Glomax, un’ impresa galvanizzante

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Il magazzino Glomax

di Laura Magna ♦ Ikea, Volkswagen, Fca, Ducati, Maserati i clienti. La francese Coventya, l’americana MacDermic e la tedesca Atotech, i principali concorrenti. È questo il parterre de rois con cui si confronta Glomax.

La società chimica di Bellusco, nella provincia di Monza e Brianza, di mestiere fa prodotti e processi chimici destinati all’industria galvanica. In sostanza, innova per l’industria che si occupa di rivestire manufatti in acciaio e ferro di uno strato sottile e fortemente aderente di un altro metallo, tipicamente lo zinco, tramite deposito elettrolitico. Il rivesto ha scopo decorativo o, prevalentemente, protettivo. Glomax è rimasta l’unica impresa italiana indipendente a fare prodotti chimici per l’industria galvanica, che a sua volta si occupa poi di effettuare fisicamente i rivestimenti anti-corrosivi di parti metalliche per conto terzi. «Ho scelto di specializzarmi in una supernicchia, inventando soluzioni che nessun altro al mondo ha – dice a Industria Italiana il fondatore Umberto Spina – e per far fronte alla necessità di globalizzazione, senza la quale la crisi ci avrebbe ucciso, ho creato una “multinazionale piramidale ” al contrario».







Glomax e i competitors, come Davide contro Golia

Il settore della produzione di leghe di zinco, da cui Glomax ricava la maggior parte del proprio fatturato, vale in Italia 25 milioni (circa 40 quello totale dei prodotti per l’industria galvanica): l’azienda brianzola fattura 4,2 milioni e  affronta competitor che sono vere e proprie multinazionali. La francese Coventya, giro di affari di circa 120 milioni di euro, nata nel 2000 da un management buyout e che vede oggi come azionista di maggioranza il fondo europeo di private equity Silverfleet Capital; la MacDermid, società del Connecticut quotata a Wall Street fino al 2007 e poi anch’essa passata per un management buyout e la tedesca Atotech, a ottobre ceduta da Total al fondo Carlyle: entrambe hanno fatturati superiori al miliardo. «Siamo Davide contro Golia – dice a Industria Italiana il fondatore Umberto Spina – uno può avere potenza di fuoco, migliaia di ricercatori ma magari non quello capace di risolvere il problema».

Umberto Spina, titolare Glomax
Umberto Spina, fondatore della Glomax
La marcia in piu’ dell’ R&S in proprio

La ricerca è il vantaggio competitivo che Spina vanta di avere: la fa in house e in collaborazione con il Politecnico di Milano e in continuo scambio con le aziende internazionali capaci di fare innovazione nella galvanotecnica. Negli ultimi cinque anni il gruppo ha investito in R&S 2 milioni e mezzo, per «stare una spanna davanti ai colossi .- precisa Spina – Quando i colossi non hanno una risposta per il cliente, noi la dobbiamo fornire. Se non avessi investito quella cifra oggi farei la metà del fatturato». Per Glomax, che nel passato ha inventato varie leghe per ridurre la percentuale di nichel e cromo (notoriamente tossici) nelle leghe usate tradizionalmente per la galvanizzazione, il futuro risiede oggi nello sfruttamento delle nanotecnologie. Che andranno sempre più a sostituire i materiali nocivi aumentando le prestazioni: cromature o zincature sempre più anti-corrosive e nel contempo innocue per la salute dell’uomo.

Una risultato industriale nato nell’ecosistema brianzolo

Umberto Spina è un imprenditore che crede ancora che piccolo sia bello e in quella dimensione è perfettamente a suo agio. Anzi, ignorando i continui appelli affinché le imprese italiane crescano pena la soccombenza, afferma che «se scompare il piccolo imprenditore il sistema implode. Meglio cento piccole aziende con cento piccole teste al comando, che una sola grande come quelle cento con una sola testa al comando e una pletora di yes-men». Un esempio tipico del tessuto produttivo espresso dal territorio industriale di Monza e Brianza, una delle aziende che testimoniano al meglio quello stato di vitalità imprenditoriale, fotografato dall’ indagine a cura di Assolombarda Milano Monza Brianza, di cui Industria Italiana si è occupata recentemente.

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Tecnico al lavoro nei laboratori Glomax

Da dove nasce il business model di Glomax

Tutto è partito da un’idea che ha consentito di superare la piccola dimensione e l’impossibilità che ne derivava di aprire sedi decentrate nel mondo. « Nel 2008 c’è stato l’incontro con le società giapponesi HSK-Hoden Seimitsu Kako Kenkyusho e Nihon Ruspert, – racconta Spina – ora loro sono il mio presidio in Asia, insieme ad altre aziende cinesi e indiane. Non ho fatto altro che proporre a loro, come alle tedesche Bayer e Basf per l’Europa, le mie tecnologie, senza chiedere alcuna royalty, in cambio della rappresentanza che questi colossi mi avrebbero garantito presso i loro clienti. In sostanza, loro mi presentano alle aziende che hanno bisogno di soluzioni come quelle che io offro: i colossi allargano la propria gamma di servizi e prodotti e io ho la possibilità di competere nel campo mondiale senza investimenti logistici».

