Andrea Giuricin: il Ponte sullo Stretto non s’ha da fare!

di Alice Ampola ♦︎ L'ultima parola spetta al Parlamento. Centrodestra favorevole, M5S diviso. Il Pd è sempre stato contrario, ma forze interne auspicano costruzione. Opera sostenibile economicamente?

Ponte sullo Stretto
Rendering Ponte sullo Stretto

Il ponte sullo Stretto? «Un’opera che risponde ad esigenze politiche più che economiche», afferma ad Industria Italiana Andrea Giuricin, economista, esperto di trasporti, ceo di TRA consulting, Consulente di Italo-NTV, Consulente Senior per la Banca Mondiale e Transport economist presso CESISP-UNIMIB.  Dopo decenni di discussioni, di false partenze e di stop che hanno dato vita a contenziosi con le aziende coinvolte, è arrivato un primo nuovo via libera alla realizzazione dell’infrastruttura da parte della commissione di tecnici istituita dall’ex ministra delle Infrastrutture Paola De Micheli e confermata dal successore Enrico Giovannini.

Due sono i progetti plausibili per il collegamento stabile tra Sicilia e Calabria, secondo il gruppo di lavoro ministeriale. Il primo, con uno stato di elaborazione più avanzato e con un piano di progettazione già pronto, è quello a unica campata presentato negli anni passati dalla società Stretto di Messina, in liquidazione dal 2013, che aveva individuato come general contractor il consorzio Eurolink capeggiato da Impregilo, oggi Webuild. Il progetto aveva ricevuto l’ok, ma poi venne bloccato dall’esecutivo di Mario Monti. Il secondo è quello proposto da Italferr a tre campate, con quattro corsie autostradali e due ferroviarie e una parte centrale con una luce di 2000 metri, fra Messina e Villa San Giovanni. Il costo sarebbe di un miliardo e 850 milioni di euro e potrebbe essere pronto in soli 4 anni.







Da decidere il finanziamento dell’opera: se i tecnici sperano in un intervento pubblico, è anche vero che i soldi del Recovery Fund hanno già tutti destinazione ben precisa. Si potrebbe optare per il project financing, la concessione a privati che assorbirebbero i costi con l’introito dei pedaggi. Una soluzione, però, poco sostenibile da un punto di vista economico.

Andrea Giuricin
Andrea Giuricin, economista ed esperto di trasporti

Dott. Giuricin, è arrivato un prima via libera al Ponte sullo Stretto. Ritiene che l’infrastruttura sia necessaria per lo sviluppo della mobilità italiana?

Credo che l’approvazione sia una scelta politica più che economica. Quel ponte non è necessario e forse anche dopo la costruzione poco cambierà.

Vuole dire che non c’è una domanda?

Andrà a rispondere agli spostamenti su strada, autostrada e ferrovia, ma ricordiamoci che collega due realtà come Sicilia e Calabria, difficilmente potremo attenderci un grande traffico.

Andrebbe a collegare due aree con i Pil tra i più bassi d’Italia, tutte e due le regioni sono certamente sotto la media. Prima di realizzare un’infrastruttura di questo tipo bisogna valutare oltre alla popolazione e alla tipologia di traffico, anche la capacità di spesa.

Sarà economicamente sostenibile?

No. E fare finta che possa esserlo non è credibile. L’analisi costi-benefici non regge, lo dimostrano tutti i calcoli fatti fino ad oggi. La questione va ben oltre la realizzazione dell’infrastruttura.

Cioè?

In Europa abbiamo l’Eurotunnel. Sia Francia che Inghilterra non sono riusciti ancora a ripagare il debito per la costruzione, ma al tempo stesso la galleria ferroviaria ha collegato meglio i due paesi europei, ha cambiato la mobilità e ridotto i tempi, ma parliamo di due aree urbane ben diverse da Sicilia e Calabria.

Cosa si rischia, dunque?

Si rischia che per ripagare l’opera, in caso di concessione ai privati che metterebbero inizialmente i soldi per la costruzione, si dovrebbe imporre per soli 3,2 km un pedaggio molto alto che ovviamente influirà sulla domanda. Potremmo vedere un ponte costruito con un traffico, almeno stradale, bassissimo, e treni di passaggio con costi di biglietti più alti.

