Il Conte 2 nasce in piena crisi industriale ed economica: senza nessuna idea per affrontarle!

Giuseppe Conte, Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana

di Filippo Astone ♦︎ Il pil 2019 stazionario o negativo. La produzione industriale in forte calo, con numeri preoccupanti per settori come automotive, pharma, chimica. Cassa integrazione + 30%. Disoccupazione ancora al 9,9%. Eppure questi argomenti vengono totalmente ignorati. Ci vorrebbero una seria politica industriale; investimenti in ricerca, formazione, innovazione; e in generale una prospettiva di sviluppo di medio-lungo termine. Preoccupante l’idea di ridurre le tasse in deficit

Negli stessi giorni in cui il secondo Governo Conte ha preso forma sono emersi dati negativi sull’andamento dell’industria e dell’economia in Italia, con previsioni per il futuro ulteriormente peggiorative. I numeri erano prevedibili da tempo ma tutto il dibattito politico – programmatico li ha completamente ignorati. Ad oggi non c’è nessuna proposta sostanziale e innovativa su come stimolare lo sviluppo economico (per il 2019 è previsto un aumento del pil di appena lo 0,2%, mentre il recupero dei livelli pre-crisi è ancora lontano, a differenza dei principali Paesi europei ed occidentali e nonostante la crisi sia iniziata ormai dieci anni fa), far crescere gli investimenti, aumentare l’occupazione (la disoccupazione è ancora del 9,9% con una punta del 28,9% tra i giovani e in luglio 2019 le ore di cassa integrazione sono aumentate del 33%), far decollare la domanda interna e la fiducia delle imprese. Non ci sono idee per uno sviluppo solido sul medio lungo termine e, soprattutto, ridare speranze a una generazione di giovani che studiano ma che sono talmente sfiduciati da scegliere, in massa, di trasferirsi all’estero (i cambi di residenza sono circa 200 mila all’anno) piuttosto che accontentarsi di lavori precari, sottopagati e frustranti in Italia. Niente. Neanche una bozza. Anzi, non se ne parla proprio.







Protagonisti del dibattito politico sono gli sbarchi, la riduzione del numero dei parlamentari e la fondamentale questione legata all’incarico di vice presidente del Consiglio per Luigi Di Maio. Perfino il discorso programmatico di Giuseppe Conte dopo aver ricevuto l’incarico da Mattarella non ha dedicato alcuna delle sue 908 parole a deficit, crescita pil, sviluppo economico.

Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica Italiana

Servirebbero politiche industriali e di sviluppo articolate sul medio e lungo termine, per irrobustire la manifattura (che è il settore più importante che esiste, la sola base per uno sviluppo economico solido), far crescere i campioni nazionali, aumentare gli investimenti in ricerca e innovazione da una parte, istruzione e la formazione professionale dall’altra. Investimenti fondamentali sia per sostenere la manifattura, sia per fare in modo che le rivoluzioni tecnologiche legate alla digitalizzazione ed automazione si traducano in opportunità invece che in povertà e costi sociali. Inoltre, l’Italia dovrebbe agire a livello europeo per politiche industriali a livello continentale, magari finanziate con debito pubblico emesso finalmente a livello UE.

Il mercato dell’automazione industriale in Italia al 31 giugno 2019. Fonte Anie Automazione

Nello scorso giugno il fatturato dell’industria italiana è calato dello 0,5% rispetto al mese precedente e dello 0,8% in comparazione a giugno 2018. Le cause principali sono la flessione del mercato interno (-1,2%) e il modesto aumento del mercato estero (+0,5%). Ancora peggio il dato sugli ordinativi, calati dello 0,9% su base mensile e addirittura del 4,8% su base annua, a causa della contenuta crescita del mercato interno (+1,7%) e della forte diminuzione di quello estero (-3,8%). È crollato il settore automobilistico, che ha perso il 6,3% in termini di fatturato e addirittura il 15,9% di ordinativi. Colpa della crisi internazionale del settore (soprattutto in Germania, primo cliente dei nostri componentisti) e dalla scarsità di modelli e di competitività di Fca, il primo produttore nazionale, che non attende altro che la fusione con Renault (che, come abbiamo scritto qui, sarà in realtà una vendita differita) per risolvere i propri problemi e continuare a non investire. Colpa anche dell’assurda campagna ideologica contro le motorizzazioni diesel (che nelle più moderne versioni inquinano quasi per nulla, come abbiamo scritto qui) che ha provocato un crollo delle vendite del 37%. Male anche il farmaceutico (-12,6% di fatturato e -16,2% ordini), il chimico (-6,3% di fatturato e -16,2% ordini) e diversi altri settori.

