Corporate venturing: perché farlo? Quanto investire? In che modo? L’indagine di Gellify

Le grandi aziende o multinazionali dispongono di centinaia di migliaia di dati che possono costituire dei casi di business reali per gli algoritmi delle start-up

La piattaforma di innovazione b2b Gellify ha voluto approfondire il fenomeno del corporate venturing, una forma di investimento che vede realtà solide, o comunque con una certa maturità, investire in start-up più giovani, ma con un elevato potenziale di crescita. Viene considerato un modello chiave della nuova economia e sempre più grandi aziende in tutto il mondo stanno adottando modelli di business e modalità di pensiero tipici delle start-up per aumentare la propria competitività.

Gellify, in collaborazione con Accenture Italia, lo studio legale Gianni & OrigoniKaspersky Innovation Hub e allo studio di consulenza tributaria Studio Pirola Pennuto Zei & Associati, ha pubblicato The 4W’s of Corporate Venturing, report che evidenzia i risultati di video interviste e questionari qualitativi con 21 esperti di corporate venturing, responsabili dell’innovazione e manager con ruoli equivalenti, di aziende consolidate in Italia, Svizzera, Spagna ed Emirati Arabi Uniti che operano su scala europea e globale.







Il 78% delle aziende coinvolte nella ricerca ha un’esperienza con un’unità di business di venturing che va dai 2 ai 5 anni; il 14% ne ha avviata da 1 anno o meno e il 7% da 6-10 anni. Nei risultati ottenuti è rappresentata anche l’Italia attraverso il contributo di Chief Innovation Officer e heads of investment / M&A italiani provenienti da diversi settori, tra cui quello chimico-farmaceutico con il Gruppo Sapio, quello assicurativo con Reale Mutua e del retail con Camst International, che hanno condiviso risposte basate sulla propria esperienza di manager in organizzazioni consolidate che operano a livello internazionale.

I responsabili delle diverse funzioni aziendali che hanno contribuito da Svizzera, Spagna ed Emirati Arabi Uniti operano nel settore servizi (incluse le telecomunicazioni), nelle aziende del settore energetico e manifatturiero, in gruppi bancari ed assicurativi.

«Da questo nostro studio emergono due aspetti fondamentali di cui tutte le aziende dovranno sempre più tener conto. Intanto, se non vogliono correre il pericolo di perdere rilevanza sui mercati di fronte a nuovi player full digital, dovranno necessariamente innovare, avviando collaborazioni con startup esterne», commenta Michele Giordani, founder and managing partner di Gellify.  «Il secondo importante aspetto riguarda la cultura dell’innovazione in azienda e il suo percepito sul mercato in termini di innovazione. Le iniziative di corporate venturing danno grande impulso a entrambe queste leve strategiche e forniscono anche un benchmark sulla velocità e le dinamiche emergenti nei mercati».

“The Why”. Perché fare Corporate Venturing?

Il motivo principale per cui le aziende intervistate da Gellify hanno deciso di attivare un’unità di corporate venturing è collegato all’obiettivo di creare una cultura dell’innovazione in azienda, che si rivela anche la principale ragione del successo dei programmi citati dai dirigenti intervistati; per altre, il fatto di avere una start-up interna, funge da volano per attrarre giovani talenti; per altre ancora, investire in start-up che operano in settori adiacenti oppure lontani dal proprio core business si è rivelata un’opportunità di diversificazione e per poter anticipare le esigenze dei mercati in cui opera la concorrenza secondo modalità più tradizionali. Infine, altre aziende ancora vedono questa come un’opportunità di crescita per re-investire nel proprio core business.

Un aspetto interessante che è emerso in generale è che le grandi aziende o multinazionali dispongono di centinaia di migliaia di dati che possono costituire dei casi di business reali per gli algoritmi delle startup, utili a rispondere alle esigenze specifiche di milioni di clienti a livello globale.