I progetti approvati sono ad una o tre campate. È fattibile la realizzazione del Ponte?

È certamente complesso realizzare un’opera simile, ma è anche vero che nel mondo ponti simili a questo sono stati costruiti in Giappone e non solo. In Turchia è stato realizzato un tunnel sotto il bosforo.

E i tempi?

Realisticamente i tempi potrebbero non essere lunghi. Potremmo inaugurare l’infrastruttura, se si dovesse fare, anche entro 10 anni. Ma in Italia i ritardi sono all’ordine del giorno e quello che è importante è comprendere che se si avviano i lavori, una volta che si cambia governo non si dovrebbero cambiare gli obiettivi.

Come si divide il mondo politico

Matteo Salvini, leader della Lega

Paura, quella di un cambio di strategia al cambio di Premier, non proprio ingiustificata. Da anni destra e sinistra si danno battaglia su questo fronte. È risaputo che il Centrodestra abbia sempre voluto l’opera, fin dai tempi di Silvio Berlusconi che avrebbe voluto inaugurare il Ponte nel 2012. Sulla stessa linea anche Matteo Salvini, leader della Lega, convinto che il ponte «Farebbe parlare dell’Italia in tutto il mondo, assorbirebbe l’acciaio dell’Ilva per quattro anni e darebbe 50mila posti di lavoro». Giorgia Meloni, di Fratelli d’Italia, in conferenza stampa, ha detto «Sulle infrastrutture, chiediamo il ponte sullo stretto di Messina e il completamento della tav. Su questo il governo e la maggioranza devono dire una parola definitiva».

Si complica la questione se si parla di Pd e M5S. Da sempre il Partito di centrosinistra ed il Movimento hanno ostacolato l’opera. Tra i Dem a auspicare fortemente la costruzione sono i deputati siciliani e calabresi.  Santi Cappellani, in una lettera aperta al neo segretario del Pd, Enrico Letta aveva scritto: «Davvero vogliamo lasciare ad altri la battaglia sacrosanta sul Ponte ? Davvero abbiamo deciso di lasciare ad altri il dibattito sul futuro della Sicilia? Davvero il Ponte sullo Stretto deve essere esclusiva di un comitato interparlamentare e delle critiche assolutamente ingiustificate dei No-Ponte? Come parlamentare siciliano del Pd, come aderente ai LiberalPd, continuerò a fare la mia battaglia perché il Ponte sullo Stretto, l’Alta Velocità, il rinnovamento di strade e ferrovie si facciano al più presto nell’isola che mi ha dato i natali». Sull’argomento, però, a settembre 2020, si era espresso l’allora segretario del Pd, Nicola Zingaretti, di fatto bocciando l’opera: «Investiamo sulle infrastrutture ferroviarie: la Salerno-Reggio Calabria, la Taranto-Battipaglia, la chiusura dell’anello ferroviario in Sicilia».

Si divide, in questi giorni, il M5S. Il sottosegretario al ministero delle Infrastrutture Giancarlo Cancelleri, esponente siciliano del Movimento Cinque Stelle, si è detto favorevole all’opera e in un’intervista a La Stampa ha annunciato che ci vorranno «10 anni per farlo», che «sarà a tre campate», che «ci passerà la ferrovia» e che «verrà pagato dallo Stato». Un cambio deciso di rotta, se si pensa che Beppe Grillo, nel 2012, in occasione della campagna elettorale per le regionali, attraversò lo Stretto a nuoto con l’obiettivo di dimostrare quanto l’opera fosse superflua.  A schierarsi a favore della realizzazione dell’infrastruttura è ancge

Giuseppe Conte, ex Presidente del Consiglio

Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 Stelle in pectore, che ha chiesto al partito «di non affrontare questo tema con superficialità». Lo stesso Conte aveva chiesto, nel 2020, nuovi studi di fattibilità. Posizioni non gradite, tra gli altri, all’ex ministra della Salute Giulia Grillo, che ha minacciato di togliere la fiducia al governo se l’opera venisse approvata. Federica Dieni, deputata Calabrese, sostiene che «per far ripartire il sud non servono opere faraoniche, irrealizzabili e dannose per il territorio dal punto di vista ambientale». Il deputato Stefano Buffagni, invece, parla di «follia».  Ai posteri l’ardua sentenza.














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