Altro che intangibile: la Data Economy in Italia vale 37,8 miliardi! E con il cloud XaaS…

di Chiara Volontè ♦︎ Studio Ambrosetti-Hpe: i benefici del modello riguardano l’intero sistema-Paese. La Pa: risparmi superiori a 650 milioni per Ict e riduzione del 90% di richieste di dati e informazioni alle aziende. Imprese -85% tempi di guasto e -30% consumi energetici

«L’Italia sta attraversando uno dei periodi più ricchi di opportunità degli ultimi decenni. Un momento in cui l’innovazione e la tecnologia offrono opportunità mai viste prima – afferma Stefano Venturi, presidente e ad di Hpe Italia – Per esprimere appieno il potenziale di crescita che la digitalizzazione può garantire al nostro Paese è necessario però un nuovo approccio, che renda le soluzioni digitali più facilmente accessibili e adattabili alle esigenze di organizzazioni di ogni dimensione e settore, sia pubbliche che private. Il cloud di nuova generazione, il “Cloud che viene da te” basato sul concetto di Everything-as-a-Service, Everywhere è il nostro nuovo modello di cloud che risponde a questo bisogno, combinando i vantaggi di cloud pubblico e privato».

In Italia ci sono oltre 100mila aziende che si occupano di It, per 600mila persone che muovono 70 miliardi di volume d’affari, e la nuova modalità di cloud può essere mobilitata anche attraverso queste aziende: si tratta di una fonte di innovazione per le imprese sparse sul territorio. E i dati che vengono inseriti in queste piattaforme non sono sottoposti al Cloud Act, dal momento che Hpe non entra nel merito dei dati ma solo dei contatori di utilizzo. Si tratta di una modalità innovativa che permette di ritagliare le tecnologie su ogni specifico cliente. È un modello di cloud federato in cui non si spostano i dati ma si sposta l’elaborazione, è aperto, distribuito e sicuro.







Lo Studio Strategico “La nuova generazione di Cloud basata su XaaS – Everything-as-a-Service – Nuovo modello sostenibile di Cloud per la competitività e la crescita dell’Italia”, realizzato da The European House – Ambrosetti, in partnership con Hpe Italia analizza il contributo differenziale del modello di cloud di nuova generazione nell’accompagnare la trasformazione digitale di imprese e Pubblica Amministrazione, andando infine a sviluppare delle proposte di policy in favore della digitalizzazione del sistema-Paese.

Stefano Venturi, presidente e ad Hpe Italia

«La survey dimostra che i benefici che la diffusione di questo cloud di nuova generazione può generare sono concreti, riguardano l’intero sistema-Paese, le aziende private e le pubbliche amministrazioni, con oltre 220 miliardi di euro di Pil cumulato nel prossimo quadriennio e un aumento della produttività media delle imprese fino al +2,3% – sottolinea il numero uno di Hpe Italia – Nello stesso periodo, l’impatto diretto per gli attori della filiera Ict è stimato in circa 1,3 miliardi di euro di ricavi aggiuntivi. Ciò significa che le nostre imprese Ict potranno continuare a operare e a crescere, portando un ulteriore contributo allo sviluppo dell’economia e delle competenze nel nostro Paese: una responsabilità alla quale non possiamo, non dobbiamo e non vogliamo sottrarci».

 

Inadeguato livello delle competenze e prevalente adozione di soluzioni cloud di livello base: le evidenze della survey

Le prime evidenze raccolte mostrano come la diffusione di investimenti in asset intangibili sia correlata con la crescita del Pil. Ciò è dimostrato anche dall’analisi delle valutazioni di borsa: ad oggi gli asset intangibili giustificano oltre il 90% del valore di borsa delle principali società statunitensi e oltre il 70% delle aziende europee. In tale contesto, il peso della Data Economy sulle economie europee sta crescendo, nonostante la quasi assenza di player rilevanti a livello internazionale. Sebbene l’Italia si trovi al quarto posto in Ue27 + Uk per valore complessivo della Data Economy (37,8 miliardi di euro), si posiziona solamente in 17ª posizione considerando il peso della stessa sul Pil (2,3%), distante dalla media europea (3,0%) e da altri peer (UK, 4,0%; Germania, 3,6%; Spagna, 2,7%; Francia, 2,5%).

