2016 ai 235 del 2021.







L’Italia occupa una posizione ibrida in questo scenario che si sta rapidamente modificando. Da una parte, infatti, per quanto concerne operazioni di venture capital nel settore dell’insurtech è ancora fanalino di coda rispetto ad altri paesi. Ma è all’avanguardia per quanto riguarda la cosiddetta “connected insurance, ovvero l’impiego di device che migliorano la copertura assicurativa garantendo maggiore sicurezza per entrambe le parti in causa. Un esempio su tutti è quello della scatola nera utilizzata per tracciare i parametri dei veicoli e arrivare in maniera più rapida e omogenea alla definizione dei risarcimenti e della valutazione dei danni. Nel nostro paese si sta creando un ecosistema, iniziano ad esserci varie iniziative soprattutto da parte di alcune compagnie. Allianz, ad esempio, ha dato via ad AllianzNOW Hackathon, una maratona di 30 ore per progettare soluzioni dedicata all’insurtech. L’Europa nel suo insieme, poi, si sta affermando come più attiva rispetto agli Stati Uniti per quanto concerne gli investimenti nel comparto, soprattutto per quanto concerne il connected insurance.

 

L’intelligenza artificiale

ANRA, l’Associazione Nazionale dei Risk Manager e Responsabili Assicurazioni Aziendali, ha recentemente organizzato un convegno per comprendere appieno le trasformazioni che nel comparto possono creare le nuove tecnologie. In particolare, al momento si ritiene che avrà un impatto preponderante l’intelligenza artificiale, che oggi sta portando un particolare contributo nell’automazione di processi ripetitivi anche nel settore assicurativo, come quelli relativi alla risposta alle domande dei clienti o all’analisi e definizione delle problematiche ricorrenti. Alcune simulazioni effettuate recentemente hanno dimostrato come le macchine abbiano una capacità di elaborazione dei dati che è infinitamente più rapida di quella di un perito. Facendo competere sei diversi esperti periti con un’intelligenza artificiale su 12 diversi casi di automobili danneggiate, si è scoperto che la macchina impiegava circa 6 secondi a stimare il computo dei danni complessivi, contro i circa 7 minuti del perito umano.

«Cercheremo – ci ha spiegato Michele Treglia, Insurtech Focused, Head of Growth @Easyclaims.eu – di connettere sempre di più le nostre aziende, di estrarre dati dalle nostre macchine e di evitare incidenti sul luogo di lavoro, o mentre ci troviamo in auto. E in un tale contesto l’assicurazione ricopre il ruolo fondamentale di “ente abilitante” nella continuità del business aziendale e nella gestione del cyber risk. La sicurezza e l’autenticità del dato ricevuto diventano cruciali dal momento in cui le macchine, attraverso l’AI, vengono allenate sui dati. Soltanto di fronte a enormi moli di informazioni ha senso pensare di mettere in campo l’intelligenza artificiale».

 

 

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Michele Treglia, Insurtech Focused, Head of Growth @Easyclaims.eu

 

Treglia, autore del volume “Insurtech COnstructive, Nulla si distrugge” ha voluto porre l’attenzione su come l’AI possa diventare importante per il settore assicurativo, ma anche sulle nuove prospettive che il suo utilizzo massiccio nella società potrebbe aprire. «Immaginiamo – ha aggiunto Treglia – l’auto a guida autonoma, paradigma dell’impiego dell’intelligenza artificiale. Ebbene, essa necessita di una reattività con manovre di sicurezza che potrebbero tranquillamente essere delegate alla macchina. Ma prima bisogna insegnarle a gestire le diverse variabili che possono occorrere in strada. In cielo, quando vola l’aereo con il pilota automatico, non ci sono persone che attraversano la strada, semafori, ingorghi, auto in doppia fila. Il recente incidente che ha visto coinvolta un’auto a guida autonoma di Uber è un’occasione per riflettere: nel filmato si vede chiaramente che la persona al volante è sorpresa da quanto sta accadendo. La domanda quindi è: serve davvero avere qualcuno al volante che non è in grado di impedire che accada qualcosa di ineluttabile?»

