Monza e Brianza: dall’unione il manifatturiero ci guadagna

A un anno dalla fusione di Assolombarda con la Confindustria di Monza e Brianza gli ultimi dati economici dimostrano la fondatezza di una scelta. Mille gli associati, con 80 nuove imprese solo negli ultimi 10 mesi, 29 i servizi strutturati e rimodulati sulle esigenze delle aziende del territorio

«Non è certo un caso che il ministro allo Sviluppo economico, Carlo Calenda, abbia scelto tra i rappresentanti della cabina di regia che ha elaborato il piano Industry 4.0, un industriale meccatronico monzese». Massimo Manelli, vice direttore generale di Assolombarda Confindustria Milano, Lodi, Monza e Brianza, parla così nel corso di un incontro con i giornalisti a un anno dalla fusione dell’associazione imprenditoriale brianzola in Assolombarda. Se tra coloro che hanno di fatto scritto il piano per la rivoluzione manifatturiera che ci attende c’è anche Andrea Dell’Orto (che di Assolombarda è vicepresidente con delega al manifatturiero ed è il monzese cui fa riferimento Manelli), il motivo è rintracciabile a colpo d’occhio sulla carta geografica: l’area metropolitana che da Milano si estende per 60 chilometri verso nord (la Brianza) e verso sud (Lodi) costituisce un unicum nel Paese. Qui si concentra tutto: il terziario avanzato, la ricerca, l’università e le multinazionali del territorio del milanese, l’agricoltura e la logistica lodigiane, e soprattutto il manifatturiero dinamico e internazionalizzato delle imprese brianzole. Proprio Andrea Dell’Orto, nel corso della più recente assemblea dell’associazione, aveva riassunto atout e prospettive dell’industria locale: «Questo territorio sa cosa vuol dire detenere la leadership nell’alto di gamma, ma saprà, se aiutato, anche rispondere alle domande delle classi emergenti in tutto il mondo. Questa domanda, che già supera i 20 trilioni di dollari e arriverà nel 2030 a 60 trilioni, trainerà l’economia mondiale». E Monza sembra pronta, e può rappresentare un modello per l’ Italia che – pur restando il secondo paese manifatturiero in Europa e il settimo al mondo – ha perso cinque punti di Pil industriale (dal 21% al 16% ) nel giro di pochi anni, e sembra non avere la consapevolezza dell’importanza del suo manifatturiero, e delle relative potenzialità, non solo economiche, ma anche culturali e sociali.







Andrea Dell'Orto
Andrea Dell’Orto, Vicepresidente Assolombarda con delega al manifatturiero

Una densità delle imprese dieci volte quella nazionale

Il manifatturiero sta di casa a Monza e dintorni. Qui, dal dopoguerra ad oggi, si è configurata la sesta area industriale d’Europa per valore aggiunto con 7,4 miliardi di euro l’anno. Qui – ci dicono i più recenti dati Istat elaborati da Assolombarda Milano, Lodi, Monza e Brianza nel novembre 2016 – il peso del settore manifatturiero sul totale dell’economia è pari al 12,9%, ben superiore al 10,6% della Lombardia e al 9,6% dell’Italia. Ma soprattutto, sul territorio della provincia di Monza e Brianza sono presenti oltre 73mila imprese, 181 per chilometro quadrato a fronte di una media nazionale che crolla a 16 aziende per chilometro quadrato, meno di un decimo della media brianzola.

Indagine Monza Brianza
Il manifatturiero sul territorio Monza Brianza

Imprese e occupazione al top nazionale

Se l’area complessiva di Milano, Lodi, Monza e Brianza – che ricade sotto le competenze dell’Assolombarda – accoglie globalmente 416.241 imprese (ovvero il 47% della Lombardia e il 9 % dell’Italia), che danno lavoro a 1,7 milioni di addetti (il 49% del totale della regione e il 10% del Paese), nella sola Monza Brianza gli addetti sono oltre 267mila. Con un 32,1% impiegato nella manifattura (26% in Lombardia, 22,6% in Italia). Ma è la distribuzione nei settori in cui questi lavoratori agiscono sull’intera area governata dall’Associazione ad essere interessante. Entriamo nel dettaglio: a farla da padrone è il comparto metalmeccanico (44,5%), seguito da chimico e farmaceutico (12,7%), dal sistema moda (che tiene nonostante la crisi e l’aggressione da parte dei competitor esteri) con una quota dell’8,2%, e infine dal legno e arredo, che ha una fetta sì del 6%, ma di grandissima qualità grazie ai brand brianzoli che dagli anni Cinquanta in poi fanno scuola e tendenza nel mondo.

