La nuova strategia digitale di Ima

di Renzo Zonin ♦︎ L'azienda di Alberto Vacchi rilancia Ima Digital (portfolio 4.0) con due nuovi servizi in collaborazione con Ptc. Dna Map consente non solo di raccogliere dati dalle macchine, traducendo dati grezzi in informazioni significative e di valore, arrivando a un’accurata pianificazione della produzione. Si affianca a Digital Room, una vera e propria centrale di controllo remoto per macchinari connessi. E in futuro...

La macchina confezionatrice di cialde da caffè Ima 590

Ima Group, azienda bolognese fra i leader mondiali nella produzione di macchine per il packaging, è una delle realtà italiane che si sono misurate in modo attivo con i paradigmi emergenti dell’industria 4.0 e con la digital transformation. Paradigmi cui spesso ci approcciamo con un’ottica ristretta, ovvero considerando solo l’aspetto tecnologico. In realtà, dietro a un progetto riuscito di trasformazione digitale c’è un approccio che parte da ragionamenti squisitamente legati al business e a come impostare il rapporto con i propri clienti. È da questo tipo di ragionamenti che Ima è partita per costruire nel tempo una offerta di servizi digitali capaci di dare al cliente vantaggi concreti, particolarmente in termini di efficienza delle macchine e del processo produttivo, e anche di modificare il rapporto tradizionale fornitore/cliente per renderlo più simile a quello fra advisor/cliente, se non trasformarlo in una vera e propria partnership.

In questo quadro si inserisce il lancio del servizio Dna Map, un servizio che consente non solo di raccogliere dati dalle macchine, monitorandone le condizioni in tempo reale, ma traduce questi dati grezzi in informazioni significative e di valore, fornendo quindi agli operatori elenchi intelligenti e dinamici di azioni volti a migliorare l’efficienza, dati statistici sulla macchina per l’armonizzazione delle linee di produzione smart, e misure realistiche delle performance da impiegare per creare un’accurata pianificazione della produzione. Dna Map è una piattaforma aperta, basata sul software ThingWorx di Ptc, in grado di dialogare con tutti i principali sistemi Erp e Mes, di connettersi a ogni tipo di macchinario, e capace di ricevere ed analizzare dati provenienti da tutti i Plc.







Il nuovo servizio si affianca a Digital Room, una vera e propria centrale di controllo remoto per macchinari connessi, presidiata 24/7 da un team di esperti ingegneri che tengono sotto controllo le condizioni operative del macchinario monitorando e analizzando tutti i parametri rilevanti, sia tecnici che fisici. I due servizi sono assolutamente complementari, con Dna Map rivolto soprattutto alle aziende in grado di gestire da sole le proprie linee di produzione, e Digital room pensato per chi preferisce demandare monitoraggio e controllo all’esterno.

 

Serve un cambiamento nel modo di pensare

Alberto Vacchi, Presidente Ima

Ma come è arrivata Ima a dotarsi di un portfolio di servizi digitali in ottica 4.0? «L’innovazione digitale richiede un mindset completamente nuovo – ha spiegato Martina Stefanon, Responsabile progetto Dna Map, durante un recente webinar sull’accordo Ima/Ptc – credo sia un insieme di tante cose, che rendono le persone capaci di vedere e prevedere le opportunità che ci circondano. E per quanto la parte tecnologica sia quella più entusiasmante, dove ci si occupa di realtà virtuale, realtà aumentata, machine learning, intelligenza artificiale e tante cose incredibili, non è lì che si impara di più o che c’è lo sviluppo maggiore, quello che fa la differenza fra il successo o meno di un progetto. Quello che serve, in un mindset che sia pronto al viaggio dell’innovazione digitale, è saper andare incontro e abbracciare il cambiamento, lavorare in team con approccio collaborativo, cogliere ogni opportunità per imparare, sperimentare sempre, superare ogni ostacolo e essere tenaci per vincere le sfide che quotidianamente si presentano, perché non è un cammino semplice. La service innovation è anche tutto questo».

Il cambiamento di mentalità in Ima è arrivato molto presto, favorito anche dal modus operandi che l’azienda possiede da anni, molto aperto alle novità – cosa confermata anche dalla politica di acquisizioni portata avanti negli anni, e volta soprattutto ad acquisire know-how e skill nelle varie tecnologie e nei vari settori di mercato nei quali l’azienda mano a mano entrava.