Perché fare corporate venturing?

“The What”. Quale tipologia di Corporate Venturing scegliere? Che tipo di risorse dedicare alle startup interne o esterne? Quali sono gli elementi che precludono il successo di queste iniziative?

Non esiste una regola univoca sulla tipologia di strategia di corporate venturing da adottare. Dalle risposte fornite dalle aziende intervistate emerge una strategia di diversificazione degli investimenti tra il breve, il medio e il lungo periodo, in modo da cogliere i benefici diversificando i rischi. Il 50% dei leader intervistati ha dichiarato di aver lavorato a progetti con start-up di una durata media che va dai 2 ai 5 anni.

In relazione all’entità degli investimenti è emerso che circa il 50% delle grandi aziende intervistate mette ogni anno a disposizione del proprio cvc un capitale di oltre 10 milioni di euro, il 36% meno di 5 milioni di euro e il 14% tra 5 e 10 milioni di euro. Il fattore risorse economiche non è ciò che le startup cercano esclusivamente dalle grandi corporate: hanno infatti bisogno che vengano loro messe a disposizione adeguate competenze manageriali per poter decollare.

Il successo delle iniziative di venturing può essere messo in discussione dall’eccessiva burocrazia interna alle grandi aziende che può causare disallineamenti con la casa madre, conflitti di interessi, problematiche relative alla proprietà intellettuale etc. Il 43% delle aziende intervistate ha avuto esperienze fallimentari con le delle start-up per questi motivi.

Quante risorse dedicare al corporate venturing?

“The Who”. Quali sono le figure chiave da coinvolgere nel Corporate Venturing?

Il coinvolgimento dell’amministratore delegato è fondamentale per l’avvio di una nuova unità di venturing, così come il consiglio di amministrazione e gli altri C-level dell’organizzazione.

Delle aziende intervistate il 60% circa ha risposto che il team delle venturing unit proviene dalla loro casa madre; il 21% circa da altre fonti; il 7,1% dalla divisione di corporate venture capital stessa e il 7,1% dalla start-up/scale-up.

Un altro aspetto da considerare nel coinvolgimento delle figure chiave della casa madre è il livello di rischio che l’azienda è disposta a tollerare. L’86% degli intervistati ha risposto che l’azienda è disposta a tollerare solo un livello di rischio medio, nonostante questi tipi di investimenti generino tendenzialmente ritorni sul lungo periodo (almeno dai 5 ai 7 anni); un 7% un livello alto e l’altro 7% un livello basso.

Quali sono le figure chiave da coinvolgere?

“The Where”. Dove si intercettano le migliori opportunità di investimento (dealflow) e con quali strategie?

A questa domanda il 50% degli intervistati si è riferito alle call for start-up promosse dalle corporate; il 43% alle proposte provenienti dai dipendenti del cvc o della casa madre ed emergenti dai bisogni interni dell’organizzazione oppure dei propri clienti; il 7% dai venture capital tradizionali.

La strategia di investimento più utilizzata dalle aziende intervistate è stata quella dell’investimento diretto (64,6%) mentre un 7% ha preferito investire tramite un co-investimento e un altro 7% tramite un investimento indiretto.

Dove sono le migliori opportunità?

«Il corporate venture capital si sta diffondendo sempre di più a livello globale con tassi di crescita double digit e in Italia ha un potenziale di sviluppo enorme. In ambito open innovation rappresenta uno strumento fondamentale e perfettamente complementare, per finalità e orizzonti temporali di riferimento, alle altre modalità di interazione con l’ecosistema», ha dichiarato Sandro Bacan, Accenture innovation lead Italy, Greece and Central Europe. «Si tratta di uno strumento che garantisce grande flessibilità e che permette di esternalizzare gli sforzi di Ricerca & Sviluppo con l’obiettivo di migliorare, nel medio/lungo termine, le opzioni di portafoglio di business».














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