ENI: parte dal carburante verde la nuova vita delle raffinerie di Venezia e Gela

di Nicola Penna ♦ La svolta green elemento guida della riconversione degli impianti, che faranno fronte alle necessità della produzione futura di biocarburanti  innovativi, ottenuti grazie a una  tecnologia proprietaria, con cicli ad elevata componente rinnovabile. Nei primi nove mesi dell’anno utile operativo quadruplicato per il gruppo guidato da De Scalzi e Marcegaglia

Il Consiglio di Amministrazione di Eni ha approvato i risultati consolidati dei nove mesi e del terzo trimestre 2017 (non sottoposti a revisione contabile). Il Gruppo ha quasi quadruplicato l’utile operativo adjusted a 947 milioni di euro (3,80 miliardi nei nove mesi). L’utile netto adjusted è ammontato a 229 milioni di euro nel terzo trimestre e a 1,44 miliardi nei nove mesi, rispetto alle perdite nette registrate in entrambi i periodi di confronto 2016. L’utile netto si è attestato a 344 milioni nel terzo trimestre e a 1,33 miliardi nei nove mesi.

 







 

Esaminando i risultati, l’ AD di Eni Claudio Descalzi, ha commentato: «L’ utile operativo si è quasi quadruplicato, un risultato netto in aumento di oltre €700 milioni ed un flusso di cassa operativo in netta crescita rispetto al terzo trimestre del 2016. Gli investimenti seguono nel contempo un andamento in linea con le aspettative,con una riduzione nel corso dell’intero anno di circa il 18% rispetto al 2016. Nell’Upstream la produzione di idrocarburi è cresciuta del 7% al netto dei tagli imposti dall’Opec e dell’effetto prezzo. I business Downstream di raffinazione e chimica raddoppiando il risultato superano le aspettative beneficiando del nuovo assetto industriale ottimizzato in grado di cogliere le opportunità di crescita del mercato. In G&P abbiamo raggiunto il pareggio strutturale e prevediamo un risultato positivo nell’intero anno.»

 

il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, accompagnato dall’Amministratore Delegato Eni Claudio Descalzi e dalla Presidente Emma Marcegaglia in una visita recente alla bioraffineria ENI di Porto Marghera ( foto da flickr ENI )

La trasformazione in chiave low carbon

Nell’ambito delle proprie attività, da tempo Eni sta procedendo nel processo di trasformazione in chiave low carbon. Un tassello fondamentale di questo passaggio verde è la conversione in bioraffineria, condotta sugli impianti già esistenti: a Venezia, dove il processo base si è già concluso ma prosegue un costante upgrade, e quella di Gela, dove è in corso di implementazione. Per quello che riguarda la prima, si tratta primo caso al mondo di riconversione da raffineria tradizionale in raffineria dedicata alla produzione di biocarburanti innovativi, ottenuta grazie alla tecnologia proprietaria Ecofining. Per Gela la riconversione è entrata nella fase conclusiva a settembre, in linea con gli impegni assunti dal punto di vista tecnico e operativo. Il driver più importante della trasformazione è per entrambi la produzione di carburante finalizzata al miglioramento delle condizioni ambientali a partire anche da materiali di scarto.

 

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Inquinamento e Pianura Padana: l’immagione NASA è stata scattata nel 2005
L’ allarme pm10 e il biocarburante

In un mese di ottobre scandito dall’ emergenza ambientale che ha interessato la Pianura Padana, con l’elevata concentrazione di pm10 che ha messo in ginocchio Milano e Torino, è stata avvertita più che mai la necessità di procedere speditamente nella messa a punto di carburanti più ecosostenibili, che siano in grado di contribuire alla riduzione dell’ inquinamento. A questo proposito Eni prevede di coprire l’intero fabbisogno italiano di biocarburanti entro il 2020, con una produzione green-diesel di 1 mln tonnellate all’anno, ricavando energia e carburanti anche da materie prime avanzate, ricorrendo a tecnologie innovative e con un investimento complessivo pari a 500 milioni di euro.