«La sfida era quella di diventare un riferimento globale per quanto concerne i servizi digitali avanzati, cercando di stare sempre un passo avanti ai nostri competitor – continua Stefanon – Abbiamo cominciato a pensare a business model innovativi, che permettessero non solo la differenziazione, ma che creassero anche nuove opportunità di business, usando la tecnologia come fattore chiave abilitante. Il primo grande cambiamento è stato il passaggio da servizi incentrati sul prodotto a servizi che mettono il cliente al centro, e questo sta alla base del cambio di paradigma che è in corso. La vision quindi era di creare valore rispondendo in maniera attiva alla disruptive innovation che già nel 2016 era evidente nel settore industriale (e che continua a esserlo sempre di più oggi), cogliendone le grandi opportunità, tra cui quella di portare a un livello più elevato il rapporto con i nostri clienti. Questo è stato possibile proprio grazie ai servizi digitali, data driven, uniti però alla nostra lunga esperienza come costruttori di macchine». Seguendo l’evoluzione del mindset e delle tecnologie, i servizi offerti da Ima alla sua clientela si sono evoluti partendo dalla fornitura di pezzi di ricambio e assistenza tecnica (con Ima nel ruolo di semplice fornitore) e andando verso servizi nei quali Ima riveste progressivamente ruoli più importanti, da advisor, come nel caso del servizio Dna Map e altri servizi digitali. In questo nuovo ruolo, Ima può offrire consigli e dialogare con il cliente per migliorare i processi produttivi. Fin dove si può arrivare? «Si può arrivare a servizi molto evoluti, dove posso contrattualizzare l’efficienza, oppure l’output. E a tutta una serie di contratti, cui non siamo ancora arrivati ma verso cui tendiamo, dove il rapporto si può configurare quasi come una partnership, dove viene contrattualizzato il livello di efficienza che la macchina deve raggiungere, e noi e i clienti ci misuriamo sugli stessi Kpi e siamo in qualche modo partner strategici» afferma Stefanon.

 

Seguendo l’evoluzione del mindset e delle tecnologie, i servizi offerti da Ima alla sua clientela si sono evoluti partendo dalla fornitura di pezzi di ricambio e assistenza tecnica (con Ima nel ruolo di semplice fornitore) e andando verso servizi nei quali Ima riveste progressivamente ruoli più importanti, da advisor, come nel caso del servizio Dna Map e altri servizi digitali. In questo nuovo ruolo, Ima può offrire consigli e dialogare con il cliente per migliorare i processi produttivi

A quanto sembra, le ricadute positive dei nuovi servizi si sono riverberate anche oltre l’ambito del prevedibile. «La cosa interessante è che questi cambiamenti di business model non hanno portato valore solo ai nuovi servizi, ma anche al business tradizionale legato al prodotto. Credo sia una questione di trust, di fiducia. Muovendosi verso un rapporto con il cliente più maturo, vediamo che la freccia diventa più larga, e questo rappresenta il livello di fiducia reciproca che aumenta, che è alla base del rapporto che abbiamo con ogni nostro cliente e che cresce grazie anche ai servizi digitali».

 

Il portfolio di servizi digitali

Ima offre oggi due importanti servizi digitali, Digital room e Dna Map. Servizi complementari che possono essere usati individualmente o accoppiati, a seconda delle esigenze del cliente. «La Digital Room è un team di tecnici esperti – spiega Stefanon – che 24/7 verificano lo stato di salute della macchina monitorando e analizzando tutti i parametri fisici e tecnici rilevanti per un corretto ed efficiente andamento del processo produttivo. In caso poi di fermi macchina o allarmi, o nel caso il sistema in autonomia noti che qualcosa non va, verranno inviati degli alert generati automaticamente, sia agli operatori della Digital room, sia ai clienti. Poi c’è Dna Map. Esso permette di monitorare in totale autonomia le condizioni della macchina e di analizzarne l’efficienza, o meglio le perdite di efficienza, determinandone le cause e quindi potendo intraprendere azioni migliorative. Inoltre permette di avere sempre a disposizione tutti i dati rilevanti per ottimizzare i processi produttivi in qualsiasi momento, in ogni luogo e su tutte le tipologie di device, quindi dai computer ai tablet agli smartphone. Perché ricordiamoci che una conoscenza più profonda dei processi produttivi significa avere migliori performance, dato che non c’è efficienza senza informazioni.

