L’industria a servizio della sostenibilità alla Fabbrica del Futuro. Le best practice di Montecolino, Scao Informatica, Marfran

di Laura Magna ♦︎ Con 10 miliardi di valore aggiunto e oltre 160mila occupati, Brescia è la capitale europea dell'industria. Fabbrica del futuro: l’iniziativa di Confindustria Brescia per evidenziare le case history di una delle province più manifatturiere d’Europa. Montecolino: economia circolare in fiera. Scao Informatica: dispositivo intelligente per monitorare i consumi sulla linea. Marfran: gomma termoplastica che non consuma CO2

Scao Informatica: dispositivo intelligente per monitorare i consumi sulla linea

Un progetto di economia circolare che prevede il recupero delle moquette usate delle fiere e la loro ri-trasformazione in materia prima seconda, realizzato da Montecolino, azienda che ha inventato il modello della servitizzazione per le fiere.

E poi, eMachina Box, un dispositivo di Edge Computing che permette di collegare tutti i macchinari industriali, anche i più datati, e monitorare i consumi energetici legati alla produzione in fabbrica, proposto da Scao Informatica, la leader bresciana delle software house dedicate all’industria. E infine la gomma termoplastica che non consuma CO2 studiata dal produttore Marfran.







Raccontiamo i tre progetti più creativi della sezione sostenibilità della “Fabbrica del Futuro”, padiglione inaugurato il 26 maggio nel Parco dell’Acqua di Brescia, pivot delle iniziative che Confindustria Brescia, guidata da Franco Gussalli Beretta (patron della già citata fabbrica d’armi), sta realizzando nell’ambito di Bergamo Brescia Capitale della Cultura 2023. Fabbrica del futuro diventerà il brand delle best practice dell’industria locale: e in effetti non potrebbe essere sorta in nessun altro luogo, perché Brescia, è la prima provincia industriale d’Europa sia per valore aggiunto (oltre 10 miliardi euro) sia per numero di occupati (oltre 160mila).

 

Fabbrica del Futuro: dov’è e di cosa si tratta

La Fabbrica del Futuro

Nel padiglione del Parco dell’Acqua la Fabbrica del Futuro è sintetizzata da 30 progetti, selezionati tra quelli presentati dalle oltre 1300 associate di Confindustria Brescia in un contest avviato lo scorso settembre. Più in dettaglio, i progetti sono raggruppati per temi (cultura d’impresa, ricerca e innovazione, sostenibilità, welfare, sinergia impresa-territorio).

Il padiglione – 195 mq di superficie, con uno spazio esterno di 68,25 mq è realizzato con portali di legno lamellare per la struttura portante, pannelli x-lam per solaio e travi portanti e policarbonato alveolare per il rivestimento, materiale sostenibile che verrà riciclato (tutte le specifiche tecniche sono disponibili nella scheda tecnica allegata al comunicato). L’installazione è realizzata dall’azienda bresciana Wood Beton, su progettazione dello studio Arw e con il contributo, per le tecnologie digitali, di innexHub. All’interno totem digitali che permettono ai visitatori di avere ogni spiegazione possibile sul progetto a cui sono interessati.

 

Montecolino: economia circolare a tutto tondo

Nico Fontana, Amministratore Delegato di Montecolino

La sostenibilità, se fatta attraverso l’economia circolare è uno strumento per innovare anche in settori che apparentemente hanno poco margine di manovra. «Montecolino ha avuto origine come manifattura tessile nel 1949 – racconta a Industria Italiana Nico Fontana, Amministratore Delegato dell’azienda – l’azienda deve il suo nome all’omonimo promontorio sul lago d’Iseo dove, dopo la seconda guerra mondiale, cessata l’attività produttiva della Caproni, che in quel sito costruiva idrovolanti e cacciati gli ultimi tedeschi che si erano insediati come controllori della produzione per fini bellici, i fratelli Bettoni insediarono il primo stabilimento tessile: una filatura e una tessitura secondo tradizione familiare che pare affondasse le sue radici alla fine dell’Ottocento». Il punto di svolta si ebbe però nel 1971 quando «la famiglia Bettoni decide di cessare l’attività e un imprenditore belga attivo nel campo degli agugliati affida al manager Carlo Fontana, mio padre, la ricerca di un sito dove impiantare uno stabilimento produttivo dedicato alla produzione di tessuti non tessuti. Mio padre ha rivoluzionato l’azienda, che ha iniziato a operare con tre turni aumentando di gran lunga la produttività». E poi la storia non è stata più la stessa: nel corso degli anni, l’azienda ha subito importanti cambiamenti e fin da subito «abbiamo fatto una scelta determinante: ci siamo orientati verso il settore fieristico anziché l’automotive. Questa scelta si è rivelata vincente, dato che il consumo di moquette da fiera è sempre cresciuto. Oggi esportiamo in 30 paesi in tutto il mondo e prevediamo di raggiungere un fatturato di 28 milioni di euro. Con aziende collegate, raggiungeremmo circa 35 milioni di euro di fatturato, con un totale di 150 dipendenti, tra cui 90 a Brescia, 25 a Milano e 25 in Spagna». Montecolino Spa opera dunque principalmente nel settore fieristico, che rappresenta il 70% del fatturato. Produce però anche articoli per uso domestico, tappeti, zerbini e serve settori tecnici come l’automotive. «I nostri materiali sono noti per la loro resilienza, e il concetto di resilienza accompagna anche l’azienda stessa – dice il manager – Recentemente abbiamo ampliato i servizi con l’acquisizione di un’azienda di stampa digitale di grandi formati, topcolor, che oggi è una divisione all’interno di Montecolino e mantiene la sua sede a Buccinasco. Vediamo anche una crescente opportunità di cross-selling con i materiali stampati». Nel 2017 Montecolino ha avviato anche un progetto di servitizzazione, fornendo prodotti “chiavi in mano” per il settore fieristico.