 

 

Elon Musk. La stessa Tesla potrebbe organizzare la propria copertura assicurativa

 

«Dal punto di vista assicurativo questo nuovo scenario apre interrogativi importanti: Elon Musk, fondatore di Tesla, ha dichiarato che se il settore insurance non provvederà a stabilire politiche di pricing diverse su una vettura di moderna concezione come appunto la Tesla, sarà la casa di automobili stessa a decidere di realizzare la propria copertura assicurativa. D’altronde, con queste vetture il tasso di incidenti si riduce del 90%: è normale pensare a un premio assicurativo diverso rispetto a quello applicato a una automobile tradizionale. Per quanto mi riguarda, il futuro potrebbe essere non più la vendita diretta al singolo guidatore di una polizza, ma piuttosto alla casa automobilistica che poi può decidere come applicare e quali franchigie adottare. Infine, una notazione tecnica: oggi non si basa il calcolo del rischio su un database, ma su dei dati concreti che già esistono. Tesla ha una tecnologia proprietaria che le ha consentito di archiviare milioni di ore di guida e milioni di casistiche: in questo modo può realizzare una profilazione del rischio molto più accurata e capire quale sia la copertura assicurativa più adatta per le sue vetture».

 La blockchain

Una tecnologia che potrebbe essere potenzialmente disruptive anche nel settore assicurativo è sicuramente la blockchain. Grazie al suo archivio distribuito e alla immodificabilità dei dati, infatti, potrebbe garantire transazioni più sicure anche nell’insurance, evitando quei problemi di frodi o di assicurazioni fantasma che oggi continuano a rappresentare un sostanzioso grattacapo per il comparto. «Il mondo assicurativo – ci ha raccontato Alessandro De Felice, presidente di ANRA e Chief Risk Officer di Prysmian – procede sempre attraverso lo stesso modello di individuazione del rischio, valutazione dello stesso e trasferimento del rischio a un dato prezzo. Questa modalità potrà cambiare radicalmente con l’adozione diffusa degli “smart contract”, ovvero contratti assicurativi elettronici che registrano sulla blockchain determinati eventi e in base all’accadimento fanno scattare automaticamente la clausola corretta.»

 

Alessandro De Felice, presidente di ANRA e Chief Risk Officer di Prysmian

 

«Ad esempio, nel caso di polizze viaggio per danni da bagaglio smarrito, il sistema legge e incrocia i dati dei bagagli con i dati di annullamenti o ritardi e paga automaticamente l’indennizzo senza bisogno di denuncia al desk da parte del viaggiatore. O ancora, grazie agli sviluppi dell’industria 4.0, si potranno a breve automatizzare anche gli indennizzi riguardanti la produzione: nel caso di arresto improvviso di un macchinario, un sistema di sensori rileva il danno, trasmette i dati, viene calcolata la perdita in valore di produzione e l’azienda riceve esattamente l’indennizzo relativo a quanto tempo la macchina rimane non funzionante con un registro diffuso e immutabile dell’accaduto condiviso tra tutte le parti in causa».

 Un altro settore in cui l’applicazione di blockchain potrebbe dare risultati in tempi ragionevolmente brevi è quello delle polizze viaggio per perdita, smarrimento o errore sul bagaglio. Infatti, utilizzando un ledger distribuito si potrebbe certificare su quale volo è stata imbarcata la valigia e ridurre drasticamente tutti i passaggi: nessuna denuncia tramite call center, la prestazione assicurativa si attiva da sola perché ha potuto registrare tutti i movimenti. Ancora: nel corporate insurance si potrebbe utilizzare la blockchain sia per quanto riguarda gli eventi atmosferici che danneggiano i macchinari sia per quanto riguarda la manutenzione predittiva, in questo caso associata a IoT e intelligenza artificiale.

 

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Blockchain per le polizze viaggio per perdita, smarrimento o errore sul bagaglio?

 

«In questo momento – ha scherzato De Felice – ci troviamo in una situazione analoga a quando è stata scoperta l’energia elettrica: dobbiamo capire che cosa fare con blockchain. Sappiamo che c’è, che è una tecnologia che ci permette di cambiare una serie di cose, ma bisogna ancora comprendere come poter controllare gli automatismi. Ecco, qui siamo un po’ indietro, non c’è ancora nessuno che abbia estratto il proverbiale cappello dal cilindro come sta avvenendo in altri settori, come la logistica, dove si sono già sviluppati dei modelli di processo. Tutta la community del comparto assicurativo sa che c’è un risvolto rivoluzionario in potenza, ma bisogna ancora mettere tutto in pratica: possiamo però dire che laddove esistono dei passaggi che necessitano di una valutazione e di una certificazione blockchain può essere un’innovazione preziosa».

 Per Michele Treglia, invece, il ruolo della “catena di blocchi” nel settore assicurativo non è così scontato: «Blockchain – ci ha spiegato – è il protocollo che sta alla base di bitcoin: questo rapporto funziona perché i cosiddetti miners sono remunerati per mettere a disposizione la propria capacità computazionale. In gergo tecnico si chiama “proof of work”, ovvero il pagamento di una fee ai miners ogni qualvolta viene chiuso un blocco garantendone la sicurezza. Ma se si toglie di mezzo questo valore, che vantaggio avrebbero i miners a garantire l’immutabilità della transazione? Da questo punto di vista, ha poco senso. In realtà spesso si confonde la blockchain con il DLT, cioè un database crittografato e distribuito che può essere utilizzato nei più diversi segmenti. In questo caso non stiamo scoprendo nulla di nuovo, stiamo solo impiegando l’esistente. O meglio, dovremmo applicare l’esistente. »

«Recentemente ero a cena con dei dirigenti di una compagnia assicurativa che mi spiegavano come attualmente non esista una piattaforma sul ramo properties che abbia uno storico del cliente. Non è difficile comprendere come questo sistema sia fallace e che chiunque possa assicurare un immobile che pure ha subito diverse vicissitudini come se fosse stato esente da qualsiasi tipo di sinistro». L’esigenza principale, dunque, non è tanto quella di costruire soluzioni tecnologiche ad hoc ma, piuttosto, di incentivare un dialogo tra le diverse compagnie assicurative per creare un database distribuito di tutti i sinistri. Questa è la vera innovazione di blockchain: far succedere qualcosa che non era mai successo prima.

 

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Per Michele Treglia il ruolo della blockchain nel settore assicurativo non è così scontato

Un caso pratico

La blockchain è sicuramente una tecnologia abilitante, tanto che cinque players del mercato assicurativo come Unipol, Aon, AIG, Generali e Willis Towers Watson – con un partner tecnico come Capgemini – si sono messe insieme per risolvere alcuni problemi di mercato. Nel settore delle assicurazioni (tranne le polizze vita), il 35% del market share è originato dal ruolo dei broker. Ma attualmente il passaggio di dati non è standardizzato, mentre necessiterebbe di una maggiore regolamentazione. Il processo di quotazione è fondamentalmente manuale e necessita di un’eccessiva mole di passaggi tra i broker e le compagnie di assicurazioni per garantire la completezza delle informazioni.

Le cinque compagnie si sono sedute allo stesso tavolo per trovare soluzioni di alta automazione che consentano negoziazioni strutturate, audit trasparenti e ampia sicurezza nell’archiviazione delle informazioni. L’idea è ancora in fase di sperimentazione e di realizzazione, ma si vuole arrivare alla creazione di un marketplace su un distrbuted ledger che consenta maggiore efficienza del meccanismo di negoziazione e una maggiore rapidità nello scambio di dati. La prima fase è stata completata e ha portato a una mappatura del processo per comprendere il workflow delle quotazioni tra compagnie di assicurazioni e broker. Inoltre è stata completata una segmentazione basata sui rischi e sui valori assicurati per identificare il modello corretto di dati da adottare. L’approccio tradizionale, utilizzato finora, prevedeva servizi centralizzati senza una visione sincronizzata. Con un approccio DLT, invece, si può avere una visione d’insieme in tempo reale e una governance distribuita. Il modello definitivo di piattaforma ideata dalle cinque compagnie assicurative prevede un sistema di nodi in cui soltanto chi è realmente coinvolto nelle transazioni sia in grado di leggere e archiviare i dati, che sono immutabili e possono soltanto evolvere in qualcosa di diverso in seguito a ulteriori transazioni.

La soluzione DLT consente di realizzare una piattaforma che organizza la cronologia delle comunicazioni e delle interazioni tra le diverse parti in causa; elimina inutili “rimpalli” tra gli attori del processo e automatizza il meccanismo del business per consentire agli utilizzatori di focalizzarsi sulle loro attività core. Infine, consente la creazione di un database crittografato in cui archiviare le quotazioni e gestire la stessa versione del documento, impedendo così che si ingeneri una confusione difficile da superare. Ai benefici diretti si aggiungono anche altri vantaggi per l’intero processo come un miglioramento della struttura organizzativa, la semplificazione dei controlli delle policy e l’utilizzo delle informazioni per attività di post-vendita, soprattutto per quanto riguarda il rinnovo delle polizze e i cambiamenti di policy. Il progetto ha un orizzonte temporale che dovrebbe concludersi alla fine del 2019 con la definitiva messa a regime del sistema elaborato dalle cinque compagnie.

 

 

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La figura umana, seppur modificata, continuerà a essere importante, non soltanto nel settore assicurativo

 

Il ruolo delle risorse umane e la formazione

Un mondo assicurativo in cui la macchina è più veloce e affidabile rispetto all’uomo rischia di mettere a repentaglio migliaia di posti di lavoro. Un rischio concreto che, secondo Alessandro De Felice, è ostacolato da barriere di tipo etico: «Già oggi – ci ha raccontato – se si volesse potremmo tranquillamente chiudere l’Ufficio di Registro, la Cassa di Compensazione di Bankitalia e altri istituti che validano la pubblicità dell’atto e il titolo di proprietà. Basterebbe blockchain per fare tutto questo, così come nel caso delle malattie in azienda. Eppure, nel mondo ancora nessuno ha stravolto completamente il sistema.»

«A mio giudizio il freno è che nessuno sa quali siano le conseguenze di processi completamente automatizzati. Bisognerà dimostrare, infatti, che tutto questo può funzionare al di là del controllo umano. Inoltre, ed è forse il problema più significativo, c’è un cambiamento culturale da affrontare, si tratta di processi che sono soggetti a un totale stravolgimento. Sembra fantascienza, ma in realtà esiste a mio giudizio un’etica dell’innovazione che impedisce di spazzare via in un battito di ciglia le strutture che oggi resistono. Tutti i ruoli di intermediazione sono a rischio, dai periti assicurativi ai bancari. E perfino quello dei giornalisti».

Anche Michele Treglia non ha dubbi sul fatto che la figura dell’uomo, seppur modificata, continuerà a essere importante non soltanto nel settore assicurativo. «Una volta – ci ha spiegato – il face to face non aveva grande valore, invece oggi ne ha uno enorme, in un’epoca in cui tutto è digitalizzato e standardizzato. Allo stesso modo funziona con le competenze: nel settore assicurativo emergeranno i risk managers più capaci, perché i processi standard saranno già stati digitalizzati. Le figure potranno diminuire dal punto di vista numerico, ma sicuramente resteranno portatrici di competenze specifiche. I processi standard già da tempo vengono resi omogenei, mentre quando c’è bisogno di qualcosa di “tailor made” entra in gioco la figura umana, sotto forma di consulente, non più di venditore. Già oggi abbiamo esempi lampanti: i comparatori consentono di offrire la polizza più conveniente per quanto riguarda assicurazioni standard. Ma quando si ha bisogno di qualcosa più su misura, si guarda alla qualità, non certo al risparmio. Soprattutto sui rischi complessi sono convinto che anche tra 50 anni ci avvarremo di figure umane e non di processi automatizzati. La competenza continuerà ad avere un ruolo molto importante».














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