L’Italia è al 4°posto in UE per valore della Data Economy, ma con una bassa incidenza sul PIL e una crescita minore della media UE

«È fondamentale investire in tecnologie digitali per rilanciare la competitività e la crescita del sistema-Paese. Gli investimenti in nuove tecnologie, infatti, hanno un ruolo chiave nella creazione degli asset intangibili, fondamentali per il rilancio del sistema economico nazionale nell’era della Data Economy – dichiara Valerio De Molli – In questo quadro, è necessario individuare un nuovo modello di sviluppo del digitale che accompagni in maniera efficace ed efficiente il percorso di trasformazione di imprese e Pubblica Amministrazione. A tal fine, il nuovo modello di cloud basato su “Everything-as-a-Service” è in grado di favorire una maggiore adozione delle soluzioni tecnologiche avanzate che abilitano un aumento della produttività delle imprese e del sistema-Paese nella sua interezza Inoltre, anche la Pa potrà beneficiare della diffusione del nuovo modello di cloud basato su Everything-as-a-Service, ottenendo risparmi superiori a 650 milioni di euro per la spesa Ict e riducendo del 90% le richieste di dati e informazioni alle aziende».

Ad oggi, gli asset intangibili sono la componente più importante del valore delle maggiori aziende per capitalizzazione

In un futuro sempre più data-driven, la digitalizzazione di imprese, pubbliche amministrazioni e cittadini gioca un ruolo chiave nell’abilitare la competitività del sistema-Paese. In tal senso, è stato elaborato un indicatore che ha messo in luce la digitalizzazione del sistema-Paese in base al livello di adozione degli strumenti digitali – connettività, cloud, intelligenza artificiale e robot industriali – nei settori industriali (soppesati per il relativo contributo al valore aggiunto). I risultati dell’indicatore posizionano l’Italia al nono posto in Europa ma al primo posto tra i principali Paesi benchmark – la Spagna si trova all’undicesimo posto, la Germania al quindicesimo e la Francia al diciassettesimo. Seppur positivo come risultato, bisogna anche considerare gli elementi critici del sistema imprenditoriale italiano, tra cui: le competenze considerate non idonee per governare la transizione digitale, la larga adozione di strumenti digitale di base dalla maggior parte delle imprese (in particolare piccole e medie) e le difficoltà manageriali nella gestione della transizione digitale.

Dal 2013, il valore della Data Economy nell’UE è aumentato del +61%, raggiungendo 327 miliardi di Euro nel 2020

I cinque messaggi chiave della ricerca e i sette benefici

Messaggio 1: Il cloud è al centro della trasformazione digitale (e di business) delle imprese, il cui sviluppo necessita di approcci differenziati secondo le diverse esigenze di grandi imprese e Pmi.

Il 96% delle imprese ritiene che il cloud sia un abilitatore per la propria trasformazione digitale, con importanti differenze per classe dimensionale: le grandi aziende che usano il cloud avanzato (42%) sono il triplo delle Pmi (14%). Nelle grandi imprese, cloud Ibrido (44%) e multi cloud (19%) sono i modelli più vicini alle esigenze di sviluppo del business, ma introducono rischi di sottodimensionamento (41%) e invecchiamento degli asset It (35%). Tra le Pmi cloud Ibrido (28%) e multi Cloud (14%) sono ancora poco diffusi, evidenziando difficoltà nell’integrazione infrastrutturale a causa della mancanza di sistemi di governance (43%) e competenze (34%) in grado di supportare lo sviluppo di moderne infrastrutture It.

Il 96% delle imprese ritiene che il Cloud sia un abilitatore per la propria trasformazione digitale

Messaggio 2. Nella Pubblica Amministrazione, il tradizionale modello di sourcing delle infrastrutture It ostacola il percorso di trasformazione digitale e l’adozione di nuovi modelli tecnologici.

Nel 2021 l’Italia ha perso 5 posizioni nell’indice Desi della digitalizzazione dei servizi pubblici alle imprese, e rimane ancora molto da fare sull’interazione digitale con i cittadini, dove l’Italia è terzultima nell’Unione Europea (guadagnando sue posizioni, dal momento che nel 2020 il nostro Paese occupava l’ultima posizione). La scarsità di risorse e la mancanza di competenze inducono a ripensare i modelli di fornitura propri della Pubblica Amministrazione: infatti, il 100% degli Enti coinvolti nella ricerca, identifica nell’attuale modello di sourcing un limite alla trasformazione digitale della Pa. I fattori ostativi sono legati agli aspetti amministrativi e normativi, con la struttura della contabilità pubblica (52%) che limita l’utilizzo del modello as-a-Service.

per il 100% degli Enti, l’attuale modello di sourcing è un limite alla trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione…

Messaggio 3. La mancanza di competenze rappresenta il più grande ostacolo al pieno sfruttamento dei dati con un gap di 4,9 milioni di persone in più con competenze digitali superiori a quelle di base e 302 mila laureati Stem.