Digital room e Dna Map. Servizi complementari che possono essere usati individualmente o accoppiati, a seconda delle esigenze del cliente

Questi due servizi indirizzano due esigenze un po’ diverse, quindi sono assolutamente complementari. La Digital room è importante perché al giorno d’oggi è importante sapere che in caso di bisogno c’è qualcuno da remoto pronto a intervenire. Il Dna Map invece indirizza l’esigenza di essere autonomi e indipendenti, e quindi di avere un bagaglio di informazioni che permettano, in totale autonomia, di migliorare e rendere efficienti i propri processi produttivi. Tra l’altro la situazione globale recente, con la crisi dovuta al Covid, ha dimostrato quanto questi aspetti diventino ancora più cruciali, laddove il monitoraggio da remoto di macchine e fabbriche ha permesso di aziende di continuare la propria operatività nonostante il lavoro da casa, i divieti di spostamento, le aree in quarantena, le risorse limitate. Perché paradossalmente con Dna Map un direttore di produzione potrebbe seguire anche da casa l’andamento della produzione, reagire a eventuali criticità sulle macchine, ed eventualmente avere un supporto da remoto tramite il collegamento con la Digital room».

La Digital room è importante perché al giorno d’oggi è indispensabile sapere che in caso di bisogno c’è qualcuno da remoto pronto a intervenire

 

Ma quali sono stati gli obiettivi architetturali di questo progetto, e cosa vi ha portato a scegliere ThingWorx? «La end to end security, ovvero una sicurezza a partire dal dato grezzo della macchina fino al cloud; l’affidabilità, in ogni nodo architetturale, garantendo resilienza, stabilità e disponibilità dell’applicazione; e la scalabilità, che significa poter supportare un’elevata data ingestion, grandi volumi di dati per una visibilità real time o simil real time, e questo nel tempo, con sempre più macchine connesse. Tutto questo lo abbiamo ottenuto costruendo Dna Map sulla piattaforma ThingWorx di Ptc, che ha permesso un rapido sviluppo con diversi use case e funzionalità. Abbiamo poi unito la tecnologia che Ptc offre all’infrastruttura di Microsoft Azure come cloud, e questo binomio è stato assolutamente vincente». Fra l’altro, anche quello di Ima con Ptc in effetti non è un semplice rapporto di fornitura di tecnologie ma piuttosto una vera e propria partnership strategica, che si è rivelata particolarmente importante in occasione della recente crisi pandemica. «In un periodo come quello attuale, durante il quale il mondo intero ha dovuto guardare al digitale quale risorsa imprescindibile per continuare a gestire gran parte delle attività, le potenzialità dell’IIoT ci hanno fatto comprendere come oggi più che mai sia diventato imprescindibile l’avere a disposizione strumenti avanzati di servitizzazione – ha affermato a tal proposito Paolo Delnevo, Vice President Ser & Gm Italy di Ptc – Ciò non solo per offrire un puntuale e, anzi, più avanzato supporto da remoto, ma anche per ridurre al minimo indispensabile gli spostamenti del personale tecnico, con giovamenti in termini di efficienza operativa e ambientale. L’accordo di collaborazione strategica siglato da Ptc e Ima è l’esempio di come questi obiettivi possano essere raggiunti in modo pieno ed efficace».

Quello di Ima con Ptc non è un semplice rapporto di fornitura di tecnologie ma piuttosto una vera e propria partnership strategica, che si è rivelata particolarmente importante in occasione della recente crisi pandemica

Dna Map nasce per controllare l’efficienza dei processi produttivi. Ma raccogliere dati non è sufficiente, la vera sfida è raccogliere i dati giusti e dare loro un significato e soprattutto dare la possibilità agli utilizzatori di usare concretamente questi dati, perché lì si gioca veramente il successo di questo genere di applicazioni. Non per nulla il servizio dispone di un’applicazione che consente ai tecnici di avere un quadro della situazione direttamente sui loro smartphone, con viste diverse relative da una parte all’efficienza della linea, dall’altra all’andamento della produzione.