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Il magazzino di Glomax
Un bilancio tornato a livelli pre-crisi

Grazie a questa formula il gruppo è riuscito a recuperare il crollo del 2009, quando il giro di affari era diminuito del 40%, e di tornare, sei anni dopo, ai livelli pre-crisi. Sono stati in particolare gli ultimi due anni ad aver spinto il bilancio. E far sì che le soluzioni Glomax venissero scelte da nomi di spicco in settori diversi. «Siamo fornitori di Ikea nel settore dell’arredo – racconta Spina – e di Fca, Volkswagen, Maserati e Ducati nell’automotive: tutte le cerniere delle ante a battente, le molle, o le pinze freno, le chiusure dei cofani, vengono lavate e ricoperte con nostre tecnologie. I nostri clienti sono quelli che in un ristorante fanno i sughi, le pietanze. A volte si usano piccoli trucchi, esaltatori di sapidità: noi produciamo l’esaltatore di sapidità».

La storia dell’ azienda

Umberto Spina è, in fondo, un sognatore, e raccontare il suo pensiero spiega molto della sua azienda: a partire dallo stesso nome che scelse alla fondazione, nel 1993, che è la crasi di quelli dei suoi figli, Gloria e Maximiliano; la prima ora lo affianca nella gestione, il secondo ha scelto di fare l’informatico. Oggi, a 58 anni, festeggia il 40esimo anno di lavoro e non ha alcuna intenzione di smettere. «È un mestiere particolare, non sono un chimico, ma un alchimista – racconta Spina – sono un ragioniere, autodidatta, a 18 anni ho iniziato per necessità a fare il galvanico, il primo mestiere che mi è capitato e che ho fatto per dieci anni, imparando l’arte sporcandomi le mani e usando la testa.

Alla fine il titolare della galvanica in cui ero assunto, dopo varie difficoltà, ha ceduto le armi e invece di pagarci gli ultimi stipendi che ci doveva, ha proposto ai lavoranti di prendere la baracca. L’abbiamo fatto: ho iniziato a progettare i prodotti nel fine settimana e a proporli in giro nei giorni feriali. Ho iniziato a studiare processi e prodotti a 18 anni e a 58 non ho ancora finito. Le multinazionali forniscono prodotti di base ma non scendono in campo nell’innovazione spinta, ci sono troppe variabili che vengono demandate a specialisti. Il nostro punto di forza è questo: sappiamo fare qualcosa che sappiamo fare solo noi». Che è poi un po’ la specificità del made in Italy, e dell’area produttiva brianzola, (la sesta area industriale d’Europa per valore aggiunto con 7,4 miliardi di euro l’anno) in qualunque settore: prendere una nicchia e dominarla, senza lasciare spazio ai concorrenti.

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Lo showroom Glomax

Le invenzioni di Glomax

Così Glomax è diventato l’inventore del cromo trivalente, progettato nel 1999 con il partner tedesco SurTec, uno spin-off della multinazionale Unilever. “Il prodotto di base per la passivazione (così si chiama la tecnica per la copertura anti-corrosiva dei componenti zincati elettroliticamente) era il cromo esavalente, notoriamente cancerogeno. Noi lo abbiamo ridotto a trivalente e aggiunto altre sostanze che consentono di ottenere uno strato spesso ad alta resistenza alla corrosione, riducendo la tossicità”. Stesso concetto ha guidato la scelta di provare a fare una lega di zinco e nichel al 15%, con una quantità minore di metallo nocivo. A breve termine, l’elemento tossico sarà del tutto sostituito dalle nanotecnologie.

Il futuro

«In progetto abbiamo – spiega Spina – tre nuovi prodotti che ho già sottoposto ad aziende automotive e del mobile. Nell’arredo stiamo cercando di cambiare la tecnologia sulle cerniere, il 90% delle quali è nichelato. Io ho aggiunto una nanotecnologia alla lega fatta da zinco all’85% e nichel al 15%. Una soluzione che non crea, peraltro, l’infragilimento tipico del trattamento elettrolitico, che crea rotture nel manufatto. Anche nell’automotive stiamo lavorando a un rivestimento molto più performante, applicando su zinco e leghe una nanotecnologia che conferisce a questi manufatti una proprietà anti-corrosiva superiore a quella del cromo».

Glomax resterà un’azienda famigliare

Riflettendo una specificità tipica delle aziende manifatturiere della provincia di Monza e Brianza dove  delle oltre 73mila imprese, 181 per chilometro quadrato, la   maggior  parte sono aziende famigliari, Spina  conta sulle proprie risorse per affrontare il futuro. Glomax è sua al 100% e in progetto non ci sono cessioni di capitale, anzi l’imprenditore sostiene di aver già rifiutato alcune offerte da diverse multinazionali. «Il sogno finale dell’imprenditore consiste nel riuscire a lavorare divertendosi, poi lo si trasmette alle persone che lavorano per lui e  a loro volta queste lo trasmettono all’esterno – chiosa Spina – io condivido la visione di Luigi Einaudi, dell’impresa dotata di funzione sociale. Quando abbiamo soddisfatto i bisogni primari, e volendo anche quelli voluttuari, come imprenditori non ci resta che re-distribuire la ricchezza attraverso l’impresa, dando a chi lavora dignità e possibilità di crescita e di sviluppo, oltre che economico, creativo, tecnico e sociale».














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