Fca: anche la nuova Punto sarà prodotta in Polonia su piattaforma Psa

di Chiara Volontè ♦︎ L’utilitaria del segmento B sarà costruita nello stabilimento di Thychy, insieme a Ypsilon e 500. Ulteriore indizio della prevalenza francese in Stellantis?

Linea di produzione nella fabbrica Fca di Torino

Non solo Lancia Ypsilon e Fiat500: Fca ha deciso di produrre in Polonia, su piattaforma Psa, anche l’erede della Punto. Prosegue dunque, da parte di Fiat Chrysler, la razionalizzazione della rete di fornitori per la componentistica delle auto di segmento B (le utilitarie di fascia più alta), quello più diffuso in Italia. Questo perché, nell’ottica della fusione con Psa – che dovrebbe definitivamente concretizzarsi nel primo trimestre del 2021 per dar luogo al maxi-gruppo Stellantis – sarà necessario procedere a un’ottimizzazione dei centri di costo e delle catene di fornitura.

A seguito della notizia, uscita nel mese di luglio (come si può leggere qui), i fornitori italiani avevano chiesto a Fiat Chrysler Automobiles rassicurazioni circa l’impegno assunto verso il nostro territorio, arrivate tramite conferma del responsabile delle attività europee del Gruppo, Pietro Gorlier.







«Fca fa bene a spostarsi sulle linee di assemblaggio Psa, più moderne ed efficienti – commenta Giorgio Airaudo, della segreteria Fiom Piemonte – Il problema è un altro: cosa sta portando all’Italia questa fusione? Per ora nulla».

La piattaforma Cmp (Common Modular Platform), che ospita già l’assemblaggio della Peugeot 208 e dell’Opel Corsa, permetterebbe a Fca non solo di scegliere tra modelli a benzina e diesel e vetture totalmente elettriche, ma risolverebbe i problemi relativi alla prossima generazione di modelli compatti. La piattaforma Cmp è dotata di una grande modularità, soprattutto in termini di dimensioni (due larghezze di carreggiata, tre passi, tre moduli posteriori e diversi diametri di ruote) e proprio questo permette a al Gruppo guidato da Tavares di proporre ai suoi clienti una vasta gamma di silhouette (city car, berline, Suv, tre volumi): questa modularità offre una maggiore libertà stilistica a ciascun marchio dell’azienda.

Anche il nuovo suv Alfa Romeo sarà fabbricato su una piattaforma Psa, così potrà avere la sua versione elettrica. E la componentistica auto made in Italy? «La piattaforma francese – prosegue Airaudo – avrebbe potuto essere installata anche in stabilimenti come Mirafiori o Pomigliano, assicurando un futuro agli addetti di questi due siti produttivi. Invece un’altra produzione viene portata fuori dall’Italia. Il governo ha perso un’occasione quando ha deciso di dare via libera al prestito da 6,3 miliardi erogato a Fca da Intesa Sanpaolo ma garantito dallo stato attraverso Sace. Avrebbe potuto essere l’occasione per chiedere in cambio un modello in più da produrre nel nostro Paese». È vero, nulla è dovuto da parte di Fca, e non c’è alcun vincolo relativo all’impiego di questi fondi. E, soprattutto, non è automatico che i componentisti italiani perderanno la parte più considerevole delle loro commesse.

 

Componentistica italiana: una filiera da 160mila addetti

La componentistica auto è uno dei quattro pilastri dell’industria italiana, insieme a machinery-packaging, chimica-farmaceutica e moda tessile. Secondo uno studio dell’Anfia, l’associazione confindustriale di settore presieduta da Paolo Scudieri di Adler (su dati 2018, gli ultimi disponibili) la componentistica auto italiana occupa 2207 imprese, con 159mila addetti e un fatturato di 49,3 miliardi, 18 dei quali generati da Fca. Le 2207 aziende sono perlopiù medio-piccole (solo il 13% di loro supera i 50 milioni di ricavi). Il 34% di loro si trova in Piemonte, il 27% in Lombardia, il 10% in Emilia Romagna e il 7% in Veneto. La loro fortuna dipende in larga parte dall’export, e il primo cliente è di gran lunga la Germania, seguita dagli Stati Uniti. Sulle vendite ai car maker francesi non abbiamo trovato dati attendibili, ma si può ipotizzare che non siano vitali.

Anfia, immatricolazioni di autovetture. A luglio immatricolate quasi 137.000 mila autovetture nuove, +3% su giugno
2020 e -11% su luglio 2019. Il bilancio dei primi 7 mesi è di 516.000 auto in meno rispetto
ad un anno fa, con effetti pesanti per tutto il settore automotive

Visto che il futuro dell’auto sarà all’insegna della motorizzazione elettrica e della guida autonoma, sarebbero state utili azioni di politica industriale volte a incentivare queste aree (con coordinamento, stimolo alla creazione di filiere, incentivi, investimenti in ricerca e sviluppo coinvolgendo le università, attrazione di investimenti stranieri) anche perché in Italia prevalgono le produzioni di componenti diesel, che inevitabilmente andranno a morire, portando con loro centinaia di aziende e migliaia di lavoratori. Le opportunità di liquidità create dall’emergenza Covid potevano essere utilizzate anche in questo senso (proprio come ha fatto la Francia…). Ma nulla, finora, si è voluto fare.

Inoltre lo scenario dell’automotive è stato colpito come pochi altri settori dal Coronavirus: Alixpartners stima che il mercato mondiale dell’auto perderà 19 milioni di veicoli in questo 2020 (una riduzione del 20%), attestandosi a 70,5 milioni tra auto e veicoli commerciali leggeri. Per quanto riguarda il nostro Paese, è prevista una perdita del 43,4% ossia 1,2 milioni di mezzi: per recuperare ci vorranno 5 anni.














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