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Composizione del settore manifatturiero per l’area complessiva Milano, Monza Brianza e Lodi

Quasi metà dell’export lombardo è prodotto in quest’area

L’export dell’intera area coperta dall’Associazione  ha segnato un valore di 48,7 miliardi di euro nel 2015, di cui il 56% verso i Paesi extra-Ue. Ovvero il 43,8% sul totale della Lombardia e l’11,8% sul totale Italia ed è superiore a quello di almeno sei Paesi europei. A trainare questo export, ancora una volta, è il settore metalmeccanico, con il 50,5% del suo fatturato; seguito dal chimico-farmaceutico (20,2%) e dalla moda che realizza oltre i confini nazionali circa il 13% del suo giro d’affari. Focalizzando sulle imprese della sola Monza Brianza, queste hanno esportato l’anno scorso prodotti per un valore di 9,1 miliardi di euro (il 47% verso Paesi extra-Ue) pari all’8,2% del totale lombardo e al 2,2 di quello nazionale.

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Composizione dell’ export del settore manufatturiero del territorio di Milano, Monza, Brianza e Lodi

La manifattura fa bene a tutti

Ma salvaguardare la manifattura non è utile solo alla manifattura. «Per ogni euro che viene investito nell’industria i servizi che vi girano intorno ne valgono quattro» ha detto Michele Angelo Verna, direttore generale di Assolombarda Confindustria Milano Monza e Brianza. A lui fa eco Massimo Manelli: «Se si perdessero solo parti dello scheletro manifatturiero, ne risentirebbe l’intera economia non solo lombarda, ma del Paese: il territorio di Milano, Lodi, Monza e Brianza produce il 53% del valore aggiunto regionale e il 12% di quello nazionale».

Michele Angelo Verna, direttore generale di Assolombarda Confindustria Milano Monza e Brianza
Michele Angelo Verna, Direttore generale di Assolombarda Confindustria Milano, Lodi, Monza e Brianza

Integrare servizi e manifattura all’insegna della digitalizzazione

Non perdere pezzi e aggiungerne di nuovi vuol dire tenere sempre la barra dritta su tre questioni: perché un’impresa dovrebbe insediarsi su questo territorio? Perché una già presente sul territorio dovrebbe decidere di rimanervi? Perché un talento, un lavoratore dovrebbero decidere di venire o restare a lavorare qui? Dell’Orto  qualche  tempo fa indicava tra i percorsi, la necessità di preservare l’integrità delle filiere, con un potenziamento delle filiere dei beni intermedi/accessori (materiali, semilavorati, componenti) e integrare sempre di più industria e servizi, il così detto manu-service. Per Dell’Orto: «È necessario sostenere la leadership delle nostre aziende nell’alto di gamma, ma anche aiutare le nostre imprese a raggiungere anche la classe media emergente in tutto il mondo perché è questa domanda, che già supera i 20 trilioni di dollari e arriverà nel 2030 a 60 trilioni, che trainerà i fatturati nel futuro». E non basta, per Dell’Orto sin da 2015 era chiaro che occorresse: «Aiutare – con interventi integrati sulle politiche della ricerca, della formazione e dello sviluppo industriale – a portare le tecnologie di frontiera all’interno dei settori tradizionali dell’industria, creando processi virtuosi di ibridazione. Penso al ruolo abilitante che già giocano – e giocheranno ancor più in futuro – nuove tecnologie come il Biotech, il Nanotech, i nuovi materiali, l’Ict».

La “riforma Pesenti”: l’opportunità colta da Milano, Monza e Lodi

La prospettiva di Dell’Orto del 2015 spiega ancor oggi la scelta di fondere, ormai un anno fa, Assolombarda con la Confindustria di Monza e Brianza, all’epoca guidata proprio dall’imprenditore monzese. Questa scelta ha rappresentato la prima e la più importante attuazione della cosiddetta “riforma Pesenti”, la nuova organizzazione di Confindustria che prevede anche, fra i suoi punti chiave, l’incentivazione degli accorpamenti fra associazioni territoriali e settoriali. L’obiettivo della Pesenti era ridurre le circa 100 associazioni territoriali preesistenti  portandole a quota 70,  e consentendo un risparmio di costi (gli elevati costi e una certa pletoricità delle strutture sono fra le critiche che vengono rivolte più frequentemente al sistema confindustriale….) ma soprattutto una maggiore efficacia ed efficienza della rappresentanza e dei servizi erogati agli associati. Sulla efficacia della scelta parlerà il futuro, intanto Michele Angelo Verna sottolinea: «Abbiamo messo a fattor comune le competenze e le eccellenze dei territori ponendo al centro il manifatturiero dinamico e internazionalizzato delle imprese della Brianza. Queste in media esportano 11.300 euro pro capite, contro i 6.800 euro della media italiana, cioè il 70% in più. Una dinamicità che vale 9,1 miliardi di euro di esportazioni e dietro alla quale ci  sono una forte propensione a innovare investendo in ricerca e sviluppo. Fattori che determinano e favoriscono la competitività e la crescita non soltanto delle imprese ma anche del territorio».