«Abbiamo vinto la gara di appalto per la fornitura alla Fiera di Milano che è la prima in Italia e la quarta in Europa per dimensioni – racconta Fontana – noi eravamo in pole position e abbiamo vinto proprio grazie al modello di business della servitizzazione: il nostro compito era fornire, installare e rimuovere il materiale espositivo. Questo progetto è nato da una sfida inaspettata: nel 2017, la Cina aveva bloccato le importazioni di moquette usata, facendo aumentare i costi di smaltimento. Per evitare sprechi e mantenere la sostenibilità, abbiamo iniziato a riciclare la moquette post consumo. Questo sforzo ci ha permesso di vincere la gara di appalto successiva, che aveva un requisito di riciclo dell’80%, e l’anno scorso abbiamo raggiunto il 100%». Il processo di riciclo della moquette post consumo è stata la chiave di questo grande successo. «Raccogliamo le moquette esauste delle fiere, le consegniamo a un trasformatore che le ricicla trasformandole in materia prima seconda. Questo processo implica un accordo con i fornitori e la gestione regolare del flusso dei materiali – dice Fontana – Quando il prezzo della materia prima scende, quella seconda arriva a un costo che non copre i costi di recupero. Tuttavia, grazie a un accordo a lungo termine con un cliente industriale, siamo riusciti a superare questa sfida. Il prezzo rimane stabile, garantendo una sostenibilità economica e ambientale». Ma il patron di Montecolino non si è limitato a questo: ha elaborato modi diversi per utilizzare questa materia prima riciclata per realizzare altri prodotti. «Durante la pandemia, abbiamo esplorato ulteriormente le potenzialità della materia prima seconda per creare prodotti utili. Abbiamo sviluppato pannelli di polipropilene derivati dal riciclo della moquette che abbiamo proposto per la prima volta a Fiera Milano: assieme abbiamo partecipato al concorso di sostenibilità di Ufi e ci siamo piazzati secondi. I pannelli sono stati usati per costruire i cestini per i rifiuti che normalmente nelle fiere sono in cartone rigido, che teme l’umidità e al contrario dei nostri non sono riciclabili. I nostri cestini sono durevoli, pieghevoli e trasportabili nelle fiere. Questa innovazione è in costante evoluzione, e stiamo lavorando con un designer per utilizzare questi pannelli in arredi destinati al settore fieristico».

 

Gomma termoplastica di alta qualità e a basso carbon footprint

Il direttore generale di Marfran Alberto Arrighini

Un elastomero tecnico che nel ciclo produttivo abbatte le emissioni di CO2 del 60%. Con questa innovazione Marfran è approdata in Fabbrica del Futuro come campione della sostenibilità. L’azienda è un produttore di materie prime, in particolare di gomme termoplastiche che vengono utilizzate dagli stampatori industriali. «Tra i principali clienti ci sono produttori di equipment sportivo, manufatti industriali ma anche produttori di tubi per acqua potabile e medicale, che serviamo grazie a una linea di produzione in camera bianca. Abbiamo clienti in tutto il mondo e il fatturato dipende dall’export per il 35%», racconta a Industria Italiana il direttore generale Alberto Arrighini, manager che ha fatto il suo ingresso in azienda nel 2021 dopo che la famiglia Franceschetti che aveva fondato Marfran 35 anni fa e poi l’aveva ceduta nel 2004 a una multinazionale angloamericana, l’ha riacquisita nel 2010. «Nel periodo in cui Marfran è stata sotto il controllo estero ha vissuto non poche difficoltà – spiega Arrighini – quando la famiglia ha riacquistato l’azienda il gruppo è tornato a splendere». Tanto che nel 2022 il fatturato si è portato a circa 24 milioni di euro, con 40 dipendenti.