Dna Map dispone di un’applicazione che consente ai tecnici di avere un quadro della situazione direttamente sui loro smartphone, con viste diverse relative da una parte all’efficienza della linea, dall’altra all’andamento della produzione

 

Chi è Ima

Martina Stefanon, Responsabile progetto Ima Dna Map

Fondato nel 1961, il gruppo Ima è cresciuto negli anni (anche grazie una attiva politica di acquisizioni mirate) fino a diventare una delle massime realtà mondiali nel settore della produzione di macchinari per il packaging, con un fatturato 2019 di 1,6 miliardi di euro, il 90% del quale realizzato sulle esportazioni, e 6.200 dipendenti, 2.400 dei quali all’estero. I suoi laboratori di ricerca & sviluppo hanno prodotto qualcosa come 1.700 brevetti, e questo testimonia la vocazione di Ima all’innovazione tecnologica.

Con l’arrivo dei paradigmi dell’Industry 4.0, in Ima è apparso chiaro che era il momento di cambiare non solo e non tanto la tipologia di tecnologie in uso, ma l’intero approccio al mercato: era necessario trasformare il tradizionale approccio basato sui prodotti in una proposta customer-centric a tutto tondo, basata sull’erogazione di servizi a valore aggiunto utili al business del cliente. O, in altre parole, per mantenere un vantaggio competitivo bisognava sfruttare gli aspetti innovativi delle tecnologie non solo in termini di progettazione del prodotto, ma anche dei relativi servizi, e soprattutto bisognava mettere la tecnologia al servizio del business e non viceversa. In caso contrario, si corrono i classici rischi di chi fa innovazione tecnologica perdendo di vista il motivo per cui si innova. Rischi che vanno dal classico fallimento dei progetti pilota (solo uno su tre in media si trasforma in un progetto operativo, mentre gli altri finiscono in quello che molti esperti ormai chiamano il “purgatorio dei progetti pilota”) al ben più grave rischio di arrivare sul mercato con quella che in genere si definisce “soluzione in cerca di problema”, ovvero un prodotto/servizio del quale nessuno ha bisogno.

 

L’iniziativa Ima Digital

Partendo dunque da un ragionamento di business più che puramente tecnologico, Ima ha iniziato a studiare nel 2016 un’offerta di servizi e soluzioni digitali capaci di rendere ancora più efficienti le linee di produzione. Questi servizi sono poi confluiti tre anni fa nell’iniziativa Ima Digital, con l’obiettivo di fornire i suoi servizi e soluzioni digitali ai clienti di tutto il mondo. In pratica, l’iniziativa Ima Digital rappresenta l’impegno di Ima nel supportare l’implementazione di soluzioni digitali, allo scopo di trasformare l’azienda in una Digital Enterprise. Nell’iniziativa, che è a livello corporate, sono coinvolte tutte le aziende del gruppo, e sono incluse varie attività collegate ai concetti di Industria 4.0. Fra gli obiettivi del progetto c’è anche quello di creare una maggiore efficacia ed efficienza dei processi interni, e di creare valore rispondendo attivamente alle innovazioni “disruptive” che si verificano nell’industria.

«Tutti questi progetti e queste iniziative sono stati clusterizzati in quattro macro categorie – spiega Pierluigi Vanti, Ict Corporate Director, Industria 4.0 e digitalizzazione di Ima, nonché coordinatore dello sviluppo delle infrastrutture e prodotti digitali lato Ict in Ima Digital – progetti che afferiscono ai nostri prodotti, quindi smart machines; progetti che afferiscono ai nostri servizi, già esistenti ma anche nuovi, abilitati da nuove iniziative e tecnologie, e quindi progetti di smart service; la classica industria 4.0 applicata alle nostre fabbriche e ai nostri progetti di business, quindi la classica smart factory; e non ultima come rilevanza, anche una digital transformation applicata all’organizzazione interna, alle persone, agli skill e ai processi, a corollario dei processi di business.

 

L’iniziativa Ima Digital rappresenta l’impegno di Ima nel supportare l’implementazione di soluzioni digitali, allo scopo di trasformare l’azienda in una Digital Enterprise. Nell’iniziativa, che è a livello corporate, sono coinvolte tutte le aziende del gruppo, e sono incluse varie attività collegate ai concetti di Industria 4.0.