Trend immatricolazioni autovetture e crescita Pil in Ue. Fonte Anfia

Il precedente esecutivo Conte aveva potuto godere di una stagione economica e industriale che – seppur non brillantissima e comunque ancora lontana dai livelli pre-crisi – era nettamente più favorevole. La produzione industriale cresceva del 2,6% e gli investimenti in macchinari aumentavano a doppia cifra. Per esempio, nel giugno 2018 erano cresciuti del 18% rispetto allo 0,2% del medesimo periodo 2019. Ma Conte e i suoi vice Di Maio e Salvini hanno giocato la partita nel peggiore dei modi possibili. Non sono solo mancate idee e iniziative per consolidare la crescita e iniziare finalmente una vera politica industriale. Non solo il reddito di cittadinanza finanziato in deficit (e col rischio di contribuire a far aumentare l’iva) non ha dato alcun impulso alla crescita della domanda interna.

Ma per tutto l’anno e mezzo della sua durata, il Conte 1 ha aumentato ferocemente l’incertezza, che è il nemico numero uno degli investimenti. In primo luogo l’ha alimentata con l’idea che si potessero finanziare riduzioni delle imposte e provvedimenti privi di impatto strutturale (reddito di cittadinanza e quota 100) andando in deficit, facendo crescere lo spread e aprendo contenziosi con l’Unione Europea. Ma l’ha anche alimentata col cambiamento, incerto fino all’ultimo, delle regole del piano Impresa 4.0, cambiamento che a livello di iper-ammortamento è stato alla fine minimo, ma che ha tenuto per mesi gli imprenditori in stand by, facendo in modo che non investissero. Per non parlare dello stop and go sul super-ammortamento, della messa in discussione di accordi internazionali (Tav e ArcelorMittal), del Decreto Dignità.

Lavori all’ex Ilva, ora stabilimento ArcelorMittal Italia di Taranto

Purtroppo l’idea di finanziare in deficit demagogia e politiche non strutturali è ancora viva, sia nei 5 Stelle che sono al Governo, sia nella Lega Nord che è all’opposizione ma che fra qualche mese o anno potrebbe diventare forza maggioritaria di Governo. Si parla soprattutto di finanziare riduzioni fiscali andando in deficit. Va detto che l’attuazione di queste politiche sarebbe rovinosa per le imprese e per i lavoratori. Non solo perché provocherebbe ulteriori contenziosi con l’Unione Europea. Ma soprattutto perché farebbe aumentare gli interessi sul debito pubblico, provocando una crisi finanziaria e accrescendo l’isolamento internazionale dell’Italia. Più interessi sul debito pubblico non comportano solo meno risorse da spendere per un Governo che già ne ha poche, ma anche tassi di interesse bancari più alti, a danno delle aziende.

Matteo Salvini, Vicepresidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana

E allora? E allora niente. In questo momento storico nessuna delle forze politiche di Governo o di opposizione vuole pensare a come sarà l’Italia fra cinque o dieci anni, a costruire un futuro di industria, scienza, tecnologia, sviluppo economico e umano. L’unica priorità è aumentare il proprio consenso elettorale con elargizioni tipo gli 80 euro di Renzi, il reddito di cittadinanza malfatto, quota 100, la flat- tax e detassazioni assortite.

Il futuro del Paese è nelle mani, sostanzialmente, di circa 5.000 medi imprenditori virtuosi, i campioni del Quarto Capitalismo di cui abbiamo tanto parlato su Industria Italiana e che sono stati analizzati dal grande Fulvio Coltorti, per più di 30 anni capo dell’ufficio studi di Mediobanca. Questi imprenditori, senza il supporto di nessuno e tantomeno dello Stato, producono manufatti, investono in ricerca e sviluppo, assumono nuove risorse e hanno successo soprattutto grazie all’export. Tifiamo per loro.

Fulvio Coltorti, economista













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1 commento

  1. Innanzitutto, faccio i complimenti a questo sito che ho appena conosciuto e mi ha dato informazioni come quello del Diesel che non conoscevo.
    Sono d’accordo sulla disanima e del quadro che ha fatto della situazione Italia.
    Io sono fiducioso in questo governo, perchè se non si farà prendere da vecchi e inutili rancori, possono fare riforme strutturali importanti perchè hanno tanti punti in comune che hanno sempre sostenuto nei loro programmi.
    Penso che se si instaura un processo di fiducia si possono creare dinamiche positive. Fiducia e distensione che negli ultimi governi proprio non c’è stata e si è creato solo gran contrasti e nessuna possibilità di pianificazione seria.
    Comunque penso che se non migliora anche la situazione degli stipendi medi, medio bassi, i consumi interni non potranno crescere. Speriamo che in Europa si incominci ad allargare un po’ la borsa, pare che incominci a tirare forse l’aria giusta.
    Saluti
    Francesco

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