Massimo Manelli
Massimo Manelli, Vice direttore generale di Assolombarda Confindustria Milano Monza e Brianza e direttore del Presidio territoriale di Monza e Brianza

Tra le 100 aree metropolitane a più alto tasso di attività nel mondo

La fusione non ha mai avuto carattere politico ma rappresenta, nelle intenzioni dei suoi protagonisti, una necessità di aderire al futuro modo di sviluppo. Nel mondo l’80% dell’economia è realizzata nelle grandi aree metropolitane dove vive il 78% della popolazione mondiale. L’area metropolitana di Milano e Monza e Brianza con Lodi è l’unica in Italia che possa competere con le cento aree metropolitane mondiali.
La portata della scelta “unionista” sembra aver convinto il mondo dell’industria brianzola: negli ultimi dieci mesi si sono associate oltre 80 nuove aziende, consentendo di toccare quota mille iscritti – nonostante una ritrosia iniziale e qualche abbandono (circa 40 aziende di Monza e Brianza erano uscite dall’associazione dopo che a ottobre 2015 era stata annunciata la fusione) – rendendo ancora più rilevante Assolombarda che con 6mila imprese è la più grande associazione territoriale d’Italia, (inseguita con grande distacco le associazioni territoriali di Emilia e Lazio). Una compagine all’interno della quale, il presidio di Monza e Brianza è quello che ha registrato la crescita maggiore negli ultimi tre anni.

Reputazione Monza Brianza
Dall’ indagine commissionata da Assolombarda al Reputation Institute

Un’associazione proattiva

Il valore del Presidio brianzolo non si misura solo in termini quantitativi. Sebbene Manelli sottolinei che «nelle oltre mille imprese del presidio territoriale della Brianza lavorano 49 mila addetti. Prima erano 44mila».  Ma il tessuto imprenditoriale che cosa ne pensa?  Assolombarda ha commissionato a maggio 2016 al Reputation Institute, istituzione indipendente che valuta la reputazione di aziende e istituzioni in tutto il mondo, una ricerca fra le imprese brianzole associate e non. Il risultato lo descrive Massimo Manelli: «La percezione del nostro brand e del nostro operato presso l’intero mondo industriale è particolarmente positiva. Fatto 80 il valore che Reputation Institute consegna come positivo, noi abbiamo raggiunto l’80,6 fra le piccole aziende e l’84,1 fra le medie e le grandi. Leggo i risultati in questo modo: abbiamo saputo agganciare il cambiamento in atto, aiutando le aziende ad evolversi. Dunque non più un’associazione che fronteggia e gestisce le crisi, ma un’associazione proattiva. Dove pro-attività ha voluto dire da un lato accrescere gli strumenti della cultura d’impresa, dall’altra sfornare nuovi servizi e customizzare quelli preesistenti sulle necessità del territorio».

Sono stati migliorati e potenziati i servizi

Ventinove sono i servizi rimodulati o potenziati, alcuni tra questi creati ex novo. Qui citiamo l’assistenza nei rapporti con gli Enti e la Pubblica Amministrazione, il desk Incentivi o quello sulla Fiscalità locale. Ci sono poi i servizi destinati alla crescita come quello per l’Innovazione o quello per il Welfare o ancora quello per il Passaggio generazionale e il desk Internazionalizzazione. Un’offerta ampia e diversificata quella di Assolombarda Servizi : «Assolombarda Servizi spa è cresciuta anno su anno del 20%, (2015 su 2014) con un consolidato del 13% e non sarebbe potuto essere diversamente», conclude Manelli, «Dalla fusione sono raddoppiati gli investimenti dell’Associazione sul territorio, è aumentato il fatturato complessivo delle imprese e gli addetti sono cresciuti del 10%. Oggi abbiamo la massa critica per affrontare processi di policy: siamo, saremo più forti nella tutela degli interessi che rappresentiamo. E a tutti i livelli, dalla regione al mondo».














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