Fabbrica d’Armi Pietro Beretta: tutti i segreti della più antica azienda manifatturiera del mondo. Dall’artigianalità all’IoT e…

di Filippo Astone e Marco de' Francesco ♦︎ Nel 2022 il fatturato della società, che da 500 anni è a Gardone Val Trompia, è passato da 250,5 milioni a 317,4 (+ 26,8%): investimenti in nuovi prodotti. Focus automazione: mes, erp, plm e attività un-manned. Il know how portato in Val Trompia e il Segmento PB, Pietro Beretta Selection, dedicato all'altissima gamma. I tre principali segmenti di mercato - Hunting, Tactical, competizioni: l’hunting è destinato a crescere maggiormente. E sulle acquisizioni… Intervista a Franco Gussalli Beretta, presidente e amministratore delegato di questo campione della manifattura

Franco Gussalli Beretta, ad della Fabbrica d'Armi Pietro Beretta

Fabbrica d’Armi Pietro Beretta: la più antica azienda manifatturiera del mondo gestita dalla stessa famiglia, oggi in equilibrio virtuoso fra la tradizione artistico-artigianale, (che richiama il mondo dei mastri orologiai che producono a mano pezzi unici) e le più avanzate tecnologie digitali 5.0, dall’intelligenza artificiale all’IoT. Industria Italiana non poteva far mancare ai suoi lettori la descrizione accurata di come funziona questo campione della manifattura. E presto pubblicherà ampi articoli e video sui sistemi di automazione e produzione, nonché sulle attività di ricerca, sviluppo e sulle ricadute commerciali. Ma il viaggio parte con una intervista a Franco Gussalli Beretta, il presidente e amministratore delegato. Che inizia commentando la crescita notevole (+ 26,8%) dell’esercizio 2022, quando il fatturato è passato da 250,5 milioni a 317,4.

«Operazione tutt’altro che semplice, per un’azienda che opera in un settore maturo come quello delle armi», dice Franco Gussalli Beretta. «Credo che il merito sia di una strategia introdotta già dal mio bisnonno Pietro Beretta, e cioè quella di investire di pari passo sull’esistente e sui nuovi prodotti. È la strategia che aveva consentito all’azienda di fare il salto più importante, quello dalla dimensione artigianale a quella industriale vera e propria. Lui, che produceva pistole, aveva poi ampliato la gamma introducendo sovrapposti e quant’altro. Nel recente passato, quando abbiamo capito che il mercato della caccia andava verso la canna rigata, in quanto Gruppo abbiamo anzitutto acquisito Sako, un’azienda finlandese produttrice di armi da fuoco, specializzata nella realizzazione di fucili di precisione a otturatore girevole-scorrevole e di cartucce a palla; Sako, peraltro, produce anche con il marchio Tikka Insomma, con questo passaggio abbiamo acquisito un grande Know How a proposito di fucili da caccia a canna rigata. Questo Know How è stato portato qui a Gardone Val Trompia; così quasi due anni fa la Fabbrica ha ampliato la propria gamma con BRX1, la nostra carabina da caccia a canna rigata. È stato uno step fondamentale per la nostra crescita, perché ha aggiunto uno strumento molto innovativo (ad esempio, utilizza un particolare sistema di ricarica lineare) alla nostra offerta tradizionale, molto legata a cavalli di battaglia come il fucile semiautomatico e al sovrapposto».