Questo ha dato origine a 25 progetti che afferiscono a questi 4 cluster. Alcuni relativi all’organizzazione interna, altri ai processi dell’industria 4.0, altri alla servitization e altri alle smart machines e all’arricchimento delle nostre macchine tradizionali, che erano già in passato molto digitali e ricche di dati, ma non erano abituate a essere connesse, non erano abituate a colloquiare con altre macchine e altri sistemi, e non erano abituate a farsi analizzare i dati che erano ricchissimi di informazioni. Noi nel progetto Connected Machines, nel progetto Dna Map e nel progetto Digital room abbiamo abilitato le nostre macchine con la capacità di colloquiare in modalità normalizzata, standardizzata, al fine di poter raccogliere in maniera efficiente ed efficace tutti i dati grezzi o semilavorati che le nostre macchine hanno sempre prodotto, al fine di creare valore, di poter creare servizi e informazioni aggiuntive sulla base di questi dati. Attraverso la Digital room basata sulla tecnologia ThingWorx di Ptc abbiamo realizzato un servizio di assistenza proattiva e preventiva; la parola predittiva è un po’ forte ma ci stiamo arrivando. Con il progetto Connected Machines da qualche mese le nostre macchine vengono tutte prodotte con un sistema di connettività standardizzato. E con Dna Map, servizio integrato e appoggiato alla tecnologia di Ptc, abbiamo dato ai nostri clienti informazioni e valore aggiunto basato sui dati prodotti dalle nostre macchine. Tutto questo permeato da una cyber security che tende a mitigare le problematiche legate alle vulnerabilità che, in un mondo connesso con Internet e servizi cloud, crea preoccupazioni non tutte infondate, anzi».

Quello della cyber security in ambito Ot continua a essere un problema molto serio, soprattutto perché mentre il personale It sa bene quale pericolo possa costituire un attacco malware o un’intrusione di hacker, e quanto il rischio sia reale, grave e persistente, gli uomini dell’Ot hanno ancora una scarsa esperienza rispetto a questi problemi, il che si traduce a volte in due atteggiamenti estremi e ugualmente sbagliati: quello di chi non si preoccupa minimamente, e preferisce ignorare il problema, e quello di chi invece si preoccupa troppo, e di conseguenza “rema contro” l’adozione di qualsiasi tecnologia digitale all’interno dell’impianto. Per superare queste resistenze, Ima ha recentemente proposto una sua soluzione, un prodotto che per certi versi potremmo definire come l’incrocio fra un edge computer, un gateway e un firewall. L’apparecchiatura si chiama A4Gate, e costituisce una soluzione integrata hardware/software che consente di controllare la trasmissione di dati da una macchina/sorgente all’esterno, attraverso un link di rete Ethernet gestito a livello 1 del modello Iso/Osi. L’apparecchio quindi fornisce funzionalità di IoT Edge & IoT Data Collector, IoT Remote Access Control e connessione 24/7 alla Digital Room, il tutto nella massima sicurezza da tentativi di intrusione.

A4Gate costituisce una soluzione integrata hardware/software che consente di controllare la trasmissione di dati da una macchina/sorgente all’esterno, attraverso un link di rete Ethernet gestito a livello 1 del modello Iso/Osi

 

Gli sviluppi futuri

Così come l’iniziativa Ima Digital è un work in progress, anche i relativi servizi si stanno evolvendo e in futuro offriranno ulteriori funzionalità. Per esempio aumenteranno le tipologie di dati che il sistema raccoglie, consentendo di arricchire le funzionalità del servizio. Si sta anche pensando all’utilizzo della Realtà Aumentata per fornire nuovi strumenti per l’utilizzo di Dna Map. Anche per la Digital room si pensa a nuovi e più potenti servizi, tra i quali l’implementazione su larga scala della Anomaly Detection. In generale, lo sviluppo di nuove funzionalità, o addirittura di servizi completamente nuovi, dipenderà soprattutto da un utilizzo più esteso degli analytics e di algoritmi sofisticati. Ima non nasconde che l’obiettivo finale è fare di Dna Map un vero e proprio service hub per tutto il settore industriale, arrivando nel tempo a offrire una completa suite di servizi digitali avanzati. «La ricerca del nuovo e la passione per l’eccellenza ci hanno portato ad abbracciare il potere dei dati. Perché è veramente incredibile quello che si può fare con i dati, le possibilità sono veramente tante e alcune le abbiamo già tradotte in servizi, e tante altre sono ancora da esplorare e questo è un percorso che andrà avanti» conclude Stefanon.














Articolo precedenteNow Economy e personalizzazione sostenibile: le sfide di Sew-Eurodrive
Articolo successivoCosì il cobot diventerà il miglior vicino di banco (di lavoro)






LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui