Fintech: Tas scommette sulla sua Global Payment Platform. Obiettivo: raddoppiare i ricavi in tre anni

di Piero Macrì ♦︎ La piattaforma basata su machine learning e dotata di funzionalità di analytics è alla base della strategia di crescita dell'azienda. Fra i clienti Nexi, Unipol Pay, Poste Pay, Mooney, ma anche banche come Intesa Sannpaolo, Unicredit, Banco Bpm, Mps, Bper, Credem, Bnl. l’ingresso del private equity Rivean Capital. Ne parliamo con Valentino Bravi, managing director del gruppo

Un anno di grandi cambiamenti per Tas, la società italiana leader nei servizi di pagamento. A inizio anno l’ingresso del fondo olandese Rivean Capital, che ha rilevato il 70% delle quote azionarie, poi l’uscita dalla Borsa e l’avvio di nuovi progetti per il mondo bancario e il fintech. Non cambia invece il ruolo di Valentino Bravi – uomo simbolo dell’Ict italiano con un trascorso in Olivetti, Pirelli, Computer Associates, Siemens, T-Systems ed Etnoteam – confermato dal nuovo cda come managing director del gruppo, e tuttora azionista con una quota del 20%. «Abbiamo fatto un investimento monster per lo sviluppo di una Global Payment Platform (Gpp) unica sul mercato europeo o mondiale, afferma Bravi. Gestisce a 360 gradi il mondo dei pagamenti sfruttando le tecnologie più evolute. Pagamenti Digitali (mobile payment, carte fisiche o virtuali) o fisici (bonifici, assegni, Sepa, cross border, istantanei, Atm, PagoPa, ecc…), in una logica end2end (issuing, acquiring, autorizzativo), on premises o in PaaS -Platform as a Service– integrato con sistemi di Machine Learning con funzionalità di data analytics per erogare servizi marketing o antifrode». Tra i clienti fintech Nexi, Unipol Pay, Poste Pay, Mooney. E nel banking Intesanpaolo, Unicredit, Banco Bpm, Mps, Bper, Credem, Bnl.... «Praticamente quasi tutte le banche italiane utilizzano nostri servizi», dice Bravi. Carte di credito, debito, prepagate fisiche o virtuali. Sono oltre 100 milioni le carte gestite dal software Tas nel mondo.

La nuova piattaforma integra anche un Core Banking System specifico per gli Istituti di monetica Elettronica o di Pagamento e si candida ad essere la soluzione plug & play per l’operatività dei nuovi player del fintech. Per tutti coloro che vogliono esercitare un’attività nella forma di istituti di pagamento (Ip) e di moneta elettronica (Imel), la piattaforma rappresenta una soluzione cloud completa, as a service, già referenziata e pronta per la produzione. «Siamo di fatto il motore del mercato fintech, dice Bravi. Il valore aggiunto della piattaforma sta nella componibilità dell’architettura a microservizi che consente un avvio operativo immediato e personalizzato. Startup e newcomer hanno a disposizione tutto ciò che serve per abilitare servizi di pagamento e moneta elettronica. Vogliamo ora espanderci sul mercato europeo e globale, avere la capacità di aggregare altre realtà, esportare il made in Italy high-tech a livello nazionale e internazionale». L’obiettivo è il raddoppio del fatturato, da 80 a 160 milioni di euro, entro i prossimi 3 anni. Il 50% del giro d’affari sarà generato dal mercato domestico e il 50% da quello internazionale, la dimensione che Tas prevede possa offrire le maggiori opportunità di crescita, anche con acquisizioni. «Tutti i nostri moduli sono conformi agli standard internazionali, possono essere adottati all’estero senza dovere fare alcuna localizzazione, spiega Bravi. La rete Swift è uguale in tutto il mondo, altrettanto le carte. American Express, Visa, Mastercard. Il mondo dei pagamenti è un business globalizzato per definizione».







Il software è proprietario, interamente sviluppato in casa, in Italia, in Serbia e Inghilterra dove risiedono i labs del gruppo. «Noi facciamo i prodotti e i servizi mentre la system integration la affidiamo a partner come Accenture, Ibm, Capgemini, Engineering, Kpmg e Pwc, racconta Bravi. La Gpp è un asset unico nel suo genere. Intercetta l’esigenza sempre più concreta da parte degli operatori di utilizzare il modello “payment as a service per esternalizzare parti delle loro attività nel business dei pagamenti, quali la gestione dei conti e delle carte della clientela, così come la gestione delle frodi». Una tendenza dettata dalla pressione indotta dai nuovi player del comparto – istituzioni finanziarie non bancarie, fintech, operatori big tech e banche digitali – che vogliono realizzare margini più elevati e un migliore servizio clienti. Tra i nuovi progetti anche la realizzazione di uno sportello automatico con servizi da remoto per filiali automatizzate “Remote Teller”, nuovi prodotti per il capital market e servizi IP & Imel in white label o in una modalità “chiavi in mano” per la gestione delle pratiche che servono ad ottenere autorizzazioni dalle Banche Centrali.

 

Pagamenti interbancari e servizi core banking ma è il fintech il volano della crescita futura

Valentino Bravi, managing director del gruppo Tas

40 anni di presenza sul mercato bancario e finanziario, Tas opera su tre linee di business. La prima è quella dei pagamenti interbancari, nell’accezione più ampia possibile, tradizionali, fisici o web, e quindi bonifici, instant payment, carte di credito, telefono, e-commerce, paypal. La seconda è quella del capital market, tutto il tema legato al trading e post trading, la parte più finanziaria per intenderci. La terza, quella della tesoreria, focalizzata sulla gestione del contante delle banche. «Il core business è ancora il sistema bancario, afferma Bravi. I servizi per i newcomer portano in cassa il 15% del fatturato. Ma è il segmento a maggiore crescita. Sono ormai sempre più numerose le società che stanno seriamente valutando di entrare in questo mondo, dalle telco alle utilities, alla grande distribuzione, alle assicurazioni, tutte quelle realtà in cui pagamento è un processo importante del loro business. Acceleriamo il loro inserimento in un mondo che non conoscono. Per operare come Ip o Imel dovrebbero mettere insieme un puzzle di soluzioni diverse. Noi offriamo una soluzione integrata che risolve tutta la parte tecnologica che abilita i servizi di pagamento. Molti dei nuovi servizi li vendiamo esclusivamente in cloud (30% del fatturato) e non più in licenza on premise. Esiste un nostro data center a Sophia-Antipolis, in Francia, ma il business viene fatto in gran parte su cloud Azure e Aws. Intermediari finanziari tradizionali e nuovi operatori, siamo in grado di rispondere a tutte le esigenze con una piattaforma configurabile, modulare e cloud-ready».

 

Servizi da remoto per filiali automatizzate, nuovi prodotti per il capital market e gestione pratiche per ottenere autorizzazioni Ip e Imel da Banca d’Italia

Tra le novità di breve termine l’evoluzione di un progetto pilota di sportello unattended, non presidiato e completamente automatizzato. «È una soluzione legata al mondo bancario che potrebbe presto estendersi ad altre realtà – assicurazioni, utility o altro – per offrire servizi con operatore da remoto, anche in videoconferenza. Permette di fare tutta quell’operatività che si fa tradizionalmente allo sportello, con disponibilità di specialisti a distanza in funzione del servizio richiesto. Insomma, l’operatore può fare una qualsiasi cosa che svolge normalmente presso una filiale: incassare e dare soldi, gestire assegni, rilasciare una carta, fare un bonifico, qualsiasi cosa. Nell’arco di qualche mese avremo un riscontro sull’accettazione di questo servizio, ma siamo già convinti che potrebbe essere presto una delle soluzioni che andranno ad ampliare la nostra offerta, dice Bravi. Una seconda novità è un servizio di regolamento titoli. Sta avendo un buon successo e prevediamo di poterlo estendere a un buon numero di clienti del banking. Terza novità, un servizio per accelerare la risoluzione del processo burocratico che devono affrontare le aziende che vogliono diventare Ip o Imel. Ci prendiamo in carico tutta la procedura per soddisfare i requisiti di compliance previsti da Banca d’Italia. Una volta ottenuta l’autorizzazione, tempo 6 mesi, possono immediatamente partire con la nostra piattaforma cloud».

 

Italia e mercato fintech. Buone le idee, ma mancano i finanziamenti

«La nostra è una tecnologia Made in Italy che può competere sui mercati internazionali, afferma Bravi. Nel settore in cui operiamo tutto quello che non è italiano è considerato più “figo”. Sbagliato. Molte aziende che hanno comprato soluzioni sviluppate all’estero, pagandole cifre stratosferiche, si sono dovute ricredere». E per quanto riguarda le potenzialità di sviluppo del fintech italiano? «Ci sono tante buone idee ma non ci sono finanziamenti adeguati per supportare l’innovazione. Si fa una fatica terribile ad essere una startup. Ci sono poi casi, vedi Satispay, che hanno adottato un modello di sviluppo verticale, sviluppando in casa una propria soluzione. Noi abilitiamo uno sviluppo orizzontale che prevede l’outsourcing del payment service. Una soluzione che consideriamo valida per startup ma anche per aziende che vogliono ottimizzare il time to market, spiega Bravi. Riteniamo non abbia senso, su un aspetto così regolamentato e complesso, farsi carico dello sviluppo di una piattaforma di pagamento. Trovare persone con questo genere di competenze è difficile. Noi, per esempio, li formiamo attraverso una nostra academy. Una fintech che ha una sua idea di business e vuole partire in tempi rapidi, trova in Tas la soluzione più adatta per costruire il suo digital journey».