Oggi la parte bio del diesel che tutti acquistiamo in qualsiasi stazione di rifornimento è del 5,5%, ma dovrà essere del 6,5% nel 2017, e a crescere dovrà arrivare fino al 10% nel 2020. Il raggiungimento di questi traguardi alimenta la nuova vita della raffineria di Venezia, che era destinata a chiudere nel 2011, e di quella di Gela, dove i lavori per la riconversione degli impianti sono iniziati nel mese di aprile del 2016. Dal 2009 al 2016 Eni ha investito circa 1,5 miliardi di euro in ricerca, sviluppando più di 300 tecnologie proprietarie e oltre 6 mila brevetti. In particolare, per la riconversione delle proprie raffinerie, Eni ha fatto leva su una tecnologia proprietaria per la produzione di biocarburanti di alta qualità, denominata Ecofining. È nato così il green-diesel, che può essere additivato senza limiti nei gasoli tradizionali e che consente, nella miscelazione dell’ “Eni Diesel più”, che contiene il 15% di green diesel, ovvero di componente rinnovabile, di ridurre le emissioni di CO2 del 7% e di particolato fino al 40%, oltre a migliorare l’efficienza del motore.

Entrambe le raffinerie sono state trasformate individuando soluzioni innovative attraverso cicli “verdi”, sostenibili sia dal punto di vista ambientale, sia da quello economico. Nelle bioraffinerie, da materiali di scarto, come gli oli vegetali e gli oli di frittura esausti, si producono biocarburanti come Eni Diesel. L’avvio di bioraffinerie oltre che allo sviluppo di una nuova generazione di biocarburanti a ridotto impatto ambientale risponde anche alla sfida europea di trasformazione dell’industria.

 

Il Green Diesel sviluppato nei laboratori di San Donato Milanese in collaborazione con Honeywell-UOP (foto da flickr ENI )

 

Il Green Diesel per Eni Diesel +

Come si è detto, il Green Diesel è frutto dell’innovativa tecnologia Ecofining™ sistema sviluppato nei laboratori di San Donato Milanese in collaborazione con Honeywell-UOP. Ottenuto dall’idrogenazione di oli vegetali, ha caratteristiche migliori dei biodiesel tradizionali. La flessibilità del processo Ecofining™ utilizzato nella Bioraffineria Eni di Venezia permette di trattare diverse cariche (feedstock); ognuna di esse ha differenti caratteristiche, delle quali occorre tener conto per l’ottimizzazione del processo. Attualmente la bioraffineria utilizza olio di palma certificato, le cui forniture sono costantemente controllate dai laboratori della Bioraffineria e da quelli del Centro Ricerche di San Donato Milanese. Questi laboratori utilizzano comuni tecniche di analisi elementare e cromatografica e tecniche spettroscopiche sofisticate quali la Risonanza Magnetica Nucleare (NMR), per studiare le caratteristiche di diverse cariche disponibili in commercio come oli di frittura o grassi animali semilavorati.

I test e attività di benchmarking e l’analisi di campioni di benzina e gasolio in Italia indicano che grazie al 15% di componente rinnovabile (Green Diesel), Eni Diesel + riduce significativamente le emissioni inquinanti: fino al 40% gli idrocarburi incombusti e ossido di carbonio, fino al 20% il particolato engine out (ovvero all’uscita del motore). Inoltre grazie a un ciclo produttivo più sostenibile contribuisce a ridurre le emissioni di CO2 in media del 5%. A livello del motore, la partenza a freddo è facilitata e la rumorosità è ridotta grazie all’elevato numero di cetano, il cui valore è superiore a 55 contro 51 di specifica. I consumi di carburante sono ridotti fino al 4% , grazie alla presenza del detergente. Secondo gli studi dell’ azienda, Eni Diesel + inoltre mantiene puliti gli iniettori, allungando la vita del motore e assicurando la massima potenza erogabile nel tempo.