l primato deriva dalla Storia. Oggi l’azienda fabbrica 1.500 armi al giorno, è composta un insieme di stabilimenti all’avanguardia, che ospitano 974 collaboratori. E l’origine, come si diceva, è antica: si fa risalire al 3 ottobre 1526 quando Mastro Bartolomeo Beretta da Gardone (1490 – 1565/68), consegna all’Arsenale di Venezia 185 canne d’archibugio, ricevendo il pagamento di 296 ducati. L’inizio ufficiale di Beretta è vergato in un piccolo pezzo di carta – una sorta di fattura – scoperto e conservato presso l’archivio di Stato del capoluogo veneto. Oggi in Beretta la digitalizzazione è la colonna vertebrale: deve permeare tutti i reparti indistintamente, dalla ricerca e sviluppo al marketing, alla qualità, alla finanza. In particolare, si intende implementare in modo pervasivo sistemi di intelligenza artificiale, per ottenere una accelerazione dei tempi di sviluppo del prodotto e rispondere più velocemente alle esigenze del mercato. Attualmente, peraltro, la Fabbrica è caratterizzata da un alto grado di automazione; le isole di lavoro sono di fatto un-manned, se si eccettua il personale di controllo. La Fabbrica, peraltro, è parte del Gruppo Beretta Holding che, guidato dal presidente e amministratore delegato Pietro Gussalli Beretta (fratello di Franco, e quindi anche lui della quindicesima generazione) riunisce ormai 50 società in tutto il mondo: tra queste, Benelli, Sako, Swiss, Norma, Stoeger, Holland & Holland, Steiner. La holding lussemburghese della dinastia industriale, nata per gestire lo sviluppo internazionale e il controllo strategico del Gruppo, procede di acquisizione in acquisizione: l’ultima, quella della svizzera Ruag Ammotec, fra i maggiori produttori mondiali di munizioni di piccolo calibro, ha raddoppiato le dimensioni del Gruppo, sia in termini di fatturato (nel 2023 raggiungerà quota 1,78 miliardi), che di personale (che ora supera le 6mila unità).

 

D: La Fabbrica d’Armi Pietro Beretta è la più antica del mondo nel suo genere e retaggio vivente della Serenissima Repubblica di Venezia.

Franco Gussalli Beretta, il presidente e amministratore delegato di Fabbrica d’Armi Pietro Beretta

R: È l’azienda più antica del mondo, fra quelle ancora operative, nel contesto della manifattura industriale da 15 generazioni gestita dalla stessa famiglia. Al di fuori di questo ambito, ci sono in Giappone attività alla cinquantesima generazione, operative da più di mille anni. Lo so perché la mia famiglia è parte di una particolare associazione che riunisce antiche dinastie imprenditoriali che hanno almeno 200 anni di storia, gli Henokiens. La prima riunione generale si tenne a Bordeaux nel 1981; e da allora i membri dell’associazione si riuniscono una volta l’anno in una città diversa. Tra il 1991 e il 1995 presidente degli Henokiens fu Ugo Gussalli Beretta, mio padre.

D: Qual è il ruolo del digitale in tutto questo?

R: I progetti relativi al digitale, per fortuna, hanno avuto inizio anni fa, e adesso cominciamo ad ottenere i benefici. Anche qui, la strada è doppia: da una parte ci sono i nuovi impianti automatizzati, dall’altra c’è l’upgrade digitale di quelli più datati. L’idea è quella di raccogliere, dagli uni e dagli altri, imponenti flussi di dati, per portare efficienza. Senza questo passaggio, non avremmo potuto conseguire i citati risultati di fatturato, perché l’utilizzo ottimale degli impianti e quindi le revenue e la marginalità si ottengono con il digitale. Il problema è che questo cambiamento non è fra i più semplici, perché non bastano i macchinari sensorizzati: occorre un approccio culturale diverso, e servono persone in grado di interpretare le informazioni. Comunque, un esempio dei risultati è la manutenzione predittiva, che da noi ha sostituito la preventiva: ha consentito una maggiore efficienza degli impianti e quindi un maggior assorbimento dei costi. Il prossimo passo sarà un utilizzo sistematico dell’intelligenza artificiale. Dati provenienti dalla ricerca al manufacturing, dalle vendite alla finanza confluiranno nella stessa infrastruttura digitale, e l’efficienza sarà portata in tutti i reparti. Se non facessimo così, avremmo sprecato parte dei soldi investiti. Invece, con l’AI otterremo una accelerazione dei tempi di sviluppo del prodotto, e saremo in grado di rispondere più velocemente alle esigenze del mercato. Saremo ancora più veloci e competitivi. Anche qui, è un passaggio necessario: in passato si sviluppava un nuovo prodotto ogni 20 anni, e ora non è più così. Quanto alla storia della perdita dei posti di lavoro, io non ci credo: si tratta di combinare competenze umane e AI.