«L’azienda ha deciso di investire molto nella managerializzazione, e continua a investire tantissimo per portare la cultura e la gestione a livello di multinazionale, anche se tascabile. Cresciamo al momento per linee organiche ma stiamo valutando future crescite ulteriori». Il punto di forza è la capacità di innovare: «Fabbrichiamo in un unico sito a Cortefranca in provincia di Brescia da cui andiamo a distribuire nel mondo. Investiamo circa il 15% del fatturato (2022) e impieghiamo il 20% della forza lavoro nella ricerca e sviluppo», dice Arrighini che spiega anche che «sebbene la dimensione aziendale, nel nostro settore siamo considerati una media realtà consolidata ed affidabile». Dal 2016 l’azienda ha iniziato anche una serie di investimenti strategici sul green e sulla possibilità di proporre al mercato materiali sostenibili, «sia perché vi è richiesta dal mercato sia perché ci crediamo molto – continua Arrighini – Abbiamo sviluppato materiali mirati ad abbattere la CO2 eq prodotta dal ciclo produttivo. Tramite uno studio di carbon footprint abbiamo misurato l’impatto del nostro compound standard. Abbiamo poi cercato di formulare appositamente materiali che consentissero di ridurre questo carbon footprint, lo abbiamo fatto lavorando soprattutto sulle materie prime che hanno un impatto dell’85% sulla produzione di CO2 nella filiera. I compound che abbiano progettato consentono risparmi anche del 60% di CO2 eq». Un risultato straordinario che non poteva non trovare spazio nella Fabbrica del Futuro.

 

Scao Informatica: il dispositivo intelligente per monitorare i consumi sulla linea

Il direttore generale di Scao Informatica Nicola Mondinelli

Scao Informatica è una software house specializzata nella digitalizzazione del settore manifatturiero ed è la più grande pmi innovativa bresciana attiva nell’Industria 4.0 e consulenza gestionale: in sostanza, l’azienda si occupa di sviluppare soluzioni di Smart Factory che aiutino a migliorare i processi produttivi, ottimizzare i costi, ridurre le problematiche gestionali e massimizzare i risultati aziendali e lavora come partner per società come Magirus del Gruppo Iveco, Carl Zeiss, Air Liquide, Ssab e Atb Riva Calzoni. Fondata 45 anni fa Scao è oggi sotto la guida del presidente Andrea Venturini e del direttore generale Nicola Mondinelli, e si avvale di un team di 38 consulenti. «Guardando al futuro – dicono i manager a Industria Italiana – l’offerta Scao verrà integrata con strumenti di Intelligenza Artificiale, e tra gli sviluppi imminenti spicca il sistema eQuadra, un prodotto rivoluzionario progettato per trasformare la gestione delle configurazioni delle macchine. Si tratta di un software pensato per gestire i parametri di produzione con valori specifici, necessari per la corretta messa in produzione. In particolare, eQuadra permette di registrare, salvare e revisionare i parametri per ogni prodotto e su ogni macchinario, snellendo in questo modo la configurazione e diminuendo il rischio di errore». Nel 2022, Scao ha unito le forze con Fasternet, RJ45, Ipre, Gulliver e Be2net per fondare la Rete d’Impresa Iobo. La realtà, dopo solamente un anno e mezzo, coinvolge ben 25 partner, con l’obiettivo comune di creare per le aziende del territorio un punto di riferimento per l’innovazione e la sostenibilità. A Fabbrica del Futuro Scao approda con l’eMachina Box, un dispositivo di Edge Computing che permette di collegare tutti i macchinari industriali, anche i più datati, e monitorare i consumi energetici legati alla produzione in fabbrica. «Per acquisire i dati di consumo – spiega Mondinelli – vengono installati dei misuratori di corrente sul macchinario che rilevano in tempo reale la quantità di energia che viene assorbita dalla macchina, il voltaggio in ingresso, ma anche altri parametri come l’energia reattiva. I dati vengono poi inviati al dispositivo eMachina Box, che si occupa di trasmetterli al sistema di raccolta. Quindi vengono raccolti e visualizzati su una piattaforma IIoT, che offre una visione completa e dettagliata del consumo di energia e Co2 del macchinario».

Tutti questi dati possono essere utilizzati per fare una previsione del degrado del macchinario e per pianificare eventuali interventi di manutenzione o sostituzione, evitando così un aumento eccessivo del consumo di energia. Sulla piattaforma vengono mostrati il consumo di corrente in tempo reale, ma anche l’andamento del consumo di energia del macchinario nel corso del tempo, per capire quando il consumo aumenta o diminuisce. «Queste informazioni sono fondamentali per avere una visione completa del consumo di energia delle macchine e dell’azienda intera, per comprendere se l’utilizzo è sostenibile o meno, e di conseguenza indirizzare le decisioni aziendali per migliorare l’efficienza energetica con interventi specifici – conclude Mondinelli – Si può definire eMachina Box un “jolly” per le aziende manifatturiere che, installando il dispositivo, non si vedono costrette a cambiare i macchinari. Così facendo, si riduce notevolmente l’investimento senza effetti particolari sulla Produzione, e si riducono gli sprechi che un cambio delle macchine potrebbe invece comportare, anche in ottica ambientale».














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