Il Green Diesel è un primo  passo verso formulazioni sempre più avanzate che permettono di rispettare o addirittura anticipare le stringenti normative italiane ed europee sui biocarburanti. La normativa italiana prevede nel 2020 l’aggiunta di 10% di biocarburante nei prodotti immessi al consumo in Italia, di cui l’1,6% di biocarburanti avanzati. Green Diesel è addizionabile, teoricamente senza limiti di percentuale, nei gasoli autotrazione. Infatti, essendo ottenuto dall’idrogenazione di oli vegetali, non contiene ossigeno ed è totalmente idrocarburico, a differenza del biodiesel tradizionale.

La Commissione Europea impone  inoltre vincoli sui parametri di sostenibilità per i bio-componenti: per questo sono previste verifiche del rispetto dei criteri individuati, tra cui la tutela del suolo, delle risorse idriche, dell’aria, della sostenibilità sociale e della non competitività con la filiera alimentare. Green Diesel risponde a tutti i requisiti indicati e grazie alla flessibilità del processo Ecofining™ potrà anche essere ottenuto da grassi animali o olio di scarto nonché da fonti che il legislatore italiano definisce “avanzate”, quali gli scarti lignocellulosici opportunamente pre-trattati.

 

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ENI Diesel più testato sugli autobus della Città di Torino
I test su strada

Alla fine di ottobre si è conclusa una sperimentazione avviata da Eni con la Città di Torino, GTT e Amiat: vediamo i risultati comunicati dall’azienda. I test effettuati su uno dei 650 autobus euro 3 dell’azienda di trasporto pubblico torinese che ha funzionato approvvigionandosi del carburante “Eni Diesel più”, sono stati eseguiti nel Centro ricerche Eni a San Donato Milanese, in collaborazione con l’Istituto Motori del CNR di Napoli, e  hanno dimostrato che l’utilizzo fa ridurre le polveri sottili del 40%, il particolato del 16%, gli NOx del 10% e la CO2 del 7%.

Nel dettaglio, l’utilizzo di “Eni Diesel più”, oltre ad avere ridotto i consumi di circa il 2%, riduzione che può arrivare fino al 4% nel lungo periodo tenendo conto del mantenimento della pulizia del motore, ha contribuito significativamente all’abbattimento di tutti i principali inquinanti, in particolare del particolato ultrafine, le cosiddette polveri sottili (intorno a 1nm), l’inquinante che rimane in sospensione per lunghi periodi di tempo e che si deposita negli alveoli polmonari. I test hanno anche dimostrato che il particolato rimanente che viene emesso a seguito della combustione presenta un contenuto di inquinanti, in particolare i PNA polinucleari aromatici, inferiore del 40%.

La riduzione delle emissioni è dovuta alla composizione complessiva del nuovo “Eni Diesel più” che, contenendo una componente biologica rinnovabile del 15% in cui non sono presenti aromatici e poliaromatici (precursori del particolato) e un bassissimo livello di zolfo, permette una combustione più omogenea e una riduzione della temperatura media di combustione, con conseguente calo degli ossidi di azoto. Detto questo,  torniamo al ciclo produttivo e  alle bioraffinerie.

 

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Veduta panoramica della bioraffineria di Porto Marghera (foto flickr ENI)

Le bioraffinerie di Venezia e di Gela

Come si è detto la componente rinnovabile viene prodotta al momento dalla bioraffineria Eni di Venezia, grazie a una tecnologia proprietaria in grado di convertire qualsiasi tipo di olio vegetale e grasso animale in gasolio di alta qualità, compresi gli oli alimentari esausti o le cariche vegetali non edibili che già oggi vengono utilizzate per produrre “Eni Diesel più”.

La bioraffineria di Porto Marghera è il primo esempio al mondo di riconversione di una raffineria convenzionale in bioraffineria. Dal 2014 qui si possono approvvigionare circa 360.000 tonnellate di oli vegetali all’anno, dei quali circa il 10 %  può essere olio alimentare usato e purificato (il resto è olio di palma raffinato e certificato anche per la sostenibilità). Dall’inizio del prossimo anno entrerà in marcia un impianto di purificazione che consentirà di importare oli vegetali grezzi anziché pre-trattati e di incrementare la quota di oli alimentari e vegetali esausti e dei grassi animali. Dal 2020, grazie a un ulteriore upgrading dell’impianto, è previsto il potenziamento della capacità di lavorazione della bioraffineria di Venezia fino a 560.000 tonnellate di oli, con una sempre maggiore quota di materie prime che derivano da scarti della produzione alimentare – oli usati, grassi animali e sottoprodotti legati alla lavorazione dell’olio di palma – con una produzione complessiva di green-diesel che arriverà a circa 420.000 ton/anno.

