Se c’è una lezione che Covid-19 ha impartito all’Italia è quella legata al lavoro agile nella Pubblica amministrazione. Con alcune eccezioni: gli Enti locali. Nei Ministeri, invece, sembra trovarsi a suo agio. Secondo le rilevazioni provvisorie volute dal Dicastero guidato da Fabiana Dadone – risalenti allo scorso venerdì e in continua evoluzione – nella Funzione pubblica vi sono nelle amministrazioni centrali percentuali alte di lavoro agile, che vanno dal 60 al 90%; si arriva all’80% del personale alla Presidenza del Consiglio, all’88% al ministero del Lavoro, all’85% all’Inps.
E il lavoro a distanza starebbe decollando decisamente anche nelle Regioni, a partire dal Lazio che ha messo in lavoro agile 4.340 dipendenti su 4.493: il 96,6%. Alta l’adesione anche in Emilia Romagna (65,4%) e nelle Marche (62,7%), seguite dall’Umbria con il 61,5%.
Ma i sindacati sono insoddisfatti e parlano di “resistenze” all’applicazione dello smart working, nonostante le indicazioni della ministra della Pa Fabiana Dadone. Le resistenza dei dirigenti potrebbero essere legati alla preoccupazione di possibili rilievi della Corte dei Conti e degli organi di controllo. In altri casi, invece, mancano le infrastrutture materiali e infine in qualche caso è determinante un fattore culturale. Per avere una fotografia chiara occorrerà attendere.