Sata: un minibond da 5 milioni che vale un piano industriale

di Laura Magna ♦ L’ operazione, curata dal Fondo Strategico Trentino – Alto Adige gestito da Finint Investments SGR, servirà a finanziare il piano industriale della società piemontese, attiva nel settore delle lavorazioni meccaniche di alta qualità per il settore auto motive, e in particolare il suo sviluppo in Trentino.

«L’emissione di un minibond è un atto di fiducia nei confronti del mercato, il primo e miglior passaggio per creare una equity story della propria società, l’inizio di un percorso». A dirlo a Industria Italiana è Cristiano Menegus, Senior Fund Manager di Finint Investments SGR, società di gestione del risparmio del Gruppo Banca Finint, commentando l’ultima operazione curata dal Fondo Strategico Trentino – Alto Adige che la SGR gestisce. L’operazione, chiusa il 12 ottobre scorso, riguarda la sottoscrizione completa del primo minibond emesso da SATA, azienda piemontese che opera nella componentistica per l’automotive.

 







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Cristiano Menegus, Senior Fund Manager di Finint Investments SGR

Un minibond da 5 milioni

«Parliamo di una emissione da 5 milioni, un’operazione che riteniamo molto innovativa e che può aprire la strada a molti altri progetti di finanza alternativa per l’emittente, oltre che essere emulato da altre realtà industriali simili di cui il nostro Paese ha un’elevata densità» è il preambolo di Menegus, che poi entra nei dettagli: «Tecnicamente l’emissione dura 7 anni di cui 2 di preammortamento e si inserisce in un contesto più ampio perché la società sta negoziando anche con il canale bancario per linee a medio lungo termine, che serviranno a sostenere crescita e sviluppo ambiziosi nei prossimi 5-6 anni».

Prima di questa emissione, Sata si rivolgeva solo al settore bancario o all’autofinanziamento per reperire i fondi necessari alla crescita e preferiva le linee a breve. «Una struttura sbilanciata sul breve termine non dà però la possibilità di programmare in maniera efficace un percorso di sviluppo di lungo respiro. Con Dream Capital Partners, una boutique di consulenza finanziaria milanese, la società ha impostato questo reperimento di capitale di debito in maniera molto intelligente, diversificando le fonti di finanziamento, le scadenze e i security package per ciascuna linea », commenta Menegus.

E anche per il ceo dell’azienda emittente Michele Cinotto, l’emissione del minibond rappresenta un momento importante perché «coincide con il nostro ingresso nel mercato dei capitali. Siamo molto contenti di aver effettuato l’operazione con Finint, uno dei primari operatori in questo settore, che ci ha accompagnato con competenza e professionalità in questo percorso e soprattutto ha fatto sì che riuscissimo a superare con successo questo primo “passo”, nell’auspicio di poter continuare nel percorso di crescita finanziaria. Parallelamente, questa operazione ci lega in maniera ancora più stretta al territorio del trentino in cui siamo presenti con uno stabilimento da oltre 10 anni». Facciamo un piccolo passo indietro, per raccontare chi è SATA e perché il Fondo Strategico Trentino – Alto Adige ha scelto di partecipare alla sua evoluzione.

SATA: parola d’ordine “diversificazione”

Controllata interamente dalla famiglia Cinotto, sin dagli inizi del 1900 (come Martinelli) il gruppo produce componenti per l’automotive, come volani, bielle, teste cilindro, collettori di scarico, condotti di aspirazione, scatole cambio, scatole idroguida, supporti valvola ERG, leve, bearing block, supporti asse cammes. Il quartiere generale ha sede a Valperga, nella provincia torinese, ma dal 1993 il gruppo ha realizzato stabilimenti anche nel centro Sud, e alla fine degli anni Novanta si è insediato in Sud America; nel 1997 in Argentina e nel 1999 in Brasile. Nel 2006 l’evoluzione dei mercati mondiali lo ha portato a sbarcare in Cina con il nuovo stabilimento di Kunshan (60 Km da Shanghai) seguito nel 2007 dal nuovo stabilimento indiano di New Delhi.

Anche da un punto di vista organizzativo il gruppo ha subito profonde evoluzioni. «SATA è stata capace di affrontare in maniera brillantissima il contesto dell’automotive che negli ultimi 15 anni è stato stravolto completamente. Fino a 15 anni fa la società era molto concentrata su una gamma più ristretta di prodotti e molto focalizzata su alcuni singoli clienti. Con la profonda crisi che ha colpito il settore SATA ha iniziato un percorso di diversificazione dei clienti, della gamma prodotto e avviato un piano di prossimità presso i principali operatori aprendo queste sedi nel mondo», spiega Menegus.

 

Assortimento di prodotti SATA

 

Il rilancio dello stabilimento di Castelnuovo Valsugana

Non solo espansione geografica, dunque, ma anche diversificazione prodotto, per realizzare la quale, nel 2005, SATA ha acquistato dalla multinazionale Usa Dana lo stabilimento di Castelnuovo Valsugana, nella provincia di Trento. Strutturata su linee di lavorazione ad alto contenuto di flessibilità, questa fabbrica è focalizzata su componenti per il settore agricolo e industriale tra cui supporti portasatellite, assali, bracci sterzo e scatole snodo. Proprio sul rilancio di questo stabilimento in Valsugana, si è potuto inserire il Fondo Strategico Trentino – Alto Adige che ha come obiettivo quello di contribuire allo sviluppo del territorio a cui è intitolato, oltre che di accompagnare le imprese del territorio verso il mercato dei capitali.