 

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La bioraffineria di Porto Marghera, veduta notturna (foto flickr ENI)

Come è stato ricordato recentemente dall’ azienda, nel corso della visita, a fine ottobre, del Presidente del consiglio Paolo Gentiloni all’impianto, da circa 80 anni Eni sta investendo nell’attività di questo complesso industriale : negli ultimi cinque anni hanno lavorato nel sito mediamente circa 500 persone, compreso l’indotto.

 

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Lavori in corso per la riconversione della raffineria di Gela

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Nel 2018 sarà anche completata la realizzazione della bioraffineria di Gela, che avrà una capacità di lavorazione di circa 720.000 tonnellate di oli vegetali all’anno e una produzione di 530.000 tonnellate all’anno di green-diesel. L’impianto sarà uno dei pochi al mondo ad elevata flessibilità operativa, in grado di trattare anche il 100 % di cariche advanced e unconventional. Il progetto di trasformazione green, ovvero la riconversione della raffineria a ciclo tradizionale di Gela in Green Refinery, dopo il rilascio dell’autorizzazione VIA/AIA da parte del Ministero dell’Ambiente della Tutela del Mare e del Territorio e dal Ministero dei Beni Culturali, è entrato a settembre nella fase di completamento.

Dal punto di vista tecnico è  la costruzione del nuovo impianto di produzione idrogeno, “Steam Reforming”,che rappresenta la “svolta” per avviare la produzione entro il giugno 2018. Inoltre, grazie alla messa in marcia del nuovo impianto di pretrattamento delle biomasse entro il 2019, la bioraffineria sarà in grado di utilizzare per il 100% della capacità di lavorazione materie prime di seconda generazione composte dagli scarti della produzione alimentare. Le materie prime future deriveranno da scarti della produzione alimentare, quali olii usati (uco – used cookingoil), grassi animali (tallow) e sottoprodotti legati alla lavorazione dell’olio di palma (pfad – acidi grassi). Questa caratteristica farà della Green Refinery di Gela un impianto ad elevata sostenibilità ambientale proprio per l’utilizzo di cariche che diversamente andrebbero smaltite come rifiuti, con aggravio dei costi per la comunità e impatto sull’ambiente.

Sul fronte occupazionale i dati dell’azienda relativi ai primi sette mesi dell’anno indicano che il livello di occupazione dell’indotto ha superato in media i 1.450 lavoratori rispetto ai 1.000 previsti, con un trend in crescita da gennaio a giugno, mese nel quale si è raggiunta la cifra record di circa 1.600 unità. Negli ultimi mesi dell’anno si prevede un ulteriore aumento del numero di risorse dell’indotto, grazie all’avvio della fase di completamento della riconversione della raffineria. Nel campo del risanamento ambientale, la spesa sostenuta a luglio ha raggiunto i 110 milioni di euro, a cui corrispondono 38 cantieri avviati, dei quali 13 già completati. Complessivamente, dalla firma del protocollo fino a fine luglio 2017, sono stati avviati 164 cantieri 88 dei quali completati.

 

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La bioraffineria di Venezia (foto flickr ENI)

Negli ultimi tre anni Eni ha speso in Italia 15 miliardi di euro e per il prossimo quadriennio prevede di rilanciare con 21 miliardi di euro, di cui 4 miliardi per la riconversione industriale, per portare avanti un percorso di trasformazione che tocca tutti i settori di business, non solo la raffinazione: dall’upstream alla chimica, dalla generazione di energia elettrica alle bonifiche. L’obiettivo è quello di dare nuova vita ad asset esistenti in ottica low carbon e favorire una maggiore efficienza energetica, senza ridurre gli organici, ma investendo nelle tecnologie e nelle competenze.














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