Global Payment Platform (Gpp) gestisce a 360 gradi il mondo dei pagamenti sfruttando le tecnologie più evolute. Pagamenti Digitali (mobile payment, carte fisiche o virtuali) o fisici (bonifici, assegni, Sepa, cross border, istantanei, Atm, PagoPa, ecc…), in una logica end2end (issuing, acquiring, autorizzativo), on premises o in PaaS -Platform as a Service- integrato con sistemi di Machine Learning con funzionalità di data analytics per erogare servizi marketing o antifrode

Il mercato fintech tra istituti di pagamento e di moneta elettronica

Negli ultimi anni il mondo dei pagamenti è stato interessato da grandi cambiamenti. Non è più appannaggio delle sole banche. In passato, quando si doveva fare un pagamento, era la banca il riferimento fisico o virtuale per spostare denaro da un conto all’altro, a prescindere che fosse in Europa o all’estero. Poi è arrivata la Psd2, evoluzione della Psd1. Voluta dal parlamento europeo e recepita dalla Bce, introduceva nuove regole per i pagamenti interbancari. Di fatto è iniziato un processo di liberalizzazione dei sistemi di pagamento. Ulteriore evoluzione, quella prevista dalla Psd3. «Il principio di base introdotto da queste normative è che il conto è di proprietà del cliente e non della banca, dice Bravi. Ne consegue che, come cittadino, posso permettere a una terza parte di accedere al mio conto, raccogliere informazioni, conoscere il saldo, la tipologia dei pagamenti eseguiti, oppure autorizzare dei pagamenti con un sistema diverso da quello che mette a disposizione la banca, attraverso una mobile app fatta da un’altra realtà, per esempio». In questo caso sono sempre le banche il punto di riferimento, ma operano appoggiandosi a terze parti per innescare un pagamento o interrogare i conti. Nel processo di liberalizzazione dei pagamenti sono state poi identificate due figure giuridiche, diverse da quelle del passato, che possono operare sui pagamenti. La prima sono gli istituti di pagamento la seconda quella degli istituti di moneta elettronica, simili a una banca, ma con un’operatività molto più limitata.

«Per diventare un istituto di pagamento si deve presentare domanda alla Banca Centrale, aggiunge Bravi. Soddisfatti tutti i prerequisiti di sistema necessari si viene autorizzati a diventare un payment institution, abilitato, quindi, ad effettuare servizi di pagamento. Per ora sono autorizzati ad effettuare pagamenti, ricevere incassi ed emettere solo carte di debito. Se invece voglio emettere anche delle carte prepagate, si deve operare a un livello superiore rispetto all’istituto di pagamenti, quello di istituto di moneta elettronica. In questo modo si diventa per il pagamenti una banca a tutti gli effetti, ad eccezione che non posso fare credito, se non per importi non troppo elevati che devono essere compensati entro 12 mesi. Il limite ancora invalicabile? Non posso emettere carte di credito, che rimane una prerogativa bancaria».

Nel biennio 2020-2021 Tas si è riconfermata a pieno titolo società “sistemica” nel panorama dei pagamenti italiano, rafforzando il proprio ruolo tra l’altro anche nel mercato degli instant payment e dell’open banking. Ora il nuovo capitolo inaugurato con l’ingresso del private equity Rivean Capital, l’investimento per lo sviluppo della Global Payment Platform e il piano di espansione internazionale con l’obiettivo del raddoppio di fatturato nei prossimi 3 anni

Tas, una storia lunga 40 anni

La capacità di adattare infrastrutture di pagamento per un mercato che cambia si fonda su un’esperienza quarantennale. Tas oggi è presente con sedi in 9 paesi di 3 continenti, un risultato ottenuto in un susseguirsi di crescite organiche e inorganiche. Tas è il frutto della fusione avvenuta nel 2005 di due aziende, entrambe fondate nel 1982: Nch, azienda bolognese focalizzata sui pagamenti interbancari e la monetica, e la romana Tas, specializzata nei capital market e quotata nell’anno 2000 all’Mta di Milano. Il 2009, subito la crisi della fine del 2008 generata dal fallimento della Leeman, segna un’importante tappa nella storia di Tas: l’ingresso di Valentino Bravi in qualità di amministratore delegato, che porta in azienda la sua capacità di gestione del cambiamento e di sviluppo innovativo. Nel 2016 Bravi porta a termine un’importante ristrutturazione della società e conduce un’operazione di management buyout, acquisendo il controllo indiretto di Tas, nella quale entreranno anche altri investitori privati. Inizia la risalita del gruppo con nuove importanti acquisizioni in Italia e all’estero, e risultati economici sempre più positivi. Nel biennio 2020-2021 Tas si è riconfermata a pieno titolo società “sistemica” nel panorama dei pagamenti italiano, rafforzando il proprio ruolo tra l’altro anche nel mercato degli instant payment e dell’open banking. Ora il nuovo capitolo inaugurato con l’ingresso del private equity Rivean Capital, l’investimento per lo sviluppo della Global Payment Platform e il piano di espansione internazionale con l’obiettivo del raddoppio di fatturato nei prossimi 3 anni.

(Ripubblicazione dell’articolo pubblicato il 21 dicembre 2022)














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