«Il rilancio dello stabilimento della Valsugana è uno dei pilastri del piano, quello a cui è dedicata proprio l’emissione. Il piano è però più complesso è comprende anche l’apertura di un nuovo stabilimento in Texas per essere più prossimi a un cliente importante come Caterpillar, acquisito negli ultimi anni. Ed è un’operazione interessante perché ha visto un mix di fonti di finanziamento per una società che si affacciava per la prima volta al mercato dei capitali», spiega Menegus. Che poi aggiunge dettagli sulla questione trentina.

 

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L’interno dello stabilimento SATA in Valsugana

 

Un ruolo centrale nella crescita del gruppo

«Lo stabilimento di SATA in Valsugana occupa più di 80 persone. Gli obiettivi strategici di SATA prevedevano inizialmente una riduzione dell’operatività ma oggi, grazie allo sviluppo di importanti opportunità di business a livello globale e grazie alla sottoscrizione del prestito, è tornato ad assumere un ruolo centrale nella crescita del Gruppo e dell’economia del territorio. Tanto che nel regolamento del prestito abbiamo previsto un vincolo occupazione per garantire ricadute certe nel territorio della provincia autonoma di Trento per tutta la durata del bond. Tra tutte le strade praticabili, quella della sottoscrizione da parte del Fondo era l’opzione più interessante, in quanto noi abbiamo non solo vocazione finanziaria ma anche socio-economica», spiega Menegus.

Il Fondo Strategico Trentino – Alto Adige e l’azione a favore del territorio

Il minibond di SATA rappresenta il quindicesimo sottoscritto dal comparto di Trento del Fondo Strategico Trentino – Alto Adige che ad oggi ha eseguito investimenti per 68,5 milioni di euro, di cui 53,5 per mezzo in minibond e 15 milioni in sottoscrizione di convenzioni bancarie finalizzate all’agevolazione di erogazione di credito alle imprese del territorio. Dall’avvio dell’operatività del Fondo Strategico Trentino -Alto Adige il comparto di Trento è stato investito per il 60% dei fondi disponibili. «Un risultato che evidenzia la fiducia delle aziende nel progetto, cogliendo positivamente le opportunità dei nuovi strumenti finanziari in affiancamento a quelli più classici bancari.»

«Le aziende in cui il Fondo Strategico Trentino – Alto Adige ha investito direttamente, attraverso la sottoscrizione di minibond, hanno generato nel corso del 2016 un volume d’affari superiore ad un miliardo di euro, impiegando sul territorio della Provincia Autonoma di Trento circa 5.000 persone. Se il Fondo ha finanziato gli investimenti di queste aziende per 53,5 milioni di euro, la finanza messa a disposizione da altri investitori istituzionali che hanno coinvestito è stata pari a 39 milioni di euro per un totale di 92 milioni di euro», precisa Menegus. Ma l’effetto di amplificazione è anche più ampio e deriva da fattori diversi.

Minibond: un mercato che cresce in volume

Dei minibond si parla ancora come di uno strumento illiquido, che in quanto emesso da società piccole e su cui non si fa di fatto ricerca, non entra nei radar degli investitori e quindi può rimanere lettera morta. «In realtà i minibond non quotati che arrivano da società non quotate e con sottoscrittori singoli o comunque limitati sono sempre più frequenti. Anche perché è verosimile che per Sata stessa, dopo questo primo ingresso nel mercato dei capitali, ci sia un’evoluzione. Intendo dire, forte della certezza di un unico partner con cui potersi confrontare per tutta la durata del prestito, ha avuto la serenità per fare un primo passo in questo mondo e capire come funziona, quale reportistica si deve produrre e cosa si aspetta un investitore.» spiega Menegus.

«E’ probabile che in futuro possa ragionare su una emissione più ampia con più investitori e più liquida: il minibond è una sorta di palestra, per affrontare poi operazioni che abbiano caratteristiche di liquidità differenti. Ci è capitato più volte di trovare emittenti che partono con una singola emissione e dopo fanno operazioni più ampie fino al limite della quotazione in Borsa», afferma Menegus. Una di queste società è Aquafil, azienda di Arco, nella provincia di Trento, che fattura circa 500 milioni e opera nella produzione di tessuti tecnici e che si quoterà per fusione per incorporazione nella Spac Space3 su Aim.

Un mercato, quello dei minibond, che cresce anche in volume. Nato, da un punto di vista normativo, con il governo Monti nel 2012 e specificatamente con il Decreto Sviluppo, include le emissioni fino a un massimo di 500 milioni di euro: «Secondo i dati aggiornati dell’Osservatorio Minibond del Politecnico di Milano, nelle cui statistiche considera come “Minibond” le emissioni entro i 50 milioni di Euro, a fine agosto 2017 si contano circa 270 emissioni per un valore nominale totale di circa 2,2 miliardi di euro: il trend è costantemente in crescita, nonostante il miglioramento delle condizioni di accesso al credito da parte del sistema bancario di questi ultimi due anni. », conclude Menegus.














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