D: Cosa si è fatto in termini di automazione?

Calci in lavorazione Fabbrica d’Armi Pietro Beretta. Nel 2022 il fatturato è passato da 250,5 milioni a 317,4

R: Beh, sono stati implementati sia il Mes che l’Erp che il Plm, quest’ultimo per disporre di tutti i dati tecnici relativi al ciclo produttivo. Le isole di lavoro sono presidiate da tecnici che sovraintendono ad attività un-manned, e cioè completamente automatizzate. Solo la fase di assemblaggio richiede l’intervento umano per adattare i giochi. E vorrei sottolineare un altro aspetto importantissimo per la nostra strategia di crescita.

D: Di che cosa si tratta?

R: Il rapporto con il territorio, con la Val Trompia. Non è certo un posto come tanti altri, per noi. Credo che sia l’unico luogo dove possiamo affrontare la sfida più grande, quella di coniugare artigianalità e alta tecnologia. Questo meccanismo, qui, funziona alla perfezione, perché possiamo contare su un capitale umano molto particolare: il know how, il saper fare, viene sistematicamente trasmesso da una generazione all’altra. Si potrebbe pensare che un’industria così tradizionale sia popolata da operai avanti con gli anni: basta un giro in Fabbrica per cambiare idea. Qui è pieno di giovani, animati da una grande passione. Tutto ciò è particolarmente evidente nel Segmento PB, Pietro Beretta Selection, quello dedicato all’altissima gamma. È esattamente il luogo dove la capacità manuale dell’incisore si incontra con la perfezione tecnica che si misura al millesimo di millimetro. È il personale che ci consente di mantenere vive queste due anime, quella di chi lavora il metallo o il legno con la lima e quella di chi deve implementare le ultime soluzioni digitali, che consentono la raccolta e l’esame dei dati in vista dell’efficienza. La nostra crescita del 2022 è stata dovuta anche a tutto questo.

D: Nel 2022 in Fabbrica avete dovuto sostenere degli extra-costi formidabili. Da 2,8 a 9,5 milioni di spesa energetica, + 7% fornitura e + 50% materie prime. Quanto ha inciso sul dato di fatturato? Come stanno andando quest’anno le spese?

Custodie artigianali per armi Fabbrica d’Armi Pietro Beretta. Si tratta dell’azienda più antica del mondo, fra quelle ancora operative, nel contesto della manifattura industriale da 15 generazioni gestita dalla stessa famiglia

R: Il fatturato è un po’ cresciuto anche per l’aumento dei costi; ma quest’ultimo si è tradotto in un incremento dei prezzi del 3%, 4%, e non a doppia o tripla cifra. Insomma, tra il rialzo dei costi e quello del prezzo dei beni finali c’è una grande distanza; d’altra parte, bisogna pensare che Beretta opera in un settore molto conservativo, e ciò comporta l’agire con moderazione. Naturalmente, tutto ciò ha avuto un impatto sui margini: qualche milione non lo recupereremo mai.

D: Beretta ha dato vita ad un progetto, 10 x 10%, per ridurre le spese. In cosa consiste e come procede?

R: Consiste nella promozione di 10 piccole abitudini che, unite ad un virtuoso percorso a lungo termine, permetteranno a Beretta di ridurre fino al 10% annuo i consumi di energia. L’idea è che il contributo di ciascuno sia fondamentale, e che sia necessario promuovere comportamenti consapevoli e intelligenti nel consumo di energia. Il piano è parte di un progetto più ampio, BE Planet, che rappresenta l’impegno di Beretta per un futuro sostenibile (di tutto ciò, Industria Italiana si occuperà in altri articoli; Ndr). Siamo fiduciosi: il nostro sistema produttivo è molto flessibile, e consente ampie sinergie.

D: In che senso il vostro sistema produttivo è flessibile?

Fabbrica d’Armi Pietro Beretta Postazione Robotica. Oggi in Beretta la digitalizzazione è la colonna vertebrale: deve permeare tutti i reparti indistintamente, dalla ricerca e sviluppo al marketing, alla qualità, alla finanza

R: Le varianze di prodotto vengono realizzate su piattaforme basate su moduli comuni. Il prodotto è scalabile su una gamma più ampia. (Di questo argomento, si tratterà in altri articoli di Industria Italiana; Ndr).