Secondo la survey di The European House – Ambrosetti, il più grande ostacolo al pieno sfruttamento dei dati è la mancanza di competenze. L’Italia è al quartultimo posto nell’Ue per quota di persone con competenze digitali superiori a quelle di base, con un divario di 4,9 milioni di persone. Inoltre, per le applicazioni più avanzate, entro il 2025 l’Italia dovrà colmare un gap di 302mila laureati Stem (+43,8% vs. trend attuale). Al ritmo attuale, il numero di giovani specializzati in queste discipline dal 2020 al 2025 sarà pari a 689mila, ma per soddisfare la domanda avremo bisogno di 991mila laureati Stem (+43,8% rispetto al trend attuale). Pertanto, al 2025 ci sarà un gap di 302mila unità.

per le applicazioni più avanzate, entro il 2025 l’Italia dovrà colmare un gap di 302 mila laureati STEM (+43,8% vs. trend attuale)

Messaggio 4. Per creare valore nella Data Economy è necessario dotarsi di infrastrutture tecnologiche in grado di gestire una crescente complessità delle basi dati secondo principi di interoperabilità, portabilità e sovranità.

Ci sono quattro caratteristiche fondamentali delle basi dati che devono essere considerate per indirizzare lo sviluppo delle infrastrutture It. In primis il volume: a livello mondiale nel 2020 sono stati generati 64 zettabyte di dati e questo dato crescerà ad un Cagr del +23%. In secundis l’eterogeneità: nel 2020 vi erano fonti eterogenee rappresentate da 20 miliardi di dispositivi connessi, che raddoppieranno entro il 2025. Terzo la velocità: grazie alle nuove tecnologie i dati diventeranno disponibili in 1ms rispetto ai circa 25ms delle infrastrutture attuali. Infine la posizione: nel 2025, il 75% dei dati generati dalle imprese sarà creato ed elaborato al di fuori dei data center centralizzati, rispetto al 25% del 2020. Il valore della Data Economy risiede nella capacità di scambiare dati e la mancanza di standard comuni è il più grande ostacolo al suo sviluppo.

Ci sono alcune caratteristiche delle basi dati che devono essere considerate per indirizzare lo sviluppo delle infrastrutture IT

Messaggio 5. La nuova generazione di Cloud basata su Everything-as-aService permette di abilitare 7 benefici.

Le aziende intervistate hanno sottolineato 7 elementi chiave abilitati dal Cloud di nuova generazione basato su Everything-as-a-Service. Si tratta di fattori emersi studiando i casi aziendali di Blu Arancio, Db Group, Eni.com, Federazione Italiana Tabaccai, Gruppo Finmatica, Inail, Insiel, Lazio Crea, Unipol Gruppo, Pirelli, Stellantis. Il primo elemento chiave consiste nella possibilità di accedere a competenze esterne all’azienda a supporto delle attività di business gestite nel cloud, mentre il secondo nell’avere una collaborazione più interattiva, scalabile e veloce all’interno della catena di approvvigionamento. Il terzo elemento chiave riguarda la capacità del modello Everything-as-a-Service di gestire i picchi di domanda per soddisfare le esigenze del mercato e adottare nuove soluzioni in base alla crescita. Seguono la possibilità di ottimizzare e monitorare i costi e di allocarli correttamente ai diversi progetti / unità di business e quella di aggiungere servizi ad hoc in base alle esigenze del business e di integrare il modello Everything-as-a-Service con l’infrastruttura esistente. Il sesto fattore riguarda il miglioramento di innovazione e time to market, favorendo la sperimentazione di nuove soluzioni e modelli, mentre il settimo è relativo alla capacità di espandere il business a livello globale, di raggiungere nuovi mercati e di competere con imprese più grandi.

Le aziende intervistate hanno sottolineato 7 elementi chiave abilitati dal Cloud di nuova generazione basato su Everything-as-a-Service

Questi sette pilastri sostanziano anche sette benefici quantitativi per l’economicità di un’azienda: 40% aumento della produttività del team It; 30-40% risparmi sull’adozione e manutenzione dei sistemi It; 30% minori consumi energetici; 75% tempo in meno per implementare i progetti digitali; 85% di riduzione dei tempi di guasto; +20 punti percentuali di infrastruttura It cloud (vs. on premises) in azienda nell’arco di 5 anni; 90% dei costi fissi dell’area It risparmiati durante la crisi pandemica.

I 7 elementi chiave sostanziano anche sette benefici quantitativi per l’economicità di un’azienda













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