D: Qual è l’obiettivo di fatturato per la fabbrica nel 2023?

R: Il nostro obiettivo, per quest’anno, è rimanere a quota 317 milioni. Sarebbe un successo, perché il mercato presenta alcune difficoltà in più.

D: Di quali difficoltà stiamo parlando?

R: C’è un rallentamento del mercato privato, del settore civile e sportivo, che lo scorso anno, sui 317,4 milioni di revenue, ne ha generati 196,3. Il settore difesa e ordine pubblico per noi conta un po’ di meno: nel 2022 ha raggiunto quota 121,1 milioni di vendite; ed è più difficile da gestire per un’azienda familiare come la nostra. Il mercato militare presenta di per sé alti e bassi notevoli, legati a commesse talora consistenti. Noi invece puntiamo su una crescita equilibrata, su un approccio più “sano” e stabile. La pensiamo così.

D: Attualmente, i tre principali segmenti di mercato di Beretta sono l’Hunting, il Tactical e le competizioni. A Suo giudizio, quale fra questi è destinato a crescere nei prossimi anni e perché?

Scelta legni da accoppiare Fabbrica d’Armi Pietro Beretta. L’obiettivo di fatturato, per quest’anno, è rimanere a quota 317 milioni

R: Credo l’hunting, perché ha un mercato più vasto, un gruppo di riferimento più numeroso.

D: Però i cacciatori diminuiscono: 30 anni fa erano tre milioni, ora circa 700mila, in Italia.

R: Al di là del fatto che questo dato si è stabilizzato negli ultimi anni, va anche detto che ora c’è una cultura diversa, nella caccia. Prima era un’attività di massa, è vero; ma c’era poca ricercatezza: chi comprava un fucile, se lo teneva per tutta la vita. Ora, all’interno del gruppo sociale di riferimento, c’è più competizione: i cacciatori ci tengono a possedere (e a mostrare) i modelli più evoluti, i fucili più importanti, o le ottiche più precise. È un altro mondo, e ciò riguarda anche l’abbigliamento – che per quanto ci riguarda viene realizzato : da fornitori esterni di fiducia su design sviluppato al nostro interno però, effettuato qui in Fabbrica. Anche qui: prima il cacciatore utilizzava vestiti dismessi; ora modelli di abbigliamento ricercati, traspiranti, capaci di resistere al caldo o all’acqua. Comunque sia un contributo alle vendite del Gruppo è dovuto anche all’abbigliamento e agli accessori, che dopo il periodo del lockdown hanno ripreso la loro corsa, trainata da una recuperata passione per l’outdoor. E la nostra è un’offerta a 360 gradi.

D: Dunque, bisogna dire addio alla tenuta inglese da cacciatore?

Macchinari Mcm, Fabbrica d’Armi Pietro Beretta. Gli investimenti per la Fabbrica nel 2023: 13 milioni, di cui 6 in Industria 4.0, 2,5 in servizi digitali e 2,5 sviluppo nuovi prodotti

R: Assolutamente no. Ma noi l’abbiamo reinterpretata, e industrializzata, ad esempio inserendo all’interno del Tweed una membrana in goretex, impermeabile. Il Tweed è assolutamente tradizionale, e dunque intoccabile; ma come tutto ciò che è “antico”, in Beretta, è comunque oggetto di evoluzione tecnologica.

D: Gli investimenti per la Fabbrica nel 2023: 13 milioni, di cui 6 in Industria 4.0, 2,5 in servizi digitali e 2,5 sviluppo nuovi prodotti. Pensa che sia l’equilibrio ideale?

R: Allo stato, direi proprio di sì. Il percorso verso la digitalizzazione è stato intrapreso, e grazie anche al personale di Gardone Val Trompia, così ricettivo verso tutto ciò che porta efficienza, sta andando avanti. La direzione è quella giusta: non si torna indietro. D’altra parte lo hanno capito in molti che l’Italia può dire la sua a livello globale mettendo insieme digitale e manifattura. Qui ce ne siamo fatti una ragione molto presto, e viviamo questa vicenda come una grande opportunità.

D: Veniamo alle acquisizioni effettuate dalla Holding…

Fucili Show Room Fabbrica d’Armi Pietro Beretta. L’origine dell’azienda è antica: si fa risalire al 3 ottobre 1526 quando Mastro Bartolomeo Beretta da Gardone (1490 – 1565/68), consegna all’Arsenale di Venezia 185 canne d’archibugio, ricevendo il pagamento di 296 ducati

R: Queste sono state realizzate nel settore armiero, ma anche in comparti complementari, e cioè quelli delle ottiche, delle munizioni o dell’abbigliamento. Ci tengo a precisare che siamo un gruppo industriale, e che quindi le imprese vengono acquisite nell’ottica di farle crescere; non siamo un fondo che compra con l’intenzione di rivendere, per (legittimi) scopi di profitto a breve o a medio termine. In secondo luogo, va detto che molte risorse finanziarie rimangono in seno alle aziende, per attività di progettazione e di sviluppo di nuovi prodotti. Solo investendo di continuo in prodotti e processi si rimane competitivi, si migliora la qualità e l’offerta, e si penetrano nuovi mercati. Alla fine, la ricerca e lo sviluppo servono a questo. Di recente, abbiamo realizzato un’importante acquisizione, che incide molto sulle dimensioni del Gruppo.

D: A che cosa si riferisce?

R: Ruag Ammotec, fra i maggiori produttori mondiali di proiettili di piccolo calibro. L’abbiamo acquisita a marzo dell’anno scorso da Ruag International, un Gruppo controllato dal governo svizzero. Ora abbiamo cinque siti produttivi e 16 aziende (operanti in 12 Paesi) in più. E il personale del Gruppo, che nel 2021 era di 3.300 dipendenti, ora ha raggiunto le 6.547 unità.

D: In pratica, con l’acquisizione il Gruppo è quasi raddoppiato.

R: Direi proprio di sì. Si pensi al fatturato. Nel 2021 era pari a 958 milioni di euro; con 146 di profitto netto. L’anno dopo, le revenue erano pari a 1.438 milioni (con profitto netto di 149,5); ma solo perché il peso della nuova realtà è stato calcolato solo per i cinque mesi successivi all’acquisizione. Quest’anno il turnover sarà pari a 1,78 miliardi, e gli investimenti raggiungeranno i 54,8 milioni. Un vero e proprio salto dimensionale; insolito in un mercato tradizionale come il nostro.

D: Le vendite nette del gruppo sono realizzate soprattutto negli Usa e in Europa. Come immagina la distribuzione delle net sales fra cinque o sei anni? Quale area geografica è destinata a crescere? C’è un interesse per i grandi Paesi asiatici? Sono penetrabili questi mercati?

Macchinari Mcm, Fabbrica d’Armi Pietro Beretta

R: No, non c’è una nostra presenza paragonabile al peso economico di certi Paesi asiatici come la Cina, l’India, il Giappone; e, onestamente, fatico ad immaginare importanti aperture in quei Paesi. Perché ciò non dipende solo da questioni economiche; ci sono altri fattori che incidono sulla diffusione dei nostri prodotti. Ad esempio, una forte cultura outdoor, come nel Regno Unito, in Nord America o in Nord Europa in generale; ma anche il rapporto tra superficie e popolazione. La caccia, ad esempio, si diffonde meglio in Paesi come gli Stati Uniti o il Canada che in altri come il Giappone o la Corea del Sud, caratterizzati da una grande densità abitativa. Poi ci sono questioni geopolitiche di cui tenere conto: se mi avessero chiesto qualche anno fa se c’erano chance nei Paesi dell’ex Unione Sovietica, avrei risposto di sì, e che avremmo fatto passi in avanti in quei contesti. Ma ciò che è successo in Russia e in Ucraina non dipende da noi. Insomma, in questo momento siamo focalizzati sul “mondo occidentale”, Europa e Nord America. Quanto al Sud America, lì ci sono vaste estensioni di territorio, ma scarse risorse finanziarie.

[Ripubblicazione dell’articolo del 4 settembre 2023]














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